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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Giovanni Ziccardi. Professore di Informatica Giuridica.
Nato a Castelfranco Emilia nel 1969, è docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano. Ha fondato e dirige il Corso di Perfezionamento in Computer Forensics e Investigazioni Digitali di quell'Ateneo. Direttore della Rivista Scientifica Ciberspazio e Diritto, ha pubblicato in tutto il mondo articoli e saggi sui temi della criminalità informatica, dell'hacking, e dei diritti di libertà nell'era elettronica.
Esperto di Legal Drama, nel 2009 ha curato la direzione scientifica dell’Hacking Film Festival dedicato ai cinefili appassionati di tecnologia.
In Rete c’è un sito web da lui condotto.
L’occasione per quest’incontro è data dall’uscita presso Marsilio di un suo libro d’estremo interesse intitolato Hacker.
Ed è proprio sui “diritti di libertà nell’era elettronica” che il volume è centrato, sul modo (esemplificato da pratiche) che abbiamo per difenderci da tante occhiute sorveglianze che ogni giorno spiano non soltanto le grandi decisioni (ad esempio, quelle politiche e militari dei governi), ma pure le nostre abitudini quotidiane, per trarne vantaggi commerciali, conoscere i nostri orientamenti ideologici, frugare nei nostri convincimenti e negli angoli della nostra vita privata.
Ecco perché Hacker è imperdibile non solo per chi lavora nelle Reti, ma anche per tutti coloro i quali sono interessati a conoscere come sta cambiando la società in cui viviamo, e come sia possibile evitare il destino di finire in una folla solitaria eterodiretta.
Spero tanto che “Hacker” sia letto da molti che lavorano nell’informazione stampata, radiotelevisiva e del web, sarà loro utile per evitare superficialità, strafalcioni e allarmismi che leggiamo e ascoltiamo assai spesso, derivati da una cattiva conoscenza dei problemi dell’odierna comunicazione e delle nuove leggi normative e semantiche cui risponde.

Benvenuto a bordo Giovanni…
Grazie, è davvero un onore essere qui.
Il giovane ma già affermato chef Gabriele Muro del ristorante Giuliana 59, mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Sharis 2009 prodotto da Livio Felluga… cin cin!  
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Giovanni secondo Giovanni…
Sono uno studioso affascinato dai “confini” e dalle contaminazioni. Mi piace unire la mia formazione giuridica “classica” al fascino delle tecnologie, dell’arte, della letteratura, della musica e della cultura in generale, convinto che il mescolare varie discipline porti un arricchimento sensibile. Cerco di avere un approccio hacker in tutto ciò che faccio: nuove sfide, tanta curiosità, recepire insegnamenti dal mondo che mi circonda e da chi è più bravo di me e trasmettere ciò che riesco ad apprendere a chi legge le mie cose o a chi ascolta le mie lezioni oppure le mie conferenze.
Qual è stata la principale motivazione che ti ha spinto a scrivere “Hacker”?
I motivi principali sono due. Il primo è di contribuire alla riabilitazione del termine "hacker" che sempre di più, soprattutto dagli organi di stampa generalisti, viene associato all'idea di criminale informatico. Ho quindi cercato di ripercorrere la storia dell’hacking evidenziando i meriti di questa “razza” di geni informatici che hanno scritto la storia dell’informatica.
Il secondo è di illustrare le azioni di una nuova genìa di hacker che, accanto agli hacker più "tradizionali", stanno oggi combattendo in diverse parti del mondo contro la censura, la repressione, il controllo dei contenuti e cercano di utilizzare la tecnologia in maniera non convenzionale per rendere il nostro mondo migliore. I nuovi hacker oggi sono anche i numerosi dissidenti digitali che in molti Stati stanno operando per guadagnare la libertà.
Qual è, in sintesi, l’etica hacker?
Non è facile individuare una sola etica hacker dal momento che, in oltre sessant’anni di attività, si sono registrati mutamenti sociali, politici e tecnologici che hanno molto influenzato anche il panorama dell’hacking. Si possono evidenziare dei principi di base che hanno resistito allo scorrere dei decenni: la curiosità, la libertà dell’informazione e della sua circolazione e diffusione, il diffidare dei potenti e dell’autorità, il non prendersi mai troppo seriamente. Hacking è essenzialmente cercare di superare dei limiti. Possono essere i limiti della macchina, o di un sistema operativo, ma anche limiti ideali e non fisici. Per superare dei limiti occorrono conoscenza, competenza e curiosità.
La differenza fra hacker e cracker?
Riporto, su questo punto, una riflessione significativa di Emmanuel Goldstein, un hacker storico newyorchese, proprio sul termine 'cracker' contenuta nel mio libro: “Cracker è semplicemente una parola creata da persone che si sono stancate di correggere fraintendimenti sugli hacker. Il problema è che, facendo così, si mantiene in vita il fraintendimento sotto un diverso nome. Se liquidiamo qualcuno come cracker, nessuno comprenderà le azioni che quella persona sta commettendo. Quella persona sta danneggiando sistemi informatici? Allora si deve definire vandalo. Sta usando un computer per addebitare in maniera fraudolenta importi sulle carte di credito altrui? Allora è un truffatore con carte di credito. Quello che fanno gli hacker è relazionarsi con la tecnologia, e sperimentare con la stessa in modi che la gente comune neppure immagina”. Anche io ritengo che il termine "cracker" non vada usato perché presuppone comunque una azione "malvagia" di un hacker e confonde molto i piani operativi dimenticando il lato nobile e la tradizione del vero hacking.
Il tuo libro è intessuto di riferimenti a film, telefilm, libri e musica.
Qual è la tendenza che più si afferma quando il cinema e le fiction tv guardano al mondo Hacker? Ci sono occasioni che a te sembrano siano state più corrette? Se sì, quali?
Ci sono due tipi di “prodotti” (film, serie televisive, fumetti, libri) che affrontano il tema dell’hacking e più in generale della criminalità informatica: quelli “sensazionalistico-catastrofici” e quelli un po’ più neutri e attenti al fenomeno sociale in sé. La maggior parte dei film tendono a “spaventare” lo spettatore, a connotare l’hacking come qualcosa di pericoloso, a ventilare l’idea che il mad scientist, lo scienziato pazzo (inteso come un soggetto che ha maggiori competenze di altri), possa mettere in pericolo la società.
Vi sono, poi, film più profondi, che cercano di evidenziare il pericolo della sorveglianza globale, del controllo dell’individuo, della “disumanizzazione” portata dalle tecnologie. Questi ultimi sono certamente i più interessanti. Penso che “Wargames”, pur con i suoi piccoli difetti, sia il film da cui tutto è iniziato e, quindi, che sia una visione ‘obbligata’. Anche film classici quali “Tempi Moderni”, “Metropolis” e “La conversazione”, sono molto utili per comprendere il rapporto tra uomo e tecnologia. “V per Vendetta” e la trilogia di “Matrix” sono certamente i film più ‘sentiti’ dalla community hacker.
Nell’ultimo capitolo di “Hacker” è dato largo spazio a Wikileaks.
Puoi, in sintesi, dirci il tuo pensiero sulla creatura di Julian Assange?
Nel mio libro non ho parlato di Assange ma di WikiLeaks. Ho cercato di separare la “creatura” dal “creatore”, cosa non facile visto il carisma e la caratteristica di frontman naturale di Assange. Wikileaks ha portato un’idea che sopravviverà ad Assange e che muterà e si presenterà, nei prossimi mesi, in tanti modi nuovi. Con alla base un principio a mio avviso sacrosanto: il diritto da parte dei cittadini di conoscere. Soprattutto quando l’oggetto di tale conoscenza sono informazioni che riguardano la vita stessa dello Stato. Tutti conosciamo i rischi, già delineati da anni, della trasparenza radicale, ma trovare una via di mezzo non è spesso possibile e allora occorre valutare il rapporto danni/benefici. Wikileaks è una creatura molto cara agli ambienti hacker per un motivo molto semplice: incarna l’idea dell’informazione libera, non filtrata, a disposizione di tutti coloro che vogliono realmente conoscere. E l’hacker essenzialmente vuole sapere.
Passiamo ad altro restando su temi suggeriti dalla Rete.
Pratico la Rete quotidianamente da oltre un decennio, ma non ho ben capito la legislazione italiana sul web. Proposte avanzate… poi ritirate… disposizioni… annunci non sempre chiari…
E’ una mia incapacità a capire, oppure qualche nebbia c’è?
Non c’è solo nebbia ma vera e propria tempesta. Da quasi vent’anni in Italia abbiamo una legislazione che è portata a condannare a priori la rete (e i suoi utilizzatori) in quanto mossa da una palese paura per le tecnologie. Non abbiamo mai avuto, in Italia, norme che si potessero realmente ritenere mosse da un desiderio di portare libertà nell’ambiente elettronico. Sin dai tempi delle riforme degli anni Novanta in tema di diritto d’autore e di criminalità informatica. La normativa sulla protezione dei dati personali (privacy) con le sue responsabilità praticamente oggettive è un esempio chiarissimo dell’approccio tipico del nostro Legislatore su questi temi. Per non parlare del wi-fi libero…
Con l’avvento di Internet e il suo progressivo diffondersi, il diritto d’autore è uno degli argomenti più dibattuti incrociando politica, legislazione, tecnologia, determinando così un ventaglio d’ipotesi, possibilità, polemiche.
Tu come vedi il futuro del diritto d’autore?
Vedo un futuro sempre più complesso per un motivo molto chiaro da comprendere: i “dinosauri” che detengono i diritti sui contenuti (e spesso anche i contenuti stessi) faticano ad adeguarsi ai cambiamenti portati inevitabilmente dalle tecnologie, e hanno sovente reazioni scomposte. Dall’altra parte c’è l’evoluzione tecnologica che procede, non si ferma, permetterà sempre cose nuove (nuove modalità di produzione e di scambio di contenuti, ad esempio) ed è come un’onda che andrebbe cavalcata e non osteggiata. Iniziative esemplari (ad esempio la chiusura di un particolare sito) non servono a nulla: pochi minuti dopo i mirror di quel sito sono centinaia, tutti gli utenti sono già migrati verso altri siti altrettanto efficienti e non è stato ottenuto, in concreto, nessun risultato. Sarebbe molto meglio investire le somme di denaro utilizzate per reprimere e proteggere in progetti di ripensamento del panorama del diritto d’autore mondiale (non solo nazionale) per permettere di sfruttare al meglio la potenza che la tecnologia oggi ci offre.
Siamo quasi alla conclusione del nostro incontro.
Una domanda che ne abbraccia molte altre, mi affido alla tua nota capacità di chiarezza e sintesi.
Come cambiano i modi di percepire la realtà nell’era telematica?
L’era telematica porta contemporaneamente a un maggior attaccamento alla realtà e alla possibilità di “uscire” dalla realtà in un attimo. Tutte e due queste possibilità vanno utilizzate al meglio affinché non si rivelino nocive. Maggior attaccamento alla realtà nel senso che oggi abbiamo una realtà, a portata di mano (o di telefono) che è enorme. Siamo la generazione che mai ha avuto, nella storia dell’umanità, una possibilità così ampia e semplice di conoscere tutto lo scibile. Oggi su qualsiasi tema è possibile trovare all’istante informazioni che soddisfino ogni curiosità. Ciò porta, come è noto, due rischi: la superficialità e la sovrabbondanza di informazioni che può causare confusione nel discernere chiaramente ciò che interessa. Al contempo, come dicevo, oggi è estremamente facile crearsi realtà (e anche identità) parallele. Ciò consente un’espansione del pensiero e della mente dell’uomo che è estremamente affascinante. Ha come lato negativo l’alienazione o la perdita, appunto, del contatto con la realtà (e, quindi con la vita). Un uso accurato e ponderato di queste due possibilità può portare benefici enormi al patrimonio culturale di ciascuno di noi.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Star Trek è, sin dagli anni Sessanta, anche l’essenza dell’hacking. Star Trek che cosa è? È esplorare nuovi mondi per cercare nuove forme di vita e nuove civiltà. È esplorare per andare là dove nessun uomo è mai giunto prima. L’hacking è esplorare e cercare un nuovo modo di interpretare le cose, un modo più efficiente ma anche più umano. Con il fine di usare la tecnologia per il bene dell’uomo.
Star Trek per me è una serie chiaramente hacker :-D
Siamo quasi arrivati a Ziccardi-G, pianeta abitato da alieni che hanno chiamato la loro capitale Hacker City… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Sharis 2009 prodotto da Livio Felluga … consigliata da Gabriele Muro chef del ristorante Giuliana 59…  Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
Tornerò sicuramente. Grazie davvero per l’attenzione che poni su queste tematiche che non sono solo tecnologiche ma anche battaglie di diritto, di civiltà e di libertà.
Grazie a te. Non mi resta che salutarti com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

È possibile l'utilizzazione di queste conversazioni citando il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.

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