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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L'ospite accanto a me è Marco Baliani. Autore, attore e regista
Qualcuno fra i meno distratti ricorderà che Marco ha svolto a lungo attività teatrale per i ragazzi; ricordo, ad esempio, un suo spettacolo, Zuppa d'eroi, che realizzando un'efficace critica del superomismo, deliziava non solo i piccoli, ma anche gli adulti. Il suo modo d'intendere la comunicazione, non solo scenica, per i più giovani è contenuto in "Bambini, Mutanti, Replicanti" pubblicato da La Casa Usher nel 1985. Con Maria Maglietta ha fondato la Compagnia "Tricksters".
Il suo teatro di oggi, centrato sull'affabulazione e sulla parola, comincia da quando occupandosi appunto del teatro per ragazzi teneva seminari e realizzava progetti tendenti a riaffermare la centralità della narrazione. Sue teorie su quel tema sono anch'esse rintracciabili sulla pagina scritta, mi riferisco a "Pensieri di un raccontatore di storie" - saggio pubblicato dal Comune di Genova nel 1991- in cui chiosando alcuni passi di vari autori, da Aristotele a Benjamin, da Spinoza a Rilke, ad altri ancora, tracciava le risorse dell'oralità al servizio della storia dell'uomo.
In televisione ha fatto più cose da "Corpo di Stato" a "Francesco a testa in giù" (rappresentato con successo anche in teatro), a uno straordinario "Kohlhaas " - tratto da von Kleist - che ritengo, per le modalità di linguaggio usate, il più interessante, riuscito, tentativo di fare prosa tv in questi ultimi anni; a Viale Mazzini siete avvisati: se, come dite, volete tentare nuove strade per il teatro televisivo, fate una telefonata a Marco, tanto il numero ce l'avete.
Da attore, in questi ultimi anni, è approdato sui set cinematografici, ma di questo parleremo dopo.
Di recente, ho visto una sua bella regìa teatrale, "Bertoldo" da Giulio Cesare Croce, con a protagonista Stefano Vito concittadino del cinquecentesco autore persicetano, spettacolo prodotto proprio dall'attivissimo Comune di S. Giovanni in Persiceto particolarmente attento in proposte culturali, e non solo estive. Che altro dire…ah certo! dimenticavo di fornirvi i siti, come faccio ogni volta, dove trovare notizie dei miei avventori. Se volete sapere altro di MB cliccate fiduciosi su www.edizionicorsare.com e anche su www.trax.it/olivieropdp

 

Benvenuto a bordo, Marco…
Ciao Armando
Voglio farti assaggiare questo Sagrantino di Montefalco '97 di Colpetrone …qua il bicchiere…ecco fatto! Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto…
No, l'autoritratto no!…Preferisco dirti ciò che vado combinando se vuoi, forse si capisce anche meglio chi sono…
L'ospite è sacro. E se ne rispetta il volere anche nello Spazio. Racconta
Traendo spunto dal famoso racconto di von Chamisso, sto scrivendo Ombre, ci lavorerò con mio figlio Mirto al campionatore, un percussionista, una voce femminile…sarà un concerto narrato, con tecniche digitali e voci bioniche. Riprenderò lo spettacolo Sackrifice sul mito di Ifigenia, con dieci attori danzatori, e infine sto cominciando con Maria Maglietta e Lorenza Zambon a trafficare sulle Serve di Genet…poi tremila altre cose: cinema, scritture, lettere agli amici, fughe…
Se trovi solo un attimo, rispondi a questa domanda. Da Diderot a Grotowsky, sono oltre due secoli che fioriscono teorie sull'attore. Da chi ha indicato i meccanismi di quell'arte a chi nega che sia possibile individuarli scientificamente, tu come la pensi?
Picasso diceva "i mediocri copiano, i geni rubano", nel mio perenne tentativo di raggiungere la genialità, ho cercato sempre di catturare cose, con furti adeguati. L'ho fatto ogniqualvolta ho incontrato qualcuno che avesse cose da darmi, cose concrete, saperi, tecniche, intuizioni, visioni, eccetera…Non credo molto alle scuole, ai sistemi o ai metodi, credo che un artista si debba costruire zappettando con fatica un suo orto, che altri chiameranno poetica, fatto di incontri che seminano, e fruttificano, cose di cui nutrirsi come un buon cibo o un buon vino.
Nella diatriba se sia il volto a fare ridere il cuore o viceversa, penso che non ci siano regole certe, a volte serve la maschera della commedia, un certo vestito, un cappello in testa per essere quel personaggio e quel conflitto, a volte invece occorre cercare dentro di sé memorie e sensorialità. In certi casi va benissimo Stanislavski (ma bisogna conoscerlo e averlo praticato a lungo altrimenti son parole e basta), in altri serve il rozzo passo del burattino senza fili.
Essere attore è praticare un'arte assurda, e come tale va vissuta nel gioco e nella continua certezza che ancora c'è tutto da imparare.
Ti sei impegnato nel teatro multietnico non solo per temi ma anche per composizione produttiva chiamando attori di varie nazionalità in compagnia; hai messo in scena, con proiezioni critiche inedite, figure e periodi storici, da Francesco d'Assisi agli anni del delitto Moro. C'è ancora uno spazio per il teatro civile?
Non mi piace la parola "civile", è come volere richiudere un'esperienza dentro una favola morale. Credo al contrario che il vero teatro è sempre poco civile, perché non riconferma le convenzioni sociali ma dovrebbe spiazzarle, farle precipitare nella loro limitatezza.
Sono d'accordo con te. Diciamo: c'è ancora uno spazio per il teatro politico? Ha un suo pubblico?
Ecco, sì…il mio, infatti, è un teatro politico, non tanto per i contenuti ma perché parla alla polis, ci prova almeno. Prova a raccontare in forme non usuete il tempo che viviamo, anche quando nei miei spettacoli parlo di uno come Kholhaas che tu hai ricordato prima, uno che è vissuto quattrocento anni fa…pure in quel caso, sempre di noi, di me, qui, sto parlando. Perché anche questo, Armando, è fare politica. Per esempio, nella narrazione orale spostare l'occhio verso l'orecchio, far fare corto circuito alla convenzione percettiva.
Mi chiedi del pubblico…sono ottimista, c'è un pubblico più giovane che riempie le sale, lo vedo e lo sento, stiamo comunque in piena crisi, di sensi e di forme, cioè è un ottimo momento per inventare linguaggi e sostanze nuove.
Fai un teatro, e anche una Tv, imperniato sul racconto, la voce, il gesto. Lo ammetto, sono indiscreto: come vivi l'incontro fra teatro e nuove tecnologie?
C'è ancora tanto da fare: il teatro vive in uno stato museale, aspira ad autoriconoscersi, i teatri stabili sono ingessati, appena uno come Martone prova a spostare equilibri lo linciano.
Sono incuriosito e affascinato dalle possibilità d'uso delle tecnologie e ci sto lavorando, forse da sempre, perché nei miei racconti estremi di narrazione solitaria il mio linguaggio vocale e corporeo è un misto di cinema, fumetto e rap.
Mi sembra che finora le tecnologie siano state usate per raffreddare la scena, come intrusione estetizzante di strumenti esterni…credo sia giunto il momento di rovesciare l'impianto, innestare creare ibridi, recuperare la body art senza più performative visioni elitarie, rimettere al centro un corpo narrante, capace di potenziare ed essere potenziato da ciò che le tecnologie mettono a disposizione, e il bello è che proprio il teatro nella sua arcaicità può permetterselo più di altri media. Perché qui resta necessaria la compresenza viva di chi fa e chi ascolta, sente, vede, ed è un'esperienza eccezionale tutta da esplorare.
Accademia D'Arte Drammatica e Scuola Nazionale di Cinema, trovi che oggi garantiscano un'adeguata preparazione dell'attore oppure no?
In generale direi di no, ma bisognerebbe saperne di più, fare esperienze dirette. Quest'anno ho insegnato per due settimane alla Scuola di Cinema di Cinecittà e ho percepito che qualcosa si muove, che si stanno cercando nuove strade, insegnamenti meno codificati.
Si dovrebbero creare open schools capaci di far incontrare gli allievi con artisti anche tra loro diversi, un po' come avvenne per qualche anno alla Civica di Milano con la direzione di Renato Palazzi, per fare questo è necessario però un nucleo di docenti assai in gamba, capaci di filtrare le esperienze e accumulare tesori, dei veri tutors.
Per questo, continuo a pensare che se uno sente dentro la chiamata attorale, allora è meglio che si cerchi i suoi maestri, si sposti, viaggi in geografie ed interiorità, perché già cercare qualcosa è un atto formativo.
Sono nomade d'istinto e non mi piace fissare in un posto…una struttura, un progetto, un gruppo, un teatro, eccetera…lo spazio tempo della mia ricerca.
Accennavo in apertura al tuo lavoro cinematografico. Ti ho visto in "Teatri di guerra" di Martone e recentemente eri con Ornella Muti il protagonista in "Domani" dell'Archibugi, film che è stato selezionato anche per l'edizione 2001 del Festival di Cannes.
Mo' sentimi: tu sei un'eccezione, ma è noto che l'attore italiano di teatro non funziona al cinema e viceversa. Perché succede?
Non sono convinto che sia proprio così.
Teatro e cinema non sono arti così lontane tra loro, è che, come sempre, per l'attore conta l'esperienza, la continuità nel lavoro. Da noi non c'è osmosi tra palco e set perché le rispettive strutture sono arretrate ed autoreferenziali, e, quindi, non si frequentano. Se un attore di teatro si abituasse da subito alla camera - intendo già nelle scuole, nelle accademie - non ci sarebbe bisogno di specializzare attori cinematografici, i quali poi non sono a loro volta capaci di affrontare uno spettatore dal palcoscenico, il loro sguardo davanti alla macchina da presa si spegne presto, non sono abituati al dialogo dal vivo con il compagno di scena. Viceversa, un attore che fa solo teatro non riesce a lavorare più, per esempio, sulle micro muscolature del viso, oppure su una voce più naturalistica, eccetera…Il cinema italiano è sempre alla ricerca di facce e non di persone, accade così che la faccia funziona finché sta zitta, appena parla crolla spesso tutto. Pensa ai film anglosassoni, anche l'ultimo cameriere di passaggio in una scena, lo vedi e ci credi, perché è credibile. Di sicuro la sera poi lavora in un teatro o almeno ci prova. Insomma, se i due sistemi, quello cinematografico e quello teatrale, si frequentassero di più, non solo gli attori ma anche le idee e le sceneggiature migliorerebbero.
Al di là di ottuse scelte della nostra distribuzione, non è solo questa la causa dei rari successi dei nostri nuovi registi di cinema. Chi li accusa di autoreferenzialità, chi di scarso mestiere. Tu che mi dici?
L'autoreferenzialità è di sicuro un problema, perché qui da noi ogni regista è sempre autore e questo pregiudica più di un risultato. Da autore si innamora di ciò che crea, gli sembra di essere onnipotente, e al tempo stesso, preso dalle sue crisi, si macera, si deprime, non ha quella distanza dal testo che gli permette, ad esempio, di essere cattivo, acido, o giocosamente assurdo, non lavora sull'efficacia del racconto ma sulla poesia e allora sono guai. Detto questo, però, ci sono registi capaci di avere una poetica, pochi in verità, e in quel caso anche l'autoralità va bene perché è filtrata per così dire da un'ossessione, da un girare intorno ad una boa, ad un mondo circoscritto a cui riesce a dare voce universale.
Sai, forse alla fine il problema è sempre quello dell'arte. Alcuni, pochi, lo ripeto, sono artisti, la stragrande maggioranza no.
Oltre alle tue imprese teatrali e cinematografiche, sei anche autore radiofonico, insomma te ne intendi di quel mezzo. Radio Rai, nel suo complesso, è in crisi di ascolti rispetto ai principali network privati. Qual è, secondo te, la principale pecca della programmazione?
Una sorta di snobismo, che tradisce una mancanza di curiosità, una incapacità a inventare linguaggi, per pigrizia o cinismo senile.
La radio, più di altri mezzi, non solo dovrebbe esplorare di continuo il linguaggio sonoro - compresi la voce, gli idiomi, lo slang, le costruzioni linguistiche, i riferimenti mitopoietici - ma saperli reinventare, nel senso di saperli trovare. Spesso, per esempio, si sente scimmiottare il linguaggio giovanile senza mai toccarlo davvero, senza entrarci dentro.
Trovo inoltre che dovrebbe avere palinsesti più agili, permettere scorrerie…la stessa informazione, la notizia, non dovrebbe essere relegata in un suo specifico contenitore, ma scorrere in un flusso continuo di viaggi, incontri, scambi, accostamenti.
E poi, ritrovare il mito della voce, farsi arcaici e contemporanei al contempo.
La televisione italiana, compresa quella pubblica, va per commesse, poliziotti, preti e qualche santo.
Se tu dovessi dare un consiglio a quelle teste di silicio che governano i palinsesti, quali altre scelte consiglieresti loro?
Ma vanno bene pure le commesse. E' che mancano nelle storie conflitti veri, cioè la vita…
C'è una perversa idea di fondo, che basta guardare la realtà e tutto è già lì.
Il Grande Fratello ha portato coerentemente questa ipotesi alle sue estreme conclusioni: la vita è già lì, così pronta che basta spiarla di continuo. Ma non è così, noi raccontiamo storie per rendere il mondo meno terribile e per farlo, proprio per questo, le storie devono talvolta essere terribili.
In una qualsiasi fiaba, alla terza riga succede una catastrofe.
E' per questo che ci attraggono, perché sappiamo bene che la vita è caotica, assurda, priva di senso e di finalità, e allora cerchiamo storie che nella loro esemplarità ci facciano vedere che attraverso il conflitto si può carpire un qualche senso.
Mentre le varie situation comedy o soap opera rinunciano in partenza a questo tentativo e quindi risultano insensate, ci confermano quello che già sappiamo. Ma non è di questo di cui abbiamo bisogno.
Immaginiamo una fantacatastrofe: Marco Baliani, Ministro dello Spettacolo…peggio di così! Dimmi il primo provvedimento che adotteresti…
Eliminare le sovvenzioni ai teatri privati commerciali che si sorreggono da sé, in compenso togliere loro tasse e oneri a carico.
Per tutto ciò che è pubblico, dal piccolo teatro comunale al grande teatro stabile, riazzerare tutte le competenze e ricominciare mettendo a dirigere non solo singoli artisti ma gruppi, compagnie, collettivi, comunità, e nell'area organizzativo-amministrativa una struttura agile di due tre persone.
Su chi mettere, chi scegliere, dipende in quale stato e parlamento verrei eletto.
Visti i tempi che arrivano, potrebbe accadere che il Ministro - stavolta non io - mandi a dirigere i vari teatri tutto il suo parentado, fino alle zie di terzo grado e ai cugini emigrati.
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta secondo te quel videomito…
Mi fa pensare che tutte le volte che ci si chiude per un lungo tempo in uno spazio, o lì ci si ammazza, o là ci si raccontano storie, quelle storie non fanno che riparlare di noi, di quello che è rimasto fuori o che è riuscito a penetrare in quella prigione.
Che tutt'intorno ad un'astronave, come accade in Star Trek, ci sia tanto spazio, così incommensurabile, illimitato, non fa che rendere ancora più necessaria la nostra stanzetta, i pigiami, le tute e le mille fesserie abitudinarie che chiamiamo regole, protocolli, comandi e risposte, e che costituiscono il tessuto ripetitivo e meraviglioso del puro vivere.
Siamo quasi arrivati a Balyània, pianeta francescano della Galassia abitato da alieni che camminano a testa in giù…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di Sagrantino di Montefalco '97 di Colpetrone. Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Nonostante questo vino che m'hai offerto sia un rosso fermo, con tutte queste dimensioni spazio-temporali che l'Enterprise attraversa ci si stordisce e anche questo eccellente vino pare che diventi un frizzantino. Sta a vedere che per ben viaggiare nello Spazio uno deve diventare astemio?!
Rassicurati. Questo mai. Ti ringrazio per essere salito quassù e ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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commenti presenti

Ecco il migliore dei modi per condurreuna conversazione su teatro, cinema, tv. Ottimo Baliani federica

inviato da federica giusti
 

Ho visto Baliani in "Kholas", strepitoso!

inviato da carlo semerari
 

Grazie per avermi fatto conoscere Marco Baliani. Non l'ho mai visto in teatro, ma dopo questa intervista m'incuriosisce proprio e ci andrò se passerà da Bari con un suo spettacolo.

inviato da Belfagor
 

Qualcuno mi sa dare informazioni riguardo il progetto "l'animale parlante" che Baliani ha portato avanti dal 1986 al 1989 nelle scuole genovesi? E' importante! se sapete qualcosa vi prego di contattarmi! grazie moreahah@hotmail.com

inviato da Morea
 

buonasera, ho visto per la prima volta ''corpo di stato'' di marco baliani l altra sera in tv. sono rimasta sconvolta. io direi che SE POTESSI INNAMORARMI DI LUI LO FAREI. MI HA FATTO RIVIVERE QUELLA VOGLIA DI GIUSTIZIA CHE HO DENTRO E CHE A VOLTE SEMBRA RESTARE LA', SILENZIOSA PERCHE' NESSUNO NE PARLA PIU'. LA' FUORI C E' TANTO CHIASSO MA SEMBRA UN IMMENSO MONDO SILENZIOSO, DOVE NESSUNO PIU' PARLA DI COSE REALI E SOGNI DA REALIZZARE, QUELLI VERI, SOGNI DI GIUSTIZIA SOCIALE, DI UGUAGLIANZA, DI AMORE E DI GIOIA. CARO MARCO TU MI HAI FATTO RIVIVERE QUEGLI ANNI CON FORZA, E TI RINGRAZIO. NON MI SENTO PIU' COSI' SOLA NEI MIEI PENSIERI... CHE A VOLTE SEMBRANO NON DOVERSI REALIZZARE MAI. UN' ITALIA PIU' GIUSTA, VERA, SENZA PAURE, SENZA OPPRESSIONI. GRAZIE. SE POTESSI TI ABBRACCEREI. TI VOGLIO BENE. P.S. IL TUO ''CORPO DI STATO'' L HO VISTO TRE VOLTE IN DUE GIORNI.. GRAZIE... VORREI CHE LE PERSONE FOSSERO TUTTE COME TE. UN BACIO. CARLA

inviato da carla
 

 

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