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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Sandra Lischi. Studiosa e critica di videoarte.
Laureata in Storia dell’arte nel 1973 con una tesi sul video.
È docente nel gruppo disciplinare L-ART/06: cinema, fotografia e televisione.
È una figura centrale dello scenario internazionale di studi sull’arte elettronica di cui è anche protagonista sia nella produzione e distribuzione delle opere video e sia della sua storicizzazione museale. Ha ideato, infatti, nel 1985, a Pisa ONDAVIDEO  inserita nella Guide Internationale des Arts Eléctroniques e nel circuito dei "Cento Luoghi" europei dedicati alla diffusione dell'arte e della comunicazione elettronica.
Con Romano Fattorossi, a Milano dirige INVIDEO che esiste a Milano dal 1990.
Per più diffuse note biografiche: CLIC!
Per altre pubblicazioni, cliccare QUI.

 

Benvenuta a bordo, Sandra…
Grazie!
La stellare Irina Freguja che da patronne illumina lo storico Vecio Fritolin veneziano aperto nel 1700 ci ha consigliato di sorseggiare durante la nostra conversazione una bottiglia di “Orto di Venezia”, cantina Michel Thouluze… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Sandra secondo Sandra…
Sandra è una che non ama i selfie, tantomeno quelli “interiori”, come nella domanda, e quindi mi limito a dire che sono una persona che ha sempre amato le arti (la letteratura in primis, poi la musica, il cinema il teatro e anche il video) e le forme non canoniche di creazione, di esistenza (quindi di resistenza) e di progettualità. Da qui l’interesse, fra l’altro, per il cinema sperimentale e le arti elettroniche. Sandra inoltre, avendo raggiunto “una certa età”, ha la possibilità non solo di raccontare un percorso (ad esempio nel caso delle arti elettroniche) vissuto in prima persona, dando un contributo di testimone a una ricostruzione storica, ma anche l’occasione di mettere a frutto e a disposizione un patrimonio di esperienze, di saperi e di esperienze diverse, e soprattutto di dubbi.
Credi che oggi siano le relazioni sociali a guidare le tecnologie o viceversa?
Impossibile rispondere a questa domanda, se non con qualche  banalità. Le tecnologie sono al centro di una rete estesa e complessa di elementi e interazioni, da quello economico, troppe volte dimenticato, a quello sociale e culturale.
C’è una domanda sociale e culturale cui la tecnologia risponde (come è accaduto con altre tecnologie) e c’è da parte della tecnologia una capacità di incoraggiare comportamenti e abitudini, ma il tutto è dialetticamente (come si diceva una volta) intrecciato. L’avevo detto che si potevano dare solo risposte banali...!
… mi  sembra che la tua risposta si sia ben difesa dalla banalità.
Che cosa ha significato nella storia delle immagini in movimento l’avvento dell’era elettronica?
A questo ha già risposto Marshall McLuhan con buone intuizioni, e anche qualche altro teorico (anche “antico”) della televisione. L’avvento del tempo reale, la manipolabilità dell’immagine, la capillarità dei terminali innanzitutto domestici, poi portatili, infine il digitale, hanno profondamente modificato la percezione del nostro posto nel mondo, la percezione dei dispositivi tecnici, la concezione del tempo di trasmissione delle notizie e delle immagini e della nostra personale relazione con esse.
Dalle recenti rassegne, citate in apertura, di Pisa e Milano da te dirette, hai notato, rispetto a precedenti edizioni, novità circa il linguaggio? Se sì, in quale direzione? Se no, perché?
Ogni anno ci sono leggere variazioni nell’attenzione a certe tematiche invece di altre (ad esempio contaminazione della videoarte con tematiche ecologiche, sociali, politiche, o prevalenza da un anno all’altro di “generi” come la danza o il teatro) e anche il linguaggio si modifica leggermente, con una maggiore recente attenzione a ibridazioni con la grafica e l’animazione e una minore facilità ed “ebbrezza” nell’uso degli effetti digitali.  Alcuni inebrianti giochi resi possibili dai programmi di montaggio digitale si stemperano e si confrontano da un lato con la necessità di elaborare un senso, dall’altro con un’idea di videoarte “pura”, non narrativa.
Non solo Orlan, Stelarc, Stelios Arcadiou, Yann Marussich, usano il proprio corpo come esplorazione antropologica della fisicità. Penso, ad esempio, a quanto accade a certi artisti biopunk – come Dale Hoyt che n’è capofila - che considerano le biotecnologie una nuova forma estrema di Body Art. Come interpreti quest’interesse delle arti per una sorta di neocorpo?
È un discorso lungo, che parte da lontano, da vari artisti che hanno posto il problema da tempo, e mi piace ricordare qui i contributi teorici del caro amico purtroppo scomparso, Antonio Caronia, sul cyborg, che pur non direttamente collegati alle pratiche citate nella domanda inquadrano il problema del rapporto fra corpo e tecnologia. A livello artistico è una tendenza che non mi interessa particolarmente ma di cui capisco il senso (il proprio corpo come frontiera estrema, l’ultima possibile, di trasformazione, di fronte all’impossibilità di trasformare il mondo, ad esempio; il confronto con l’universo protesico e robotico attuale; un’anticipazione artistica del futuro, utopica o distopica che sia) e trovo meritevoli di attenzione alcuni esiti. Ma non sono competente a parlarne perché è un ambito che non ho mai studiato in modo specifico.
Bruce Sterling – ai più distratti ricordo che insieme con William Gibson è uno dei fondatori del filone letterario cyberpunk – ha scritto che “la tv nel giro di pochi anni sarà come il teatro, una cosa di nicchia, con un pubblico molto ristretto rispetto a quello di oggi, anche se culturalmente di livello meno alto del pubblico teatrale”. Sei d’accordo oppure no?
Mah, forse, non lo so. Penso che già ora i giovani non guardino più la televisione e che la televisione sia migrata nel meta-medium computer. Queste profezie lasciano un po’ il tempo che trovano: anche la TV generalista veniva data per spacciata molto molto tempo fa, e sopravvive ancora. Certo, la mutazione è profonda e il medium è in ristrutturazione radicale, anzi, sta perdendo le sue “specificità” di medium, che diventano elementi di una ontologia ormai superata.
Laurie Anderson canta "Language is a virus" citando William Burroughs che diceva "Il linguaggio è un virus venuto dallo spazio". Segue, quindi, una domanda acconcia in un viaggio spaziale: qual è oggi la principale insidia portata da quel virus?
Anche se non comprendo bene la domanda (bisognerebbe intendersi sulle parole linguaggio e virus e sulle connotazioni negative o positive, e risulterei pedante rispetto alle simpatiche citazioni) l’insidia maggiore per me è quella di un linguaggio semplificato e appiattito sui luoghi comuni, che perde complessità e sfumature. Un linguaggio disattento al linguaggio. Per fortuna ci sono ancora i poeti di ogni arte a ricordarci il rispetto e l’amore per il linguaggio; e non lo dico in senso nostalgico o filologicamente passatista perché anche le mutazioni possono essere feconde, come ben ci hanno insegnato le avanguardie! Il linguaggio forse dovrebbe essere pensato e maneggiato come qualcosa che viene da un altro pianeta, in effetti. Credere di conoscerlo e di padroneggiarlo ci porta ad automatismi mortificanti. Ma forse sono andata fuori tema.
Mi pare proprio di no.
Siamo quasi alla conclusione del nostro incontro.
Domanda a tradimento: Internet è una mappa o un labirinto?
Un ottovolante, una giostra, una rete ovviamente, un tunnel, una ragnatela, una foresta, un giardino, una Underground di sterminata metropoli; o, per attenermi alla domanda: un labirinto in cui è bene avventurarsi muniti di mappa anche se talvolta è bene dimenticare la mappa e abbandonarsi allo smarrimento.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… come sai, Roddenberry ideò il suo progetto avvalendosi non solo di scienziati ma anche di scrittori, e non soltanto di fantascienza, tanto che ST risulta ricca di rimandi letterari sotterranei, e talvolta non troppo sotterranei… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
Penso a “Star Trek” con grande simpatia e tenerezza ma non è un “videomito nel mio immaginario”. Sono cresciuta con altri miti, e in casa dei miei la Tv è arrivata tardi, per via di un salutare snobismo!
Siamo quasi arrivati al pianeta Lischi-S, se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di “Orto di Venezia” consigliata da Irina Freguja patronne dello storico Vecio Fritolin veneziano…
Un saluto mettendo piede a terra con nostalgia delle stelle
… ed io ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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