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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Peppino Ortoleva. Studioso di storia e teoria dei mezzi di comunicazione, pioniere dei media studies, è anche curatore di mostre, musei e programmi radiofonici.
Docente universitario, è presidente di Mediasfera, società di ricerca e progettazione culturale.
Ha pubblicato oltre un centinaio di lavori scientifici (libri, saggi su riviste, pubblicazioni in volumi collettivi) su media, storia, società; in particolare, si è occupato, con saggi, interventi a convegni, attività professionali, dell'uso dei media nella ricerca storica e nella trasmissione della conoscenza sul passato, e delle conseguenze sociali e culturali dell'innovazione nel campo dei media.
Tra i suoi volumi più recenti ricordiamo: “I movimenti del '68 in Europa e in America”, Roma, Editori Riuniti, 1998; “Mediastoria”, Milano, Il Saggiatore, 2002; “Lavorare nei media, produrre cultura”, (con Valentina Solari), Milano, Franco Angeli, 2003. Ha inoltre curato (con Barbara Scaramucci), l'”Enciclopedia della radio”, Milano, Garzanti, 2003; “Il secolo dei media”, Il Saggiatore, 2009 (nello stesso anno opera vincitrice del Premio Castiglioncello per la Comunicazione), una lettura imprescindibile per chiunque si occupi di media, nuovi media e comunicazione, come ha scritto Giovanna Cosenza recensendo il volume QUI.
Ortoleva ha prestato la sua consulenza a enti locali e grandi imprese: fra queste Telecom Italia, Rai, Mediaset, Fiat, e ha diretto, con Chiara Ottaviano, la collana editoriale "Mediamorfosi" dedicata alle trasformazioni nella comunicazione, edita da Utet.
Docente di Nuovi media e Comunicazioni di massa all'Università di Siena, attualmente è Ordinario di Storia dei media all'Università di Torino.

 

Benvenuto a bordo, Peppino…
Grazie dell'invito.
Antonella Ferrari e Miriam Mareschi, sfavillanti patronnes del ristorante Piazzetta del Sole  a Farnese, mi hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Sangiovese “Sacromonte” D.O.C Monte Cucco Rosso, prodotto da Castello di Potentino.
Devo subito comunicarti che non bevo alcolici. Non per principio morale, per una scelta di salute: piuttosto che bere “poco”, come dovrei comunque, preferisco non bere per niente.
Scelta saggia. In questi casi meglio niente che poco. Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Peppino secondo Peppino…
Uno sguardo allo specchio mi dice: un uomo abbastanza anziano, e in effetti ho 61 anni. Uno sguardo all'indietro mi dice: in questi decenni ho fatto di tutto, ho anche studiato ma ci ho tenuto a praticare i mestieri più diversi, il giornalismo e la fabbricazione di prodotti, dai programmi radio e TV alle mostre. Anche per il piacere di lavorare con altre persone: studiare soltanto, che poi sarebbe la mia maggiore passione, rende un po' autistici se non ci si sta attenti. Uno sguardo in avanti mi dice: così ho fatto tante cose a metà, ora avrei voglia di completarne qualcuna.
Presentandoti ho ricordato che sei Presidente di Mediasfera. Qual è la finalità della sua produzione culturale e come la esprime?
Ti rispondo con la dichiarazione di scopi e d'intenti della società.
Mediasfera è un’impresa di ricerca e di produzione nel campo della comunicazione. Già nel nome fa riferimento alla sfera in espansione degli strumenti del comunicare: che costituisce sia il tema delle sue ricerche sia l’ambiente della sua vita e la base della sua azione. Fin dalle sue origini Mediasfera ha come oggetto di studio non solo alcuni singoli mezzi in particolare ma anche e soprattutto il sistema dei media, inteso come orizzonte delle scelte di comunicazione personali e collettive e come cornice di tutte le attività produttive nel campo della cultura e dello scambio d’informazioni.
I media d’altra parte sono per Mediasfera non solo tema di ricerca ma anche strumento di lavoro, per la diffusione del sapere prodotto e per l’elaborazione di progetti di comunicazione innovativi. Lo studio critico dei mezzi è essenziale per il loro utilizzo e viceversa la loro conoscenza dall’interno è alla base di un’analisi autenticamente riflessiva.
Altri lineamenti sul sito di Mediasfera.
“Il secolo dei media” ha riscosso, come ho già anticipato poco fa un grande successo.
Tra le tante motivazioni all’origine di quel tuo lavoro, ti chiedo quale consideri la principale …
Faccio sempre fatica a parlare dei libri che ho scritto, tendo a proiettarmi verso quelli che sto ancora scrivendo. Il senso che ha oggi questo libro, per me, è legato soprattutto alla presenza dei mezzi di comunicazione nella vita di tutti, per come si è venuta configurando nel corso del Ventesimo secolo, invadendo i più diversi aspetti del vivere ma soprattutto banalizzandosi fin quasi a scomparire dall'orizzonte. Perché è vero che di media si parla moltissimo, ma le implicazioni principali della loro moltiplicazione sono spesso sfuggenti, e sono queste che mi appassionano.
Questo è quello che penso adesso: quando ho cominciato ero interessato invece a un tema in parte diverso. In un libro precedente, Mediastoria, avevo studiato i salti e la non linearità della storia dei media, ora volevo vedere le continuità.
Prima di addentrarci nella nostra conversazione, dammi una tua sintetica definizione della differenza tra informazione e comunicazione nell’epoca della tripla w…
La comunicazione per definizione è imprevedibile, in quanto mette in gioco una relazione tra persone che debbono essere insieme abbastanza simili da trovare un terreno di scambio e abbastanza diverse per avere qualcosa da dirsi (è un concetto di Hannah Arendt), quindi la comunicazione per così dire si sa come comincia ma non si può prevedere con certezza come finirà. Per informazione s'intende invece un insieme di dati trasferibili da una macchina a un'altra come (si ipotizza) da una mente a un'altra. La forza del concetto sta nel fatto che l'informazione è misurabile; la sua debolezza pure.
Credi che oggi siano le relazioni sociali a guidare le tecnologie o viceversa?
Le tecnologie sono prodotte da relazioni sociali e le incarnano. Tra le relazioni sociali ci sono anche le macchine, sia perché queste hanno un ruolo sempre più generalizzato di mediare tra le persone sia perché le relazioni che abbiamo con le macchine tendono a farsi assimilare sempre di più a relazioni antropomorfiche e quindi per definizione sociali. Nell'interminabile processo di adattamento reciproco che costituisce la vita ciascuno di noi si deve arrangiare di continuo con gli altri, e con le tecnologie. Solo la ricostruzione storica permette di capire i processi effettivi, che non sono mai univoci.
Quale più importante cambiamento percettivo e cognitivo provoca la moltiplicazione dei media sui nostri comportamenti odierni?
Mamma mia, come si fa a rispondere? Sul piano percettivo direi che la dimensione tattile sta emergendo come assolutamente centrale, dopo secoli di prevalenza nette del visivo e in misura più controllata dell'acustico. Il computer e i suoi figli, dal cellulare al lettore di e-book, è una macchina audiovisiva nei messaggi, manuale nella nostra relazione con la macchina stessa. Questa seconda componente si manifesta progressivamente come una necessità. Sul piano cognitivo direi che stiamo assistendo a una moltiplicazione di modi diversi di affrontare i problemi, dai più concettuali ai più operativi, da questo punto di vista è la versatilità dell'informatica l'aspetto più significativo.
Da un quarto di secolo ti occupi della radio – spesso trascurata da altri studiosi della comunicazione – e, lo ricordo ai più distratti, per la Garzanti hai pubblicato la prima Enciclopedia della Radio.
Nello scenario dei media, quale ruolo attribuisci oggi al mezzo radiofonico?
Nel corso di tutto il secolo passato la radio è stata un grande luogo di sperimentazione, perché era come ho scritto più volte un medium “leggero”, poco costoso da produrre poco impegnativo da ascoltare. Questa funzione è stata in parte svuotata dall'avvento della rete, che è se possibile ancora più leggera. Però la radio è ancora il principale medium sonoro, capace di dare spazio insieme alla musica, alla parola, ai suoni d'ambiente, e questo è un aspetto che oggi a mio vedere è di crescente rilevanza, perché la sensibilità all'audio come dimensione sensoriale complessiva sta crescendo. Sarà veicolata da canali in parte diversi dal passato, satellite e podcast, e naturalmente internet, ma non a caso sempre di radio si parla.
Ci avviamo verso la conclusione di questa nostra conversazione.
Come ho detto nella scheda introduttiva, sei stato anche curatore di mostre, musei. Segue una domanda indiscreta: dimmi, con franchezza, qual è la cosa che ti fa venire la scarlattina quando la noti visitando un museo d’arte moderna ai nostri giorni?
Il problema è che nella grande maggioranza dei casi per poter dialogare con le opere esposte ho bisogno di intermediari, di spiegazioni. E' come se l'arte contemporanea parlasse più direttamente al suo pubblico attraverso You Tube che non nei luoghi deputati. In parte dipende dalla difficoltà stessa della definizione di arte dopo la seconda guerra mondiale, in parte dal fatto che quello espositivo è un linguaggio di straordinaria complessità, troppo spesso i curatori di mostre e musei non pensano il loro ruolo in quest'ottica.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Star Trek è uno dei momenti di passaggio fondamentali (gli altri sono fenomeni come il Rocky Horror Picture show, al cinema e in teatro, e la riscoperta camp di film “minori”) verso quella grande mutazione del gusto che è stata l'esplosione del cult. Per riassumerla in due parole, la cultura precedente diceva “guarda questo, è bello”, quella del cult dice “guarda questo, è mio”, anzi “tu fai un po' quel che ti pare, io continuo a guardare questo finché continuo a riconoscermici. Di questo modo di pensare, i cosiddetti trekkies sono stati sicuramente un'avanguardia. Io ho sempre guardato con piacere, anche coi miei figli, le vecchie puntate della serie. Ma non sono mai stato un trekkie: un po' perché sono cresciuto con una fantascienza diversa e credo più evoluta (né Star Trek, né George Lucas, né il sopravvalutatissimo e invecchiatissimo Philip Dick ci hanno mai dato una storia come City di Simak o Il viaggio di Joenes di Scheckley), un po' perché i miei culti sono più privati.
Siamo quasi arrivati a Ortoleva-P, pianeta abitato da alieni dalla memoria intermediale… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia “Sacromonte” consigliata da Antonella Ferrari e Miriam Mareschi, patronnes della Piazzetta del Sole  a Farnese… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh
Te la sei bevuta tutta tu, io sono andato avanti ad acqua gassata; non ti senti un po' brillo?
Mi pare  di no, perciò in piena lucidità ti ringrazio d’essere salito quassù e ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

È possibile l'utilizzazione di queste conversazioni citando il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.

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