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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Paolo Ferri. Insegna Teoria e tecniche dei Nuovi Media e Tecnologie didattiche presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Milano Bicocca, dove dirige il LISP (Laboratorio informatico di Sperimentazione Pedagogica) e l’Osservatorio Nuovi Media NuMediaBios.
Tra le sue pubblicazioni: La scuola digitale (Bruno Mondadori, Milano 2008), Digital Kids (con Susanna Mantovani, Etas, Milano 2008), I nuovi media e il web 2.0 (con Stefano Mizzella e Francesca Scenini, Guerini e Associati, Milano 2009).
Lo spunto per quest’incontro è dato dal suo più recente libro “Nativi digitali” (Bruno Mondadori, pagine 212, euro 18.00) che si avvale di un suo sito in Rete QU.
Si tratta di un libro imperdibile non solo per chi professionalmente pratica la Rete (in senso artistico, giornalistico, commerciale, scientifico), ma pure per tutti quelli interessati a capire come le nuove reti di comunicazione stanno cambiando il mondo intorno a noi. E quali mutazioni – solo in parte già in corso – avverranno con l’inserimento nella società dei nostri figli: i “nativi digitali, una specie in via di apparizione con la quale dovremo confrontarci noi, immigranti digitali” per usare una felice definizione dello stesso Ferri.
Una buona introduzione a questa conversazione, sta in un intervento video di Ferri (superato un momento di pausa dovuta a un birichino microfono) a proposito della radicale frattura fra mondo gutenberghiano e quello digitale.

 

Benvenuto a bordo, Paolo
Pace e prosperità, sono un fan di Star Trek anch’io
Il giovane ma già affermato chef Gabriele Muro del ristorante Giuliana 59, mi ha consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Ronchedone 2008 Ca' dei frati… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Paolo secondo Paolo…
Sono professore Associato docente di Tecnologie didattiche e Teoria e tecnica dei nuovi media presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Milano Bicocca, ma sono in realtà un grande appassionato della rete e della tecnologia.
Quale la principale motivazione che ti ha spinto a scrivere “Nativi digitali”?
L’idea è che una grande “rivoluzione inavvertita” sta accadendo sotto i nostri occhi. Né i genitori, né gli insegnanti, se ne rendono conto, ma i nativi sono diversi. Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita, e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione. È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva. E’ necessario che tutti si rendano conto di questo “divide” che si sta aprendo tra le generazioni. Pena non riuscire a comunicare più con i nostri figli, ma i figli crescono in fretta e tra pochi anni tutta la società, il mondo del lavoro per primo dovrà accettare questa nuova realtà.
Chi sono i nativi digitali?
Come dicevo prima i “nativi digitali puri” sono i bambini che oggi hanno tra 0 e 12 anni. Nati e cresciuti all’ombra degli schermi interattivi dei “nuovi media”. Sono loro i soggetti che attueranno pienamente la transizione dalla carta al silicio.
Una prima considerazione sociologica, il tasso di penetrazione di Internet nella società è impressionante e tanto più impressionante è quello tra le giovani generazioni, come dimostrano i dati statunitensi del Pew Internet Project. Ho con me un diagramma, possiamo proiettarlo su quel megaschermo?
Certamente… eccolo
 
Ma anche i dati italiani del report Istat 2009 “cittadini e nuove tecnologie” dimostrano come a fronte di una bassa penetrazione di computer e Internet in Italia rispetto ai paesi più avanzati, nel 2009 solo il 47,5 per cento della popolazione era connessa (solo il 54% delle famiglie ha un pc o un laptop) i giovani, in particolare quelli, tra i 15 e i 19 anni (86 %) sono grandi utilizzatori di media digitali e di internet… passiamo alla prossima diapositiva



Come si vede gli schermi interattivi digitali non sono affatto gadget per adulti tecnofili. Sono i “nativi digitali” i principali utenti degli schermi interattivi e per loro questa interazione è  parte integrante dell’ identità soggettiva, non un divertissement raffinato o alla moda. E proprio sulla dieta mediale dei nativi è necessario soffermarsi, in seconda battuta, perché sarà il pay off dell’industria culturale del futuro.
Uno dei meriti del tuo libro è di non fare futurologia, ma di guardare sì a domani ancorando però rigorosamente i problemi al nostro presente con i suoi tanti ritardi sulle conoscenze e le sensibilità dei ragazzi d’oggi.
Le due domande che seguono tendono a conoscere il tuo pensiero su quanto potrà accadere proprio domani quando i nativi digitali approderanno in alcuni importanti campi della società.
Cominciamo dalla scuola. Quali cose – già oggi perniciosamente decrepite – non saranno più praticate e come “questa specie in via d’apparizione” le cambieranno?
I problema è anche più grande. Sono gli stili di apprendimento dei nativi che “divergono” dagli stili didattici degli insegnanti.
I nativi digitali, i cittadini del Web 2.0, non vogliono più solamente ascoltare l’insegnante, copiare dalla lavagna e prendere appunti. Vogliono imparare dall’esperienza, vogliono apprendere in gruppo e tra pari, vogliono usare il computer, co-produrre contenuti su Internet, desiderano, cioè, un apprendimento più personalizzato e sociale. Di fronte a questa sfida muta radicalmente anche il ruolo dell’insegnante, nell’ottica della personalizzazione degli apprendimenti e della co-evoluzione in atto nell’intreccio tra ICT e didattica.
Con questa nuova generazione che cosa cambierà nell’informazione e nella politica?
Emblematico da questo punto di vista è, per esempio, il caso dei segreti del Dipartimento di Stato americano violati da un dipendente dei servizi di sicurezza. I fatti sono noti: ben 2.7 milioni di cablogrammi sono finiti nelle mani dell’ormai celebre fondatore di Wikileaks, Julian Assange, il quale non ha esitato, a partire da novembre 2010, a metterli in rete. Evidentemente, nemmeno Hillary Clinton ha realizzato la rapidità e la viralità delle informazioni quando circolano in internet. Specie se, come ha dichiarato, credeva davvero di compensare il dilagante imbarazzo diplomatico sollevando la cornetta del telefono... Allo stesso modo Mubarak e Gheddafi non si sono resi del tutto conto che “staccare” la rete ai giovani dei loro rispettivi paesi non è impresa così semplice soprattutto se proxy server “amici” riescono a mantenere attiva la comunicazione, pur trovandosi dall’altra parte del mondo.
Ma per fortuna, la potenza della rete non fa bella mostra di sé solo in casi di censura violata; anzi, i cosiddetti nativi digitali vivono “pacificamente” insieme a noi, pur condividendo una dimestichezza e una naturalità nel destreggiarsi in internet analoghe a quelle di Assange o dei loro (quasi) coetanei che sull’altra sponda del Mediterraneo sognano una libertà reale, frequentando il digitale come un concreto spazio di lotta e di manifestazione del dissenso. Inoltre è interessante notare come la rete ruba “audience” alla televisione, ai mass media e non al gioco o alle attività sportive
La sinistra, di cui sono elettore, accusa gravi ritardi sulle plurali derivazioni della cultura digitale. Ammesso che i dirigenti abbiano orecchie per ascoltare, che cosa consigli loro?
E’ davvero difficile rispondere. Anch’io sono elettore della sinistra. Quello che più mi spaventa nell’attuale gruppo dirigente della sinistra, a parte rare e virtuosissime eccezione come Stefano Rodotà, Luigi Berlinguer e per certi versi Niki Vendola, è la mancanza di attenzione per la cultura digitale e per l’innovazione. Sarebbe invece necessario comprendere come la rete è “giovane”, così come il popolo della rete è giovane, e bisognerebbe ascoltarlo, più che ignorarlo o cavalcarlo. Ascoltarlo e costruire diritti di cittadinanza digitale. Il problema più grave, come evocato più volte da Stefano Rodotà, ma anche da Fiorello Cortiana è la mancanza di policies effettive, rispetto all’accesso alla disponibilità di banda, alla privacy e al digital divide, ma la loro proposta di un Internet Bill of Rights, non ha trovato troppo ascolto nei palazzi del potere della sinistra italiana.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Ha rappresentato il primo contatto con il futuro e l’innovazione della mia esistenza di bambino ed adolescente, e anche oggi questa traccia resta indelebile.
Siamo quasi arrivati a Ferri–P, pianeta abitato da alieni che sono da sempre nativi digitali… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Ronchedone 2008 Ca’ dei Frati consigliata da Gabriele Muro chef del ristorante Giuliana 59…  Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
Molto volentieri.
Bene. Ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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