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Il fato e la fata

 

Amnesie. Un telegramma di Mussolini ordinava al prefetto di Torino: "Rendere la vita difficile a Piero Gobetti, insulso oppositore del Governo e del Fascismo". Il 15 febbraio del 1926, Gobetti moriva venticinquenne in seguito ad una bastonatura degli squadristi.
Tralasciando lo scontato silenzio di Raiset e dei gazzettieri di destra, non ho trovato traccia dell’anniversario nei principali organi di stampa della sinistra. Meravigliarsene? No.
Ricorda Gian Luigi Falabrino che allorché nel 1994 Einaudi ripubblicò “La Rivoluzione Liberale”, lo storico del movimento operaio Domenico Settembrini, intervistato sul valore del libro rispose lapidariamente “Nessuno”. Sprezzante fu anche la risposta di Lucio Colletti filosofo comunista a quel tempo, poi approdato in Forza Italia.
Gobetti era stimato da Gramsci, ma quello lì, si sa, aveva un altro cervello.
Tra i non pochi guai del pensiero politico italiano c’è stato il censorio silenzio della sinistra su tanti pensatori antifascisti non comunisti, da Gobetti a Gaetano Salvemini, da Eugenio Colorni ad Ernesto Rossi, a tanti altri lontani da ogni forma di pensiero unico.

 

 

Fata incasinata. Alessandra Borghese, ratzingeriana di ferro, è stata candidata da Casini al Senato.
La signora in Rete si raccomanda alla Madonna aprendo il suo sito con le parole Maria Salus Populi Romani; nella ‘Gallery’ è ritratta accanto a personaggi pii e anche in un’uniforme, francamente iettatoria, da crocerossina a Lourdes. A Lourdes, ha pure dedicato un recente libro che promette illuminazioni forse solo parzialmente laiche: “Lourdes. I miei giorni al servizio di Maria”. In precedenza ha firmato un altro volume dal titolo che occhieggia al giallo: “Sulle tracce di Joseph Ratzinger”. Non avendolo letto, non so dirvi se quelle tracce poi sono state rinvenute oppure no.
Alla conferenza stampa la neocandidata è apparsa molto emozionata, ma pare, secondo fonti autorevoli, che sia stata soccorsa con cannoli avanzati da una festa tenuta giorni prima dall’amico di partito Cuffaro in Sicilia e faticosamente sottratti alla voracità di De Mita candidato di Casini in Campania per invogliare i giovani al voto

 

 

Fato svelato. In un infelice film del ’97 (“I vesuviani”), nell’austero (leggi: palloso) episodio girato da Martone, intitolato ‘La salita’, s’assisteva alla penosa ascesa sul Vesuvio di Toni Servillo che, fascia tricolore a tracolla, impersonava un trasparente richiamo a Bassolino gravato dalle sue fatiche a Napoli e nella sinistra. Ma perché – ci chiedemmo allora – Martone, fra i tanti accidentati percorsi nel napoletano, lo fa salire enigmaticamente proprio sul Vesuvio?
Ora lo sappiamo. Cercava un inceneritore.

 

 

Immagini parlanti. La foto di Berlusconi e Fini all’inaugurazione della loro campagna elettorale trasmette un’involontaria, ma chiarissima, comunicazione che non c’è bisogno di Roland Barthes per decifrarla. Berlusconi appare come il padrone neoricco arrogante che straccia villanamente fogli facendoli cadere sul pavimento. Fini, con la sua posa (mani intrecciate dietro la schiena, capo reclinato, sorriso compiacente) è l’immagine di un diligente cameriere uscito dai corsi di una buona scuola alberghiera. E’ chiaro, sarà lui a chinarsi un attimo dopo a raccattare la carta straccia.

 

 

Titoli enigmatici. L’Unione Sarda.it, domenica 24 febbraio, in Rete alle ore 11.04:
Esplode ordigno, due soldati italiani feriti.
Un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio italiano nell'ovest dell'Afghanistan. Due militari sono rimasti lievemente finiti. Lo ha riferito lo Stato Maggiore della Difesa”.

 

Esco e chiudo. Se qualcuno mi cerca sto al bar.

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