L’ospite accanto a me è Piero Bianucci. Scrittore e giornalista scientifico.
Lo ritengo, e sono in massiccia compagnia, una delle migliori firme che disponiamo nell’informazione scientifica che conduce con pari maestrìa nei due linguaggi della carta stampata e della forma audiovisiva.
Il quotidiano ‘La Stampa’ si avvale della sua collaborazione; è responsabile editoriale del mensile “Le Stelle”, docente di Comunicazione scientifica all’Università di Torino, autore di una trentina di libri che trattano di astronomia, energia, telecomunicazione e tecnologie avanzate.
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L’occasione per quest’incontro (per i Terrestri è il febbraio 2013) è fornita dal suo “Storia sentimentale dell’astronomia”, edito da Longanesi.
Bianucci sull’Enterprise dovrebbe trovarsi a suo agio perché da tempo naviga nello Spazio, infatti, nel 1992 la Commissione dell’Unione Astronomica Internazionale che dà nome ai nuovi corpi celesti ha chiamato “Bianucci” il pianetino n. 4821.
- Benvenuto a bordo, Piero…
- Grazie dell’invito! Ottimo questo livello di microgravità. Un po’ superiore a quella del mio pianetino. Laggiù le cose sono così leggere che volano via: una spintarella e vanno in orbita, un calcio e superano la velocità di fuga perdendosi nello spazio. In certi casi per liberarsi di qualcosa o di qualcuno, può anche essere comodo… Ma qui c’è quel tanto di peso che basta a farti sentire un po’ meno precario…
- I tre fratelli, Massimiliano, Andrea, Jacopo Arcioni del Centrovini Arcioni, stellare enoteca romana in Via della Giuliana 13, hanno consigliato d’assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo Cellarius Cuvée J.R.E 2007 prodotto dalla Casa Berlucchi che nel 2013 è sostenitrice dell’anno della cultura negli Stati Uniti… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Piero secondo Piero…
- Nella risposta è implicito un grave conflitto di interessi. Proverò almeno a non mentire. Peccherò per omissione. Piero è una persona curiosa. Ho sempre fatto fatica a trovare qualcosa che non mi interessi. Sarà che ho un grande naso… Sono un curioso di luoghi, ambienti, epoche storiche, persone, libri di ogni genere - dalla poesia ai romanzi alla saggistica. Ma soprattutto sono curioso di argomenti scientifici e tecnologie. In cima alla lista c’è la fisica, specialmente l’astrofisica e l’astronomia. Ma anche biologia, chimica, matematica, scienze della Terra sono piene di fascino. In questi giorni sto leggendo un libro sull’esplorazione delle Alpi: è incredibile, queste montagne a noi così familiari per chi viveva due secoli fa erano ancora come Marte oggi per gli scienziati della Nasa! Poi succede che le varie curiosità si intrecciano, fino a formare una storia che sta dentro di me e che prima o poi verrà fuori in forma di racconto, articolo, libro o altro ancora. Questa merce si chiama divulgazione scientifica. Ci metto dentro tutta la mia passione. Eppure non è detto che il risultato finale sia buono, anzi… Purtroppo sii impara soprattutto facendo errori. Se dovessi riassumere il mio lavoro potrei dire: “Non so niente, ma spiego tutto. E proprio spiegando agli altri ciò che non so imparo qualcosa.”
- Quale la principale motivazione che è all’origine di “Storia sentimentale dell’astronomia”?
- Avvicinare all'astronomia anche un pubblico diverso da quello che di solito mi legge. Non soltanto il pubblico degli appassionati di cose scientifiche, non gli astrofili che hanno telescopi e scaffali interi di libri astronomici, non chi va in edicola ad acquistare riviste come "le Stelle" e "Orione". Volevo invece parlare a chi è curioso – ecco che torna la parola chiave – di storie umane, a costo di cadere nel pettegolezzo o, come adesso si usa dire, nel gossip. Parola orribile in tutti i sensi, scusa se l’ho usata. Volevo raccontare le scoperte astronomiche che hanno cambiato la nostra visione dell'universo nel corso dei secoli, ma partendo dagli uomini che quelle scoperte le hanno fatte. La divulgazione è prima di tutto racconto. Se hai una buona storia, hai un pubblico che quella storia è disposto ad ascoltarla imparando qualcosa. In fondo è la stessa operazione che ho cercato di fare scrivendo "Le macchine invisibili": raccontare tecnologie che usiamo tutti i giorni senza sapere come funzionano né chi le ha inventate.
- Perché nel titolo del volume compare l’aggettivo “sentimentale”?
- Ho usato l'aggettivo "sentimentale" in senso ampio, e forse un po' improprio. Un primo significato si avvicina a quello della parola "emotivo", legato a emozioni, e quindi a sentimenti. Quali? La meraviglia, lo stupore, lo smarrimento, la percezione indistinta del sublime, talvolta la paura che suscita la notte con un cielo pieno di stelle. Il secondo significato è più letterale. Per raccontare le vite degli astronomi sono andato a frugare nella loro vita affettiva. Amori, gelosie, ambizioni, magnanimità e miserie. In questo gli astronomi non sono diversi da tutti gli altri uomini. Nel loro caso però colpisce il contrasto tra la grandiosità delle domande sull'universo a cui cercavano di rispondere e la piccolezza di certe situazioni umane.
- A proposito del tuo libro “Le macchine invisibili”, edito da Longanesi, quali sono queste macchine? E perché sono invisibili?
- Tutti in casa abbiamo almeno un laser, una decina di motori elettrici, sorgenti e sensori di raggi infrarossi, un magnetron da radar, fino a qualche anno fa anche un acceleratore di particelle. Il laser serve per ascoltare musica e vedere film: legge Cd e Dvd. I motori elettrici si nascondono nel frigorifero, nella lavapanni e in tanti altri apparecchi dall’asciugacapelli al frullatore. I raggi infrarossi fanno funzionare il telecomando della tv .Il magnetron scalda i surgelati nel forno a microonde. Il vecchio schermo televisivo a tubo catodico era un acceleratore di elettroni, una miniatura dello SLAC di Stanford o del CERN di Ginevra. Tutte macchine alle quali siamo così abituati che ormai non le vediamo neppure più. Sono diventate invisibili. Ci accorgiamo di esse solo quando si rompono. Ancora più invisibile è l’energia che arriva alle prese elettriche di ogni stanza. Il contratto da 3 kilowatt, il più piccolo ed economico, ci offre a buon prezzo qualcosa di equivalente al lavoro di 50 schiavi.
- Oggi, sono le tecnologie a guidare le relazioni sociali o viceversa?
- Guidano le tecnologie. Basta pensare a come le relazioni sociali dipendano dai telefonini, da Internet, dalle e-mail. La popolazione che abita Facebook o Twitter è pari a quella di un continente. C’è un rapporto più stretto tra i membri di una comunità di Facebook lontani tra di loro migliaia di chilometri che tra due inquilini dello stesso condominio. Ma poi, per fortuna, alla fine tocca sempre a noi amministrare le relazioni sociali, incluse quelle virtuali, e quindi dovremmo essere noi i padroni delle tecnologie con cui le alimentiamo.
- Tutto il nostro mondo concettuale e sensoriale è governato dalla matematica, ma la gran parte di noi - non solo i giovani studenti - arretra di fronte ad essa, la temiamo, ci sgomenta, perché?
Colpa dell’impostazione idealistica di Croce e Gentile? O c’è anche dell’altro?
- L’impostazione idealistica che la riforma Gentile diede alla scuola italiana negli anni 20 del secolo scorso ha le sue responsabilità e pesa ancora. Relegata in un ruolo tecnico, per colpa di Gentile e Croce la matematica non è percepita per ciò che è: cioè cultura e creatività allo stato puro. In quanto considerata gelida tecnica, la matematica è socialmente emarginata. Ma contano altri due fattori. Il primo è didattico. Nella nostra scuola raramente si sa insegnare la matematica: le dimostrazioni della geometria devono essere, più che comprese, mandate a memoria; l’algebra viene confusa con i calcoli, che invece sono l’ultima cosa e la meno importante. L’altro fattore è forse congenito: la risonanza magnetica funzionale, tecnica che permette di vedere il cervello mentre pensa e agisce, avrebbe permesso di constatare che alcune persone hanno davvero paura della matematica, una fobia che ha qualcosa di patologico. La stessa fobia della matematica però ha probabilmente radici nel modo terroristico di presentare e insegnare questa disciplina.
- Uno dei tuoi meriti è di essere tra i rarissimi specialisti capace di comunicare efficacemente ai non addetti ai lavori. In Italia, però, non disponiamo di una diffusa, e soprattutto ben fatta, informazione scientifica. Quali le cause?
- Per ciò che riguarda i giornali la risposta è semplice: la cultura dei direttori di quotidiani è essenzialmente d tipo politico. Devono sapere perfettamente chi è Scilipoti, non è necessario sapere chi è stato Enrico Fermi. Rita Levi Montalcini è diventata importante quando, nominata senatrice a vita, è stata titolare di un voto decisivo per il governo Prodi. Prima, quando scopriva il fattore di crescita delle cellule nervose e conquistava il premio Nobel, la ignoravano. Bisognerebbe invece avere in mente una gerarchia delle cose che contano per la nostra società. Allora si vedrebbe che la scienza e la tecnologia sono ai primi posti e che la politica conta meno di quel che sembra. Riguardo all’informazione scientifica in Tv, il problema è la connessione perversa tra Auditel e pubblicità. Un programma di prima serata deve avere uno share che gli consenta di raccogliere denaro con gli spot. Non è facile riuscirci se il programma è di divulgazione scientifica, a meno di forzare la scienza in direzione spettacolare e magari raccontare sciocchezze. Come qualcuno fa… Per fortuna c’è Crozza a prenderlo in giro.
- Una delle cose che più affascina è sapere se siamo soli oppure no nell’universo.
Paul Davies, direttore del Progetto Seti nel dichiarare che in mezzo secolo di ricerca non ha ottenuto finora risultati, afferma che, forse, si è sbagliato l’approccio cercando vita simile alla nostra mentre questo potrebbe essere un errore. Il tuo pensiero?
- Credo che Davies abbia ragione. Quando pensiamo ad eventuali creature intelligenti extraterrestri la cosa più difficile è liberarsi da una prospettiva antropomorfa. E' vero che le leggi della fisica, della chimica e della biologia sono probabilmente le stesse in ogni luogo dell'universo ma basta vedere come la vita si è diversificata sulla Terra, dai batteri estremofili agli uccelli, ai pesci, all'uomo, per renderci conto che la natura ha molta più fantasia di noi. Se in un ambiente ristretto e uniforme come il nostro si sono sviluppate forme di vita così diverse, chissà quali organismi possono essersi evoluti nel cosmo. Certo, la chimica del carbonio ci sembra più flessibile della chimica del silicio. Questo però è ancora un modo di ragionare provinciale, basato sulla sola esperienza terrestre. Lo stesso discorso vale per i mezzi di comunicazione. Noi pensiamo alle onde radio, o più in generale alle radiazioni elettromagnetiche. Ma che ne sappiamo dei mezzi di comunicazione di una civiltà più evoluta? Noi stessi meno di due secoli fa nulla sapevamo delle onde radio.
- In quali campi artistici… arti visive, musica, video, tecnoteatro, net art, eccetera… oggi trovi le maggiori corrispondenze ai tuoi interessi di studio?
- Arte e scienza hanno negli ultimi anni avviato un dialogo molto interessante. A Torino ho partecipato all’organizzazione di tre mostre intitolate Arslab: erano installazioni di tecno-artisti che partivano da tecnologie e principi scientifici per generare emozioni estetiche. Bravissimo in questo campo è Piero Fogliati. Il premio Nobel per la medicina Eric Kandel ha appena pubblicato un bellissimo libro su psicoanalisi, neuroscienze, estetica e creazione artistica: in Italia lo ha fatto tradurre il Mulino. Da noi questo discorso lo anticipò parecchi anni fa Lamberto Maffei con un libro pubblicato da Zanichelli: Maffei è l’attuale presidente dell’Accademia dei Lincei e un fisiologo della percezione visiva di fama internazionale.
- Ci avviamo alla conclusione del nostro incontro.
"Non riesco a capire perché le persone siano spaventate dalle nuove idee. A me spaventano quelle vecchie", così diceva John Cage.
Da dove viene quel panico che affligge tanti da spingerli fino alla tecnofobia?
- Nasce dalla cattiva informazione e dalla carenza di divulgazione scientifica. Anche per questo ho voluto scrivere “Le macchine invisibili” e la”Storia sentimentale dell’astronomia”. E’ straordinaria la risposta che mi diede Rita Levi Montalcini a una domanda che le posi sulle paure che circondano gli OGM, organismi geneticamente modificati. Mi disse: “La manipolazione genetica finora ha generato solo cose utili all’umanità. Mi preoccupo invece della manipolazione delle idee che fa la televisione.”
Erano gli anni in cui, come si usava dire, scendeva in politica un imprenditore monopolista della comunicazione.
- Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
- Il mito dell’orizzonte lontano nello spazio e nel tempo, il superamento di ogni provincialismo, l’idea che non c’è progresso senza etica.
- Siamo quasi arrivati al pianetino 4821 che porta il tuo nome… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Cellarius di Berlucchi consigliata dai fratelli Arcioni dell’omonima enoteca romana… Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
- Ora avverto un po’ di più l’assenza di peso. La gravità è diminuita non fuori ma dentro di me, piacevolmente. Credo che sia un effetto del Cellarius. Bene, così mi adatterò subito alla microgravità del mio pianetino. Al nostro prossimo incontro!
- … ed io ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!
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