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Ba Jin. Pochi quotidiani hanno ricordato l’opera di Ba Jin, il più grande scrittore cinese contemporaneo, in occasione della sua morte avvenuta il 18 ottobre scorso.
Curiosa ed esemplificativa storia quella di Li Yao-tang (questo il suo vero nome) che decise di chiamarsi Ba Jin desumendo lo pseudonimo dalla sillaba iniziale e da quella finale dei cognomi di due pensatori anarchici: Bakunin e Kropotkin. Un tipo che i guai se li va a cercare già all’anagrafe. E i guai, da lui invitati, non tardarono a presentarsi. Perseguitato dai nazionalisti di Chang Kai-shek, inseguito sempre da madama, pubblicò sotto falso nome. Allorché arrivò Mao nel ’49 le cose non gli andarono meglio, le sue opere furono messe al bando subito subito.
Ma il peggio doveva ancora venire. Nel ’68, durante la rivoluzione culturale, lo processarono come “infame carogna anarchica” nello stadio di Shangai, e gli studenti incitati da migliaia d’ultras lo picchiarono  senza neppure beccarsi un cartellino giallo (e siamo in Cina!), poi lo tennero per ore in ginocchio su schegge di vetro. Dopodichè  lieta gita in un campo di lavoro, il sinonimo è lager.
Tipo tosto, Ba Jin, è vissuto fino a cent’anni. Negli ultimi tempi, il governo cinese lo blandì temendo che gli assegnassero il Premio Nobel, più volte sfiorato.
Ricordo due sue opere bellissime che lessi circa vent’anni fa: “Famiglia” e “Gelide notti”.
Meritava una vita migliore Ba Jin, ma aveva scelto per sé un gran brutto nome.

 

 

Linea gialla. Quando leggevo nel ’68 sui manifesti ‘La Cina è vicina’, mi toccavo le palle.
Né mi commossero allora le imprese della godardiana Véronique protagonista de ‘La Chinoise’.
I maoisti italiani di quel tempo sono in parecchi oggi con Forza Italia, a cominciare dal loro capo d’allora Brandirali; lugubri ieri, lugubri oggi.
E la Cina, quella vera? Un disastro. Oggi come ieri.
Il giornalista cinese Shi Tao s’è beccato dieci anni di gabbio (grazie a una spiata – confessata – di Yahoo) per una mail ad un amico negli Usa con il comunicato che le autorità ogni anno mandano ai media per vietare rievocazioni della strage di Tienanmen.
Nell’occasione, abbiamo saputo che se in Cina si digitano parole come “democrazia” o “libertà” appare sui pc un msg d’errore che dice: “Linguaggio proibito”. Appunto.
Ho visto a Milano una splendida mostra di una sessantina di giovani artisti cinesi contemporanei: tutti riparati all’estero. A Pechino esistono boutique lussuose per le cinesi ricche (e ce ne sono molte), avere lì un negozio è diventato un must per i nostri stilisti.
Era difficile mettere insieme il peggio del capitalismo e il peggio del comunismo.
Laggiù oggi ci sono riusciti con la velocità di un supertreno. Allontanarsi dalla linea gialla.

 

 

Zapatero. Inviso alle tonache nere, insultato da fascisti vecchi e nuovi, maledetto da beghine e baciapile, Zapatero ne ha combinato un’altra delle sue. Ha abolito la legge che impediva ai balbuzienti d’accedere ad incarichi nella pubblica amministrazione spagnola.
Diavolo d’un sovversivo!
A chi trova da ridire su quanto st’accadendo in Spagna, m’auguro che rispondano proprio i balbuzienti, così il ‘vaffa’ dura più a lungo.

 

Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca sto al bar.

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