L’ospite accanto a me è Giancarlo Governi. Scrittore, autore televisivo e cinematografico.
Romano da famiglia toscana, fra i suoi plurali meriti ha quello di avere creato un genere: l’antologia audiovisiva dedicata ai grandi dello spettacolo e dello sport.
Per uno sguardo ai suoi tanti libri pubblicati: QUI.
Lo spunto per quest’incontro è dato dalla riedizione, per Beat Edizioni, di “Nannarella” ‘il romanzo di Anna Magnani’ che fu il libro che per primo ha narrato vita, carriera artistica, amori, passioni di quella straordinaria attrice che conquistò per cinque volte il Nastro d’Argento e nel 1956 fu la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista, conferitole per l'interpretazione di Serafina Delle Rose nel film “La rosa tatuata”. Governi non se la caverà, però, soltanto parlando di questo suo lavoro, perché tante sono le cose che ha prodotto in più aree della cultura e dello spettacolo sulle quali intendo conversare con lui.
- Benvenuto a bordo, Giancarlo…
- Grazie, spero di non soffrire il mal di Spazio…
- Ho un ottimo antidoto. I fratelli Arcioni dell’omonima enoteca romana ci hanno consigliato di sorseggiare durante la nostra conversazione una bottiglia di Rosso Negresco, Cantine Provenza… cin cin! Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello Spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Giancarlo secondo Giancarlo…
- È uno che alla sua veneranda età ancora ci crede, pensa che la vita sia il dono più bello. Come dice Benigni: “A me la vita piace tantissimo, e sono sicuro che quando sarò morto mi ricorderò sempre di quando ero vivo”
- Nannarella. Com’è nato questo libro? Quali le principali difficoltà che hai dovuto superare?
- Questo libro, che io considero uno dei più belli dei 24 che ho pubblicato, lo devo, in un certo senso a Totò. Nel senso che avevo appena pubblicato un libro sul Principe che aveva avuto tanto successo. L’editore, Raffaele Crovi allora direttore editoriale della Bompiani, mi chiese di fare il bis. Io ero perplesso perché non avevo idea su quale personaggio orientarmi. Fu lui a suggerirmi Anna Magnani, che, come si sa, con Totò aveva messo in piedi compagnie di rivista memorabili. Io titubavo perché si trattava di studiare e raccontare una donna, e che donna! Ma poi sono stato contento perché la sua “frequentazione” durata tre mesi, mi ha fatto conoscere non soltanto questa straordinaria attrice ma mi ha aiutato ad entrare nel meraviglioso universo femminile che io conoscevo soltanto come maschio, con i relativi pregiudizi e superficialità.
- Quali sono state le doti d’attrice che l’hanno resa tanto famosa?
- La capacità di essere fortemente drammatica e sfrenatamente comica alla stessa maniera. E, soprattutto, la verità che è la sua cifra drammaturgica più rilevante. Anna i suoi personaggi li vive, nel senso che entra nei loro panni e li fa vivere.
- Il peggiore e il migliore aspetto del suo carattere?
- Il migliore è senz’altro la sincerità e la generosità, il peggiore l’intransigenza. Non ti perdonava niente.
- Lavorando alla Rai, hai creato un genere: l’antologia audiovisiva dedicata ai grandi dello spettacolo italiani e stranieri. Per ricordare un solo programma: Due teste senza cervello considerata unanimemente l'opera più completa su Stanlio e Ollio.
In che cosa quella felice formula sui tanti personaggi da te profilati si distaccava nel linguaggio dalla tradizionale biografia e dalla rivisitazione in fiction?
- Il mezzo televisivo ti dà dei vantaggi che la biografia scritta non può darti. Per stare sull’esempio di Nannarella, in un libro devi raccontare cose che il lettore non vede, in televisione invece hai la possibilità di inserire nel racconto biografico anche l’opera del soggetto biografato. I miei Ritratti hanno un sottotitolo che dice “La vita e l’opera di…”
- Con Guido De Maria, Bonvi, Hugo Pratt, Sergio Bonelli, Bruno Bozzetto, hai dato vita a programmi storici sui fumetti in Tv come “Gulp!” e “Supergulp!”.
Furono successi strepitosi, raggiungendo l'83% d’indice di gradimento, ed ebbero il merito di far conoscere ad un vasto pubblico il mondo dei fumetti.
Quale fu la chiave del successo di quei programmi da te ideati?
- Quello fu un vero colpo di fortuna: l’aver incontrato due grandi personaggi come Guido De Maria e Bonvi, i quali dettero vita a questa mia idea, che senza di loro sarebbe rimasta nella mia testa: usare il linguaggio dei fumetti come racconto televisivo. Gulp e Supergulp sono stati programmi rivoluzionari, in una televisione che non sperimentava niente. Il nostro merito fu quello d’innovare tenendo d’occhio il pubblico. Penso che un programma come Supergulp avrebbe anche oggi successo. Tre anni fa hanno pubblicato i dvd ed è stato un successo senza precedenti.
- Bruce Sterling – ai più distratti ricordo che insieme con William Gibson è uno dei fondatori del filone letterario cyberpunk – ha detto che “la tv in un non lontano futuro sarà come il teatro, una cosa di nicchia, con un pubblico molto ristretto rispetto a quello di oggi, anche se culturalmente di livello meno alto del pubblico teatrale”. Sei d’accordo oppure no?
- Se Sterling si riferisce alla frammentazione dell’offerta fino a una esasperata personalizzazione, dovuta alla moltiplicazione dei canali all’infinito grazie alla digitalizzazione, probabilmente avrà ragione. Però avremo milioni e miliardi di teatrini con pochissimo pubblico, fino ad arrivare ad una televisione fai da te. Io non ci sarò più e mi dispiace per i miei nipoti che non sanno che cosa si sono persi.
- Il 15 luglio del 2000, in Italia accadde un curioso avvenimento. Per un incidente tecnico, andò in onda per 15’00” circa la sola immagine di un orologio che, com’è suo mestiere, scandiva il tempo. Fu calcolato che a questo “programma” arrise il 15 per cento di share per un totale di oltre tre milioni di audience. Quale riflessione ti suggerisce l’episodio che ho ricordato?
- Che l’auditel è una vera cazzata. E che i meter, quegli apparecchietti che misurano i cambi di canale e la presenza di uno spettatore sui vari canali, sono gestiti da un campione che ha in casa più di un televisore come tutti noi e quello collegato all’auditel lo tiene fisso sui certi canali piuttosto che su altri.
L’auditel misura la quantità e non la qualità del pubblico. E poi ho il sospetto che questi campioni siano fissi per anni. E da anni.
- Finale in musica.
Negli anni settanta hai fondato e diretto la collana Folk della Fonit Cetra, nella quale hanno pubblicato i più grandi cantanti folk italiani: Caterina Bueno, Rosa Balistreri, Il Canzoniere Internazionale, Maria Monti, il duo di Piadena Otello Profazio e tanti altri.
Premesso che non sono un esperto, mi pare che oggi non ci siano in Italia, Giovanna Marini a parte che è un’etnomusicologa, nomi all’altezza di quelli, ad esempio, fatti prima.
È così o mi sbaglio? E se così fosse, perché?
- Otello Profazio grazie a Dio c’è ancora ed è sempre attivo. Il folk revival, questa è la dicitura esatta, fu una esperienza culturale straordinaria (e oserei dire anche politica), che ci faceva conoscere la cultura musicale e favolistica delle “classi subalterne”. La massificazione dei gusti e la scomparsa di una vera e propria discografia l’ha spazzato via.
- Siamo quasi arrivati al pianeta Governi-G… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Rosso Negresco consigliata dai Fratelli Arcioni dell’omonima enoteca romana…
- Spero che la polizia spaziale non mi faccia il palloncino…
- Già, speriamo di no. Non mi resta che ringraziarti per la visita e salutarti com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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