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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Marina Vergiani. Direttrice del PAN, Palazzo Arti Napoli.
Architetto, filmmaker, esperta e docente di tecniche di valorizzazione audiovisiva dei beni culturali.
Per una sua più estesa biografia: CLIC!
Con la sua guida il PAN è diventato uno dei più vivaci luoghi per la presentazione e la documentazione delle arti visive in Italia, guardato con attenzione anche all’estero come testimonia la mostra "Napoli senza titolo", dal PAN prodotta, e esposta a Chicago; mostra che impone una forte sollecitazione a ripensare l’immagine di Napoli, del suo spazio civico e della sua odierna dimensione urbana.
Accanto alle esposizioni, il Palazzo Arti Napoli fa scorrere un’attività convegnistica sui temi più attuali dello scenario  contemporaneo, proponendo occasioni di conoscenza e confronto tra esperienze e sperimentazioni artistiche internazionali.

Tutte queste cose mi hanno motivato a invitare Marina Vergiani  –  in questo mese che per i terrestri è il maggio dell’anno 2010 – nella taverna spaziale dell’Enterprise.

 

Benvenuta a bordo, Marina…
Ti ringrazio, ce l’abbiamo fatta a incontrarci dopo tante comunicazioni scambiate nello Spazio!
E ne ho gran piacere... come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti: il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Marina… secondo Marina…
Marina con gli anni ha imparato a guardare – e a guardarsi – con generosità... ecco ora, per dire, non considero temibile questa tua domanda, che anzi mi dà l’occasione di esprimere in maniera diretta un sentimento che si fa avanti, come un privilegio dato dal tempo: penso di essere stata una donna ‘fortunata’, per non aver mai smarrito il senso del mio progetto di vita. Danza, Architettura e Video, i tre lunghi momenti di una formazione scelta ed amatissima, per la Marina bambina poi adolescente, adulta, senza soluzione di continuità tra un decennio e l’altro. Ai miei neonati nipoti, potrò dire che trovo essenziale il mare, i talenti, la musica; il piacere del cucinare, quello della conversazione; i ritmi del tempo, l’analisi dei problemi. Detesto il disordine alimentare, i passatempi, gli oggetti e le situazioni deprivati di linguaggio… Amo il lavoro della gente, la ‘fatica’ diciamo noi a Napoli.. Tutto qui.
Ora che i miei avventori ti conoscono meglio, esponi in sintesi qual è, oggi, il progetto espressivo che muove il PAN…
Sì, mi piace questa tua ‘espressione’, nel senso che presenta il PAN Palazzo delle Arti con efficacia: quello che cerchiamo di consolidare è infatti un punto di riferimento e di studio – rigoroso e accogliente, produttivo e dialettico - per l’espressione dinamica della ricerca e dell’iniziativa artistica contemporanee. Sai, quando abbiamo varato il progetto  istituzionale, erano fin troppe le ‘domande pregresse’ – siamo a Napoli – ed alcune, diciamolo francamente, erano ormai vecchie e di fatto prive quindi d’interesse. Ma noi non abbiamo voluto forzare la mano, che so, buttandoci a capofitto in qualche ‘impresa di successo’ calata dall’alto e sui tempi brevi; piuttosto abbiamo chiesto e dato spazio all’articolazione del discorso, a proposte, contributi, obiettivi...Diciamo pure superando così una certa pericolosa afasia, delle persone e delle istituzioni. Dalla prossima estate nuova avventura: il Progetto di residenza PAN studios, artisticamente guidato da Daniel Buren, vedrà quattro artisti internazionali al PAN, selezionati per lavorare sul tema dell’arte pubblica...
Sei al lavoro per il Forum delle culture del 2013. Di che cosa si tratta?
Il Forum in generale non saprei come pre-definirlo...oltre la stessa definizione che ne danno di universale, un concetto se vuoi anche superato dal Novecento! Tuttavia ci lavoro, con tanti altri, come ad uno spazio di progettualità che si apre con l’intenzione di creare un’infrastruttura di accoglienza e di stimolo all’incontro tra eventi della cultura internazionale... Napoli, evidentemente, proverà a ‘raccontarsi’ dall’interno, ci prepariamo a questo con i diversi e numerosi attori delle arti e dei linguaggi del contemporaneo. Il prossimo progetto espositivo, intermedio, è per il Forum che nell’autunno 2010 si terrà in Cile, a Valparaiso: per quanto riguarda le mostre coordinate dal PAN il percorso scelto – di opere e documenti – avrà un arco temporale compreso tra i primi anni Ottanta e le ricerche contemporanee, arti visive, teatro, collezionismo pubblico e privato. Molte storie da raccontare.
Passiamo ad altro.
Si parla spesso, in Italia, di privatizzazione dei Musei. Non esclusi quelli d’arte contemporanea.
Come la pensi al proposito?
Penso che non si tratti di un discorso astratto, quindi bisogna farlo uscendo dalle strettoie di strumentalizzazioni e ‘giochi di ruolo’... Chiariamo intanto che oggi in Italia vi sono Musei statali, civici, privati, comprese le Fondazioni. C’è poi da distinguere i grandi complessi di conservazione di patrimoni d’interesse storico-artistico, dalle strutture in via di espansione, soprattutto dal punto di vista della capacità di fare acquisizioni e di formare quindi gradualmente nuove collezioni; questa seconda realtà riguarda l’arte contemporanea. E ancora, vi sono Centri per l’arte contemporanea – come il PAN – che non lavorano sulla collezione, ma sulla produzione e sulla capacità di espansione della connessione di senso tra differenti espressioni e differenti networks. Allora, che si vuole privatizzare? Quello che è già ‘costituito’ per realizzare una gestione economica? Quello che è ‘da costituire’ per rilanciare la capacità d’investimento prim’ancora che quella gestionale...Si starà anche pensando ad investire per la cultura?!...
Non dimentico che sei un architetto e ho una domanda ad hoc.
Gillo Dorfles ricorda che proprio in architettura, prima ancora che nei lavori di Lyotard, di Foucault, di Barthes, si sia parlato di moderno e postmoderno.
Perché quell’importante dibattito è partito da lì e non da altri territori espressivi?
Sì, l’Architettura che in fondo, mi viene da dire, non è mai ‘sola’: in effetti vive delle persone e delle funzioni che l’attraversano, entra a far parte dei territori e di scale variabili d’insediamento, come dei paesaggi... L’Architettura, che vive della specificazione spazio/temporale di riconnessione tra memoria visiva ed emozioni – ben prima e differentemente che il Cinema - L’insieme potente di questi fattori produce modernità e, per dirla alla Kevin Lynch, rende ‘visibile il cambiamento’...
Non solo performers quali Orlan, Stelarc, Stelios Arcadiou, Yann Marussich, usano il proprio corpo come esplorazione antropologica della fisicità. Penso  agli artisti biopunk – ad esempio, Dale Hoyt che n’è capofila -  che considerano le biotecnologie una nuova forma estrema di Body Art.
Come interpreti quest’interesse delle arti per una sorta di neocorpo?
Gli artisti disegnano utopie, prefigurano zone di trasformazione e di rottura, anticipano il comune sentire...Tra gli anni ’60 e gli anni ’80 gli artisti hanno visionariamente accelerato sul tasto del futuro: quei disegni, quegli scenari, erano sorprendentemente vicini a quello che hai chiamato ‘neocorpo’e che, piuttosto, è poi andato ben oltre, in maniera così diffusa da far venire le vertigini, neanche si ha il tempo di comprendere questa connettività nella quale siamo immersi...Basti pensare al contatto costante di ciascuno con interfaccia svariati e – tutto sommato – per lo svolgimento di funzioni essenziali quanto antiche.
Baudrillard definisce “estasi da Polaroid” quella voglia tutta nostra contemporanea di possedere l’esperienza e la sua oggettivazione. A tuo parere, questo desiderio che assilla (o anche delizia) l’uomo d’oggi è, oppure non è, all’origine del nuovo consumo delle immagini?
Consumo ed anche produzione; e poi perchè limitarsi alle immagini? ho assistito recentemente al gioco di Leon, tre anni, che incerto sul da farsi ha cominciato a fotografare con l’Iphone di papà – in tutte le posizioni – la copertina del suo libro sonoro, prima pigiando il tasto rosso, che suona una certa musica, poi quello giallo, che ne fa un’altra, e così via...Cosa ‘riprendeva’ Leon, la musica forse? Staremo a vedere.
Le autostrade telematiche, i networks tv, internet, e altre tecnologie, sostituiranno in futuro lo spazio delle gallerie?
Assolutamente no, non sarà l’unico, ma il ‘tempo dello spazio’ non ce lo leva nessuno!
Hai in futuro intenzioni d’allestire mostre o convegni dedicati alla Net-Art?
Ne stiamo parlando con altre istituzioni curatori ed esperti di new media: certamente Radiopan farà a breve un’incursione nella comunità di appassionati, creativi ed artisti della Net-Art per immaginare insieme un progetto concreto... potrebbe essere appunto il tema della prossima edizione del nostro forum internazionale di Documentazione e Linguaggi del contemporaneo.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Non vorrei deludere ma, effettivamente, sono altri gli eroi che mi appassionano, vengono magari dal teatro dalla musica, dal teatro musicale e, pensando all’immaginazione del fantastico, provengono semmai da quell’immenso eclettico magazine d’immagini eticamente contenute in una ‘pagina’, che illustratori, disegnatori, creativi, concept designers, artisti ed autori – di tutti i tempi - hanno messo insieme per la nostra felicità...Insomma mi attrae in modo pazzesco la capacità di rappresentare in visione un’idea, una storia, una trasgressione...E’ il gesto di talento - parlo da collezionista della rivistaFrigidaire” per intenderci -  che precede tutti gli altri nei processi che l’industria culturale  ha messo in piedi...
Siamo quasi arrivati a Vergiani-M, pianeta abitato da alieni il cui principale rito quotidiano è collegarsi tutti i giorni in videospace con il PAN… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Paterno ‘99… consigliata da Antonella Ferrari e Miriam Mareschi della “Piazzetta del Sole a Farnese … Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
Sicuro, e complimenti per il ‘formato’… quello della bottiglia intendo.
Ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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