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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L'ospite accanto a me è Giulio Ferroni. Storico della Letteratura italiana, Docente all'Università La Sapienza di Roma. Lo ritengo una delle intelligenze più vive del nostro scenario culturale, vi piaccia o no, l'ho detta. Autore di una Storia della Letteratura italiana in 4 volumi per Einaudi, e di altre pubblicazioni che hanno sempre provocato dibattiti e attizzato polemiche.
Per saperne di più, cliccate su http://www.unilibro.it.
Fra gli altri, ricordo alcuni suoi titoli: "Passioni del Novecento" http://www.adrart.it/Spazlett/ferroni.htm pubblicato da Donzelli, "Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura" stampato da Einaudi, ed un libro al quale sono molto affezionato "Dizionarietto di Robic: centouno parole per l'altro millennio", edito da Piero Manni; Robic, pseudonimo di Ferroni in una rubrica giornalistica, è il nome di un ciclista francese detto testa di vetro perché, nonostante di fisico tozzo (nonché d'animo pugnace), si rompeva il cranio una corsa sì e l'altra pure, quelli che hanno l'età mia (e quella di Giulio, nonostante sia un po' più giovane di me) se lo ricordano. Perché fra tanti possibili pseudonimi, lui abbia scelto proprio Robic, beh, è una domanda che non gli rivolgerò perché…l'avete capito no?

 

Benvenuto a bordo, Giulio…
Ciao, spero che qui tu abbia i vini del futuro o comunque di un tempo diverso da quello in cui ci troviamo a parlare, comunque non dell'annata 2001, né di annate precedenti.
Mi attribuisci un potere enologico che non ho. Però ci vado vicino alla tua richiesta. Voglio farti assaggiare questo Aglianico Taurì di Antonio Caggiano, un vino dal grande futuro…qua il bicchiere…ecco fatto!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu, in poche battute, trasmetta sulla Terra il tuo ritratto…
Avrei molta difficoltà a suggerire un mio qualunque ritratto; tanto più ora che siamo tanto lontani dai nostri luoghi e tempi consueti. Posso comunque dire che sono uno che crede (credeva) nella letteratura, nelle cose impossibili che essa suggerisce, nella possibilità che essa dà di guardare all'essenziale, a ciò che davvero conta nella vita, nel comportamento, nei rapporti tra gli esseri umani: e di svelare distorsioni, eccessi, di smascherare menzogne e false presunzioni…Credo nella passione e nell'ironia, nelle cose che si perdono, nella bellezza che non si lascia afferrare. Preferisco parlare di me attraverso la letteratura e magari, come mi è capitato altre volte, attraverso personaggi fittizi, pseudonimi che mi permettono di mettermi su di una scena pubblica senza espormi direttamente: oltre al Robic che hai ricordato, c'è un altro personaggio che mi è particolarmente caro, Gianmatteo del Brica, personaggio dell'unica novella di Machiavelli (Belfagor), alla cui penna per alcuni anni ho attribuito alcune lettere inviate appunto alla rivista "Belfagor" (pubblicate poi nel 1994 da Donzelli con il titolo Lettere a Belfagor): immaginavo che quel personaggio fosse vissuto, come l'ebreo errante, al di là dei limiti dell'esistenza umana e si trovasse nascosto, ai nostri giorni, nelle caves di Reims (una vineria anche quella, e quale vineria!) e da lì mandasse lettere sulle storture e gli assurdi della cultura italiana contemporanea. Certo ora sull'Enterprise dovrei assumere un'identità ancora diversa. Vedremo.
Che cos'è secondo te che dovrebbe distinguere il traguardo espressivo della letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
La letteratura offre un quadro di comunicazione, di espressione e di conoscenza che non può essere del tutto al passo della velocità dei nostri tempi e di questa astronave in cui viaggiamo. Questo credo che oggi costituisca l'handicap, ma anche la grande chance della letteratura: non può seguire fino in fondo quegli aspetti della realtà moderna o postmoderna che altre forme artistiche riescono meglio ad emulare o addirittura a potenziare, ma ciò le permette di mantenere il privilegio della lentezza, dello sguardo distante, della critica, dell'utopia. Essa può effettivamente dare espressione alla possibilità di un mondo diverso da quello che vediamo, da quello verso cui crediamo di andare: alle contraddizioni infinite in cui siamo presi e che la nostra velocità sempre accelerata non ci lascia nemmeno vedere. Un antidoto alle illusioni dello spettacolo collettivo.
Alla luce di quanto hai detto, qual è secondo te la funzione della critica letteraria oggi?
La critica letteraria sembra per tanti aspetti quasi defunta: il critico non ha più un pubblico solidale, né una letteratura che egli possa accompagnare o sostenere. Gli resta uno spazio didattico nell'università e nella scuola e uno spazio giornalistico sempre più evanescente, marginale e subalterno: entrambi gli spazi tendono a mano a mano a ridursi. E allora la funzione della critica viene ad essere quella della "resistenza", della difesa dell'esperienza, della possibilità di continuare ad ascoltare e interrogare la letteratura. Ma, tenendo conto di quanto ho detto sulle chances della letteratura, questa resistenza può avere un determinante obiettivo ecologico: la critica può e deve essere ecologia, depurazione dal troppo e dal vano, dall'inflazione dei messaggi che ci assediano da tutte le parti, dall'ossessione dell'attualità e della velocità. Restano da trovare i luoghi e gli strumenti per esercitare questa funzione essenziale; che lo si possa fare davvero guardando la cultura contemporanea un po' da lontano, magari dalla vineria dell'Enterprise?
In molti affermano che la Rai ha divulgato, unificandola, la lingua italiana nei nostri stessi confini. La Rai, ansiosa, si presenta al tuo esame, la promuovi oppure no?
Come divulgatrice della lingua italiana, la Rai non può non essere promossa a pieni voti. Ai tempi della sola radio e poi soprattutto nella prima fase della televisione essa ha svolto un compito addirittura eroico, che aveva visto soccombere fior di linguisti e pedagoghi. Ma in un secondo momento, e in modo esplosivo a partire dall'avvento della televisione commerciale, sembra proprio che quell'avvenuta unificazione linguistica d'Italia abbia costituito la base per un rincretinimento generale dei nuovi italofoni, per la distruzione di un antico e vitalissimo tessuto antropologico, per un generale indottrinamento verso modelli di volgarità pubblicitaria che stanno dando i loro frutti e che, temo, ne daranno di peggiori in futuro (alla fine non si può non riscontrare ciò che profeticamente diceva Pasolini).
Un tuo vaticinio: trash, pulp, cyberpunk, quali tracce lasceranno nella letteratura italiana?
Muovendoci negli spazi illimitati, è difficile vedere gli scarti e i residui accumulatisi in una società letteraria da cui qui siamo lontani anni luce. Se laggiù, nell' "aiola che ci fa tanto feroci", è prevalso l'istinto di sopravvivenza e, quindi, si è dato campo sia all'ecologia materiale che all'ecologia della comunicazione e della mente, è certo che di trash e di pulp non resteranno tracce di nessun tipo. Diversa è la questione del cyberpunk: lì occorrerà vedere quale cammino avranno fatto la virtualità, la digitalità, l'ipertecnologia, quanto ancora avremo modo di allontanarci dalla natura e dalla corporeità, attratti da quel sex appeal dell'inorganico di cui parla il mio amico Mario Perniola. Il cyberpunk, liberato da ogni rapporto con trash e pulp, oltre che da certe sue incongrue pretese "alternative", rischia di diventare modello per ogni tipo di espressione, registrazione delle forme mentali di un'umanità uscita del tutto fuori dai territori storici dell'umano (qualcuno parla infatti di "post-umano": da quassù non sono in grado di constatare se si è già realizzato).
La proprietà intellettuale al tempo di Internet ha posto nuovi problemi. E' chiaro che non mi riferisco a plagi o cose simili, ma a fenomeni che teorizzano il sabotaggio del diritto d'autore.
Tu che ne pensi dei vari Luther Blisset, Linux, Wu-Ming, eccetera? Anche "Le Monde" ha scritto di superamento del diritto d'autore. Io campo pure di SIAE, dottor Ferroni: la prego…la verità!
Luther Blisset e tutti gli altri sono abbastanza simpatici e inventivi, mi dà fastidio solo la spocchia rivoluzionaria che spesso assumono, la loro pretesa di saperla lunga, di aver capito tutto, di essere al di là di tutti gli altri…La loro abilità meriterebbe comunque di essere rimunerata: in fondo sono anch'essi degli autori. Ma, a parte gli scherzi, è vero che il superamento del diritto d'autore rappresenterebbe un attentato gravissimo alla libertà intellettuale, un passo in più verso quel pensiero "unico", quell'irreggimentazione virtuale dell'esistenza a cui tendono, in fondo, anche certi presunti sabotatori tecnologici. Si tratta però di vedere quali forme e quali garanzie per il diritto d'autore possono essere messe in opera nel territorio della rete: la cosa è tutt'altro che semplice; e ho l'impressione che il diritto d'autore potrà veramente sopravvivere solo se riusciranno a sopravvivere alcuni suoi strumenti tradizionali, in primo luogo il libro.
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo una riflessione su Star Trek… che cosa rappresenta secondo te quel videomito…
Ora parlare di ST significherebbe parlare del mondo intero, dell'universo in cui siamo stati catturati. È un universo ricco e complesso, un mondo totale, che affascina tanto proprio perché è stato costruito con sapienza e con cura, con una capacità di mettere in gioco le competenze più diverse: un videomito davvero "intelligente", come pochi ce ne sono. Viene davvero la voglia di entrarci dentro, di essere un personaggio di questo mondo: ti ringrazio di avermi dato l'occasione di questo viaggio e di avermi fatto sorgere il desiderio di assumere una nuova identità fittizia, adeguata all'Enterprise. Vuoi trovarmi allora uno pseudonimo, farmi membro dell'equipaggio o almeno inserviente della tua vineria?
Uno pseudonimo ispirato a un personaggio di Star Trek…ma sì, certo! Dottor Olografico…immateriale ma pure di così spessa presenza, spero ti piaccia. Vedo dall'oblò che siamo quasi arrivati a Ferrònya, pianeta in cui si comunica solo con 101 parole, abitato da alieni tutti cloni di Jean Robic…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia d'Aglianico Taurì di Antonio Caggiano …Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Non mi ero proprio accorto di essere arrivato qui in bicicletta (come è possibile?). Non sapevo nemmeno che ci fosse un pianeta Ferrònya, né che potessero esserci tanti Robic. Provo la sensazione che ho provato quando mi è capitato di andare in bicicletta per le strade di Pechino, in mezzo a legioni di cinesi: ma quelli erano cinesi, questi sono tanti Robic con il mio stesso volto e tutti con la testa di vetro. E tutte le teste di vetro sono piene di vino. Non sarà stato questo vino che mi ha dato alla testa? Grazie davvero per la sorpresa e per le meraviglie di questa vineria. Ti saluto e metto il rapporto 51/13.
E anch'io ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

È possibile l'utilizzazione di queste conversazioni citando il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.

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Ottima risposta quella del Professore, ma io andrei oltre: la RAI andrebbe bocciata! Dai segni grafici, alle mode letterarie, alla polisemia... la televisione (RAI e Mediaset in testa), soprattutto i tele-giornali dei giovani professionisti dell'informazione, è un concentrato di errori, di imprecisioni, di inflessioni dialettali, di inutili esagerazioni! Ciò l'ò asserito, con forza e dovizia di particolari, nalla mia ultima opera: "I Segni nel tempo". Un saluto a' lettori, soprattutto ad Armando, scoppiettante, "eclettico" divulgatore di originalità e di cultura.

inviato da Carmine Natale
 

 

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