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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L'ospite accanto a me è Pinotto Fava. Esperto in comunicazione, autore di programmi radiofonici. E' stato responsabile della programmazione di ricerca per la Rai e della rassegna internazionale "Audiobox" cui hanno partecipato artisti, sia del suono sia dell'immagine, di tutti i continenti del Pianeta Terra. esistono ancora quei programmi?... ma che dite!... sono stati competentemente cancellati dal palinsesto di Radio Rai da alcune teste di silicio che si sono alternati a dirigerla. "Audiobox", ad esempio, è stata eliminata ben prima dell'avvento, involontariamente comico, della radio-selector; è bene ricordarlo ai più distratti. A proposito di radio Rai, segnalo - a chi non sapesse e ricordo a chi già sa - l'ottimo sito www.amicidiradio3.com di cui parlo anche nella newsletter di questo mese.

Le prime esperienze di Pinotto sono teatrali, poi televisive, seguiranno quelle di radiofonia dedicate particolarmente alla realizzazione di progetti tesi a provocare contaminazioni fra i linguaggi coinvolgendo tantissimi nomi dello scenario italiano e internazionale della sperimentazione.

L'operosità d'autore e produttore, è accompagnata da una notevole attività di teorico della comunicazione con interventi nella convegnistica e nelle pubblicazioni specializzate sui temi dell'interlinguaggio, e anche - argomento che gli è caro - sulla politica della comunicazione stessa.

M'asterrò dal parlarne ulteriormente bene perché quei pochi amici i quali mi conoscono sanno che sono legato a lui da vecchia amicizia e anche da anni di collaborazione; a riprova del suo valore, quella mia presenza - nonostante molto mi prodigassi - non riuscì a danneggiarlo più di tanto.

Tra le sue più recenti imprese: la direzione, con Gabriele Frasca , della collana di audiolibri "Audiobox" per la casa editrice Luca Sossella .

Pinotto, uomo cui piace la dissipazione più che l'accumulo, preferisce - difendendo ringhiosamente la sua scelta - l'oralità alla scrittura, ma spero non me ne voglia se qui segnalo suoi scritti rintracciabili ai links:

http://www.imprese.com/video/immagine98/htm/fava.htm e

http://www.gianfrancosalvatore.it/dischi/stevelacy.html

Sul web, c'è ovviamente anche dell'altro, accendete i motori di ricerca e buon viaggio.

Ricordo, inoltre, che della sua figura, dei suoi programmi a radio Rai, se ne trovano ampie notizie nella Garzantina della Radio uscita in libreria nell'ottobre dell'appena trascorso anno terrestre 2003.

 

Benvenuto a bordo, Pinotto.
E' non solo un caro saluto, ma un augurio indispensabile, ci vuole proprio. Infatti sono un navigatore molto mediocre, marittimo, informatico e, ça va sans dire, spaziale; oltre a non saper nuotare. Con queste credenziali la definizione dell'ultima fase della mia attività di ricerca radiofonica e inter-multimediale era "derive magnetiche". E' solo una delle non poche mie contraddizioni. E' un'indecenza (?). Quanto alla vineria, beh, è tutta un'altra faccenda: la mia adesione è piena ed assoluta, sono un compagno di bordo, un sodale attendibile (che dico? sono già arrivato), sperimentato più che sperimentale. Spregevolmente coerente.
Voglio farti assaggiare questa Bonarda Riserva Colli Piacentini Doc, vendemmia 2000 . qua il bicchiere.ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto. interiore.insomma, chi è Pinotto secondo Pinotto.
Chi può dire senza vergogna che da cosa non nasce cosa; o che da causa non discende effetto; o che la logica casuale non esiste? I temi si richiamano o si chiamano come i milioni secondo Eduardo. Ecco l'autoritratto o foto con l'autoscatto. E' l'anagramma di Pinotto Fava da me in assoluto preferito: vino fa patto . La cosa riguarda non solo il corpo ma, il signore m'intende, lo spirito. Ma non trascurerei queste altre definizioni possibili: catastrofista ottimista; ozioso costretto al lavoro ma incapace di negozio; dilettante (parola bella) non vocato ma votato (ahi!) al professionismo (ahimé!); operatore non puntuale ma preciso fino alla paranoia; affabulatore tra fiabe e fobìe; comunicatore conviviale in partenza (forse) attraente, alla lunga devastante; scrittore su sabbia. Vorrei rassicurare comunque i di-vini compagni di bordo: non mi farò una domanda per darmi una risposta, in futuro (forse) mi farò una domanda per darmi una domanda.
Laurie Anderson canta "Language is a virus" citando William Burroughs che diceva "Il linguaggio è un virus venuto dallo spazio". Domanda acconcia in un viaggio spaziale: sei d'accordo con quella definizione? Se no, perché? E, se si, qual è oggi la principale insidia di quel virus?
Sì. E' un virus non solo in senso artistico, ma anche comunicativo, antropologico, scientifico, filosofico. Lo è come la doverosa indocilità, la disobbedienza necessaria, i comportamenti devianti, l'eros, le amicizie insane, le migrazioni, il nomadismo, i viaggi della mente. E come ogni invasore viene da spazi altri e lontani (cose dell'altro mondo!). Negli agitatori linguistici e in quelli politici, nei disturbatori informatici come in quelli che attentano alla pubblica quiete risiede forse la sola salvezza della fangosa normalizzazione che ci avvolge. Schivare gli azzeratori finti e veri, i professori di ogni risma, quelli che si accreditano - solitamente con successo - come testimoni, guru e profeti dei tempi nuovi. La vera insidia (insediata nel nostro quotidiano) è il pettegolezzo scambiato per provocazione intellettuale, la minipedagogia per illuminazione culturale, la rissa mediale per passione, l'aggressione verbale per virologia...
C'è, o non c'è, un rapporto fra le avanguardie storiche e le nuove ricerche espressive dei nostri giorni, computer compreso?
"L'immagine di un'avanguardia, che viene dopotutto dalle guerre napoleoniche, in realtà non è più molto utile e si dovrebbe rinunciare all'idea di alcuni pochi che guidano una banda di altri che li seguono; e vedere piuttosto la situazione dell'arte come una rete o una costellazione o una spirale", così diceva George Brecht…
… scusa l'interruzione: George Brecht, gruppo Fluxus, tengo a sottolinearlo a beneficio di qualche mio avventore dal pigro ascolto, non vorrei che lo confondesse con qualche cognome uguale…
…ci sono là almeno un paio di parole molto incisive: rete, costellazione. Premesso che sono soprattutto le tecniche a provocare l'insorgere di nuove forme espressive (in greco tecne=arte), credo che la discontinuità, la rottura a livello concettuale e pratico con le avanguardie siano soprattutto in alcuni punti chiave.
a) Le tecnologie inter e multimediali sono ormai non più un fenomeno ma una pratica di massa in continua espansione;
b) E' nato un nuovo alfabeto;
c) Generi e codici, e relativi intrecci, da soli non bastano più a definire gli ambiti e i modi d'intervento: l'incrocio, o la somma, è anche tra i media (computer += radio + TV + musica + scienza + grafica + performance + teatro ecc.);
d) La circolazione dei messaggi visivi e sonori avviene sempre in tempo reale. Accelera così la conoscenza e l'identificazione dei nuovi bisogni (che non riguardano più soltanto gli adepti, gli iniziati), il recupero delle differenze, il ritorno e l'espressione della solidarietà e del senso del collettivo; ecc. e) Insieme causa ed effetto di tutto questo è la caduta (o almeno la messa in crisi) dell'opposizione arte/comunicazione, che pure connota tuttora scelte e comportamenti espressivi di artisti e gruppi di neoavanguardia. D'altra parte è possibile pensare che il cubismo, il futurismo, l'espressionismo, il surrealismo, dada, il Bauhaus, la metafisica, la musica aleatoria, il situazionismo ecc. (kitsch e trash compresi) non abbiano lasciato tracce nelle nuove tecniche per le attuali macchin/azioni, le dimensioni spaziotemporali, le pulsioni etiche, l'impegno sociale, le mai morte o neonate tensioni utopiche? Non riesco a crederlo. D'altro canto, pur ammettendo che le avanguardie abbiano chiuso il loro ciclo, la sperimentazione, la ricerca di nuove forme e statuti linguistici, resta e continua, mi pare, intatta e attiva.
Non pochi sostengono che oggi l'avanguardia non appartenga più alle arti ma alla scienza…si pensi, ad esempio, alla fisica delle particelle... è un giudizio che ti trova d'accordo, oppure no?
Un tempo - più periodi, e più luoghi - i saperi non erano scissi ed erano "avanguardia". Esempi, tanto per restare in casa: Leonardo, Bruno, Galilei, Della Porta, ecc. La separazione tra umanisti e scienziati viene soprattutto dal romanticismo. Al presente sappiamo bene, o dovremmo sapere, che il poeta è sì un mentitore, ma anche innanzi tutto un "fabbro", un "facitore" (poièo = faccio, costruisco). E che l'uomo di scienza poggia in parte notevole sull'intuito, l'ispirazione, la fantasia, perfino la fiducia nell'aiuto del caso. Certo la scienza arriva sempre uno o più attimi prima ed è quindi più avanguardia, in senso tecnico-culturale, ed anche militare. Ma la distanza tra le due grandi aree si riduce sempre più e l'artista e il musicista si affidano sempre più alle tecniche nuove, utilizzandole ingegneristicamente e algebricamente. La questione mi sembra quindi un (alto) esercizio retorico. Forse ci aiuterà meglio a capire il complesso universo terrestre ed extraterrestre che abitiamo o frequentiamo "protesicamente" il ritorno dell' "inutile" (?) scienza delle scienze, la filosofia, poderoso strumento inter e multidisciplinare, multiculturale, multietnico. E se il mio conterraneo Sinisgalli (poeta e ingegnere, direttore un tempo della olivettiana "Civiltà delle macchine") prefigurava l'avvento, anzi il ritorno dell'ermafrodito, è possibile che si ritorni in prospettiva alla condizione di Pitagora, maestro di suoni, musico e matematico (acusmatico), e insomma filosofo. Con un occhio a Keplerus, lo scienziato degli "harmonices mundi".
Qual è per te la differenza tra informazione e comunicazione?
Non essendo - pur pitagorico - Claude Elwood Shannon, non parlerò in poche battute della Teoria dell'Informazione, branca della matematica. Allora terra terra (senza spedire missili)... Informazione e comunicazione hanno molti elementi e termini comuni (sorgente, trasmissione, ricezione, canale, codifica, decodifica, segnale, rumore, ecc. ), ma la base scientifica, le metodologie, i procedimenti analitici sono assai diversi. Considero banalmente informazione le news e più generalmente i contenuti diffusi o trasmessi dai media. La comunicazione, concetto e disciplina di avvio sociologico, è un'area più vasta e forse meno scientifica, ma nell'ambito dei mass media totalmente connessa e intrecciata alle tecnologie vecchie e nuove. La comunicazione artistica in particolare fa leva su un complesso e variegato sistema di codici secondo le tipologie mediali e multimediali. Come cittadino e utente rivendico, off course, con ostinazione, desolazione e talvolta ringhiando il mio diritto all'informazione; pur rilevandone il sovraccarico, spesso imbarazzante e pericoloso. Ma ovviamente la comunicazione artistica, nella quale posso avere una funzione attiva di prassi e teoria, è per me di gran lunga più seducente; a partire dalle discipline che la informano (!) e caratterizzano: la semiotica, la linguistica, la retorica ecc., che fanno la differenza. Soprattutto è motivo di piacere la possibilità di dare nuovo senso a parole e pratiche per comune definizione - a tutti i livelli - negative, come rumore interferenza disturbo deriva. E in più il potere, per così dire genetico, nella multimedialità di realizzare non solo il feedback tra chi trasmette e chi riceve, ma il tendenzialmente infinito espandersi di segnali, messaggi, segni.
La grande quantità d'informazione proiettata da internet simultaneamente in tutto il mondo può portare alla formazione di un'”etica planetaria”, come la definisce Remo Bodei.
Vedi tutto ciò come uno strumento di libertà o una forma d'omogeneizzazione?
Negli anni '90 del fosco fin del secolo morente (e mortifero), quando ancora internet non era pratica di massa, si attivò un movimento di tono e consistenza politico-ideologica, che leggeva nella rete, nella universale comunicazione un inedito potenziale rivoluzionario, quasi una palingenesi. Sì, internet spinge verso un mondo che tende a ridurre le disuguaglianze, arricchire le diversità, proporre nuove identità, non annichilire il salutare conflitto (non solo) sociale, esaltare l'individuo, e la sua creatività, favorire le solidarietà e le benefiche congiure universali ecc. Certo si può essere d'accordo con Bodei e la sua non infondata speranza. In questa direzione, se non sbaglio, andavano e vanno tuttora personalità assai diverse come Franco Berardi "Bifo", Antonio Caronìa ed altri. Peraltro Umberto Galimberti dolorosamente ritiene che "non disponiamo di un'etica all'altezza della tecnica e dell'economia globale". E internet è tecnica e, in larghissima prevalente misura, economia, affari, mercato. "L'etica diventa pat-etica se chiede alla tecnica che tutto può di non fare ciò che può e chiede al mercato di contenere la sua forza espansiva se questa danneggia le popolazioni più povere. Qui l'etica non supera mai il livello dell'invocazione, come risulta a chiunque abbia partecipato a un comitato bioetico... chiedere al mercato di occuparsi del mondo povero è pura invocazione". Aggiungo: analoga riflessione si può fare per la guerra, che è tecnica ed economia. "Se tutti pensiamo in termini economici che spazio c'è per un pensiero altro da quello economico? E l'etica è un pensiero altro". Se le cose stanno così si genera omogeneizzazione, pensiero unico. Oltre a quello invasivo la rete svilupperà prodigiosamente un potere che sia insieme coinvolgente, illuminante e strepitosamente innovativo?
Ricordavo in apertura le tue origini teatrali. E, successivamente, tanto hai dato alla scena teatrale di ricerca proponendola per primo alla platea radiofonica dove la voce – a differenza di quanto accade in molte performances del nuovo palcoscenico – è protagonista rispetto allo spettacolo di sala spesso massicciamente tecnologico. Sull'attore, sulla phonè, insomma la sai lunga. Maurizio Grande in un suo intervento di anni fa si chiese: “Ma chi è l'attore: un corpo promosso a figura? Una maschera promossa a persona? Un sostituto promosso a originale?”
Tu come risponderesti a tali domande?
"La ricerca della presenza - secondo Derrida - ha segnato la storia della filosofia occidentale e la sua metafisica fino ai giorni nostri; e si potrebbe aggiungere anche quella dell'Oriente. Con una sola, e notevole, differenza, e cioè che l'Oriente ha conservato il corpo come mezzo d'azione diretto della produzione della presenza, mentre l'occidente, da un certo momento della sua storia in poi, ha perso ogni legame visibile con il corpo... " (Josè Gil). Penso che l'attore - al presente ma anche al passato remoto e con alta probabilità al futuro - sia essenzialmente, sostanzialmente, a prescindere dal significato della sua performance, allarmante e illuminante corporale presenza (fonica e gestuale), corpo significante non promosso o elevabile ad altro: poiché è già, in quanto macchina emozionale, altro rispetto al quotidiano reale e in certo senso altro da sé. Superata da tempo l'angusta concezione che lo definisce "chi recita, chi interpreta una parte", pratica pur sempre molto diffusa, e stemperata la schizofrenia dell'interprete-mediatore, l'attore riguadagna il centro della scena dopo la decadenza tra '800 e '900 segnata dall'egemonia dell'autore, del capocomico-direttore, del regista. Del resto già in altri tempi, e di nuovo nel nostro, l'attore può assorbire ed assommare tutte le funzioni, assumendo intero il carico della drammaturgia. Né mi pare che la presenza anche rilevante di apparati tecnologici possa compromettere questa centralità. Lo stesso macchinario si dispone a servire la fisicità dell'attore, se non addirittura a far corpo con lui.
Dal teatro alla televisione. Condividi o non condividi il tipo di critica di Karl Popper alla tv?
Vado oltre. La televisione è la più venefica droga del nostro tempo. La TV è il maggior produttore di "omogeneizzati"; il più grande veicolo di stupidità e di ferocia; la distruttrice del privato, incapace di creare una sincera passione pubblica, l'allestitrice di realtà dissociate ma non virtuali né virtuose né viziose; la creatrice non involontaria di dissesti individuali e scompensi collettivi, di frustrazioni, schizofrenie, cospicui impotenti narcisismi; la frantumatrice (incredibile!) della comunicazione familiare. Come esempio, solo questa riflessione pacata e lucida di Bodei a partire dalla politica: "Della caduta del muro di Berlino si è parlato molto; poco o nulla della caduta delle pareti domestiche provocata dalla televisione, che ha fatto entrare la politica in casa, infrangendo quel diaframma reale e simbolico che separava lo spazio pubblico da quello privato... Si produce una nuova forma di politicizzazione, che coinvolge progressivamente figure più legate alla dimensione concava della famiglia che non alla dimensione convessa della politica...Tale metamorfosi della politica ha luogo per mezzo della televisione, che genera un consenso "forzato" non perché strappato con la violenza ma perché conseguito mediante una forzatura, allo stesso modo in cui s'inducono gli ortaggi a una crescita accelerata in serra. Tale serra, in cui il consenso viene populisticamente drogato, è oggi rappresentata dalla casa. Dopo i bambini, gli anziani, le nonne, mamme e zie sono i più esposti agli effetti della TV".
Dalla televisione alla radiofonia. “Audiobox” ha proposto la radio come uno dei luoghi dove sperimentare l'intersezione di linguaggi d'autori di aree espressive diverse: provenienti dalla musica, dalle arti visive, dalla letteratura, dal teatro, da internet.
Ai bilanci, preferisco le bilance, quindi, ti chiedo: quale peso ha avuto, in quell'esperienza, il linguaggio radiofonico rispetto agli altri che ospitava? In altre parole, è nato un nuovo linguaggio radiofonico, o un' ipotesi di linguaggio , per citare uno dei titoli di cui sei autore?
I linguaggi, tu m'insegni, cambiano come cambiano le lingue. (Lo stesso Dante, comunemente ritenuto iniziatore anche statutario del nostro volgare, era - latino a parte - debitore del grande Federico, oltre che dei tentativi dal basso). Cambiano con le tecniche, i supporti, i media, le culture materiali e immateriali. Il rapporto tra la radio e gli altri codici e linguaggi attivato da Audiobox (e prima dal tuo e mio "Fonosfera") era bidirezionale, procedendo dall'una agli altri e viceversa. Parte del tradizionale bagaglio formale della radio era per così dire ceduto agli autori (comprendo nel termine anche il progetto e la regia), i quali incrementavano il mezzo con le pratiche e le forme dei rispettivi ambiti. E' nato un nuovo linguaggio? Nelle prove migliori - non così poche, azzardo con qualche supponenza - mi pare di sì. Comunque al di là della bilancia dare/avere, ci sono per me alcuni fermi convincimenti che hanno contribuito a formare l'immagine di Audiobox nel tentativo di "metamorfosare" il mezzo. Non esiste una radio "disincarnata": La radio è ànemos e pneuma, cioè respiro, alito, soffio vitale. E' soprattutto in maniera complessa e compiuta phonè nel senso (greco) progressivo e dovizioso di "voce>parola>grido>nota>suono>strepito>lingua/linguaggio"; nel tutto del silenzio. I new media hanno avuto e più avranno una forte incidenza nella costruzione del corpo magnetico-elettronico; la radio che non vi dialoga né li incrocia non ha un grande futuro. Uno spazio di ricerca, in quanto somma di identità diverse e mutevoli, può essere un palinsesto. Interferenza, rumore, disorientamento, smarrimento, perdita del centro non sono male parole. E infine, contestuale benché fuori testo: niente è più serio del gioco per le persone serie.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa .come sai, Roddenberry ideò il suo progetto avvalendosi non solo di scienziati ma anche di scrittori lontani dalla fantascienza, tanto che ST risulta ricca di rimandi letterari sotterranei, e talvolta non troppo sotterranei.che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s'intende.
So di deludere molto non solo il responsabile di Enterprise e della sua taverna spaziale, ma molti compagni di bordo. Ho visto più volte Star Trek per occasioni e frammenti distribuiti nel tempo; è un bel vedere e un bel pensare, ma non rappresenta per me un videomito (ma forse l'immaginario TV in me non è mai esploso). Aggiungo che nell'ambito della science fiction e zone contigue le mie attenzioni vanno piuttosto alle tensioni, gli struggimenti, le lacerazioni, le tenerezze di quelle opere che rappresentano la parte più misteriosa e profonda della nostra condizione di terrestri (penso per esempio a Philip K. Dick e ai suoi derivati filmici), o ai viaggi nel tempo più che a quelli spaziali. Tuttavia motivi di attrazione ce ne sono a iosa e - giuro! - li recupererò nei mesi a venire. Attraverserò con più attenzione i conflitti, le speranze, le inquietudini, le pulsioni della "metastorica" serie e dei suoi sequels, paralleli a quelli di un tempo storico lungo quarant'anni. Piccola nota pettegola: nella Garzantina Televisione il curatore Aldo Grasso non coglie gli apporti letterari e scientifici ai quali fa riferimento quel trekker competente e innamorato del mio intervistatore.
Siamo quasi arrivati a Fàvya, pianeta risonante di suoni alieni. se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di . vino citato in apertura .. Però torna a trovarmi, io qua sto.intesi eh?
Commiato, (all'apparenza) di cattivo gusto. Sono due citazioni dello stesso autore e tutto l'equipaggio sa chi è. Certo non fa ridere, anche se non manca di un suo nero humour. A me pare assolutamente pertinente, anche per la sua conclusione "spaziale". "Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. Ed è l'ordigno che crea la malattia... Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie ed ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più... ci sarà un'esplosione enorme che nessuno vedrà e la terra, ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie". ".....credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisca con l'inquinarsi. Bisogna muoversi. La vita ha dei veleni che servono di contravveleni..." (Italo Svevo, 1922) Pessimista? Angoscioso? Catastrofista? Non direi, non mi pare. Allarmante, certo. Ma il futuro è sempre altrove. Navighiamo dunque. Tornerò a bordo, non importa quando, se mi sarà concesso. Ciao! Buon proseguimento! Cin cin!! Skol!!!
Ti ringrazio, e ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità.

 

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commenti presenti

Seguivo da ascoltatore Audiobox e mi manca. Il nome di Fava mi era noto ma non conoscevo il suo pensiero anche sepotevo immaginarmelo dai programmi che produceva. Ma ora che grazie a questo sito l'ho conosciuto direttamente, sono ancora più convinto del suo valore, e anche più convinto dell'incapacità dei dirigenti della rai che vanno a chiudere trasmissioni come Audobox. flavio brizzi

inviato da flavio brizzi
 

Pinotto Fava è un mio idolo! Sono cresciuto con Audiobox! Ne ho vissuto la chiusura come un lutto,come mi avessero chiuso un occhio..allora ho cominciato a farlo "in casa",assemblando suoni e idee. Vi devo tante ore di curiosità e scoperte. Grandi! Grandi! Grandi!

inviato da Diego
 

Solo per dire che da ragazzo seguivo Audiobox e ricordo nel 1982 i '6 appelli dell'uomo corrosivo' che parlava di un uomo dai poteri straordinari: ogni cosa che toccava veniva inesorabilmente corroso. Ed anche 'Lenin a Zurigo'... Gli ultimi anni si trasmettevano composizioni elettroniche, e mi piaceva molto meno. Gli anni piu' belli furono quelli tra il 1982 ed il 1984. Non e' vero che su Internet si trova tutto: non sono mai riuscito a trovare nessun frammento di Audiobox, tantomeno dell'Uomo Corrosivo... Nessuno puo' colmare questa lacuna per una delle trasmissioni Radio Rai piu' belle ed amate, almeno per me...

inviato da camillo
 

Audiobox è la cosa più intelligente che la rai abbia prodottoalla radio. Sia chiaro , non disprezzo innovazioni quali furono 3131 o Alto gradimento, ma Audiobox percorreva altrestrad e , mi pare gli interessasse non tanto la analisi della società o la satira della societàma quanto stava prima e dopo la societa. Era quindi un modo di rappresentare il nostro mondo artistico d'avanguardia che con quella società faceva i conti. Mettendola tra parentesi. Parente si di musica, teatro, letteratura... Saluti a tutti i lettori di questo bel sito.

inviato da nuvola blu
 

Sono un'insegnante in pensione da poco. Vecchia ascoltatrice radiofonica. Posso solo dire che Audiobox (prima, se non sbaglio, ebbe en altro nome che non ricordo ma che mi piaceva di più), è stata l'ultima cosa di valore che ho sentito da radio rai. Giusy Langella

inviato da Giusy Langella
 

 

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