L'ospite accanto a me è Alberto Abruzzese.
Professore Ordinario di Sociologia delle Comunicazioni di massa all'Università
La Sapienza di Roma, a lui si devono studi che hanno innovato il pensiero
critico in quel campo. Ha pubblicato circa venti libri - se sbaglio, è
per approssimazione difettosa - indagando su pubblicità, televisione,
letteratura, cinema e altri mezzi espressivi. La sua presenza sul web è
massiccia. Come dare consigli su come orientarvi? Poiché lavoro per
la Rai da tanti anni, faccio una scelta patriottica e v'invito a cliccare
su http://www.mediamente.rai.it,dove
troverete una buona bibliografia e alcuni suoi interventi.
- Benvenuto a bordo, Alberto
- Ciao Armando, era tempo che volevo ri-materializzarmi un poco dalle parti
vostre e non c'è nulla di meglio che un buon vino quando si hanno le
papille della lingua ancora instabili, ancora piene di anti-materia
- E allora voglio farti assaggiare questo Rossj-Bass di Gaja, qua il bicchiere
ecco
fatto.
Senti, il Capitano Picard è bravissimo, a Roma, per lodarne la guida,
direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio
stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu, in poche
battute, trasmetta sulla Terra il tuo ritratto, insomma come vorresti essere
ricordato dagli umani
no, non fare quegli scongiuri! Ci sto pur'io su
'sto tram, mica m'auguro che
- Sono del Leone, ho età moderna, più paleo che neo, nasco
dal cinema e ci sono vissuto dalla Bomba Atomica alla fine del secolo breve.
Ho cercato di vivere post-moderno ma ho scoperto che la TV spazzatura ha già
detto tutto sul sapere e sul non sapere. Allora dal mondo delle identità
dure e deboli sono passato a scrivere contronatura, cioè a tentare
di capire di che corpo son fatto e di sicuro non son fatto di alfabeti ma
di desideri. Cerco di ragionare dalla parte dei videogiochi
insomma sono
un cognitario che tenta di sfuggire alle trappole degli intellettuali. Lavoro
difficile e da solitari, ma mi piace
- Illuminami, o Vate: multimedialità, è un termine che ha avuto
tanto successo da provocare un abuso. Ho perfino visto reclamizzata una cucina
come "cucina multimediale". Insomma, i suoi significati diventano
troppi, rendendone generico il concetto. Una tua definizione di quel termine
- Sino all'avvento del computer la multimedialità era la somma e l'integrazione
tra diversi media (stampa, cinema, radio, TV, spettacolo, etc ), forme di
vita vissuta prodotte e donate dall'industria culturale, diabolica invenzione
del soggetto moderno (avete presente? Il Principe e poi il Borghese e poi
l'identità collettiva dei sistemi di massa) per consentire ciò
che altrimenti sarebbe stato impossibile e cioè - attraverso grandi
simulacri collettivi, meravigliosi fantasmi del desiderio - riconoscere se
stessi, le cose e le relazioni con gli altri superando ogni barriera spazio-temporale,
ogni resistenza fisica.
La multimedialità del cyber space è un'altra cosa: il consumatore
può attraversare forme espressive diverse con uno stesso contenuto
emotivo e senza stare al gioco di forza delle identità moderne. E'
la possibilità di rivalsa di una autodeterminazione territoriale rispetto
all'autorità delle mappe, alle leggi dei controllori. I sorvegliati
hanno finalmente a disposizione un linguaggio instabile per spiazzare i sorveglianti
e per sfuggire alla punizione dei testi, delle sacre scritture e delle leggi.
- L'arte elettronica, la vedi come una smaterializzazione del corpo fisico
delle arti così come le conoscevamo? Oppure una mutazione genetica?
- Mettiamoci d'accordo - anche se è duro ammetterlo per chi come me
che ha amato il cinema e cioè l'ultima forma di espressione che l'autorità
delle grandi narrazioni moderne ha voluto confermare nello spazio dell'arte
classica (ivi compresa la sua stessa morte e la recita infinita della sua
dissipazione, dalle avanguardie alla TV generalista e alla videoarte) - i
casi sono due: i linguaggi digitali o recuperano l'arte e quindi restano prigionieri
delle rovine del Novecento e della tracotanza dei controllori e testimoni
della modernità o servono a una nuova soggettività che non si
soddisfa più con i valori e i disvalori dell'arte, cioè non
si soddisfa con le forme e gli stili, i contenuti e le strategie della produzione
e della cittadinanza. I cybernauti, i nativi della Rete, i soggetti multipli
della virtualità debbono negoziare il senso dei new media in modo che
si spezzi ogni complicità e ogni continuità con il vecchio mondo.
Se un cyber artista presume di esprimere l'arte che viene dall'arte che muore,
consapevolmente o inconsapevolmente è soltanto un infiltrato, un invasore
della nuova frontiera: un "nordista" deciso a sterminare la comunità
locale dei pellerossa. La definizione di mutazione genetica va meglio a patto
che significhi una trasformazione che viene dall'interno della corteccia identitaria
moderna per farla esplodere. L'arte detta post moderna ha ripetuto - sino
alla messa a nudo della povertà e miseria del soggetto storico - le
tecniche del bricolage usate dalle avanguardie storiche: in esse la necessità
dell'arte non viene meno ma si soddisfa nel suo naufragio. Le nuove tecnologie
hanno a disposizione il morphing, qui la comunicazione lavora sulle immagini
come le biotecnologie lavorano sul corpo: linguaggi che servono ad esserci
e non appartengono più alle estetiche perché non ne condividono
più le gerarchie etiche e sociali.
- In quale delle aree espressive credi che ci siano oggi i lavori più
interessanti nella sperimentazione di nuovi linguaggi?
- In nessuno dei settori che vengono definiti come spazi estetici, laddove
cioè, seppure nelle forme dionisiache della dissipazione, si celebra
ancora la fantasmagoria di un bisogno cosmogonico di unità tra il bello,
il buono e il giusto. Se ciò che cerchiamo non è il destino
dell'arte moderna ma le sorti di un desiderio che appartiene alla singolarità
di chi abita il presente, la sperimentazione che conta è quella che
vive nell'esercizio libidinale della Rete, nelle pulsioni psicofisiche e esperenziali
dei videogiochi. Fuori di ogni pretesa normativa, di ogni stato nascente.
- Radio e Tv. Un mare che conosci bene, i tuoi libri, i testi dei tuoi interventi
in tanta convegnistica sono diventati una bussola per chi voglia navigarvi.
Sei quanto di meglio c'è su piazza per un interrogativo che rende inquiete
le mie notti: la tv generalista, ha i giorni oppure i secoli contati?
- Circolano troppo i luoghi comuni cari agli intellettuali continuisti e
buonisti come Furio Colombo o Umberto Eco. Il loro dettato alfabetico - scolastico
e accademico, istituzionale e sapienziale - pretende l'immutabilità
dei valori consolidati dalla tradizione moderna. Non vuole trasmutazioni radicali,
avventi epocali di una soggettività refrattaria, auspica soltanto slittamenti
progressivi e lineari che non mettano in discussione l'universalità
del soggetto storico a cui credono, i valori che servono e da cui sono serviti.
Dunque tutti a dire che l'innovazione dei linguaggi digitali non distruggerà
le precedenti forme espressive
- E invece?
-
invece io credo al contrario che questo piatto destino ci toccherà
soltanto se non sapremo dare un contenuto anti-moderno alle nuove tecnologie.
E allora: la tv generalista sta semplicemente a significare momenti in cui
l'identità o le identità singolari di una sola persona si concentrano
in una massa di pubblico tendente alla globalità di un determinato
ambiente mediatico; di questi momenti anche il computer si sta facendo teatro
ad ogni snodo tra navigazione solitaria e decentrata e evento planetario,
tra localismo e globalismo; e tuttavia le sue forme di sentire - la corporeità
dell'interfaccia in cui ci riconosciamo - costituiscono un salto sostanziale
dei modi di percepire e dunque costruire la vita: quandanche la tv generalista
non si riduca a un piccolo e periodico segmento del sistema multimediale e
interattivo delle reti cibernetiche, i testi che sarà chiamata a produrre
non potranno più essere quelli messi in forma dalla società
dello spettacolo.
- Pierre Lévi, ha detto: "la televisione interattiva è
una contraddizione in termini, perché la tv non può essere interattiva,
altrimenti non è più televisione". Che cosa pensi di questa
affermazione?
- La TV è stata sempre interattiva, solo che lo ha fatto con i tempi
lenti e con le culture monoteiste dei linguaggi di massa. Del resto l'impianto
concettuale offerto da Lévy per interpretare la dimensione dei linguaggi
virtuali, ci offre più di uno spunto per capire che in ogni sequenza
dello sviluppo dei media sono compresenti, seppure con diversa distribuzione
dei rapporti di potere, molteplici modalità di intrattenimento. Ciò
che conta è distinguere le diverse sfere di praticabilità del
senso delle cose che ci vengono offerte dalla fisicità della terra,
dall'autorità del libro, dall'immaginazione fantasmatica delle merci
e dalla connessione emotiva dei corpi: tutto questo si è concentrato
con pari forza nell'esperienza metropolitana e - dopo il cinema e la televisione
- si è liberato nell'esperienza cibernetica.
- Medium freddo per molti, caldo per altri, la radio - ma mo' mi riferisco
solo a quella pubblica - rischia d'introdurre un nuovo elemento di dibattito
diventando un semifreddo, per via d'una programmazione che perde colpi, anche
in termini d'ascolto, rispetto al successo dei network privati. Perché
succede?
- Tutto ciò che oggi è in mano pubblica rischia di vanificare
il suo originario legame con una visione politica dei linguaggi perché
ha perduto la capacità di vedere i luoghi dell'abitare e sentire dunque
i linguaggi concreti della politica. Questa caduta è dovuta in primo
luogo - corporativismi e disonestà intellettuale, burocrazia e inefficienza
vengono dopo e non prima - a causa di una irriducibile resistenza cognitiva
di fronte al significato dei consumi. Per quanto riguarda l'Italia questo
atteggiamento di totale incomprensione nei confronti della vita quotidiana
è dipeso dal peso delle culture catto-comuniste su qualsiasi altra
cultura religiosa e laica.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo
una riflessione sul mito di Star Trek
che cosa rappresenta secondo te
- L'intelligenza intertestuale della TV di consumo, il lavoro compiuto da
secoli di fiction spettacolare, letteraria e cinematografica, che, concentrandosi
nella contemporaneità dei flussi televisivi ha al tempo stesso illuminato
e oscurato la ricchezza dei linguaggi della storia, dando luogo all'anti-storia
dei linguaggi virtuali e consentendo così il ritorno nelle mani del
consumatore del potere di dare voce ai miti: l'esperienza della telefonia
mobile e la sua connessione con Internet costituiscono lo strumento e insieme
la grande metafora di questo processo di liberazione dai vincoli della scrittura
e Star Trek ha cominciato questo viaggio entrando nelle vene del consumer:
"analfabeti di tutto il mondo uniamoci" è il titolo di un
saggio sulla vita del computer che non a caso nessuno dei "servi della
stampa" ha voluto segnalare.
- Siamo quasi arrivati ad Abruzzeseya, pianeta noto nella Galassia per le
sue lussureggianti foreste d'alberi del Pensiero
se devi scendere, ti
conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché
è finita la bottiglia di Rossj-Bass. Però torna a trovarmi,
io qua sto
intesi eh?
- Contateci, se così vi piace e se il gioco continua
finché
c'è simulazione c'è speranza
parola di Alberto Abruzzese
- Ed io ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga
vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
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il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
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