Questo mese Nadir ha invitato il poeta verbovisivo Lamberto Pignotti.
I ben informati dicono, e io ci credo, che sono nato a Firenze il 26 aprile 1926 alle 11,45. Costoro dicono anche che uno presente alla scena sentì un gran colpo ed esclamò che era nato un genio, ma io non ci credo. Difatti non sono mai stato un primo della classe, non ho vinto un Nobel e neanche un Oscar. Odio ad ogni modo le competizioni; come ciclista non vincerei mai un giro d’Italia o di Francia; amo piuttosto i primati, per esempio quello dell’ora, se il precedente fosse già il mio. Gareggio insomma con me stesso. E’ per questo che certe denominazioni – poeta, artista, critico, docente, performer… - mi vanno strette: quello che faccio, lo faccio per divertirmi. Divertendomi mi son trovato a fare – tra codici dissoluti, media scombussolati, linguaggi ingarbugliati – poesia tecnologica, scrittura verbovisiva, arte sinestetica… Qualcuno dei soliti ben informati ha scritto pure che di questa roba sono il capofila, l’anticipatore, l’inventore, il padre…, il nonno, magari. Sta di fatto che mi trovo ancora a seminare svagatamente lasciando che col passar del tempo qualche altro frutto mi cada ai piedi.
Mi piace montare a cavallo e partire per tutte le direzioni. Amo la sinestesia, l’arte per tutti e cinque i sensi. Mi sollecita andare alla ricerca e alla scoperta di certe insolite e indefinite idee da poter realizzare con parole, con immagini, con suoni, con gusti, con aromi, con sensazioni tattili, con gesti, con azioni, con molto altro ancora. Sono realizzazioni che alcuni intendono poi come poesia, o come narrazione, o come quadro, o come saggio critico, o come performance. Hanno tutti ragione. Mi compiaccio di condividere con altri individui, e di estendere ad altri territori, la strategia di Don Giovanni, la poligamia estetica e critica. Più giochi…, più giochi…: “Poli-games”…
Nella vasta serie di operazioni compiute da Pignotti, nel settore della poesia visiva egli si avvale di relitti grafici, di brandelli di immagini tolte dai quotidiani, di fotografie invecchiate dagli anni, di francobolli, e associa queste valenze iconiche con altre di tipo verbale che possono essere parole già stampate: manifesti pubblicitari, fumetti, esclamazioni, o parole scritte a mano, sovraimposte alle altre, e che, immediatamente, permettono una ri-semantizzazione di quelle immagini ormai frustre e di scarsa efficacia, vuoi perché troppo viste, vuoi perché trascurate e perdute nell'oceano dei mass media dentro cui erano state incluse.
In questa maniera l'immagine che era destinata a scomparire nella spazzatura iconica della nostra memoria, subisce un'improvvisa attivazione, si carica di nuove valenze espressive, diventa una importante - addirittura minacciosa - denuncia: una pallida immagine fotografica, destinata a dileguarsi nella marea dei mass media, si riveste a una vita rinnovata e autonoma, diventa accusatrice, vendicatrice, ammonitrice. L'opera fotografica diventa opera sociale ed estetica.
(Gillo Dorfles)
Ho un debole per l'ironia colta e sagace di Lamberto Pignotti; lo ritengo uno dei più interessanti autori del panorama poetico-visivo. Si dovrebbe investire di più, in termini culturali, su autori “di nicchia” che, come Pignotti, hanno contribuito in maniera sostanziale allo svecchiamento della cultura italiana nel decennio nodale degli anni Sessanta e che instaurarono scambi culturali (oggi parleremmo di networking) con il Fluxus, il Pop, il Nouveau Réalisme e il nostrano Gruppo 63.
Fu proprio Pignotti, nel suo testo “La suggestione di Gordon Flash” apparso su “Marcatre” nel 1965, a indicare l'antispecialismo, l'interdisciplinarietà e l'interartisticità. Questi concetti sono direttamente riconducibili a quel campo, l'intermedia, che non ascrive la creatività dell'artista all' “opera”, nel senso tradizionale del termine, ma che invece, avverando una nuova estetica, rende possibile l'espressione artistica come sconfinamento attraverso codici e media, arte e vita.
(Vania Granata)
Pignotti, in Italia è il primo a parlare di linguaggio tecnologico, ritenendo che sia impossibile distinguere nel processo di produzione tra ambito artistico e tecnologico. L’attenzione alla linguistica strutturalista e alle analisi del linguaggio, al neo positivismo, da Wittgenstein a Carnap, acuiscono ancor più la sua perspicace lettura dei linguaggi delle comunicazioni.
La sua naturale propensione a oltrepassare gli steccati disciplinari gli permette di trovare sollecitazioni negli ambiti più diversi, dall’iconologia alla teoria della letteratura, dalla linguistica allo strutturalismo, alla semiotica. Pignotti mette a confronto diverse situazioni dell’oggi, riconosce il passato nel tempo presente e individua potenziali linee per il futuro.
Ama provocare con ironia l’incontro con l’inaspettato, che permette uno scarto rispetto alla norma, coltiva liaisons dangereuses con new dada e nouveau réalisme e fa incontrare sul tavolo anatomico Gombrich e i fumetti, Wittgenstein e i fotoromanzi; consacra l’intermedialità come espressione della comunicazione contemporanea e ne svela i meccanismi.
(Lucia Miodini)
L’ironia che ho salvato
1963
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Proposte rivoluzionarie
1966
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L’essere e il nulla
1967
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De-composizione
1976
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Attenzione a non calpestare il cielo
1978 |
Visibile invisibile
1979
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Asseyez-vous, s’il vous plait!
1998
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Ma ditelo senza trucco
2004
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A questo punto la riconosce
2013
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