L’ospite accanto a me, è Piergiorgio Paterlini. Scrittore e giornalista.
Nato a Castelnovo di Sotto (Reggio Emilia) nel 1954, ha pubblicato una ventina di libri, alcuni dei quali tradotti in Francia, Spagna, Olanda, Stati Uniti. Il suo primo successo lo ebbe con Ragazzi che amano ragazzi (1991); notevole libro a me caro è I brutti anatroccoli.
Ha scritto, inoltre, un'«autobiografia a quattro mani» con Gianni Vattimo: Non essere Dio.
Ha pubblicato, per Einaudi, Fisica quantistica della vita quotidiana e il romanzo Lasciate in pace Marcello.
Dopo aver abbandonato il giornalismo a tempo pieno, lo troviamo autore di programmi per Radiorai e per la tv a Raidue, Raitre e La7.
Per il teatro ha prodotto vari testi (fra cui l'adattamento de “La Califfa”, di Alberto Bevilacqua).
Ha sceneggiato il film “Niente paura”, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010.
Oggi scrive per «la Repubblica» e per l'edizione online de «l'Espresso», dove tiene il blog d'autore «Le Nuvole».
La sua più recente pubblicazione è Bambinate ancora per Einaudi.
- Benvenuto a bordo Piergiorgio…
- Darò risposte brevi. Non per pigrizia. Anzi, serve molto più tempo per scrivere in breve, ce lo ha spiegato Pascal già nel Milleseicento. Risposte brevi come breve è la forma letteraria che oggi prediligo. E non dirò nulla su cose che non conosca almeno un poco. Non mi piace parlare a vanvera.
- La stellare Irina Freguja che da patronne illumina lo storico Vecio Fritolin veneziano aperto (non da lei) nel 1700 ci ha consigliato di sorseggiare durante la nostra conversazione una bottiglia di Merlot “Sante Rosso” di Cecchetto… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Giorgio secondo Giorgio
- Sono una persona che è stata preservata – senza merito – dal problema dell’invidia per gli altri.
- Immagina di rivolgerti ai cosiddetti non addetti ai lavori letterari e illustrare loro la sostanza e il senso della tua opera che va dalla pagina allo schermo, dalla ribalta, alla tv. Che cosa diresti?
- Amo raccontare le vite degli altri. Qualcuno ha parlato di “esclusi”, io preferisco la parola “invisibili”. Dare visibilità a chi non ce l’ha è un poco dare la possibilità di vivere. Poi, ho scritto i libri che avrei desiderato leggere ma che nessuno – curiosamente – aveva ancora scritto.
- Dal tuo primo successo, “Ragazzi che amano ragazzi”, è trascorso più di un quarto di secolo.
È cambiato qualcosa dal 1991 nei comportamenti omofobi? Se sì, o se no, perché?
- Tutto e nulla, come spesso da noi (Gattopardo docet). Non si possono negare i grandi cambiamenti positivi che sono sotto gli occhi di tutti, ma il tabù profondo a me pare sia rimasto quasi intatto, anche perché oggettivamente difficile da sradicare, e legato all’ignoranza, che rimane molto diffusa.
- Credi oppure no in una funzione sociale della letteratura?
- Sì, moltissimo. Ma allo stesso tempo, indirettamente. Cioè non credo alla distinzione – che ciclicamente si ripropone nel dibattito pubblico – tra letteratura impegnata e no. Così come non credo ai generi. Parafrasando da vicino Oscar Wilde, penso alla fine che esistano solo libri scritti bene e libri scritti male.
- Quale ruolo ha oggi la critica letteraria? Sempre che ne abbia uno…
- Confesso. Non ne ho la più pallida idea.
- Il rimprovero - se ne hai alquanti, ti chiedo di scegliere il più grave - che rivolgi all’editoria italiana?
- Che cos’è “l’editoria italiana”? Detto così, non esiste. Editoria italiana è un’astrazione, o meglio una generalizzazione che non permette alcun ragionamento utile. Esistono editori che io reputo bravi e altri che reputo meno bravi o pessimi o addirittura truffaldini. Ed esistono persone e fasi molto diverse all’interno dello stesso gruppo editoriale.
- Best seller. Giuliano Vigini dice che In Italia i successi di vendita nascono per caso.
Mario Spagnol è del parere che il best seller oggi va programmato.
Il sociologo Mario Peresson afferma che “Gli autori italiani vogliono vendere milioni di copie ma anche entrare nella storia della letteratura; le due cose, assai spesso, non sono compatibili”.
Un tuo parere sul libro di successo… è possibile prefabbricarlo? Oppure no?
- Sono più vicino a Vigini che a Spagnol. Più che il libro di successo, è possibile individuare persone che, avendo già molto successo in altri campi, se fai loro firmare (non dico scrivere) un libro è assai probabile portino quel libro al successo. Ma non è garantito nemmeno questo.
- Ci avviamo alla conclusione di quest’incontro.
Laurie Anderson canta "Language is a virus" citando William Burroughs che diceva "Il linguaggio è un virus venuto dallo Spazio". Segue, quindi, una domanda acconcia in un viaggio spaziale: sei d’accordo con quella definizione? Se no, perché? E, se si, qual è oggi la principale insidia di quel virus?
- Non posso commentare come fosse un concetto filosofico una frase poetica. Posso forse provare a dire quale secondo me è oggi una insidia tout-court del linguaggio: l’imprecisione. Ma, a ben pensarci, non da oggi. Parole imprecise hanno sempre significato idee imprecise.
Che le parole sono importanti lo diceva già con tono di supplica un po' disillusa e disperata Nanni Moretti nel 1989. Quasi trent'anni fa. Aveva ragione di preoccuparsi tanto.
- Siamo quasi arrivati a Paterlini-G, pianeta abitato da alieni che rassomigliano a belli anatroccoli… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Fermiamoci qui, anche perché è finita la bottiglia di Merlot “Sante Rosso” consigliata da Irina Freguja patronne dello storico Vecio Fritolin veneziano.
- Al Vecio Fritolin
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