Avverbio sconcio. E' diventata per me un'ossessione l'avverbio ormai . Cela una rancorosa rassegnazione o una saccente certezza oppure un tronfio bilancio. E' presente nella pubblicistica di destra e sinistra, passando per il centro s'intende. Riecheggia nei borbottii di livorosi bacchettoni e nello stolto berciare di giovani arroganti; è accompagnato ora da ipocriti sospiri, ora da sguaiati sghignazzamenti. Ormai , pur anfibio nel suo attraversamento di età, anagrafe, finalità comunicative, ha però un significato univoco per chiunque lo usi: sta lì a dire che, nel peggio o nel meglio, qualcosa è finita. Lo pronuncia chi crede nella fine, e non sa che non si finisce mai di finire. Ve l'ho detto, per me è un'ossessione. Ormai.
Briganti, brigantini e naufragi. Lo skipper di Gallipoli ne ha combinata un'altra.
La sua Fondazione “Italiani Europei”, in collaborazione con la “Fondazione Craxi” e altre sigle, sconfessando, di fatto, quanto sostenne Berlinguer a proposito della questione morale, ha promosso un convegno teso a rivalutare quel leader morto latitante dopo sentenze definitive dei tribunali italiani. D'Alema usa dire che gli piacerebbe l'Italia fosse un “paese normale”. Bell'espressione, ampiamente condivisibile. Il nostro, purtroppo, non è un paese normale. Meno male per lui, però, perché in un paese siffatto mai un leader sconfitto starebbe ancora lì ad inarcare il sussiegoso baffino (uno statista vero, Jospin, perse le elezioni, mica s'è messo a presiedere partiti e a dare lezioni di politica) o ad organizzare temerari convegni su Alì Baba.
In un paese normale, non ci sarebbe posto per lui. Altro che skipper, manco il mozzo farebbe.
Cani pistoleri. Non contenti di aggredire e sbranare, i cani adesso hanno preso anche a sparare.
Lo apprendo da una notizia lanciata dall'agenzia filogovernativa AGI su di un dramma avvenuto a Lana, vicino Bolzano.
Trascrivo: Paul Weiss, che si trovava assieme ad altri due amici vicino alla sua autovettura, si è visto avvicinare da Karl Wieser accompagnato da un cane Rottweiler che ha aperto improvvisamente il fuoco contro il gruppetto. Weiss, è stato raggiunto da diversi colpi ed è morto sul colpo .
Cani della malora, ve li meritate i provvedimenti che vuole prendere Sirchia!
Drogherie. Molti plaudono alla legge proibizionista di Fini in materia spinellara.
Con chiacchiere da salone di barbiere, sconcionano sui fatti (mai parola fu più acconcia) su improbabili piani morali e mai scientifici che propongono, invece, ben più serie, anche se spesso contraddittorie, riflessioni. A tutti costoro voglio ricordare la battuta d'un film sul tema che, in pochissime parole, indica una verità che a tanti di loro sfugge: “Ci saremmo sparati in vena anche l'aspirina se l'avessero dichiarata illegale”, da “Trainspotting” di Danny Boyle, 1996.
Prioritaria per Espresso. Da molti anni sono un fedele lettore de l'Espresso. Talvolta ho tentato di smettere, macché è una tossicodipendenza. Ora, però, ho qualche speranza d'uscirne fuori. Se ci riuscirò, il merito è della “terapia Hamaui”.
Daniela Hamaui dirige quel famoso settimanale che, pur presentando in qualche suo numero interessanti articoli dovuti agli ottimi giornalisti che vi lavorano, ha qualcosa che mi piace meno d'un tempo. Le copertine sempre più mi creano imbarazzo a portarle sotto braccio tanto rassomigliano a riviste porno… le fotine di certi valorosi opinionisti – prima raffigurati con spiritosi ritratti – sono mesti santini (se fossi uno di loro, a vedermi lì mi toccherei le palle!)… l'indice è sapientemente nascosto come traguardo da caccia al tesoro… le rubriche d'informazione culturale hanno meno spazio. Un vistoso esempio fra tutti: quella di teatro. Rita Cirio riusciva (è ancora bravissima, e proprio non so come riesca ad esserlo nel telegramma che mo' scrive) a fare qualcosa che andava oltre la recensione, costruiva veri e propri microsaggi sulla letteratura teatrale e i modi di fare teatro; oggi, solo poche righe: ridateci la Cirio!
Che così operino altri periodici non sorprende, ma il pubblico de l'Espresso ha altre esigenze, ci vuole tanto a capirlo?
Insomma, mi riconosco adesso più che mai in quel motto che pronunciò Ennio Flaiano: “Come mi sento fesso, ho appena finito di leggere l'Espresso”.
Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca sto al bar.
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