L’ospite accanto a me è Jacqueline
Risset. Poetessa, italianista, traduttrice, è docente
all’Università di Roma Tre – Facoltà di Lettere
e Filosofia, Dipartimento della Comunicazione Letteraria e di spettacolo
- dove dirige il Centro di studi Italo-Francesi: http://www.uniroma3.it.
Straordinaria intelligenza, lontana dall’immagine cattedratica
perché per nulla sussiegosa, ed espressa al tempo da un pensiero
vivace e curioso di tutto, tutto ciò fa di Jacqueline –
accanto alle sue doti scientifiche – una donna di grande fascino
intellettuale. E, visto che ci siamo, aggiungo: e non solo intellettuale.
Amo moltissimo un suo libro che, a chi non l’avesse ancora fatto,
consiglio di procurarselo, si chiama Amor di
lontano, versi splendidi concepiti in francese e da lei stessa
tradotti in italiano. Libro che ha ispirato anche uno spettacolo teatrale
di Enrico Frattaroli; di quello spettacolo esiste pure una sintesi radiofonica
che fu trasmessa nel ’94 su Radio Tre nel contenitore “Audiobox”.
Jacqueline è stata membro della redazione di “Tel Quel”.
Alcuni fra i maggiori titoli pubblicati: il già ricordato Amor
di lontano, da Einaudi nel 1990, scheda su: http://www.einaudi.it;
Petits éléments de physique amoureuse;
Gallimard, 1990; Les Instants, Farrago,
2000; tra i saggi, Dante écrivain,
Le Seuil, 1982 (Mondadori,1984); Dante, una
vita, (Rizzoli, 1995), Puissances du
Sommeil, Le Seuil, 1998; tra le traduzioni, Dante Alighieri,
La Divine Comédie, Flammarion,
1986-90; Machiavelli, Le Prince, Actes
Sud, 2001.
Il web è ricco di documenti che ne parlano, non saprei proprio
che cosa consigliarvi, allora ne citerò uno soltanto, un “Giornalino”
da lei redatto per RaiSatzoom: http://railibro.lacab.it;
per il resto accendete i motori di ricerca e navigherete in un oceano
di citazioni.
Per concludere questa presentazione, dirò che l’Italia
non le sarà mai abbastanza grata per la diffusione e l’interpretazione
della nostra cultura in Francia.
- Benvenuta a bordo, Jacqueline…
-
SALUT À VOUS, NAVIGATEURS, POÈTES!
- Voglio brindare a te, e con te, con questo questo Aloxe-Corton, grande
Bourgogne 1975 che dal pianeta Terra m’avevi segnalato di gradire
particolarmente…ecco fatto.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne
la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però
noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza
vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la
conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma,
chi è Jacqueline secondo Jacqueline…
- Mi è difficile rispondere a questa domanda, perché il
dubbio sull’identità è per me necessario. “Chi
è?”. La domanda approfondisce il dubbio e lo rianima. Comunque,
se dovessi rispondere seriamente, direi forse che sono una viaggiatrice,
un’esploratrice , ma dal metodo un po’ particolare: attenzione
e distrazione sono per me ugualmente funzionali. Ad esempio, inciampo
su una pietra, cado; e allo stesso tempo mi accorgo che quella pietra
era proprio quella materia preziosa e sconosciuta che andavo cercando
da mesi, con biblioteche e microscòpi. Ma in fondo tutti quelli
che cercano, che esplorano lo sanno. Forse la mia identità esiste
soltanto negli istanti di brusca gioia, al di fuori del tempo...
- Ha scritto Roman Jakobson in Poetica e Poesia: “Il confine che
divide l’opera poetica da ciò che non è tale, risulta
più labile di quello dei territori amministrativi cinesi”.
Sei d’accordo con quella enunciazione?
- Sono d’accordo con quell’enunciazione, come del resto
con le altre di Roman Jakobson. Lo considero un genio della lingua e
della letteratura che sono per lui legate indissolubilmente: diceva
sempre che la sua vocazione di linguista era nata nell’infanzia,
dalla poesia. E l’immagine dei territori amministrativi cinesi
è molto bella, e giusta: quella labilità è il contrario
dell’immobilità borbonica che esprime ad esempio la divisione
Poesia/ non Poesia elaborata da Benedetto Croce. La poesia sorprende
sempre: c’è, non c’è più. Per seguirla,
occorre diventare saggi, appunto, saggi delle antiche Cine.
- Nanni Balestrini parecchi anni fa, Hans Magnus Enzensberger in epoca
più recente con “Poesie-Automat”…computer programmati
per scrivere versi…Come giudichi quelle esperienze?
- Bene, perché Balestrini e Enzensberger sono poeti. Cioè
a dire che non sono mai vittime affascinate dei nuovi oggetti, delle
tecniche in arrivo. Riflettono sui loro esperimenti. Li usano per nuove
scritture, nuove, idee, nuovi sperimenti.
- E’ nella letteratura oppure in altre aree che credi ci siano
oggi i lavori più interessanti nella ricerca di nuove modalità
espressive?
- La letteratura ha rispetto alle altre arti un handicap che è
anche un privilegio: non usa materiali di per sé seducenti ed
estetici (colori, suoni, ecc...), usa invece quella cosa che usiamo
tutti i giorni per scopi pratici: il linguaggio. Ma lo usa in modo diverso,
con una torsione per la quale diventa suono, musica, e allo stesso tempo
distanza, pensiero. E’ vero che ora le altre arti sono diventate
pensose. E’ un bene? Lo si vedrà più in là.
In ogni modo è avvincente il fervore di invenzione.
- Qual è l’immagine che in Francia hanno della letteratura
italiana dei nostri più recenti giorni?
- Un’immagine di ricchezza e dinamicità: ne è la
prova quel che accaduto in primavera, a proposito del Salon du Livre
di Parigi: la contestazione contro il governo berlusconiano era dura
e condivisa; ma il pubblico – lo stesso che contestava –
seguiva con passione e serietà gli scrittori italiani, anche
quelli più nuovi, anche quelli più complessi. Quella è
l’Italia che si ama.
- Hai tradotto tante opere italiane in francese, tra queste giganteggia
per impegno e risultati “La Divine Comédie”.
In un’intervista hai detto: ”Dante
mi ha colpito proprio quanto sia veloce. Lo si vede immobile perché
se ne ha soggezione, ma in realtà c’è una rapidità
straordinaria. In fondo perfino i futuristi amavano Dante perché
lo consideravano un "cosmonauta". E tale velocità da
cosmonauta la si sente quando lo si avvicina veramente”.
Siamo a bordo dell’Enterprise e capirai che questa tua dichiarazione
dai richiami spaziali c’interessa particolarmente. In che cosa
consiste questa velocità di Dante?
- La velocità di Dante, che spesso non si percepisce perché
lo si legge a pezzetti, con note pesanti, con mentalità solenne
e troppo rispettosa, nasce dalla fretta e dall’urgenza che abita
il viaggiatore, il quale deve percorrere tutto, Inferno, Purgatorio,
Paradiso, per giungere alla Visione (La Visione era il primo titolo
della Commedia). La velocità si iscrive nel testo per mezzo delle
strofe in terza rima: ogni strofa è come un arco, che scocca
il suo verso centrale nel futuro, nella strofa seguente, e così
di seguito, come una corda ininterrotta. Il massimo della velocità
è nel Paradiso, dove Dante, insieme a quell’altro viaggiatore
piuttosto bravo, Beatrice, vola da un pianeta all’altro, come
una freccia, come un missile. E’ talmente bravo come cosmonauta,
Dante, che non mi stupirei se si fosse ora imbarcato sull’Enterprise.
Siete sicuri che non ci sia? Avete guardato bene?
- In verità, il cambusiere ha dei sospetti…investigherò…
Come ho ricordato in apertura, hai fatto parte della redazione di Tel
Quel.
Ai miei avventori più distratti ricordo che la rivista fu fondata
da Philippe Sollers nel 1960 e ha chiuso alla fine del 1982.
Qual è il principale segno che ha lasciato nel pensiero critico
contemporaneo?
- Quando ho incontrato Tel Quel, c’era, intorno a Sollers, un
gruppo di giovani scrittori che avevano deciso di riprendere in mano
la riflessione sulla letteratura. Scrivere e pensare, dicevano, non
sono attività separate. Non lo sono mai state. E avevano fatto
della piccola stanza della rivista una sorta di laboratorio, in contatto
con tutto quello che si faceva di nuovo allora. Ogni giorno arrivavano
lì Derrida, Deleuze, Barthes, Foucault, e altri, a portare un
loro testo, che divoravamo subito. In seguito le cose diventarono più
rigide. Ma il segno che lascerà Tel Quel sarà probabilmente
quello, di un rapporto immediato e interno tra letteratura e filosofia,
psicanalisi, teoria in generale. La passione intellettuale come fulcro
della letteratura.
- A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci,
infliggo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel
videomito nel nostro immaginario?
- I miti sono nutrienti, e capaci di nutrirsi dell’immaginario
di un’epoca, e delle epoche precedenti. Jules Verne vive in Star
Treck, insieme ad antiche mitologie. Quello che forse è più
affascinante in questo caso è la variabilità infinita
– ma anche la ripetitività, che è protettiva: siamo
una specie fragile, lo cominciamo ad intuire...
- Siamo quasi arrivati a Rysseta, pianeta abitato da alieni che adorano
una sola deità chiamata Jacqueline…se devi scendere, ti
conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche
perché è finita la bottiglia di Aloxe-Corton, grande Bourgogne
1975…Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
-
A PRESTO, A PRESTO,
A RIVEDER LE STELLE
- Grazie per il tuo “a presto”, quanto “a riveder
le stelle” lo prendo anche come un augurio politico.
Ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise:
lunga vita e prosperità!
È possibile l'utilizzazione
di queste conversazioni citando
il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.
Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy. |
|