L'ospite accanto a me è Andrea Carlo Cappi.
Scrittore di thriller, traduttore di romanzi con protagonista James Bond (con
Edward Coffrini Dell'Orto ha fondato il primo club italiano dedicato a 007,
http://www.mondobond.com,
sceneggiatore, si è occupato della selezione e dell'editing dei racconti
italiani per Il Giallo Mondadori, dirige insieme ad Andrea Pinketts "M-Rivista
del mistero" in libreria per le Edizioni Addictions
ho dimenticato
niente?
spero di no. Comunque, per saperne di più non vi resta
che mettere mano al mouse e cliccare su http://web.tiscalinet.it/cappi
- Benvenuto
a bordo,Andrea
- Lunga vita e prosperità, Armando
- Voglio farti assaggiare questo Merlot La Palazzola '97
qua il bicchiere
ecco
fatto!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida,
a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello
spazio stiamo, schizziamo "a manetta", la cosa che sto per dirti
io l'ho già fatta, anche tu, in poche battute, trasmetti sulla Terra
il tuo ritratto
- Vabbe', un ritratto? Freno il mio esibizionismo e mi definisco uno stakhanovista
del thriller. Nel settore ho ormai ricoperto quasi tutti i ruoli possibili:
cacciatore di libri, libraio, lettore di manoscritti, scrittore, redattore,
traduttore, revisore, editor, disegnatore, fotografo
Amo coltivare tanto
il thriller da intrattenimento puro (per il suo valore catartico) quanto il
noir di impegno sociale. La mia missione è promuovere quanto di meglio
viene fatto nel campo del mystery, tanto da autori affermati quanto da perfetti
sconosciuti. Anche perché, come scrittore, mi colloco in entrambe la
categorie contemporaneamente.
- Che cos'è secondo te che distingue il traguardo espressivo della
fiction gialla dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
- Il fatto che rimanga ancora l'unico territorio in cui, mondo dell'editoria
a parte, l'autore e l'opera siano ancora in rapporto diretto. Come un pittore
che dipinge il quadro che vuole dipingere e il musicista che compone il brano
che vuole scrivere. Uno sceneggiatore è soggetto ai condizionamenti
di produttori, registi e altri individui che possono usurparne il ruolo di
autore. Io scrivo i gialli che voglio scrivere. E a chi mi dice che scrivere
una storia di detective o di spie non è certo una novità, rispondo
che Charlie Parker poteva interpretare una canzone di Gershwin e trasformarla
in qualcosa di estremamente personale.
- Confessa Cappi! E' nella letteratura oppure in altre aree (arti visive,
cinema, teatro, musica, etc.) che trovi oggi i lavori più interessanti
nella ricerca di nuove modalità espressive?
- Vedo, malgrado tutto, la letteratura come il territorio più libero.
Il cinema mi ha salutato con gioia, nel senso che un mio progetto cinematografico
è stato immediatamente accolto da un produttore di Hong Kong come il
Pulp Fiction dell'animazione, ma è stato altrettanto immediatamente
congedato dai potenziali co-produttori europei come irrealizzabile. La provvidenziale
congiunzione astrale che avrebbe dovuto generare una coproduzione internazionale
non si è mai verificata, anche se conservo un piacevole ricordo di
un incontro pomeridiano con Edwige Fenech. Quindi è nella letteratura
e nel fumetto ("Il fratello minore del cinema" come dice Sergio
Bonelli) che riesco a raccontare le mie storie. Magari avventurandomi in contesti
ibridi, come quello del romanzo Martin Mystère: il codice dell'Apocalisse,
scritto con Alfredo Castelli per ilnuovo.it: uscendo su internet con una puntata
al giorno, dovevamo muoverci sui diversi piani dell'ipertesto ma potevamo
permetterci di scrivere diverse scene in parallelo, ambientate nello stesso
momento in luoghi diversi e selezionabili dal lettore con un click.
- Disse Sciascia che il giallo è la forma più onesta di letteratura
perché al lettore si richiede un esercizio intellettuale pari a chi
ha scritto la storia. Condividi?
- Il discorso vale soprattutto per il whodunit (il giallo enigmistico)
e, soprattutto, per il miglior whodunit, in cui autori come Agatha
Christie potevano servirsi dell'enigma come di un pretesto per scuotere le
convenzioni e le convinzioni del lettore. Un procedimento che ha una funzione
educativa utilissima anche al giorno d'oggi, quando non si deve dare credito
immediato alle versioni fornite dai media riguardo a ogni manifestazione di
violenza. I migliori autori di giallo sono al tempo stesso disonesti per come
ingannano il lettore e onesti per come gli forniscono la scelta tra essere
o non essere ingannato. Ma oggi, per "giallo", s'intende tanto un
sano intrattenimento che a volte può indurre spunti di riflessione,
quanto il noir vero e proprio, un tipo di narrativa che può descrivere
un fatto criminale semplicemente come rappresentazione della società
in cui l'episodio si manifesta. In questo caso, il noir è onestissimo,
perché si assume il ruolo di letteratura di realismo e di denuncia
sociale senza paludarsi di un alone noioso e paternalistico di tutore della
società.
- N'è passato di tempo dalle paciose inchieste in b/n di Lay-Sheridan,
ora da noi abbiamo eccellenti trasmissioni sui gialli di cronaca, ma - Piovra
a parte, che non so se può definirsi un giallo - fiction assai fiacche,
intendo quelle scritte apposta per la tv e non riduzioni di libri com'e il
caso di Camilleri. Perciò a farla da padroni sono prodotti americani,
tedeschi e francesi. Mancano gli autori? Quelli bravi su carta non sanno scrivere
per la tv? I funzionari
pardon! i producers nostrani peccano di pigrizia?
- Colpa dei funzionari, e pigri, sicuramente. Nel tentativo di emulare i
modelli
americani o di ripetere all'infinito presunti modelli italiani, finiscono
con l'inibire anche gli autori nazionali. Ho collaborato col mio amico Andrea
G. Pinketts alla stesura di un progetto di fiction televisiva italiana "innovativa".
Il privato e biscionato committente, che nella migliore tradizione italica
non ha sborsato una lira, ha ignorato il progetto per le stesse ragioni per
cui lo aveva richiesto: non era abbastanza omologato e ripetitivo. Finché
si censurano gli autori che potrebbero dire qualcosa di nuovo non si potrà
avere qualcosa di nuovo. Il che non significa che la fiction gialla italiana
sia impossibile. Il solito discorso: ciò che i vertici della televisione
ritengono che il pubblico voglia vedere non sempre coincide con ciò
che il pubblico vedrebbe se fosse trasmesso in tv.
- Come ho già detto in apertura, sei un esperto di James Bond, hai
scritto anche saggistica su quel personaggio. Una telegrafica fenomenologia
di 007
- Un mito dai molti volti: da quello originario dei romanzi di Fleming, tuttora
la migliore manifestazione di 007, alle varie interpretazioni cinematografiche.
Sicuramente la più efficace espressione dell'eroe (sulla linea Ulisse-Re
Artù-etc.) nel ventesimo secolo, tanto più credibile quanto
più vulnerabile. Per questo, malgrado il Connery degli anni '60 ne
sia "fisicamente" il miglior interprete, alcune delle migliori immagini
di Bond si trovano nei film con Lazenby, Moore, Dalton e Brosnan. E per la
stessa ragione, meglio ancora di certi film, si ritrova un ottimo 007 nei
romanzi dell'attuale continuatore della saga letteraria, l'americano Raymond
Benson: un Bond ironico e tormentato, che con la stessa nonchalance può
sorseggiare il suo ennesimo vodka-martini o affrontare prove soverchianti
solo perché ritiene che sia suo dovere farlo. Un modello di eleganza
unito a un modello etico che finge di non essere un modello etico.
- Hai sceneggiato fumetti famosi, uno per tutti: Martin Mystère, l'archeologo
creato da Alfredo Castelli. Qual è oggi il ruolo dei fumetti nello
scenario dei media?
- Uno dei mezzi di comunicazioni di massa più interessanti: unendo
le immagini alla parola è accessibile quanto la televisione, ma non
essendo vincolato all'audience può permettersi di essere più
intelligente della televisione. Ha un unico difetto: ci sono delle parole
scritte. Ecco perché, almeno in Italia, anche il fumetto è in
crisi. Oggigiorno, malgrado l'alfabetizzazione generale, la tendenza della
comunicazione è rifuggire dalla parola scritta, perché considerata
troppo difficile per il pubblico. E Tex o Diabolik, un tempo considerati il
passatempo di lettori ignoranti, diventano patrimonio di lettori di estrema
cultura. Come se un giorno la pizza o gli spaghetti diventassero un esclusivo
alimento di élìte, mentre le masse si cibano di plasti-burger.
- La proprietà intellettuale al tempo di Internet ha posto nuovi problemi.
E' chiaro che non mi riferisco a plagi o cose simili, ma a fenomeni che teorizzano
il sabotaggio del diritto d'autore. Anche "Le Monde" ha scritto
di superamento del diritto d'autore.
Io campo pure di SIAE, dottor Cappi: la prego
la verità!
- Colgo l'occasione per precisare che non sono "dottore", ho deciso
di risparmiarmi
la fatica di una tesi e di attendere direttamente la laurea honoris causa
-
ma io fingevo di rivolgermi ad un medico
- ah! allora va bene. Ti dirò, sostengo anche, ma solo in parte, l'importanza
dei diritti d'autore. Se utilizzassi una foto di scena di un film di 007,
la EON Production mi farebbe causa, anche se il mio intento fosse di recensire
un libro o un film di Bond. Ma se la RAI (1991) mi fa lavorare a un radiosceneggiato
da un mio soggetto e poi non mi paga, oppure se la Sellerio (1997) usa a sbafo
una foto da me scattata per illustrare un suo cofanetto, io devo subire passivamente
lo sfruttamento dei miei diritti d'autore. La differenza è chi utilizza
che cosa e come. Se chi mi chiede una collaborazione ha un intento culturale
e non commerciale, o ha addirittura l'intenzione di promuovermi, sono ben
lieto di offrire un mio racconto gratis, anche da scaricare liberamente da
Internet. Ma se dietro c'è un intento commerciale, non vedo perché
non dovrei essere pagato, dal momento che anch'io (che svolgo un sacco di
lavoro gratis) ho bisogno di mangiare, bere e pagare le spese come tutti.
Doppiamente deplorevole è il caso in cui a non pagare i diritti d'autore
sia un editore che trae guadagno dal nostro lavoro. Riparliamone quando "Le
Monde" supera il pagamento del panettiere, dell'idraulico o dell'oculista.
Se ci riesce.
- Finalmente parole sagge sull'argomento!
Vedo che ti stai avvicinando al portello d'uscita, so già del tuo appuntamento
nello Spazio, ma hai ancora un po' di tempo, aspetta e dimmi: perché
da noi non c'è una letteratura di fantascienza? Il mercato editoriale
del settore, infatti, è florido ma è costretto a usare traduzioni
per mancanza di testi italiani decenti
per favore, niente risposte patriottiche!
- Chi ha detto che non c'è letteratura di fantascienza? Io ho letto
parecchi buoni racconti di fantascienza italiana
non necessariamente
pubblicati dalle majors editoriali. Il discorso è lo stesso
del giallo: finché in Italia venivano pubblicate solo boiate e gli
autori veramente bravi facevano quasi fatica a essere stampati dagli editori
di rilievo, non esisteva nemmeno il giallo made in Italy. Ancora oggi ci sono
pregiudizi sul giallo, perché nelle case editrici circolano dattiloscritti
illeggibili di "raccomandati", mentre autori di pregio (anche già
pubblicati) nemmeno vengono letti. Basta che in Italia si formi una cultura
fatta di scrittori autocritici, editor sensati ed editori competenti (come
già in parte è capitato) che esisterà la fantascienza
italiana come già esiste il thriller italiano. Trovo difficile credere
che l'Italia non possa generare grandi scrittori fantastici, quando alcuni
dei fumetti fantastici italiani sono venduti con successo in tutto il mondo!
- W l'Italia!
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo
una riflessione su Star Trek
che cosa rappresenta secondo te quel videomito
- Mi fa un po' impressione il termine "videomito": preferisco "mito"
e basta. Se non avessi cominciato a sei anni a coltivare James Bond, Alfred
Hitchcock e Agatha Christie, probabilmente Star Trek, che ho incontrato a
15 anni con l'edizione italiana su Tele Montecarlo ("Destinazione Cosmo"!)
e col film di Robert Wise, sarebbe diventato il mio principale mito personale.
Un po' lo è tuttora, anche se soffro intensamente per essermi perso
buona parte delle serie da TNG in poi (sono anni che non ho più tempo
per guardare la televisione). Limitandomi alla porzione di mito che conosco
meglio, posso dire una cosa: anche se David Gerrold (egli stesso autore di
ST) sottolineò che la serie originale sembrava essere l'America degli
anni '60 travestita da futuro, era comunque un'America interessante, democratica
e autocritica. Non per niente, nell'universo di ST, una delle navi della flotta
astrale si chiama Potemkin, come la nave della gloriosa rivolta di Odessa
del 1905
- Siamo quasi arrivati a Kàppya-007, pianeta giallo abitato da alieni
detectives
se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo
qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di Merlot
La Palazzola '97 . Però torna a trovarmi, io qua sto
intesi eh?
- Ti saluto col motto del mio club. Si vive solo due volte: una vita per
te e una per i tuoi sogni. Ovvero, perché aprire una sola bottiglia
di Merlot quando se ne possono aprire due?
- Sono d'accordo, e ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise:
lunga vita e prosperità!
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