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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L'ospite accanto a me è Gianfranco Giagni. Regista che conosco fin da quando vagiva alla radio.
E vagiva benissimo. L'ho invitato qui perché ritengo che, anche in considerazione del fatto che non ha gli anni di Noè ma qualcuno in meno, sia uno dei nostri autori più fornito di un cospicuo bagaglio d'esperienze: dalla televisione al videoclip, dal documentario al lungometraggio, spaziando dalla riduzione di un famoso fumetto, al giallo, alla denuncia sociale.
Per saperne di più, cliccate con fiducia su http://www.taormina-arte.com/2000/cinema/terra.htm e ancora su http://www.kwcinema.kataweb.it
Quando al cinema o in tv fanno qualcosa di suo, andateci, guardatela, vi piacerà.
Non è un astratto omaggio il mio, ma ragionato. Il cosiddetto mestiere - cosa da me amatissima - talvolta rende greve ciò che racconta, in Gianfranco no. Pur possedendolo, agisce con una dote rara: la leggerezza, cosa da me amatissima. E sono due!
Mo' basta, sennò si monta la testa.

 

Benvenuto a bordo, Gianfranco…
Ciao Armando, eccoci qua, chi l'avrebbe mai detto, sull'Enterprise! Insomma, è più facile incontrarsi nello Spazio che non nella stessa città dove pure tu ed io abitiamo e non ci vediamo mai…non mi trovi un po' invecchiato?…non sono più un ragazzino eh! eh!…ti prego, Armando, fermami prima che continui con i luoghi comuni…
Ti fermo offrendoti questa bottiglia di Barolo '95 di Michele Chiarlo…qua il bicchiere…ecco fatto.
Senti, il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a palla", la cosa che sto per dirti io l'ho già fatta minuti fa, anche tu, in poche battute, trasmetti sulla Terra il tuo ritratto…no, non fare quegli scongiuri!…ci sto pur'io su 'sto tram…mica m'auguro che…
Che devo dire, caro armando, tu che mi conosci da tanti anni lo sai, mi sono sempre barcamenato tra radio, televisione e cinema. Ho fatto l'aiuto a registi più o meno importanti. Quand'ero molto giovane, con un pugno d'eroi abbiamo creato un programma tv diventato famoso - o come si dice adesso "cult" - che si chiamava "Mister Fantasy", inventando i primi videoclip italiani, il resto chi volesse saperlo lo troverà in quei siti che hai citato prima. Non troverà ancora lì invece una cosa che ho appena finito di girare
e cioè?
un film che si chiama "Nella terra di nessuno"…è interpretato da Ben Gazzarra e Maya Sansa, un'attrice italiana…la storia della rivolta in un carcere all'inizio degli anni '80…
Buona occasione per ripetere quanto ho già detto ai miei avventori: andate al cinema a vederlo 'sto Giagni, anche a costo di recarvi nella terra di nessuno. C'è altro?
ho un figlio che ama Puff Daddy ed una compagna che adora Cassavetes…
Via! So per certo che tu vieni prima nelle loro preferenze affettive, e non te la passi male!
Ora dimmi che cos'è secondo te che distingue, o dovrebbe distinguere, il traguardo espressivo del cinema dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
Dovrebbe distinguerlo il rapporto con chi guarda i film, su questo non ho dubbi.
Credo importante ricominciare a considerare il cinema come divertimento, un film deve tornare ad essere uno strumento meraviglioso per raccontare una storia che riesca ad emozionare, fare pensare, ridere o piangere un pubblico o diversi tipi di pubblico…anni di autoreferenzialità hanno fatto enormi danni. Il nostro è un paese di autori di cinema che, in quanto autori, sono convinti che il proprio ombelico sia l'ombelico del mondo e che quindi filmarlo sia filmare il mondo. Hai notato quanti nostri registi nei titoli di testa di un loro film appaiono con la dicitura "Un film di…" e non "Un film diretto da…" o "Regìa di…"? Quasi che un regista, uno qualsiasi (non parlo di quei tre o quattro veri autori che pure esistono), si consideri alla stregua d'un poeta che abbia dinanzi il foglio bianco, e di conseguenza voglia spacciare un film come opera di un solo ingegno e non il frutto di più persone che concorrono a realizzare quei 100 minuti a 24 fotogrammi al secondo in funzione d'un pubblico che paga dalle otto alle tredicimila lire un biglietto.
Un grande produttore, Franco Cristaldi, che di film importanti ne ha fatti…
Sì, ricordiamolo agli avventori più distratti: "I soliti ignoti", "Salvatore Giuliano", "Divorzio all'italiana", "Nuovo cinema Paradiso"
…ma anche "La Cina è vicina", e tanti altri…Cristaldi diceva che chi faceva cinema doveva mettersi un passo davanti a chi il cinema lo guardava. Adesso mi sembra che chi fa cinema crede di stare venti passi davanti e invece è drammaticamente venti passi indietro
Internet avrà un'influenza sul cinema?
Penso proprio di sì. La Rete funzionerà su tutto quello che può essere digitalizzato. Musica e cinema, innanzi tutto. Con la musica già sta succedendo, e quando si potranno "scaricare" i brani in tempi più rapidi di adesso, il consumo di musica cambierà completamente.
Quanto al cinema, certamente tutto è più complicato, ci vorranno degli anni ma l'arrivo della banda larga abbinato alla fine di Internet su computer e al suo arrivo sullo schermo televisivo, porterà ad una rivoluzione nel consumo di cinema, paragonabile all'invenzione delle videocassette. Basti pensare a come sarà saltato a piè pari uno dei tasti dolenti del cinema indipendente: quello della distribuzione. Forse in quel momento andare al cinema nelle sale sarà un po' come andare a teatro, e così ci sarà un vero e proprio doppio mercato: quello delle sale e quello di Internet.
Sei il tipo giusto per rispondere a una domanda che inquieta le mie notti: il digitale è una tecnica prevalentemente televisiva o ha anche un futuro al cinema? Ovviamente, non mi riferisco ai soli effetti speciali, intendo nell'impianto complessivo, penso a "Toy Story", ad esempio, una produzione integralmente digitale, pensata per il digitale…ma gli esempi sono oggi pochini, i costi altissimi…il dubbio, forse, è legittimo. Illuminami
Armando, amico mio, non lasciarti inquietare le notti dall'uso del digitale, lascia che turbi le notti del signor Kodak. Anche se a tutt'oggi la pellicola a 35 mm è ancora il formato migliore in termini qualitativi: basti pensare che un'immagine in 35 contiene 80 milioni di informazioni contro i 16 milioni del più evoluto sensore digitale. E ancora, la latitudine di posa (per esempio, le riprese in condizioni estreme e in controluce) va dai circa 10 T-stops della pellicola ai 6 - 7 di digitale più avanzato.
Di contro, il digitale permette di girare più ciak per scena senza consumare troppa pellicola…già, ma i costi di post-produzione?…e, soprattutto, è più democratico. Siamo arrivati attraverso il digitale a raggiungere, infatti, il sogno di Zavattini, allora impossibile economicamente, quando trent'anni fa voleva dare a tutti delle telecamere, senza le complicazioni della pellicola, perché raccontassero il nostro paese. Oppure penso ad Orson Welles che alla fine degli anni '40 cercava chi costruisse una cinepresa con corpo macchina minimo tale da permettere così di girare in qualsiasi posizione, praticamente senza troupe.
Ma tornando alla tua domanda, credo che l'importante nella scelta fra digitale e pellicola, sia capire quale delle due tecniche sia funzionale al progetto che si vuole realizzare.
Certo, oggi, pensare che Scorsese giri un film interamente in digitale la vedo difficile, mentre probabilmente Cassavetes, fosse ancora vivo, sul digitale si sarebbe buttato a pesce. Questo oggi. Quando però la qualità della fotografia digitale raggiungerà quella della pellicola, beh allora il signor Kodak dovrà cambiare mestiere
Effetti speciali. Oggi quando li vedo sullo schermo mi sembra di guardare lo show reel d'una ditta specializzata che li propone ai clienti cineasti. Insomma, sono le storie al servizio degli effetti e non viceversa. Qualche esempio c'è, viene da Zemeckis, mi pare, Ma è un po' poco.
Tu che pensi al proposito?
Ti ricordi quando dopo "Quarto potere" sembrava che nelle loro inquadrature i registi avessero finalmente scoperto i soffitti e la profondità di campo? Oppure a metà degli anni '60 si faceva un uso smodato dello zoom? Ecco, credo che le innovazioni tecniche tendano all'inizio a prendere possesso in modo estremamente arrogante dello stile di chi gira, poi inevitabilmente sarà chi gira a ridiventare padrone del suo stile, se ne ha uno, usando a proprio vantaggio le novità. Oggi, riguardo agli effetti speciali, m'affascina non, come dici giustamente, l'aspetto da circo supertecnologico, ma la sorpresa che mi prende quando scopro che un film apparentemente senza effetti speciali, in realtà ne ha molti ed invisibili.
I "corti" sono arrivati finalmente in distribuzione nelle grandi sale, io lo prevedevo, e ci ho vinto una scommessa con un notissimo regista, non farò nomi, solo cognomi: Monicelli. Al momento li proiettano solo il lunedì…no! astieniti da battutacce circa il parallelismo con artigiani tradizionalmente chiusi quel giorno, piuttosto dimmi: come giudichi il momento espressivo in Italia di quella produzione? E con quali difficoltà pratiche si scontra?
Non lo so. Anche perché non sono molto interessato ai corti.
Di solito, quelli che vedo non mi piacciono e in più credo che ormai il vecchio parallelismo "cortometraggio = racconto e lungometraggio = romanzo", con il passare degli anni, lasci un po' il tempo che trova. Piuttosto, mi sembra che oggi ci sia un minimo comune denominatore tra corto e lungometraggio riassumibile nell'espressione "voglio ma non posso". Molti dei corti che ho visto mi sembrano poco riusciti perché chi li gira vorrebbe fare un lungometraggio, mentre alcuni lungometraggi potrebbero invece benissimo essere sintetizzati in un corto. E' un bel guaio, ma molti autori non se ne sono accorti.
Preferisco allora la vecchia idea di Marco Ferreri che spingeva chi voleva fare cinema ad andare a filmare i matrimoni. Partendo dall'arrivo della sposa in chiesa e finendo con il taglio della torta. Oltretutto si guadagna qualche lira, cosa non disprezzabile, mentre girare tra amici il proprio piccolo e più o meno carino splatter/horror/pulp/postpulp cortometraggio non ti permette neanche quello.
Ho un'idea migliore di quella di Ferreri: filmare i divorzi! Sono meno prevedibili nelle loro cerimonie, più emozionanti. Ma torniamo a te. Hai girato videoclip di successo, lavorando con Vasco Rossi, i Matia Bazar, Ron, i Madness, insomma anche lì la sai lunga. Dimmi quel genere quali difficoltà propone a chi ci si misura?
Ti rispondo parlandoti della mia esperienza.
Io ho smesso di girare i videoclips, un po' perché finalmente sono diventato grande e, quindi, prima di farmi dire dagli altri che mi stavo rimbambendo… scherzo, ma mica tanto.
E' chiaro che un linguaggio come quello dei video musicali necessita di un rapporto molto, certe volte troppo, stretto con i fruitori che di solito hanno meno di vent'anni e allora il rischio è di diventare come quei cinquantenni che fanno finta di avere trent'anni: il risultato è penoso. Un secondo motivo, e forse più fondato, è che dopo tre, quattro anni di videoclips, avevo voglia di realizzare prodotti diversi da quelli soliti, e questo faceva paura…almeno tredici, quindici anni fa…quindi se proponevo di girare una canzone in un solo piano sequenza e non con un cambio d'inquadratura ogni 5-6 secondi, mi guardavano come un matto. Il terzo motivo è che non ne potevo più di cantanti che sono molto più narcisi, fintamente sicuri e megalomani degli attori. Convincere Loredana Bertè che con il budget a disposizione per un suo videoclip non si riesce ad ottenere gli stessi risultati di un video con Barbra Streisand, è sicuramente più difficile che convincere Julia Roberts a partecipare ad "Un posto al sole"
Oltre alle tue imprese visive, sei anche autore radiofonico, ricordo tra le tue cose un Kerouac di grande forza, insomma ne sai di quel mezzo.
Radio Rai è in crisi di ascolti rispetto ai principali network privati. Perché?
Seguire le reti private sul loro terreno vuol dire consegnarsi mani e piedi alla concorrenza.
Oltretutto mi sembra che le private sappiano fare le radio private molto meglio di una radio pubblica che fa finta di essere privata. Meglio seguire la strada dell'autorevolezza.
Allora, una domanda te la faccio io: perché secondo te la sperimentazione radiofonica è praticamente scomparsa? Perché nonostante l'arrivo del digitale e delle enormi disponibilità che permette si è rimasti fermi? Perché invece di sviluppare le esperienze maturate negli anni '60 e '70, sento sempre di più opere di prosa che sono la pedissequa registrazione di spettacoli appena portati sul palcoscenico? quasi che la radiodrammaturgia e la rappresentazione teatrale fossero la stessa cosa?
Avevi detto una domanda e me ne hai fatte quattro! Troppe per me, preferisco cambiare argomento. A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta secondo te quel videomito…

Mi dispiace non poterti seguire su questa strada, spero che mi vorrai bene lo stesso.
Se devo pensare ad un videomito, preferirei fare quattro chiacchiere con Mork e Mindy. Naturalmente non avrei il coraggio di rivelargli quale era l'orrenda sigla della versione italiana la cui strofa iniziale diceva "Io sono Mork, su un uovo vengo da Ork". Piuttosto, mi farei raccontare di come era riuscito ad arrivare tra di noi e, soprattutto, come pensava di tornarsene a casa…ma è poi tornato a casa?
Confesso: non lo so. Farò ricerche all'Ufficio Personaggi Smarriti…Adesso siamo quasi arrivati a Gyàgnya-O, pianeta che si trova in una galassia che è terra di nessuno, abitato da replicanti che hanno fama di faits divers…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia Barolo '95 di Michele Chiarlo. Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Puoi contarci, a presto!
Vabbè, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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