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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

Gli ospiti accanto a me sono due, in due parole: i Montefiori Cocktail.
Due gemelli: il primo (Kekko), tastiere e computer, il secondo (Kikko), saxofoni, flauto e voce.
Kekko e Kikko…KK…le stesse iniziali di King Kong…sono figli d'arte del saxofonista e caporchestra Germano Montefiori: anni e anni di balere, night e crociere degli anni '60! Lavorò, tra gli altri, con Chet Baker, Fred Bongusto e Walter Chiari.
Io scommetto che questi scatenati gemelli si affermeranno tra breve e diventeranno popolari e ricchi.
Se questa cosa non succede pago da bere a tutti, ma se accade (e accadrà) mi basta un Campari, perché voglio dimostrarvi che sono sicuro del fatto mio e vi risparmio sconfitte dispendiose.
I due sciagurati, riportano alla luce le calde e "non sense" atmosfere delle colonne sonore "cult" degli anni '60, le musiche degli spot televisivi, farcendole di "Jungle", "Noise", disturbi e ironia, giocando sul rapporto passato-futuro.
Si sono esibiti a Londra nel tempio dell'Easy Listening londinese "Madame Jo Jo", e poi in Danimarca, in Polonia, e in America, dove hanno suonato parecchio in giro: New York , Philadelphia, Los Angeles, San Francisco, Dallas, Atlanta, Orlando, Austin, Houston…come?…sì, qualche volta si sono esibiti anche a Forlì. I due ceffi sono nati lì, tanto per fare la rima. E che i loro concittadini siano lieti di quell'evento, è tutto da dimostrare.
Visti e sentiti alla Rai e a Tmc, incidono per la Irma Records, distribuita dalla Sony Italia
…dimentico niente?…mi pare di no, ma se anche fosse, perdonatemi, non posso qui scrivere sui Montefiori un romanzo grosso quanto quello dedicato ai Buddenbrook!
Facciamo così, per saperne di più: www.montefioricocktail.com
Adesso li sentirete rispondere entrambi con una sola voce. Prodigi della tecnologia!

 

Benvenuti a bordo, gemelli Montefiori…
Ciao Armando…ci hai costretti a salire fin quassù!…ricordi o no che dovevi venire a bere con noi a Bertinoro?
Sì, però Picard mi porterà presto dalle vostre parti. Per il momento, assaggiate questo Barbera di Villa Virginia …qua il bicchiere…ecco fatto!
Ascoltatemi: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", per prudenza, trasmettete sulla Terra il vostro ritratto…
Questa astronave va troppo veloce per le nostre cocuzze, ci sentiamo un po' frastornati… un nostro ritratto per i posteri?…In formato tessera?…
Vabbè, lasciamo perdere…parlatemi del genere musicale che praticate, cioè l'easy listening, chiamato anche in altri modi se non sbaglio…e come interpretate la vostra presenza in quel genere…
Il nostro "genere musicale" viene definito in vari modi come: Lounge o Lounge Music, Easy Listening o Cocktail Music…ma ti giuriamo che il nome Montefiori Cocktail non è nato per questo motivo.
La parola Lounge invece l'abbiamo pienamente capita quando siamo stati in America per un mese a fare concerti ed ogni tanto ci siamo trovati in dei…"Lounge".
I Lounge sono praticamente i pub americani, o meglio, il salotto di quei posti, dove la gente si rilassa, ascolta questa musica, e beve... beve... beve... (questa parola riferendoci agli americani non basta pronunciarla una sola volta) dei gran cocktails.
La musica suonata laggiù è la cosiddetta "easy listening music", ovvero tutta la musica che vuoi (dalla classica a quella odierna) in chiave "easy", cioè ri-arrangiata in una forma più leggera…leggera sì, ma non scadente, giocando con gli stili più disparati.
Per esempio, versioni di Mozart o Beethoven in chiave cha cha cha o beguine.
C'è chi definisce quella musica "commerciale". Commerciale? ma come si fà a chiamare un genere di musica "commerciale"? Che cosa vuol dire, un tot al kilo?!
Vabbè, non v'arrabbiate così, non mi pare il caso…
E invece sì!…Inoltre, fare questo genere di musica è un po' come rivedere con le orecchie…proprio così, lo sai che si vede con le orecchie e si sente con gli occhi?…
Ma certo, l'ho imparato dagli alieni della Galassia Sinestesia…
…bon!…rivedere con un orecchio più attento quanto è successo (musicalmente parlando) negli ultimi cinquant'anni, ottenendo, forse, una visione più chiara del presente.
Quando finimmo il nostro primo disco, non sapevamo che esistesse un movimento legato a quel genere, e cioè gente che crea ricreando.
L'Easy (come noi preferiamo chiamarla) ha fatto conoscere realtà musicali del nostro passato recente (pensiamo a Umiliani, Piccioni, Trovajoli ed altri), e ciò che ci attira è non solo il "modo" che quelli lì avevano di fare musica, ma anche la freschezza e la semplicità con cui la realizzavano.
E' trascorso un quarto di secolo dal primo urlo anarchico dei Sex Pistols e dall'esplosione rivoluzionaria del punk e dei suoi echi anche in altri campi espressivi, nonché nel costume giovanile.
Aldilà di spille e catene, che cosa ne è rimasto? Ne rintracciate segni nel panorama musicale di adesso?
Riteniamo gli anni '80, a parte qualche eccezione, degli anni musicalmente piuttosto bui. Sicuramente sono stati importanti, ma di transizione.
Tutte le volte che ascoltiamo brani di quel periodo, ci sembrano goffi, pacchiani.
Molto importanti sono state le incidenze della tecnologia sulla musica, in positivo e in negativo, ma ci pare che molti musicisti di allora ne siano stati quasi più sconvolti che illuminati…
Per esempio, prendiamo gli Art of Noise, a quel tempo erano in pochi ad avere la tecnologia necessaria per realizzare quelle sonorità, oggi invece è alla portata di tutti ed un primo esempio di questa rivoluzione lo si è avuto con la House music e l'Hip hop
A livello melodico poi, troviamo che gli anni 80 siano stati il paradiso del "kitsch", insomma un po' troppo "dark", a noi ci piacciono i colori…
Lo sviluppo del sintetizzatore è stato determinante un tempo sulla musica leggera e rock orientando la ricerca di autori e gruppi come i Grateful Dead, i Tangerine Dream, Pink Floyd, i Van der Graaf Generator con Robert Fripp, Brian Eno e, in Italia, gli Area di Demetrio Stratos, per ricordarne solo alcuni. Le nuove tecnologie, con accresciute possibilità rispetto a ieri, stanno producendo risultati espressivamente comparabili a quelli prima citati?
Gli artisti da te citati, pur essendo importanti, sono però diventati soprattutto dei "simboli", ci sembra che ce ne siano stati tanti altri "piccoli", che nel loro "piccolo" hanno detto molto.
Questo senza dimenticare le pietre miliari, o meglio "emiliane" come diceva Totò, su tutte ci viene in mente "The dark side of the moon" dei Pink Floyd, un disco che ancora oggi può insegnare qualcosa…anche agli stessi Pink…lì la tecnologia è stata usata in funzione delle idee e non il contrario.
Sicuramente le macchine sonore, la digitalizzazione, hanno cambiato il modo di fare ed intendere, e non solo in musica. Negli anni '80, i generi musicali a quell'epoca nati, e cioè, la house e l'hip hop per esempio, hanno portato un linguaggio "nuovo", alla portata di tutti, perché i mezzi con cui venivano creati erano alla portata di tutti.
Oggi invece, la tecnologia, quella dei grandi mezzi, gioca un diverso ruolo, elitario ed omologante.
Prendiamo un esempio non musicale: come lo vedresti oggi un contadino che ara la sua terra con l'aratro tirato dai buoi? Beh, ammetto che sicuramente farà più fatica, forse non è neanche tanto conveniente, però è anche il sistema più ecologico che c'è.
Anche noi oggi usiamo un tot di tecnologia, ma nei nostri concerti, anche se il basso e la batteria sono computerizzati, ci tocca tirare come dei muli…se no, che gusto c'è? Schiacciare un bottone e via?…
Credete che la musica etnica e quella New Age, diverse fra loro, diano risposte alle domande di rinnovamento dei linguaggi musicali, oppure no?
La New Age in parte prende anche spunto dalla musica etnica, è infatti quella etnica l'origine.
Non siamo dei fans di questi generi, però li rispettiamo.
Nella New Age ci pare che esistano molte bufale, ma è ipotizzabile che come c'è stata una corsa a "tecnologizzarsi", ci sia stata anche una ricerca volta a detecnologizzarsi, una ricerca delle radici naturali, più profonde, sia nelle sonorità sia nei modi di fare musica.
In questo, la musica etnica è sicuramente una risposta, e forse pure la New Age, a suo modo.
Noi non siamo così "etnici", ma comunque ritroviamo nella nostra musica le nostre origini, origini di ragazzi italiani vissuti quando si andava a letto dopo Carosello, ritroviamo l'esperienza delle balere e dei night nei quali suonava nostro padre; crediamo di essere riusciti però ad evitare la forma "revival", se no saremmo belli che fritti.
In molti dicono che il rock è morto. Credete che ciò sia vero?
Bisogna vedere cosa si intende per "rock", se si vuole dire quello che fanno i più grossi nomi del genere al momento, in Italia e all'estero, diciamo proprio di sì.
Le cose sono vive quando sono vere, diversamente, tutto fa brodo…
Il caso del cantante nero Puff Daddy, sostenuto da The Source, la più nota rivista rap americana, ha suscitato fortissime reazioni negli ambienti politici di colore che vedono in Daddy addirittura un nemico di Malcom X, Martin Luther King ed altri leaders, riproponendo il tema rap = violenza.
Da noi il rap, invece, è usato anche per temi ecologici e pacifisti; ma ne ho perfino sentito uno, di raffinata ironia, composto da Guido Zaccagnini e Roy Zimmerman in difesa della Scuola di Darmstadt.
Voi che ne pensate di quel genere?
Riteniamo che il Rap da tempo, non stia proponendo cose nuove.
I rappers usano torrenti di parole! Ne basterebbero meno per comunicare, purché le parole siano quelle giuste…In Italia, il rap, inizialmente, era quasi tutto politicizzato, o, comunque, socialmente impegnato; oggi non basta più dire "a morte il tiranno", non ha più l'effetto di prima, almeno da noi. Ci vuole qualcosa di nuovo, di meno scontato, magari più ironia e fantasia, due armi terribili contro i tiranni
La discografia italiana. Volendone indicare una soltanto, cioè a vostro avviso la più grave, qual è la sua principale colpa?
La colpa principale della discografia italiana è quella di considerare il pubblico come una mandria di caproni che non comunicano fra loro.
Guarda chi sta in cima alle hits per credere.
Comunque, noi crediamo che ognuno debba fare quello che si sente, compreso quello di sentirsi caprone.
Però bisogna dire che l'italia (con la "i" minuscola) da questo punto di vista è veramente un paese piccolo piccolo, sembra che si vogliano mantenere sempre le cose allo stesso modo.
Tra dieci anni, saremo ancora lì ad ascoltare l'ultimo disco di Celentano e rimpiangere quanto ancora era più vero nei suoi dischi vecchi, oppure ad applaudire qualche fenomeno nuovo, opportunamente gonfiato al silicone da stampa e critica collusa ed insensibile alle esigenze di nuovo.
Perché in Italia i CD costano così tanto? Deve essere un lusso tenersi informati?
Chi vuole tutto ciò? Non vorremmo crearci dei nemici e quindi stendiamo un velo pietoso…
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo una riflessione su Star Trek…come sapete, Roddenberry ideò il suo progetto avvalendosi non solo di scienziati ma anche di scrittori lontani dalla fantascienza, tanto che ST risulta ricca di rimandi letterari sotterranei, e talvolta non troppo sotterranei…che cosa rappresenta secondo voi quel videomito…
Per noi ST rappresentò, e rappresenta, quel desiderio di "aprirsi" allo Spazio, portarsi in una dimensione tanto grande da conferire un senso diverso al nostro presente. Provate ad immaginare due persone di razze, di etnie diverse, salutarsi dicendosi "Salve! anche tu del pianeta Terra?". In questo modo, le differenze si annullano e ciò che ci accomuna è proprio il senso di essere "ospiti" dello stesso pianeta e universo.
Star Trek ci fa sentire "ospiti" dell'universo
Nel nostro disco "Raccolta N°1" abbiamo fatto una rivisitazione della prima sigla della serie televisiva Star Trek.
Proprio perché così poco elettronica e poco "tecnologica" ci colpì quel senso di sentimento dello Spazio che comunicava. Te lo immagini un film spaziale di oggi con quella musica? A nostro avviso ci sembra ancora valida, anzi stimolante.
Siamo quasi arrivati a Montefyory, pianeta lounge abitato da alieni che si nutrono esclusivamente con un cocktail chiamato Babalù che, guarda caso, è il nome d'un brano dei Montefiori Cocktail…se dovete scendere, vi conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di Barbera Villa Virginia.
Però tornate a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Quando vuoi, tutte le volte che vuoi. Da piccoli sognavamo di far parte dell'Enterprise. Ora tu ci hai fatto realizzare quel nostro lontano sogno infantile. E grazie per il vino…
Buon viaggio gemelli, vi saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy.

 

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commenti presenti

BUON VIAGGIO IN MESSICO BY FRANCO

inviato da antony
 

gradirei s apere quando è stata realizzata l'intervista. cinzia de marinis

inviato da cinzia de marinis
 

Ti ringraziamo per aver visitato il sito. L'intervista con i MC è stata realizzata e messa in Rete nel febbraio 2001. Cordiali saluti. Studio Living Color

inviato da Studio Living Color
 

Caspita! Allora i Montefiori non erano noti come adesso. Siete stati fra i primi a parlare di loro. Complimenti. Grazie per la risposta. cinzia de marinis

inviato da cinzia de marinis
 

La caratteristica dei Montefiori Cocktail è che attraverso la loro professionalità musicale ti riescono a trasmettere energia , e voglia di divertirsi. La musica come mezzo di socializzazione attraverso la sana e sempre più rara... ironia. Compliment per l'articolo

inviato da anna
 

 

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