L'ospite accanto a me è Antonio Zoppetti, in Rete detto "Zop". Scrittore e web performer.
Nato a Milano nel 1965, laureato in filosofia, si muove a tutto campo nel mondo dell'editoria: da autore a editor. Dal 1992 ha curato edizioni di dizionari ed enciclopedie in cd-rom ed è autore di vari progetti multimediali e ipertestuali. Nel 2000 ha fondato il sito www.linguaggioglobale.it, con il quale, nel 2004, ha vinto il "Premio Alberto Manzi" per la comunicazione educativa.
Dal 2002 scrive e orchestra giochi letterari e di scrittura collettiva attraverso il suo blog. Nel 2004 ha pubblicato il romanzo combinatorio Laura immaginaria (Palomar) e nel 2006 Gentile editore... io non demordo (RGB). Un suo rifacimento-contaminazione su web degli "Esercizi di stile" di Queneau, ha coinvolto oltre duecento blogger, ed è stato premiato al concorso 'Scrittura Mutante' nel 2003. Dal successo di quella esperienza ha tratto il libro PerQueneau? La scrittura cambia con Internet, Luca Sossella editore, Roma 2003.
Ora – in questo che per i Terrestri è il gennaio 2012 – è impegnato in una nuova avventura web editoriale, ma di questo parleremo fra poco.
- Benvenuto a bordo, Zop…
- Grazie, mi ero sempre chiesto cosa si provasse a essere teletrasportati! Non sapevo che facesse il solletico!
- Durante questo teletrasporto, i tre fratelli, Massimiliano, Andrea, Jacopo Arcioni del Centrovini Arcioni, stellare enoteca romana in Via della Giuliana 13, hanno consigliato d'assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Gewürztraminer "Crescendo", prodotto da Ritterhof … cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Antonio secondo Antonio…
- A dire il vero quasi nessuno mi chiama Antonio, a parte in famiglia, e poi temo di essere indefinibile e sfuggente come un bosone, per cui non è facile ritrarmi. Nel mio primo biglietto da visita che mi regalarono c'era scritto: libero pensatore multimediale. Diciamo che sin da ragazzino ho cercato di sperimentare cose nuove (per me e spesso anche per il mondo) e nell'ambito comunicativo e artistico adoro violare le regole o inventarne di nuove, più che produrre all'interno dei canoni e dei generi. Da qui una mia intrinseca "multimedialità" espressiva ricorrendo tutte le possibilità: testo, immagini, audio e video a seconda dell'opera e del pubblico. La cosa più bella è che ormai tutte queste modalità espressive si possono gestire sugli stessi supporti e contemporaneamente, grazie al digitale.
- Quale il principale motivo che ti ha fatto scegliere il web come terreno su cui muoverti e sperimentare?
- Nella vita mi capita più spesso di essere scelto, più che di scegliere. Credo nella serendipità, la capacità di cogliere al volo quello che passa dinanzi e che spesso, pur se non lo si cerca, diventa poi una strada più interessante di quel che si cercava. Così è stato per il web. Ci sono capitato dopo un'ottima gavetta nel mondo dell'offline (i cd-rom multimediali) di cui sono stato un pioniere italiano. Quando si è aperto l'online mi ci sono buttato quasi di conseguenza, continuando quel che facevo su un nuovo terreno. E poi vivendo (lavorativamente parlando) ai margini dell'editoria e sulle frontiere della nuova comunicazione, sul web ho trovato la possibilità di realizzare cose che nessun editore mi avrebbe fatto fare sulla carta o sui supporti tradizionali. Per certi progetti mi è andata bene. E dal web sono poi passati anche alla carta o ai supporti tradizionali e più blasonati. Un percorso inverso rispetto alla norma.
- Che cosa cambia nello scrivere tenendo conto della lettura a monitor?
- Implica progettare strutture narrative modulari, molto brevi, labirintiche e soprattutto percorsi non lineari: l'autore non costruisce la sua opera su una sequenzialità e un ritmo che "impone" al lettore, ma viceversa concepisce strutture mobili, e tra loro collegate che il lettore attraversa con un suo percorso personale tra i tanti possibili. Questo approccio non è figlio dalla tecnologia, come a volte si dice. Esiste una tradizione letteraria pre-elettronica che va nella stessa direzione e che andrebbe recuperata e riproposta attraverso i nuovi supporti; Barthes, Derrrida o Foucalt, per esempio, concepivano la letteratura in modo reticolare. E che dire dei lavori combinatori, potenziali, e la letteratura gioco di Oulipo, Queneau e patafisici? Quando Calvino, nella quinta delle "Lezioni americane", riferendosi al romanzo puzzle di Perec "La vita istruzioni per l'uso", teorizza il concetto di iper-romanzo e si interroga sulle sue forme, ci dà delle indicazioni preziosissime da riprendere oggi sul web.
- La tecnologia, anche in letteratura, come già avvenuto in modo maiuscolo, ad esempio, nelle arti visive e nella musica, apre nuovi orizzonti che permettono interattività e rendono obsolete vecchie forme di scrittura.
Accade, invece, che si pubblichino ancora quaranta (40!) nuovi romanzi al giorno alla vecchia maniera sia firmati da autori famosi (o famigerati) sia da nuove penne…
Perché in tanti – e siamo già da oltre dieci anni nel terzo millennio – costringono ancora la marchesa ad uscire alle cinque?
- Su questo tema mi inviti a nozze. Sono uno di quelli che ritiene che il romanzo, in senso tradizionale, abbia fatto il suo tempo come genere espressivo, non certo come mercato. Il fatto è che se devo leggere un romanzo, visto che nasce e si sviluppa (semplificando) nell'Ottocento e nel Novecento, mi leggo dei classici. Altrimenti è un po' come per i film di Hollywood: le stesse storie che si ripetono e declinano in tutti i modi (commerciali) all'interno di un genere dove è stato scritto tutto. Preferisco l'innovazione ai canoni. O i libri che si chiamano romanzi (come una volta tutta la musica si chiamava "rock") anche se non lo sono (per fortuna) in senso tecnico. Qualche esempio? Da Paolo Nori a Chuck Palahniuk, per parlare di contemporanei. Oppure da Luigi Malerba a Boris Vian per stare sul Novecento.
- "Non riesco a capire perché le persone siano spaventate dalle nuove idee. A me spaventano quelle vecchie", così diceva John Cage.
Perché in molti hanno paura delle tecnologie e delle nuove forme espressive da esse governate?
Da dove viene quel panico?
- Lo chiedi alla persona sbagliata. Dovresti chiederlo a quelli che ne hanno paura. O che forse non le conoscono? Temono di perdere quello che hanno conquistato nel proprio campo per cimentarsi in nuovi ambiti dove gli outsider rischiano di essere più competitivi o più bravi? Sai quanti "scrittori" avevano il terrore di scrivere sul web dove chiunque può lasciar loro un commento negativo? Oppure non sono in grado di scrivere cose sintetiche pensate per il nuovo mezzo? Scusa. Le domande le dovevi far tu! Comunque adesso è sempre meno così. Anche gli scrittori hanno ormai un blog o una pagina Facebook. Più per promuoversi, purtroppo, che non per produrre letteratura da web! Brrrr che concetto trasgressivo! Eppure i Futuristi e le avanguardie di primo Novecento, se avessero avuto il computer lo avrebbero usato per fare arte. Credo che la stessa cosa sia successa per la fotografia, il cinematografo e molte altre forme espressive emergenti, prima di Internet.
- La grande quantità d'informazione proiettata da internet simultaneamente in tutto il mondo può portare alla formazione di un'"etica planetaria", come la definisce Remo Bodei.
Qual è a tuo avviso lo strumento principe da usare per elaborare libertà ed evitare un rischio di omogeneizzazione?
- In tempi di globalizzazione la questione è interessante. La libertà della rete tanto decantata ha anche i suoi limiti. Google è praticamente l'unico motore di ricerca. I giornalisti cercano lì. Tutti cercano lì. È diventato la fonte unica dell'informazione. Non so esattamente perché. Ma ciò appiattisce molto ogni cosa. Per non parlare della Wikipedia. Un orrore dal punto di vista culturale. La libertà va cercata dentro di noi, temo. E sta nella capacità critica di filtrare, confrontare e saper pensare autonomamente. Non so come si possa insegnare. Nello stesso modo in cui si trasmette l'intelligenza, probabilmente. Comunque le possibilità che offre la rete sono infinitamente più ampie di quelle di altri media. Penso per esempio della tv. Poi c'è chi ne fa un uso intelligente e chi invece si ferma a una fruizione più limitata.
- Con la nuova generazione dei cosiddetti "nativi digitali" che cosa prevedi principalmente cambierà nel concetto di "informazione" e in quello di "politica"?
- Che domande difficili! Io non ho sempre delle risposte. E quando le ho non è detto che non siano sbagliate. La rete è stata inventata dagli immigrati digitali. I nativi sguazzano nel digitale con più disinvoltura, ma non significa che utilizzino tutto nel migliore dei modi. Per esempio sono inorridito dal fatto che l'umanità si stia autoschedando su Facebook nel più grande progetto di dossieraggio e profilazione che si sia mai visto. Il punto è di essere consapevoli di queste cose. Questi saranno i problemi politici del futuro, credo. Quanto all'informazione è già cambiata. Moltiplicazione di fonti (per quanto la reperibilità dipenda da Google come si diceva), multimedialità e crossmedialità. Apprendimento immersivo e salti analogici/trasversali grazie ai link. Questa è la via che si sta delineando, mi pare.
- In apertura accennavo ad una tua nuova avventura digitale.
Si chiama "I fiori del web" ed è una collana da te ideata che fa parte di CastelloVolante, casa editrice diretta da Marco Negroni.
Parlaci di questa ricerca botanica fra i pixel…
- Mi ricollego a quanto già detto. In rete e sul web si vedono cose nuove. Spesso molto più fresche e interessanti di quelle canoniche (leggi: romanzi, tra l'altro). Il problema è saperle trovare e reperire nella "polverizzazione" di milioni di pagine, spesso di pattumiere e piattume. E qui bisogna sapersi muovere, avere le giuste reti relazionali, sapere fare scouting. Sto cercando di fare ciò. E di proporlo ad altri lettori in eBook e in modo gratuito. Perché l'editoria digitale abbatte i costi e non abbatte gli alberi! L'esperimento continua anche con titoli che cerchiamo di vendere. Obbiettivo: ripubblicare autori importanti dai titoli ever green ma usciti dal mercato dei libri sempre più simile alle logiche dei supermercati: avanti le novità, e dopo un anno un libro diventa vecchio e deve lasciare il posto a qualcosa di nuovo. La qualità in tutto questo c'entra sempre meno. Passando dal gratis alla vendita c'è però un piccolo problema, oltre a un mercato nascente che si deve affermare, l'IVA. Per i libri è il 4%. Per gli eBook il 21. Non si capisce perché.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s'intende…
- Sono un estimatore. La seria va contestualizzata nel suo periodo storico, non amo il genere a prescindere, né le continuazioni. Ma vedere l'invenzione del cellulare, anche in termini di design anticipata in modo così fedele fa pensare al valore degli inventori del telefilm. Anche la possibilità di superare la velocità della luce con la curvatura dello spazio trovo che sia di una modernità e scientificità sorprendenti. E poi la cultura multiculturale, sovietici, americani, cinesi e vulcaniani che convivono pacificamente. Il primo bacio inter-razziale tra Kirk e Hura che negli anni '60 fece scalpore. Insomma gli aspetti positivi e interessanti sono innumerevoli. Come innumerevoli sono anche le ingenuità, le forzature, le puntate strampalate. Ma gli aspetti positivi sono quelli che più mi rimangono. Non ci sono molte produzioni seriali di questa qualità nel panorama televisivo.
- Siamo quasi arrivati a Zop-A, pianeta abitato da alieni tutti floricultori che coltivano fiori del web nei loro orti di silicio… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di "Crescendo" di Ritterhof…. consigliata dai Fratelli Arcioni che dirigono l'omonima Enoteca di Via Giuliana a Roma… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?...
- Tornerò volentieri! Ma per andare posso provare di nuovo l'ebbrezza del teletrasporto (dopo l'ebbrezza del vino)? Lo posso dire io?
- Certamente
- Grazie. Energia dottor Scott!
- E, prima che tu sia teletrasportato tra i Fiori del Web, ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!
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