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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Nanni Garella. Autore, attore, regista teatrale.
Dal '74 al '76 recita al Teatro Stabile di Torino con Aldo Trionfo, è poi regista assistente dal '77 all'81 con Virginio Puecher e Massimo Castri.
Dall'82 all'88 realizza spettacoli al Centro Teatrale Bresciano come regista e attore.
L'attività di regista prosegue con autori quali David Mamet, August Strindberg, Italo Svevo,  William Shakespeare.
Dal 1993 collabora con Nuova Scena a Bologna, dove mette in scena: Gli innamorati, di Carlo Goldoni, e Sei personaggi in cerca d'autore, di Luigi Pirandello.
A partire dalla stagione 1993-94 dirige la compagnia del Teatro Stabile Friuli-Venezia Giulia dirigendo Anatol, di Arthur Schnitzler; Intrigo e amore, di Friedrich Schiller, 1994; Medea, di Franz Grillparzer, 1994; L'avventura di Maria, di Italo Svevo, 1995.
Dal 1995 è regista stabile all'Arena del Sole di Bologna realizzando anche propri testi accanto a quelli – per fare solo alcuni nomi – di Goldoni, Büchner, Manzoni, Joyce.
Per più dettagliate, anche se non esaustive notizie: CLIC!  
Dal 1999 dirige la compagnia teatrale Arte e Salute; troverete QUI un parziale riepilogo del lavoro svolto da questa realtà artistica nata nell’àmbito del disagio e dell’esclusione sociale.
La più recente produzione è stata “La classe”, risultato di uno studio condotto sull’opera di Tadeusz Kantor, pittore e regista polacco (1915-1990). Una prova d’insuperabile bravura del regista e degli attori da lui guidati che sarà riproposta prossimamente a Napoli e questo sito in quell’occasione dedicherà un servizio all’avvenimento.

 

Benvenuto a bordo, Nanni…
Bentrovato, Armando
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Nanni secondo Nanni…
Risposta impossibile. Non lo so. Eppure, credimi, vorrei tanto saperlo…
Nell’attesa, ti dico che i tre fratelli, Massimiliano, Andrea, Jacopo Arcioni del Centrovini Arcioni, stellare enoteca romana in Via della Giuliana 13, hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Curtefranca Doc prodotto dalla Casa dei Fratelli Berlucchi.
Prima di parlare del testo di Kantor, illustraci il pensiero che ti ha guidato nella messa in scena dell’"Otello" che è uno dei tuoi più recenti impegni.
Un avamposto militare in un territorio di occupazione, la Repubblica veneta contro i Turchi, occidente contro oriente: una storia già vista, che ritorna e costruisce nella mente un immaginario di guerre, purtroppo, vicine e devastanti. La fibra morale di un mondo, quello occidentale, messo a dura prova dalla crudezza dello scontro, con l’inevitabile ripercussione sulle vicende private dei protagonisti: di quelli nobili e virtuosi, come di quelli meschini e malvagi.
Nell’Otello di Shakespeare, alla fine, perdono tutti, i nobili e i malvagi. Desdemona, Emilia e Roderigo assassinati, Otello suicida, Iago travolto dai suoi stessi inganni e dalle sue trame scellerate. Tutti fanno scelte sbagliate. Il mondo non ritrova il suo equilibrio, dopo l’atto estremo di Otello e il sacrificio di sua moglie. Come dopo un’eclissi di sole e di luna, stralcio simbolico di una immagine barocca, l’uomo resta sotto un cielo vuoto.
“La classe morta”. Molto spazio gli è riservato nella storia del teatro contemporaneo ma pochi conoscono quello spettacolo…
… sì, il lavoro di Kantor è sconosciuto a chi non ha potuto vederlo nelle sue tournée italiane,  e sconosciuto specialmente alle giovani generazioni, perché, dopo la morte del suo autore, avvenuta nel 1990, non è stato mai più rappresentato.
Qual è l’importanza di questa “partitura scenica” come l’ha definita Kantor?
Kantor ha lasciato un segno indelebile nel teatro e nell’arte dell’ultimo scorcio del secolo passato, costruendo una delle più inquietanti rappresentazioni del rapporto imprescindibile dell’uomo con la morte, tema che, a parere di Kantor, la società contemporanea rifugge dall’affrontare, per rincorrere una vita di facili e avide conquiste di benessere materiale.
In particolare come si concretizza in scena questo pensiero?
Dodici persone adulte siedono nei banchi di una vecchia aula scolastica: persone ormai trapassate in una sorta di limbo, nel luogo dove essi hanno trascorso i giorni ineffabili dell’infanzia, i giorni che tornano solo nei ricordi, a volte vividi e pieni di energia, a volte stanchi e melanconici, a volte lancinanti come cose irrimediabilmente perdute.
Il risultato è che la rappresentazione di un mondo perduto, morto, sepolto nella memoria, si trasforma in un trepidante, violento, commovente inno alla vita; una vita tutta ormai vissuta che ritorna nella sua pienezza solo a patto di fare i conti con il nulla della morte.
Il testo lo hai fatto interpretare ai tuoi attori di “Arte e Salute”. C’è un perché di quella scelta?
Nel nostro spettacolo, il confronto con la morte è vissuto sulla pelle da attori che hanno perduto una parte importante della propria vita, spezzata dalla malattia e dalla sofferenza e che hanno imparato, proprio dal confronto aspro con le forme teatrali dei personaggi
Ho così pensato di affidare proprio questi personaggi agli attori di “Arte e salute”, perché l’infanzia ha per loro un significato molto particolare: forse più che per altri, essa è separata dal resto della vita, come divelta dallo scorrere naturale della maturazione e dell’età; ed è per loro più facile che per altri rappresentare la bellezza e l’insostituibile pienezza di felicità del tempo perduto dei banchi di scuola.
Da Diderot a Grotowsky, sono oltre due secoli che fioriscono teorie sull'attore. Da chi ha indicato i meccanismi di quell'arte a chi nega che sia possibile individuarli scientificamente, tu come la pensi?
L’arte non è scienza. Non credo sia possibile tracciare una teoria sui meccanismi che regolano l’arte dell’attore.
Teatro di avanguardia, sperimentazione, alternativo, e poi con i fatali prefissi neo, post, trans… insomma, che cosa vuol dire per te “teatro di ricerca” oggi?
Il teatro vero è sempre il risultato di uno studio approfondito dei testi e delle loro motivazioni poetiche di fondo. Ciò che conta poi è lo stile personale della messa in scena.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Piaccia o non piaccia Star Trek, da uomo di spettacolo quale sono, la prima riflessione da farsi è che se quella serie ha avuto tanto successo, in tanti paesi, dal 1966 quando è nata, vuol dire che i meccanismi che possiede sono ben studiati ed efficaci.
La seconda riflessione è che si tratta di un prodotto squisitamente televisivo. Allorché, infatti, approda sul grande schermo sta ben lontano dal successo di critica e di pubblico che ottiene in tv.
Siamo quasi arrivati al pianeta Garella-N… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Curtefranca Doc, prodotta dai Fratelli Berlucchi, consigliata dai Fratelli Arcioni dell’omonima enoteca romana … 
Buon viaggio!
Ed io ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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