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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

L'IA secondo David Runciman

Con questa nota sul libro di Runciman, Cosmotaxi va in vacanza.
Riprenderà le pubblicazioni dopo l’estate

C’è chi ne è entusiasta e chi ne è terrorizzato.
Che cosa suscita tanta esultanza o tanta paura?
L’intelligenza Artificiale (IA acronimo in italiano, AI in inglese).
In quest’epoca delle ‘psicotecnologie’ (copyright Dennis De Kerchove), l’IA è diventata protagonista sulla stampa quotidiana e periodica, alla radio, alla tv, sul web, impersonando ora ogni Bene ed ora ogni Male.
Nello scenario contemporaneo la digitalizzazione ha avuto un impatto eccezionale con una serie di progressi tecnologici: l'Internet delle cose, la blockchain, l'automazione robotica dei processi, i veicoli autonomi, l'analisi dei big data, la sterminata memoria d’Internet.
L’IA è tutto questo più altro e proietta l’umanità in un mondo inimmaginabile appena pochi anni fa.
Vari e contrastanti i giudizi sull’IA.

• Lo scienziato taiwanese Kai-Fu Lee, tra i massimi esperti al mondo di IA:
“La tecnologia genera sempre preoccupazioni. Anche l’automobile era considerata spaventosa, e così l’elettricità ed i personal computer. Le tecnologie nel breve termine creano problemi. Sul lungo periodo però tutte le innovazioni hanno portato più benefici che danni”.

• Helga Nowotny docente di studi sociali all’Eth di Zurigo:
“L’IA con gli algoritmi predittivi usa big data trascorsi per prevedere il futuro, ma così facendo perpetua il passato e riduce le possibilità di cambiamento. Il rischio è di trovarci a vivere in un mondo deterministico in cui il futuro è già deciso a priori”.

• Hiroshi Ishiguro, docente all’università di Osaka, noto per il suo lavoro su androidi dall’aspetto umano ha una posizione più equilibrata.
“L’AI è fluida e transgender. ChatGPT è solo un grosso data base, un enorme modello statistico. Non pensa nulla, non può creare concetti suoi ma è bravissima a riorganizzare i concetti che ha dentro, su cui ha studiato e imparato. Nel prossimo decennio ci sarà utile quale strumento quando ci serviranno robot non come li conosciamo ora, ma robot avatar teleoperati da remoto al cui interno mettere la nostra presenza, così da poter camminare in posti distanti, lavorare, studiare, superare gli handicap, partecipare a incontri”.

Una bella definizione dell’IA l’ho trovata scritta da Carola Barbero: “… ci aiuta e ci confonde, ci isola e ci connette, ci delude e ci stupisce, registrando tutto senza capire niente”.

QUI un intervento sull’IA del filosofo Carlo Sini.

La casa editrice Einaudi ha pubblicato Affidarsi (titolo originale: The Handover) Come abbiamo ceduto il controllo della nostra vita a imprese, Stati e intelligenze artificiali.
L’autore è David Runciman.
Insegna Scienze politiche all'Università di Cambridge ed è stato capodipartimento di Scienze politiche e studi internazionali. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Politica” (2015) e “Cosí finisce la democrazia” (2019).
Per Einaudi ha pubblicato Affidarsi. Come abbiamo ceduto il controllo della nostra vita a imprese, Stati e intelligenze artificiali (2024).
Scrive di politica per la «London Review of Books» e si occupa settimanalmente del podcast di successo Talking Politics.

Ecco alcuni passaggi che ho estratto dal libro di Runciman.

- “Immaginiamo un mondo di macchine superumane, costruite a nostra immagine e progettate per migliorare la nostra vita (…)

- Eppure, sappiamo – davvero, lo sappiamo? – che esistono rischi enormi a diventare cosí dipendenti da queste versioni artificiali di noi stessi. Sono infatti superumane, ma anche fondamentalmente inumane. Mancano dell’essenza di ciò che ci rende quelli che siamo. Chiamiamola coscienza. Chiamiamola cuore. Chiamiamola anima (…)

- Il potere potenziale di queste macchine al servizio degli ancora numerosi esseri umani privi di una coscienza, senza cuore, senz’anima, spaventa (…)

- Ma ancora piú spaventosa è la possibilità che tali macchine inizino a decidere per noi. Dovrebbero servirci, però hanno anche la capacità di distruggerci. Questa è la storia che caratterizza il XXI secolo, forse il principale incubo del XXI secolo. Alla soglia della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, stiamo costruendo macchine capaci di fare cose esaltanti, ma che ci lasciano anche perplessi e ci terrorizzano. Nel 2021, OpenAI, un laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale, ha lanciato Dall·E, un sistema di rete neurale zeroshot learning (con «apprendimento a zero colpi», capace cioè di operare su dati mai visti prima che è in grado di generare immagini uniche a partire da istruzioni testuali. Gli si dice di disegnare una sedia che assomigli a un avocado e lo fa, producendo un’incredibile variazione di sedie-avocado, o avocado-sedie, che appaiono adatte allo scopo come se fossero state create da mano umana, ma curiosamente piú inventive (…)


- Dall·E deriva dal modello Gpt (generative pre-trained transformer), la cui versione Gpt-3 – Nel marzo 2023, OpenAI ha lanciato Gpt-4, che si dice sia il 40 per cento più potente del suo predecessore e che fra le altre cose può dirci che cosa ci aspetta per cena dopo aver visionato una semplice fotografia del contenuto del nostro frigorifero. Possono guidare automobili e diagnosticare tumori. Possono danzare (…)

- Il potenziale positivo della rivoluzione dell’intelligenza artificiale è enorme. Non è difficile vedere come questi sistemi possano essere impiegati per far vivere meglio gli esseri umani, ossia per liberarci dai lavori piú duri, risparmiarci malattie, trasportarci in modo sicuro e stimolarci a fare sempre meglio (…).

- Questo libro è un tentativo di esplorare l’aspetto dei futuri possibili, nel bene e nel male”.

Dalla presentazione editoriale.

«La consegna di parte del nostro potere all’intelligenza artificiale è già avvenuta molto tempo fa, in tempi non sospetti. La Silicon Valley ha definito come Singolarità il fenomeno per cui entità non umane si comportano come gli esseri umani (ad esempio: prendere decisioni, eseguire procedure, governare, guadagnare). Ma questo fenomeno esiste già dai tempi in cui la tecnologia era meno sviluppata, da quando Hobbes aveva iniziato a parlare del Leviatano e da quando esistono gli Stati e le Imprese. Già allora l’umanità aveva consegnato parte del proprio potere a strutture senza coscienza e anima che ci hanno resi più sani, più ricchi e più sicuri. Ma che, a differenza di noi, non muoiono e molto spesso godono di uno statuto giuridico diverso. Cosa c’è quindi di cui aver paura? Runciman ci invita a guardare all’intelligenza artificiale come a una naturale conseguenza di un processo in atto ormai da secoli e che non ci deve intimorire, ma che filosoficamente dobbiamo inserire in un discorso già aperto, nel bene e nel male».

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David Runciman
Affidarsi
Traduzione di Maria Lorenza Chiesara
320 pagine * 19.00 euro
27 Illustrazioni
Einaudi


Chimera: Corpo Espanso tra entità umane e non-umane

La casa editrice Mimesis ha pubblicato Chimera Il Corpo Espanso per una nuova ecosofia dell'arte.
L’autore è Marco Mancuso.
Critico e curatore di arte contemporanea, nel rapporto con tecnologia e scienza e nel dialogo con gli ambiti del design, dell'architettura e del suono. Professore presso il Politecnico delle Arti di Bergamo, docente presso l'Università di Bologna e lectuter per il Node Center for Curatorial Studies di Berlino, è dottore di ricerca in Culture Digitali presso l'Università Iuav di Venezia. Si interessa a come il discorso interdisciplinare osserva le diverse modalità con cui la tecnoscienza influenza la società e il rapporto tra essere umano e ambiente, studiando parallelamente l'evoluzione delle dinamiche progettuali, produttive e di mercato della media art e dell'arte digitale.
È’fondatore e direttore del progetto Digicult.

Per un incontro con lui su questo sito: CLIC.


Dalla presentazione editoriale

«Chimera. Il Corpo Espanso per una nuova ecosofia dell'arte individua un punto di incontro tra arte e design, tecnologia e scienza nell’indagine sul corpo umano in dialogo con il contesto che lo circonda. La sua unicità, quella di evidenziare e mettere a sistema caratteristiche comuni e vicinanze nelle opere e nelle pratiche di artisti e designer che pongono il rapporto tra noi e l’ambiente al centro della loro poetica. Il confronto con creativi e progettisti come Heather Dewey-Hagborg, Marco Donnarumma, Sputniko!, Margherita Pevere, Neil Harbisson e Anouk Wipprecht, consente infatti di individuare le caratteristiche di quello che viene qui definito Corpo Espanso: una chimera che abbatte i binarismi material-semiotici e consente di modellare nuovi rapporti entangled tra entità umane e non-umane. Riprendendo alcune importanti ricerche ed esperienze del Novecento e ponendole in dialogo con gli sviluppi più recenti nei campi delle neuroscienze, delle biotecnologie, della prostetica e del bodyhacking.
Marco Mancuso tramite un’inedita e radicale messa a sistema delle principali correnti del pensiero postumano, suggerisce un’alternativa agli immaginari transumani, le distopie antropocentriche e le derive ipermediali dei nostri corpi aprendo, in modo originale e coraggioso, a nuove dimensioni relazionali fluide, queer, non-gerarchiche ed egualitarie dell’essere umano su questo pianeta».

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Marco Mancuso
Chimera
300 pagine * 22 euro
Mimesis


Manifesto della Melanconia

Dal Dizionario: “Melanconia (o malinconia). Stato psichico caratterizzato da un’alterazione patologica del tono dell’umore, talora accompagnata da ansia e con inibizione di tutta la vita intellettuale; può avere varie cause: un lutto, l'abbandono di una persona cara, il fallimento di un'impresa tentata".
Oppure – aggiungo io – derivare dall’ascolto di un discorso del ministro Roccella, o dall’avere letto dichiarazioni del Cognato d’Italia Lollobrigida.

Quando in una redazione ci s’interroga su di un’immagine che affianchi un articolo sulla malinconia, presto risuona la voce di qualcuno che grida “Dürer!”
Riferimento al tedesco Albrecht Dürer (Norimberga,1471 – idem, 1528), pittore, trattatista, teorico del «segreto della prospettiva», autore di una famosa incisione a bulino (1514, custodita oggi alla Fondazione Magnani Rocca) immagine ricca di misteri intitolata La Melenconia.

Sui tanti segreti raccolti in quell’opera si è scatenata la fantasia e sviluppata l’indagine di artisti, critici, scrittori. Fra quei nomi troviamo il fisico David Ritz Finkelstein (New York, 1929 - Atlanta 2015) autore di Manifesto della Melanconia di recente pubblicato dalla casa editrice Adelphi.

È il Dürer scienziato ad affascinare Finkelstein.«uno di quei rari scienziati che aprono vie nuove al pensiero» - afferma in una nota Carlo Rovelli che così prosegue – «Forse il suo risultato più notevole è aver compreso la strana natura dei buchi neri. (…) A capire l’aspetto prospettico dell’orizzonte dei buchi neri è stato un fisico teorico affascinato da Albrecht Dürer, capace di riflettere sull’impatto culturale che ebbe la scoperta della prospettiva nel Rinascimento. Finkelstein compose questo testo sulla Melencolia di Dürer in una serie di versioni via via più ricche apparse online e in riviste, e poi nella versione finale, postuma, in forma di piccolo libro, una testimonianza preziosa della complessità di pensiero di questo autore. È un libro che incanta per la ricchezza dei suoi riferimenti culturali e per il coraggioso e acrobatico ingegno esegetico. Ma la parte migliore, io penso, è il suo punto d’arrivo. La riflessione di Finkelstein, alla fine della sua carriera, sul senso stesso della conoscenza.
Per Finkelstein l’ambiguità dell’incisione riflette e racconta l’ambiguità fra le prospettive che non ci permette di vedere l’insieme. Se tutto ciò a cui accediamo è prospettico, noi non possiamo arrivare a una verità universale (…) per Finkelstein, Dürer ci sta dicendo che non possiamo vedere nulla con completa chiarezza.
In questo riconoscere i limiti della conoscenza sta la modernità di Dürer».

Sinossi

«Dal momento in cui è apparsa nel 1514, la Melencolia I di Dürer è ascesa a icona di culto – un culto in cui ha giocato un ruolo essenziale la sua esasperante, quasi irriducibile condensazione simbolico - esoterica, oggetto di secolari speculazioni almeno fino a quando, nel 1923, Erwin Panofsky e Fritz Saxl ne hanno dato un’interpretazione in apparenza risolutiva. Meno noto ma altrettanto illuminante è il contributo di uno dei fisici più eterodossi del nostro tempo, David Finkelstein, il quale, prendendo le mosse dallo studio dei due grandi storici dell’arte, offre dell’incisione un’originale analisi che riconduce ogni elemento a specifici ambiti scientifici e ne sottolinea così un carattere radicalmente nuovo. Non solo. Se già per Panofsky e Saxl la Melencolia I non rappresentava più la semplice traduzione visiva di un’inclinazione umorale, Finkelstein compie un passaggio ulteriore: facendo coincidere la scoperta rinascimentale della prospettiva con quella generale sull’«aspetto prospettico» (ossia relativistico) della realtà, individua nella melanconia la disillusione dell’artista e dello scienziato che si sforzano invano di raggiungere «verità e bellezza assolute». Al cuore di questo libro, dunque, c’è una vera, profonda messa in discussione degli idoli della scienza. Uno snodo su cui il fisico torna in modo mirato anche nel secondo scritto qui proposto, una breve ma acutissima meditazione dove Einstein e la meccanica quantistica vengono rilette per approdare alle più ardite implicazioni conoscitive della scuola buddhista. Mostrando così come in fisica le «relazioni» tra gli oggetti contino più delle loro «proprietà»; e come non esistano teorie totalizzanti né, men che meno, conclusive».

Un’interessante riflessione su questo libro la trovate su Doppiozero firmata da Michele Ricciotti.

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David Ritz Finkelstein
Manifesto della Melanconia
Traduzione di Silvio Ferraresi
Con una nota di Carlo Rovelli
160 pagine, 6 immagini b/n
Euro 14.00
Adelphi


FUOCOfuochino

La casa editrice più povera al mondo – cosi definita dai suoi fondatori Lorenza Amadasi e Afro Somenzari (in foto) – vale a dire FUOCOfuochino dopo plurali riconoscimenti critici da Andrea Cortellessa a Gino Ruozzi, da Lamberto Pignotti a Guido Davico Bonino a Renato Barilli ad altre firme ancora, continua con ammirevole continuità a produrre due micronarrazioni al mese.
A luglio, insieme con le più recenti pubblicazioni di Michele Mellara e Monica Schettino ha proposto una riflessione sul tema della Pace cui hanno risposto in molti.

Quella raccolta di scritti, è stata funestata anche da mie telegrafiche righe, ma per fortuna dei lettori ci sono, al momento, anche testi di Geminiano Bernardi, Stelio Carnevali, Federico Centenari, Sonia Costantini, Camillo Cuneo, Antonella Gandini, Patrizia Grossi, Italo Lanfredini, Alfonso Lentini, Steve Manfroi, Sandro Montalto, Jacopo Narros, Paolo Pergola, Iris Pezzali, Lamberto Pignotti, Diego Rosa, Michele Savino, Gilberto Scuder.

Questo il testo d’invito di Afro Somenzari.
“Care amiche e cari amici,
Vi scrivo perché in questo assordante periodo privo di contenuti e proposte reali, sembra prevalere la normale accettazione, l’idea che sia necessaria, il pensiero che da una parte ci sia il giusto e dall’altra il contrario, insomma mi riferisco alla minaccia della terza guerra mondiale. FUOCOfuochino che ha il potere di un amministratore di condominio e consapevole che ci sia più umanità in una discarica di rifiuti che in un consiglio di guerra ma, avendo il diritto di parola, chiede a ognuno di voi un breve testo di pace da pubblicare con FUOCOfuochino che denunci le guerre, che urli contro qualsiasi violenza e sopruso.
Credo che ne abbiamo il dovere, vi aspetto.
Grazie e vi abbraccio”.



Questa è la storia

Un giorno di gennaio dell'anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Erano circa le due del dopopranzo, e a quell'ora, come d'uso, poca gente circolava per le strade

Questo è l’incipit del libro “La Storia” di Elsa Moante, scrittrice cui è dedicato il Festival Letterature ’24 dopo il successo dello scorso anno dedicato a Italo Calvino.
Questa è la Storia Omaggio a Elsa Morante a cinquant’anni dalla pubblicazione del romanzo La Storia è un Festival audioverbovisivo perché in cartellone le voci dei tanti autori che interverranno saranno intervallate da eventi di spettacolo curati da Fabrizio Arcuri.
Il maiuscolo programma, come nella passata edizione, è a cura di Simona Cives con il contributo di un comitato scientifico composto da Paolo Di Paolo, Melania Mazzucco, Davide Orecchio, Igiaba Scego, Nadia Terranova.

Ora Simona Cives illustra profilo e svolgimento della manifestazione in questo video.

Per memorizzare il programma: CLIC!


Storia letteraria delle malattie (1)


Viviamo in un momento in cui alcuni credono che il Covid più non esista, mentre è in giro ancora anche se, per merito dei vaccini – con buona pace dei no vax – è decisamente meno temibile di quando faceva stragi ogni giorno.
L’OMS ha, infatti, dichiarato la fine dell’”emergenza” non l’eradicamento del virus.
Notizia riportata appena ieri dalla stampa quotidiana: il Lazio risulta prima regione italiana quanto a infezioni rilevate, fa, infatti, registrare 471 casi fra il 13 e il 19 giugno di quest’anno.
L’epidemiologo Massimo Ciccozzi avverte che il vicino Giubileo con l’affollamento nei treni e bus, negli ospedali, nei bar, nei ristoranti, nei luoghi di culto e divertimento, potrebbe portare a un’impennata dei contagi.
Ma da Palazzo Chigi non provengono segnali di preparazione a fronteggiare tali pericoli.
Poco da meravigliarsi. Al governo abbiamo personaggi che mentre il Covid infuriava ne negavano l’esistenza. Salvini in Senato (!) a una conferenza non metteva la mascherina ignorando ostentatamente le raccomandazioni di un funzionario che gli chiedeva d’indossarla.
E la Meloni? Ai provvedimenti presi dal governo di allora rispondeva parlando di “dittatura sanitaria”.

Nella storia dell’umanità si sono avute tante epidemie. La maggiore differenza con quelle di adesso è data dalla rapidità di diffusione dovuta alla velocità nei trasporti di gente e merci. Già, ma come sono state vissuti quei lontani, tragici momenti?
Risponde a quest’interrogativo uno splendido libro pubblicato dalla casa editrice Dedalo intitolato Storia letteraria delle malattie La narrazione del contagio dal Medioevo all’Età moderna
L’autrice è Elisa Tinelli.
L’editore informa: è docente di Letteratura italiana e ricercatrice presso l’Uni­versità di Bari. Molto nota nel settore grazie a pubblicazioni originali, si è dedicata all’esegesi della Commedia dantesca; ha studiato la tradizione letteraria latina e volgare dei secoli XIV-XVI, curando edizioni critiche; ha indagato, inoltre, la letteratura politica d’età umanistico-rinascimentale e la ricezione italiana delle opere di Erasmo da Rotterdam.

Dalla presentazione editoriale

«La letteratura nasce, in Occidente, con la descrizione di un’epidemia, quella che nell’Iliade provoca la contesa fra Achille e Agamennone. All’Iliade hanno fatto seguito moltissimi testi che evocano o trattano la malattia contagiosa. Il volume ripercorre questa storia e propone un affascinante viaggio fra gli autori della letteratura italiana che sono stati diretti testimoni delle grandi epidemie susseguitesi nella nostra Penisola, dalla peste nera del 1348 al mal francese, che conobbe l’apice della sua diffusione nel Cinquecento, fino alle ricorrenti epidemie di colera dell’Età moderna.
Le voci di alcuni tra i più grandi autori italiani – Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Manzoni, Verga – si intrecciano a quelle di autori meno noti che ai “grandi” guardano come a modelli imprescindibili per la narrazione del contagio».

Segue ora un incontro con Elisa Tinelli.


Storia letteraria delle malattie (2)


A Elisa Tinelli in foto ho rivolto alcune domande.

Quando e come nasce questo libro?

Questa ‘Storia letteraria delle malattie’ nasce in maniera piuttosto curiosa: nella primavera del 2020, durante il primo lockdown, mi chiamò Davide Canfora, il mio maestro, e mi disse che c’era la possibilità di pubblicare in un volume miscellaneo un breve saggio sulla letteratura dedicata al contagio e alla malattia. Quel progetto, poi, non ebbe seguito, ma io il saggio lo scrissi lo stesso, per sopravvivere a quei tempi bui. E lo scrissi a mano, su un quaderno, con la mia prima bimba, che allora aveva pochi mesi, che dormiva sulle mie gambe. Dopo averlo finito non lo rilessi neppure, me ne dimenticai quasi, presa da altri lavori. Un paio d’anni più tardi sempre Davide Canfora mi ha suggerito di recuperare quel saggio, di ampliarlo, di lavorarci ancora: se la ‘Storia letteraria delle malattie’ ha infine visto la luce è stato solo grazie a lui e al suo suggerimento; le pagine scritte durante il lockdown sono diventate, infatti, l’Introduzione di un libro tutto da scrivere. E che ho, in effetti, scritto.

Nello scrivere questo saggio: la prima cosa che ha deciso d’evidenziare e quale la prima da evitare?

Una domanda interessante. Quando scrivo ho sempre ben chiaro il punto d’arrivo, ciò che, in altre parole, voglio dimostrare: potrei dire, pertanto, che la prima cosa che ho pensato di mettere in evidenza è il fatto che la storia dell'umanità è costellata di momenti bui ma anche di rinascite, e che l'uomo, quest'essere imperfetto, spesso mediocre, talvolta malvagio, ma anche capace di gesti di straordinaria solidarietà, è sempre stato in grado di superare le criticità in cui s'è imbattuto e di risollevare le sue sorti. E non è cambiato poi molto negli ultimi millenni della sua esistenza sulla terra.
Ho cercato di evitare, invece, di concentrarmi esclusivamente sui grandi autori: ho voluto, infatti, restituire anche la voce di autori ‘minori’ che hanno lasciato la loro testimonianza sul diffondersi della peste o della sifilide o di altre malattie contagiose.

C’è qualcosa che, pure attraverso i secoli, è una costante negli autori nella reazione al diffondersi epidemico del Male?

Una costante delle narrazioni sulle epidemie è il fatto d’essere imperniate su uno schema dualistico che agli ‘innocenti’ oppone i ‘colpevoli’, coloro che, macchiatisi di una qualche colpa – spesso semplicemente l’alterità di costumi rispetto al gruppo dei primi o, ancora, la distanza geografica o sociale – si rendono meritevoli della punizione divina. Che, peraltro, può talvolta riversarsi anche sugli innocenti. Questo paradigma – che fa della malattia un evento non neutro, per così dire – si è rivelato assai fecondo nel corso dei secoli e difficile da scardinare: esso, di fatto, ha contribuito ad alimentare il pregiudizio secondo cui l’origine di una malattia che si diffonda fino a raggiungere proporzioni epidemiche e che sia, dunque, altamente contagiosa e pericolosa, debba necessariamente collocarsi nel quadro di un’alterità sempre avvertita come distante, intrinsecamente diversa, quando non inferiore, e per ciò stesso temibile.

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Elisa Tinelli
Storia letteraria delle malattie
272 pagine * 19.00 euro
Dedalo


Juliette Minchin / Marta Roberti: Rivelazioni

Il Museo Sant’Orsola è situato nel quartiere storico di San Lorenzo a Firenze, in una parte dell’omonimo ex convento attualmente in fase di riqualificazione. In attesa dell’apertura ufficiale prevista per il 2026, il Museo organizza una serie di mostre negli spazi del cantiere e invita artisti contemporanei a portare il loro sguardo sul monumento e sulla sua storia. Queste mostre preannunciano la singolare direzione che prenderà questa nuova realtà culturale fiorentina, concepita come un crocevia tra un Museo storico e archeologico ed un Centro d’Arte Contemporanea con una propria collezione di opere del XXI secolo.
Per Rivelazioni – questo il titolo della nuova mostra del museo “in costruzione” – le artiste Juliette Minchin e Marta Roberti sono state invitate a creare delle opere site-specific.
Mostra a cura di: Morgane Lucquet Laforgue Curatrice e Direttrice del Museo Sant’Orsola.

Estratto dal comunicato stampa.

«Juliette Minchin ha lavorato nell’ex spezieria e nella cosiddetta chiesa “esterna”, un tempo aperta ai non conventuali per alcune cerimonie religiose. Marta Roberti, invece, ha lavorato in parte delle cantine sotto l’ex infermeria e nella chiesa “interna”, che era riservata esclusivamente alle Monache Ispirandosi alle storie di santi che circolavano tra le mura conventuali,
Marta Roberti ha concepito Aure: una serie di immensi e delicati disegni che rivestono la chiesa di Sant’Orsola e che sembrano emergere dall’intonaco come affreschi nascosti. Le sue opere capovolgono la tradizionale iconografia religiosa ed esplorano il rapporto tra il divino,il femminile e l’animale.
L’artista elabora una sua personale e visionaria versione di cella monastica: lo spazio espositivo è trasformato in un luogo meditativo e lo spettatore è invitato a esplorare mondi diversi, in cui tra gli esseri viventi non ci siano più confini né distinzioni.
La riflessione di Roberti prosegue nei sotterranei di Sant’Orsola, dove è riunita una selezione dei disegni incisi su carta grafite e retroilluminati che colpiscono come epifanie luminose.
L’intervento artistico di Juliette Minchin si ispira agli apparati effimeri caratteristici dell’epoca Barocca e rielabora in modalità side-specific gli spazi interni del complesso. Le sue sculture in cera avvolgono come una seconda pelle l’architettura della chiesa conventuale: muri e finestre si animano, come percorsi da un nuovo soffio vitale. Nell’antica spezieria, invece, è una Veglia quella che l’artista mette in scena: strutture sospese ricoperte di cera verranno accese ogni giorno per o@rire al visitatore uno spettacolo di silenziosa creatività, sempre mutevole, in riferimento a quelle antiche pratiche e cerimonie rituali guidate dalla luce delle candele. La luce e il profumo della cera propongono al visitatore un’avvolgente esperienza sensoriale edemotiva».

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Ufficio Stampa: Julie Tournier
+ 33 (0) 6 51 54 85 74 / jtournier@communicart.fr

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Juliette Minchin – Marta Roberti
Rivelazioni
A cura di Morgane Lucquet Laforgue
Museo S. Orsola, Firenze
Dal 28 giugno al 27 ottobre 2024


Vite efferate di papi

Se la religione è il segno più evidente dell’imperfezione naturale dell’uomo, sempre bisognoso di qualcuno o qualcosa che lo diriga verso il bene e la civiltà, cos’altro è il papato, che regge e applica e distribuisce questa religione nel mondo, se non un’istituzione voluta da Dio e dagli uomini per tenere a bada la nostra natura dirompente e ferocissima? E allora perché proprio i tempi nei quali il pontefice reggeva con maggiore autorità le redini della storia furono anche i più fitti di crimini, efferatezze e perversioni di ogni genere? Infine, come si spiega che la Chiesa stessa è il luogo dove per secoli si è esercitata la cattiveria umana nell’accezione universalmente più semplice e intuitiva, senza una ragione apparente se non il gusto schietto per il male?”.
Questo brano è tratto dal Prologo di Vite efferate dei papi - edito dalla casa editrice Quodlibet - di cui è autore Dino Baldi del quale su questo sito mi sono già occupato in occasione di un altro suo titolo E' pericoloso essere felici.

Quel brano che ho citato in apertura può far pensare ad uno dei tanti pamphlet contro la Chiesa cattolica, ma le cose non stanno esattamente così come potranno notare i tanti lettori che auguro all’autore ampiamente meritandoli.
Si tratta quasi di un erudito, ma di scorrevolissima lettura, attraversamento letterario della nequizia umana praticata da chi papa fu.
Certamente, però, Baldi non se la passerebbe bene se cadesse nelle mani dei tanti, troppi, integralisti che lo farebbero a pezzi per quanto ricorda in quelle pagine.
Ma questo Baldi lo sa e scrive: È possibile che gli amanti delle storie criminali del cristianesimo, con le persecuzioni, le crociate, l’inquisizione, i roghi dei libri, la simonia, il nepotismo, gli abusi sessuali, l’inganno dei miracoli e delle reliquie, la censura, la misoginia e i vari intralci al progresso umano e civile, non apprezzeranno allo stesso modo il contenuto di questo libro. C’è stato un periodo in cui i papi venivano considerati dei nemici pubblici, ed era un’avversione civile utile e necessaria. Molti ancora oggi li giudicano allo stesso modo – del resto il governo della Chiesa è stato e resta il nodo gordiano nella storia d’Italia da almeno Machiavelli e Guicciardini. Tuttavia, le controstorie del papato, né più né meno dei loro contrari, presuppongono quasi sempre un uso della storia molto gretto, sono pretestuose e fuorvianti come le etichette sugli scaffali delle librerie.
Su questo argomento ci sono molte altre curiosità che meritano di essere approfondite, e che mi sembra utile accennare, almeno in parte, fin dal principio. Al principio c’è il numero, e dal numero discende la serie. Da Pietro in avanti si contano duecentosessantasei papi, che hanno esercitato il loro ministero nell’arco di duemila anni. Gli imperatori romani furono poco più di ottanta in cinquecento anni; all’incirca quanto i bizantini, che però regnarono per il doppio del tempo, mentre gli imperatori del Sacro Romano Impero furono una cinquantina in mille anni
.

Sia come sia, la storia comincia male con un grande personaggio, Pietro, il primo papa, che non fu un campione d’onestà intellettuale e coraggio; va ricordato che rinnegò Gesù tre volte-.

Dalla presentazione editoriale.
«Papa Formoso estratto dalla tomba e processato dal suo successore a nove mesi dalla morte, Gregorio Magno che sposa sua madre e resuscita l’imperatore Traiano, Silvestro che diventa amico del diavolo e scopre un palazzo d’oro sotto terra, Bonifacio VIII consumato dall’angoscia e dalla rabbia, la papessa Giovanna che partorisce per strada, Pio IX che gioca con un bambino ebreo rapito ai genitori. E poi ancora papi eretici, buonissimi o cattivissimi, esemplari nella codardia e nelle smisurate ambizioni, dotti in astrologia o ignoranti di latino. Da san Pietro al papa angelico, che salirà sul trono per annunciare la fine dei tempi, la storia millenaria dei rappresentanti di Dio in terra è una lunga serie di miracoli, miserie e trionfi osceni consumati sul palcoscenico della più incredibile corte del mondo, la curia romana. In questo libro, quasi una Legenda Ferrea, le vite efferate dei papi vengono raccontate senza malevolenza o partigianeria, e accadono di nuovo sotto i nostri occhi, nella loro lucentezza smagliante di nero pece».

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Dino Baldi
Vite efferate di papi
512 pagine * 19.00 euro
Quodlibet


Sul filo

Il filo secondo il Dizionario:
1) Corpo allungato e sottile, a sezione cilindrica (considerato in meccanica perfettamente flessibile e inestensibile), fabbricato e utilizzato in modi diversi.
2) Simbolo di continuità in una struttura organica o di linearità orientata di pensiero.

Il filo: esile sì, ma può essere assai resistente, se a Tarzan serve una liana per slanciarsi da un albero all’altro, a Peter Parker, meglio noto come Spider-Man, basta un filo per zompare da un grattacielo all’altro. E come non ricordare il provvidenziale filo dato da Arianna per riavere l’amante dopo la balorda caccia di Teseo al Minotauro nel Labirinto, oppure non pensare ad una delle tre Parche chiamata Atropo cui è bene non affidarle alcun filo perché da gran fetente qual è la sua gioia è spezzare quello della vita. E poi il filo è protagonista di tantissime locuzioni esemplificative: “… un filo di speranza, un filo di memoria, il filo rosso, un filo d’acqua, un filo di vento, un filo di voce, senza un filo d’ironia, dare filo da torcere, sul filo del rasoio, fare il filo, correre sul filo dei… e tante tante altre espressioni.
Il filo è anche presente nella letteratura, nei media, e nelle arti visive: dagli esercizi concettuali di Duchamp alle opere in ferro di Alexander Calder a quelle in plastica di Lorenzo Pezzatini.
Ma non basta “filo” può diventare in linguistica un prefisso per indicare vicinanza, ad esempio: filoleghista, filofascista (parole assai spesso associate, in modo statisticamente rilevante, a insulti verso quei gruppi politici).

La casa editrice Quodlibet ha pubblicato un libro che sul filo filosoficamente ragiona: Sul filo Esercizi di pensiero materiale.
“Filosoficamente”… no, non spaventatevi è di gradevolissima e scorrevole lettura perché nelle pagine il ragionamento è sostenuto con esplorazioni nei vari campi espressivi, estetici in cui appare il filo.
Come dire? Tutto per filo e per segno.

L’autore è Stefano Catucci.
L’editore informa: “Insegna Estetica presso la Facoltà di Architettura della “Sapienza” Università di Roma. Fra i suoi libri più recenti Imparare dalla Luna (Quodlibet, 2013; nuova ed. 2019), Potere e visibilità. Studi su Michel Foucault (Quodlibet, 2019) e Introduzione a Foucault (Laterza, 2001; nuova ed. 2024),
Collabora con Rai-Radio3 per la conduzione di programmi culturali e musicali.

Scrive l’autore: “l titolo ‘Sul filo’ dev’essere letto in due modi. È un’indagine intorno alla materialità dei fili, ivi compreso ciò che se ne conserva nella costruzione di metafore, ed è una serie di esercizi pratici di riflessione su esperienze nelle quali i fili sono parte costituente del pensare. Rimarrà sullo sfondo, invece, un’altra metafora, quella del pensiero in bilico o alla ricerca di un equilibrio su un filo: un’immagine ripresa spesso dalla letteratura filosofica recente e che anche nel discorso comune corrisponde a un senso di precarietà, di insicurezza, al limite di azzardo, ma che d’altra parte non aiuterebbe a comprendere meglio in che modo i fili entrino nel processo di formazione del senso e del pensare, oltre che in quello della sua rappresentazione”.

Dalla presentazione editoriale.

«Da secoli ci riferiamo al filo per rappresentare l’azione del pensiero. Classicamente, infatti, è dal centro dell’io, dalla sua coscienza o dal suo cervello, che vediamo irradiarsi fili immaginari e metaforici di collegamento con il mondo esterno. A volte sono lineari, a volte aggrovigliati, oggi li si presenta spesso come nodi di una rete che raffigura le maglie del potere, le forme della resistenza e, più in generale, i fenomeni dell’interconnessione globale.
Per quanto astratte, tutte queste immagini si basano sulle caratteristiche di fili reali, materiali, che continuano a orientare la nostra visione del pensiero anche se non ne siamo consapevoli. Si tratta allora di far emergere la materialità dei fili nascosta sotto gli strati delle abitudini e del linguaggio, di riportare le metafore alla lettera per superare la distanza che ci separa dalle cose e dagli altri. Sul filo dev’essere perciò letto in due modi. È un’indagine sulla concretezza dei fili che hanno dato vita a un vastissimo repertorio di metafore ed è un’analisi di esperienze del pensiero che dipendono proprio dal rapporto con fili reali. Funamboli, cordoni ombelicali, arti tessili, teatri di marionette, ragnatele e altri casi esemplari diventano così il tema di una serie di esercizi filosofici su attività antichissime e moderne che non hanno mai abbandonato l’opera degli esseri umani. Osservarle da vicino restituisce alle cose, all’alterità e al non-umano un ruolo decisivo nella formazione del pensiero e degli individui che siamo, senza più né un «io» né un «noi» al centro di tutto».

……………………………

Stefano Catucci
Sul filo
224 pagine * 19.00 euro
Quodlibet


La terra piatta

Ha un’aria molto soddisfatta di sé, gli occhi accesi di luce biblica, le parole si rincorrono via via accelerandosi, il fervore spumeggia, la donna accanto a quel suo profetico compagno annuisce soddisfatta. Chi è quel tale? Via, l’avete capito. È un odiatore della Scienza. Mi sta rivelando segreti di cui non sono degno d’esserne messo a parte visto che neanche un po’ m’emoziono.
L’11 settembre? Un inside job voluto dal governo degli Stati Uniti. Lo sbarco sulla Luna? Una finzione cinematografica. L’Aids? Un virus creato in laboratorio. Il riscaldamento globale? Una bufala. L’Olocausto ebraico? Un’esagerazione propagandistica. Il Covid? lo ha voluto Bill Gates alleato di Big Pharma. G5? Voluti, effetti devastanti sulla salute dell’uomo… Intelligenza Artificiale? Manco a parlarne!
Del resto, ci sono i creazionisti che credono la Terra sia nata 6.000 anni fa e nel Medio Evo esistevano ancora i dinosauri. Costoro hanno largo seguito negli Stati Uniti e dispongono perfino di un museo.
E poi… non lo sapevate? La Terra è piatta.
Scrive Giorgio Vallortigara su Micromega: “Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo anche assistito quasi in diretta al rapido sviluppo di vaccini che ci hanno permesso di superarla in tempi relativamente brevi. Eppure, mai come in questo periodo lo scetticismo nei confronti della scienza e degli scienziati galoppa”

Quando incontro un no vax o un terrapiattista è forte assai la voglia di sottoporlo a una dura punizione (ad esempio fargli ascoltare un intero discorso del ministro Lollobrigida oppure uno della ministra Roccella… sì, lo so, la tortura è vietata dall’articolo 4 della ‘Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea’).
Terrapiattisti. È roba che viene da lontano: CLIC
Ha scritto Umberto Eco «I falsi racconti sono anzitutto racconti, e i racconti, come i miti, sono sempre persuasivi»
La casa editrice il Mulino ha pubblicato La terra piatta Geneaologia di un malinteso.
Le autrici sono Violaine Giacomotto-Charra e Sylvie Nony.

Giacomotto-Charra è docente di Storia della conoscenza e Lingua e letteratura rinascimentale nell’Università Bordeaux Montaigne. Si occupa di analisi della scrittura e della diffusione delle conoscenze relative alla natura nel Rinascimento.

Sylvie Nony insegna Scienze fisiche.
Il suo campo di ricerca è la fisica medievale araba.

“Uno dei momenti chiave (della storia dei nostri giorni circa la Terra piatta)” – scrive Alessandro Vanoli nella Prefazione – “è stata l’eclissi solare del 21 agosto 2017, quando parecchi sostenitori della stessa opinione hanno pubblicato video su internet con lo scopo di dimostrare che i dettagli del fenomeno celeste rafforzavano l’idea che la Terra fosse un disco piatto. Da questo momento in tutto il mondo i terrapiattisti si sono moltiplicati, aggiungendo alle vecchie convinzioni una discreta dose di cospirazionismo: in questo senso l’esplorazione dello spazio sarebbe una mistificazione o un’impostura creata dalle agenzie spaziali, in particolare dalla NASA, insieme a Hollywood e diverse altre agenzie governative, per proteggere il presunto muro di ghiaccio che circonda la Terra.
Un «loro» fatto di poteri forti e di più o meno oscure potenze alla guida del mondo, smascherate da questi volenterosi attivisti da tastiera che nella vera forma della Terra hanno compreso il senso di un inganno millenario.
E se tutto questo appare desolante per la vostra intelligenza, leggere le pagine che seguono sarà allora un ottimo esercizio: Violaine Giacomotto-Charra e Sylvie Nony aiutano a rimettere a posto i vari punti di questa lunga storia. E così facendo aiutano anche a comprendere come di fatto questo mito sia così duro a morire e continui a incontrare tanto successo. Temo non accadrà mai, ma sarebbe bello se i terrapiattisti dessero un’occhiata a queste pagine.

Dalla presentazione editoriale.

«Nel Medioevo si credeva davvero che la Terra fosse piatta? Violaine Giacomotto-Charra e Sylvie Nony tracciano la storia di questo luogo comune e cercano di comprenderne la genesi. A partire dalle fonti antiche, questo libro rigoroso e vivace esplora la storia della scienza e del sapere durante il Medioevo e il Rinascimento e si concentra sulla genealogia del mito della Terra piatta per capire perché persista nonostante le evidenze scientifiche contrarie. Una riflessione, non priva di umorismo, su come le idee errate possono resistere nel tempo e sul modo in cui le credenze si diffondono nella società».

………………………………………….

Giacomotto-Charra – Sylvie Nony
La terra piatta
Traduzione di Maria Paola Castiglioni
Prefazione di Alessandro Vanoli
224 pagine * 20.00 euro
e-book 14.99 euro
Formato: ePub
Il Mulino


L'uomo metafora vivente?


Metafora, dal Dizionario:
“Metafora (dal greco metaphérein = trasferire): probabilmente è la figura retorica più nota e più studiata: si tratta di un procedimento per cui usiamo una parola concreta per definire un concetto astratto senza ricorrere a nessun suggerimento che permetta direttamente di intuire la relazione: un mare di persone, il fantasma di una vecchia ideologia, l’ombra di una persona, stanno distruggendo i polmoni del mondo (per boschi)”

E anche: “Sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini: le spighe ondeggiano (come se fossero un mare); il re della foresta (come se il leone fosse un uomo)”

Massimo Pamio proprio sulla Metafora si è esercitato in un breve ma denso saggio riflettendo “sull’affermazione secondo cui l’uomo possa essere definito egli stesso metafora del vivente”

Pamio, poeta e saggista, è direttore del Museo, unico al mondo, della Lettera d’Amore, che è ospitato nel Palazzo Valignani di Torrevecchia Teatina ed è anche direttore editoriale di Edizioni Mondo Nuovo.
Studioso di letteratura moderna, ha ideato “Casa d’Autore” a Capestrano (Aquila), dove sono in mostra foto, testi, dipinti offrendo ospitalità ad artisti e scrittori.
Per Mimesis ha pubblicato Sensibili alle forme.


Viaggiare nel Medio Evo

Prima ancora di viaggiare in quel tempo, chiediamoci fra quali date viaggia il Medio Evo poiché non è cosa che vede d’accordo tutti.
Infatti, i pareri sulle date d’inizio e sulla fine del Medioevo sono spesso discordanti
Perché? Lo chiesi alla grande Medievista Chiara Frugoni (quanto ci manca!) che così mi rispose: “Secondo Jacques Le Goff il Medioevo finiva nell’800. Il variare delle date di inizio e fine dipende da che cosa si intende per Medioevo. Per noi è un aiuto mnemonico, ma il Medioevo che dura mille anni non ha senso. C’è un abisso fra il tempo dei Longobardi, un tempo di distruzioni e di violenze e il ‘300 con la nascita di tanti geni in una società colta e raffinata. Quindi io accetto la nostra periodizzazione dei manuali scolastici ma precisando ogni volta di quale secolo del Medioevo si stia parlando e come lo si definisca”.
Medio Evo: età storica troppo spesso sbrigativamente definita come un’età oscura.
Ancora una considerazione di Chiara Frugoni su questo sito: “Furono così bui quei secoli?”: Medioevo=secoli bui è un’invenzione di Montanelli che da un punto di vista giornalistico è una definizione perfetta. Ma non ha alcun senso. Come si possono giudicare bui i secoli con Dante, Boccaccio, Petrarca, Cimabue, Giotto? E il secolo appena passato con due guerre mondiali, la bomba atomica e il massacro degli ebrei è stato un secolo Luminoso”?

E ora occupiamoci di viaggi durante quella lontana epoca.
La casa editrice Hoepli ha pubblicato Viaggiare nel Medio Evo In cammino con pellegrini, cavalieri e strane creature.
L’autore: Anthony Bale.
È professore di Medieval Studies alla Birkbeck University di Londra.
Ha curato e tradotto numerosi testi medievali, tra cui “The Book of Marvels & Travels” di John Mandeville e “The Book of Margery Kempe” (Oxford University Press).
Partecipa a programmi radiofonici e televisivi sulla BBC.

“Viaggiare nel Medio Evo” è una lerttura affascinante perché risponde a tante grandi domande e piccolo curiosità che ci poniamo quando pensiamo a quei viaggiatori che ancora non si chiamavano turisti e non disponevano della Guida Lonely Planet.
Molti viaggiavano per necessità di commerci, altri per fuggire da nemici o epidemie, altri per conoscere nuove terre. Per tutti c’erano pericoli da affontare, osticità da superare, incomprensioni da chiarire. Tante le difficoltà, giusto per citarne una soltanto: il cambio delle monete. Le valute e i sistemi di calcolo variavano enormemente nell’ambito europeo. Spesso le monete erano locali, limitate a una determinata città o principato: la maggior parte dei viaggiatori doveva affidarsi al cambio della moneta durante il viaggio, con tassi molto variabili e, spesso, truffaldini

John Arnold, uno dei più grandi studiosi del Medio Evo, professore di Storia medievale, alla University of Cambridge, a proposito di questo libro ha scritto: «Vivido, emozionante e sorprendente, il mondo medievale di Anthony Bale è popolato da un meraviglioso immaginario. La sua esplorazione, raccontata attraverso i testi di molti viaggiatori tardomedievali, dà vita a un libro splendido, avvincente, sempre accompagnato da una riflessione pacata ed empatica su che cosa significhi essere una creatura fragile in viaggio per terre strane, sia nel passato sia nel presente.»

Per sfogliare alcune pagine CLIC.

Dalla presentazione editoriale.

«Un libro che, come nei Racconti di Canterbury, ci restituisce l’immaginifico e il prosaico del viaggio al tempo del Medioevo, con gli occhi di pellegrini, commercianti, spie e santi, da ovest a est, passando per Costantinopoli, Gerusalemme, Etiopia e Cina.
Dagli animati bazar di Tabriz alla misteriosa isola di Caldihe, dove si diceva che le pecore crescessero sugli alberi, dalla Via della Seta alle escursioni per le strade di Istanbul e Gerusalemme, Anthony Bale fa rivivere il Medioevo, invitando il lettore a esplorare un mondo costellato di miracoli, meraviglie e luoghi un tempo famosi e oggi dimenticati.
Come una vera guida turistica, il libro offre anche consigli su frasi utili, dove alloggiare e mangiare, e su come evitare briganti, malattie e altri pericoli della strada.
Servendosi di cronache dell’epoca mai tradotte prima e provenienti dai luoghi più disparati, tra cui Turchia, Islanda, Armenia, Indonesia, Nord Africa e Russia, “Viaggiare nel Medioevo” è una sorta di atlante vivente che rende indistinti i confini tra luoghi reali e immaginari e offre al lettore uno spaccato vivido e indimenticabile del mondo medievale».

……………………………………

Anthony Bale
Viaggiare nel Medioevo
Traduzione di Anna Lovisolo
XVIII-414 pagine * 25.00 euro
Hoepli


Collezione Martelli e Paesaggi emiliani

Quando nasce il collezionismo?
La Treccani informa che “Col Rinascimento s'inizia il collezionismo nel senso odierno, e le ricerche dei raccoglitori si diressero alle cose storiche e artistiche, ai ricordi dei sommi che nelle varie discipline ebbero fama, e quindi alle pergamene, ai preziosi manoscritti, agl'incunaboli, nacquero le prime quadrerie nei castelli”.
In Italia sono oggi tante le collezioni d’arte antiche e moderne, eppure i musei privati attivi solo 19, il 6% di quelli esistenti al mondo. Com’è possibile? Una spiegazione c’è. Un po’ bislacca ma c’è. Quella cifra bassa è il risultato di un’indagine che prende in considerazione solo i musei d’arte fondati da collezionisti ancora viventi.
“Artissima” si è posta la domanda circa quanti e chi sono i collezionisti oggi.
Dall’inchiesta si scopre che i collezionisti sono per il 40% donne, mentre il 58% uomini, in calo rispetto alle prime edizioni della ricerca in cui superavano il 60% del campione (il 2% preferisce non dare indicazioni), mentre l’età prevalente (il 30%) rientra nella fascia fra i 50 e i 59 anni, seguita dai 60-69enni (22%) e 40-49enni (15%). Gli under 39 (12%) sono in forte crescita, del 100%, rispetto alla scorsa edizione. Il titolo di studio prevalente è la laurea universitaria o diploma accademico equivalente (il 44%).
Quanto alla natura della collezione, l’89% acquista dipinti, il 62% fotografie, il 54% disegni e opere su carta, il 53% sculture, il 20% installazioni, il 14% videoarte, mentre una quota del 3% raccoglie anche Nft e arte digitale.

A proposito dell’oggi, a Bologna, martedì 18 giugno presso la Sala Manzi dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna è stato presentato il volume “Collezione Martelli – Cento artisti bolognesi del Novecento”, a cura di Claudio Spadoni.
Subito dopo, aperta al pubblico la mostra “Paesaggi emiliani”, una selezione di 30 dipinti di paesaggio della Collezione Martelli realizzati da pittori bolognesi, tra cui la prima incisione di Giorgio Morandi, che offre uno spaccato sullo sviluppo della pittura emiliana tra la metà dell’Ottocento e il pieno Novecento.

In foto:
Concetto Pozzati, Caduta di un monumento importante, 1963-64, olio su tela, 75 x 85 cm

Estratto dal comunicato stampa

«Il volume Collezione Martelli – Cento artisti bolognesi del Novecento (2024), a cura di Claudio Spadoni, con i contributi critici dello stesso Spadoni, di Francesca Sinigaglia - che ha studiato la genesi e l’evoluzione della raccolta - e della studiosa Daniela Bellotti, è un regesto completo delle 440 opere di pittura e scultura realizzate da artisti dell’ambito felsineo, facenti parte della raccolta. Il catalogo è stampato in un’edizione di pregio con copertina rigida e pubblica le immagini a colori di tutte le opere, a cui si aggiungono accurate schede bio-bibliografiche.
La Collezione Martelli è unica nel suo genere perché offre una panoramica vasta e completa della grande arte bolognese dalla metà dell’Ottocento fino a tutto il Novecento. La raccolta evidenzia una passione collezionistica di lungo corso, che ha toccato le vite private e professionali della famiglia bolognese Martelli che, con amore e dedizione, nel corso di due generazioni ha riunito un nucleo significativo di dipinti e sculture che documentano l’arte del territorio a cavallo di due secoli e oltre.

“L’Arte felsinea dell’ultimo secolo e mezzo attraversò stimoli e sperimentazioni del tutto peculiari alla città! – scrive Francesca Sinigaglia – “dopo l’Unità, Bologna fu una città complessa: non abbastanza grande da diventare un centro di riferimento per l’arte nazionale - come furono alcune città importanti per l’Ottocento come la zona toscana per i Macchiaioli o Milano per la Scapigliatura e il Divisionismo -, ma con importanti individualità che riuscirono comunque a costruirsi una carriera solida, spesso anche internazionale. Grazie alle istituzioni locali come il Collegio Venturoli, la Società Protettrice di Belle Arti e poi la Società Francesco Francia, Bologna riuscì a formare più di una generazione di artisti, ognuno dalla spiccata personalità. Alcuni seppero uscire dalle mura cittadine per irradiare un proprio gusto, altri invece rimasero fermamente ancorati al tempo bolognese, riuscendo comunque a ricavarsi il proprio seguito. Artisti come Luigi Bertelli, Giovanni Paolo Bedini, Mario de Maria, Fabio Fabbi, Augusto Majani, Carlo Corsi, Giovanni Romagnoli, Bruno Saetti, Norma Mascellani, attraverso uno stile del tutto autonomo, dialogarono con le tendenze stilistiche nazionali, in molti casi divenendo dei punti di riferimento. Ognuno, nel proprio modo, rimase legato alla città di Bologna”».

……………………………………….

Per i redattori della stampa, radio-tv, web:
Ufficio stampa
Sara Zolla: 346 8457982 – press@sarazolla.com

……………………………………….

Paesaggi emiliani
a cura di Sandro Malossini
Sala Manzi, Viale Aldo Moro 50
Bologna
Fino al 5 luglio
Ingresso libero


Le isterocomiche di Martino l'Uterino

Non cercate tra i finalisti del Premio Strega il libro che presento oggi, né figurano i suoi autori nella lista dei 100 segnalata dallo sgoverno italiano alla Buchmesse di Francoforte.
Titolo: Le isterocomiche avventure di Martino l’Uterino con la significativa partecipazione di Enrico Chisari, Ferruccio Giromini, Ishmael Korthals, Andrea Landini, Alda Teodorani, Jules Verme.
Due conoscenze di questo sito, amici di vecchia data d’incerto secolo, lo hanno ideato composto e decomposto: Vittore Baroni ed Emanuela Biancuzzi.
A chi avvicinare il loro stile?... come dite?... a Susanna Tamaro… no, non direi. A Federico Moccia?... no, non mi pare.
Si tratta di un volume verbovisivo dal filo narrativo e grafico acidista che racconta le avventure di Martino, attraversando generi letterari e fumettistici dal giallo alla letteratura per ragazzi, dal saggio scientifico alla riflessione filosofica.

Dalle coloratissime pagine saettano detti e motti di eroica sconvenienza, come ad esempio:

“Barcollo, quindi esisto”

“Decido io quando sanguinare”

“Un battito di ciglia e sei già qualcun altro”

“Non è mai troppo tardi per appiccare un incendio”

“Ora et Tavor”

Gli autori dedicano un ringraziamento particolare a Piermario Ciani “le cui sembianze aleggiano in molte delle pagine. Da quell’oblato sferoide del pianeta FUN, ne siamo certi, ci è giunto il suo dispotico e allegro incoraggiamento, immortale antidoto contro la pigrizia”.

……………………………………………

Vittore Baroni – Emanuela Biancuzzi
Le isterocomiche di Martino l’Uterino
200 pagine * 33.00 euro
Edizioni Rizosfera<


Una splendida quarantenne


Compie oggi 40 anni Born in the U.S.A una delle pietre miliari della carriera del grande Bruce Springsteen e della storia del rock.
Se volete ascoltarla: CLIC!


L'Italia dei miracoli

C’è chi crede nei miracoli.
Non sorprende troppo, ad esempio, che fra quelli ci sia Papa Giovanni Paolo II che disse “Fra i miracoli in cui credo, il più indistruttibile è quello della necessaria fede umana in essi”

C’è chi ci crede un po’ meno.
Ad esempio, Piergiorgio Odifreddi che scrive: ““I malati guariscono miracolosamente, cioè inspiegabilmente, trenta volte di più se stanno a casa che se vanno a Lourdes!”.

Sono più d’accordo con questa seconda affermazione.
Ma i miracoli sono negati soltanto da chi è fuori dalla spiritualità? No.
Un esempio dal Dizionario Filosofico: “Fra le principali posizioni filosofiche va ricordata l’opinione di Spinoza (1632-1677), che dedicherà ai miracoli un intero capitolo del Trattato teologico-politico (cfr. cap. VI, I Miracoli). La sua visione panteista di un’unica sostanza, nella quale Dio e natura coincidono, lo porta a negare il carattere “eccezionale” o “contro natura” dei miracoli, e questo semplicemente perché l’attività della natura coincide con l’attività di Dio: in natura non può esservi nulla di straordinario, in quanto tutto ciò che accade, accade necessariamente”.

Ma come siamo messi da noi in quanto a miracoli?
Tranne che in economia e progresso sociale, ne siamo pieni
La casa editrice Raffaello Cortina ha pubblicato L’talia dei miracoli Storie di santi, magia e misteri.
Il volume si apre con una cartina geografica che indica località particolarmente segnalate per un turismo di credenti e non credenti.
L’autore del libro è Marino Niola.
Professore ordinario di Antropologia dei simboli all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa e condirettore del Museo virtuale della dieta mediterranea e del MedEatResearch.

Scrive Niola nell’Introduzione “… gli abitatori dello Stivale appaiono più di casa nel passato che nel presente, impegnati, come dice Henry James in quello splendido racconto che è ‘L’ultimo dei Valeri’, in una “interminabile luna di miele paganeggiante”.
I testi che compongono questo libro ripercorrono le diverse tappe di questa luna di miele, nel tentativo di far affiorare le corrispondenze misteriose che legano il presente cristiano e il passato pagano in un intreccio remoto. Un intreccio che spesso si rivela nei corpi, nei volti, nei gesti, nei canti, nelle implorazioni e nelle emozioni, molto più chiaramente che negli anodini distinguo della storia o nei lambiccati incunaboli della teologia”.

Ecco Marino Niola in alcuni flash sul tema del libro.

Dalla presentazione editoriale.

«“San Gennaro è il vero Dio di Napoli” ha scritto Alexandre Dumas. Senza esagerare. Perché l’antico martire è il signore assoluto della devozione partenopea e la sua funambolica liquefazione del sangue è il miracolo più famoso del mondo. I cicli di devozione popolare, però, sono infiniti. C'è San Rocco, “il divino infettivologo”; la manna di San Nicola, che fa di Bari uno dei grandi centri della medicina soprannaturale; Santa Rosalia, il lato femminile della devozione, quello della vicinanza, della confidenza, dell’indulgenza; il Salento fra il morso della tarantola e il rimorso di Medea in fuga verso Leuca; Padre Pio, il santo più pregato, idolatrato e sovraesposto del Novecento, “un autentico uomo della provvidenza populista, che ha sempre parlato alla pancia del Paese”. E poi i riti meno noti: quello dei serpenti di Cocullo, sull'appennino abruzzese; quello del re del bosco praticato da tempi immemorabili sulle sponde del lago di Nemi; quello delle dee acquatiche della Valtiberina...
Con grande efficacia evocativa, l’autore ripercorre queste storie che hanno resistito nei secoli fino a noi, cogliendo nel profondo la forza di miti e riti che da sempre investono anche il potere e l’ordine sociale».

…………………………....

Marino Niola
L’Italia dei miracoli
168 pagine * 14.00 euro
Raffaello Cortina


Magma presenta Elementi

Esistono parole che hanno un particolare suono ammaliante, come ad esempio, Magma.
Magma… è parola usata primariamente in vulcanologia per indicare la pasta ignea che erompe dai vulcani. Agglomerati, molto viscosi, si muovono lentamente sui pendii e formano cupole e crateri. Posseggono un’altissima temperatura, fino a 1600 °C. Sono composti da più sostanze fluide e solide interdipendenti.
Sprigionano una grande energia.

Ecco perché un gruppo che ha fondato il proprio progetto espressivo sull’intercodice si è voluto chiamare Magma riecheggiando quella grande e complessa forza della Natura.
Per conoscere un autoritratto del gruppo: CLIC.

Ora Magma, dal 2 giugno, sta presentando la quinta edizione di Elementi rassegna itinerante di musica, performance e arti visive contemporanee, ideata nel 2020 con l’intento di creare una dimensione di performance immersiva all’interno di paesaggi naturali confidando anche sulla forte potenza emozionale di angoli del paesaggio romagnolo.
L’edizione 2024 di “Elementi” conferma il proprio format interdisciplinare volto alla diffusione multisensoriale di forme eterogenee di espressione artistica contemporanea, con un calendario di 14 spettacoli performativi site specific distribuiti in 7 giornate.

QUI il programma
………………………………………………………………………………….

Ufficio Stampa: Irene Guzman | mail: irenegzm@gmail.com | Tel. +39 349 1250956
………………………………………………………………………………….

Elementi
A cura di Magma
Quinta edizione
2 giugno - 4 agosto
Per informazioni: riservaree@gmail.com
info@magma.zone
Instagram: @elementi.zone www.instagram.com/elementi.zone/?hl=it
Facebook: @elementi.zone www.facebook.com/elementi.zone


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