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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L’ospite accanto a me è Maria Pace Ottieri. Scrittrice e giornalista.
Vive a Milano dove collabora a varie testate tra cui ‘l’Unità e ‘Diario’.
E’ una scrittrice che occupa un posto particolare nella letteratura di questi anni, e forse non solo di questi anni, perché la sua pagina si sostanzia su una poetica antropologica.
Ha pubblicato: “Amore Nero” (Mondadori - Premio Viareggio Opera prima 1984); “Stranieri Un atlante di voci” (Rizzoli, 1997); “Quando sei nato non puoi più nasconderti” (2003); “Abbandonami” (2004) Premio Grinzane Cavour 2005 per la narrativa italiana.
I due ultimi titoli citati sono stati stampati dalle edizioni nottetempo: http://www.edizioninottetempo.it
“Quando sei nato non puoi più nasconderti” mi fu calorosamente segnalato, poco prima che fosse stampato, da Ginevra Bompiani la quale mi anticipò che si trattava di un libro singolare e di grande qualità, lo trovai, infatti, bellissimo, con la migrazione vista come storia e metafora, e dove come ha ben scritto Fiorano Rancati: “I singoli destini tendono ad assumere una dimensione epica, protagonisti di un viaggio che è la necessità della sopravvivenza, ma anche il perseguimento di un sogno”.
Da “Quando sei nato non puoi più nasconderti” è stato tratto l’omonimo film di Marco Tullio Giordana, Nastro d’Argento 2005 alla produzione.
Quest’incontro prende spunto dalla recente uscita nell’anno terrestre 2006 di “Ricchi tra i poveri”, edito da Longanesi (268 pagine, 16:00 euro).
Si tratta di 13 interviste con ricchissimi che vivono in paesi poverissimi. Il fascino principale di questa pubblicazione (aldilà dell’importanza documentaristica che possiede) sta in una scrittura che incrocia la tecnica giornalistica con la sapienza letteraria della narratrice che avvicina quelle figure. Sicché ne vengono fuori tanti profili che equivalgono a personaggi da romanzo poiché quelle figure sono tratteggiate illuminandone le storie alimentate da cinismo e speranze, avidità e sentimento della vita. Per meglio esprimere questo mio pensiero m’affido ad un brano che traggo dal “Dizionario dei personaggi di romanzo” di Bufalino perché le pagine della Ottieri ritraggono proprio “un musée de l’homme, dell’homo sapiens e insipiens, una galleria di cere Grévin che consentirà in tal modo di dominare con un solo sguardo un paese abbastanza infinito”.
Ancora una cosa: Maria Pace è figlia di Ottiero Ottieri, del quale ha scritto una biografia, e nipote di Valentino Bompiani, figlia d’arte insomma.

 

 

Benvenuta a bordo, Maria Pace
Grazie, questo sì  che è un viaggio avventuroso e inaspettato!
Meno avventuroso è il consiglio dei patrons del Web and Wine di Volterra, Enrico Buselli e Federico Frosali, che mi hanno suggerito d'assaggiare durante la nostra conversazione nello Spazio questo rosso Doc ‘La Regola’ segnalandomi in Spacefax che: “L’Azienda è il Podere La Regola, il luogo di produzione: Montescudaio (Pisa), Vitigni: 85% Cabernet Sauvignon - 15% Merlot, Anno di produzione: 2002”… qua il bicchiere.
Adesso ascoltami: il Capitano Picard Ë bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “Ë un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore…insomma, chi è Maria Pace secondo Maria Pace…
Ho un’istintiva avversione per la frase “io sono fatta/o cosÏ”, ma aiutata dalla lontananza dalla terra e dalla assenza di gravità, posso provare a definirmi come una viaggiatrice, esploratrice di luoghi e tipi umani diversi da quelli in cui e tra cui mi è capitato di nascere. Il meglio lo do nei viaggi all’insegna della scomodità e della resistenza. Più sono impervi e più mi dispongono a grande pazienza e tolleranza, qualità che mi mancano del tutto nella vita quotidiana e tra i miei simili, mi basta un lungo percorso su un tram a Milano per cambiare carattere, perché prevale la necessità del racconto su ogni altro impulso.
“Ricchi tra i poveri”. Più domande in una, lo ammetto sono vorace.
Quando e come è nata l’idea di questo libro? Quale (o quali) la maggiore difficoltà che hai trovato nel realizzarlo?
Ero in India a girare un documentario per la televisione, Rai Due, su un immigrato che in Italia fa l’operaio e a Chandighar, nel Punjab, è proprietario di una fabbrica. Sulla rivista “India to day” ho letto un articolo sui Tata, una delle più vecchie e potenti dinastie industriali del Paese. Non avevo mai riflettuto ai grandi ricchi dei paesi poveri che ho molto frequentato, soprattutto l’Africa Occidentale, e ho pensato che era l’altra faccia del tema che mi aveva occupato per tanti anni e continua a occuparmi, quello dei poveri che lasciano il proprio paese per trovare migliore fortuna in Occidente. Al ritorno in Italia ho cominciato a cercare nomi di ricchi imprenditori in Cina, in India, in Indonesia, in Turchia, in Sudafrica, in Egitto. Volevo ricchezze nate intorno a un’idea e non di pura e semplice rapina, ma una volta individuati, come raggiungerli?
 Già… come?
Mi sono rivolta alle ambasciate, a giornalisti corrispondenti di giornali italiani, agli Istituti del Commercio Estero, a tutti i possibili contatti che mi potessero aiutare ad avvicinarli.
Non tutte le persone scelte hanno accettato di incontrarmi e nessuno ha accolto la mia proposta di seguirli come un’ombra in una giornata della loro vita, al lavoro e a casa, ma alla fine sono riuscita a conoscerne tredici, undici uomini e due donne e a intervistarli a lungo. Sono stati viaggi intensissimi e faticosi perchè gli appuntamenti erano incastrati in tempi molto stretti, i ricchi non stanno fermi più di ventiquattr’ore nello stesso posto, ma sono abbastanza soddisfatta del bottino riportato, anche se diverso dall’idea originaria.
Le persone da te avvicinate appartengono a paesi e condizioni sociali di  provenienza molto diverse fra loro. È rintracciabile (aldilà della loro invidiabile situazione economica) un comune denominatore che li lega? Se sì, quale?
Sono persone dotate di energia, determinazione e ambizione straordinarie, oltre che di capacità e intelligenza. L’idea di costruire un impero industriale, di annettersi nuovi territori, di espandersi sconfina nell’ossessione e nella visionarietà. Alcuni si sono, come si dice, fatti da soli, riuscendo a vedere e cogliere occasioni di ascesa  di cui altri non si sarebbero accorti, come se seguissero un piano prestabilito di cui solo alla fine si riesce a leggere il disegno.
Molti di loro parlano degli Stati Uniti, e dell'Occidente in genere, come modello cui si sono ispirati nel loro management. Ma, oltre le loro dichiarazioni, a te è sembrato di scorgere un genius loci in qualcuno di loro?
Sì, tra gli indiani della generazione dell’indipendenza l’understatement, la sobrietà, tra i nuovi ricchi cinesi e africani, al contrario, l’ostentazione, tra i turchi, l’abilità nello stare a galla con ogni tipo di governo…
Qual Ë la caratteristica che maggiormente differenzia un ricco occidentale da questi nuovi ricchi tra i poveri?
E’ una delle domande che pongo agli intervistati, alcuni mi hanno risposto “la stabilità dei governi e delle leggi nei paesi occidentali”, altri “la capacità illimitata di lavoro”. Quello che mi ha colpito è la corrispondenza fra prodotti concreti e produttori, se bevi una tazza di the, sai che lo producono i Tata, se compri un certo shampoo, sai che l’ha fatto la Godrej, se ti scoli una birra, pensi a Vijai Mallya, da noi e in Occidente, per via delle multinazionali, in genere si è perso questo nesso. Un’altra caratteristica, che però è anche americana e molto meno europea, è una certa idea di mecenatismo paternalistico, di “evergetismo”, da “euergètes”, “benefattore”, come dicevano i greci, che da noi o non c’è più o è stata sostituita dalle sponsorizzazioni che scelgono gli investimenti in base al ritorno pubblicitario e mediatico e non all’utilità per il maggior numero di persone.
Immagina ora di rivolgerti ad una platea di non addetti ai lavori e illustrare loro la sostanza e il senso della tua opera. Che cosa diresti?…
Non oserei mai pronunciare la parola opera, ho scritto alcuni libri, cinque fin qui, e numerosi articoli. Mi viene in mente Manganelli che racconta come a chi gli telefonava e diceva: ‘Lei è lo scrittore?’, lui rispondeva, ‘Guardi che ha sbagliato numero, io scrivo. ‘Mai come oggi è stato difficile definire chi sono gli scrittori. Se scrivi un best seller, basta un libro solo per diventarlo, ma chi ti investe ufficialmente? L ‘editore? Il mercato? I giornali? Forse l’unico metodo buono è quello di aspettare cento anni dalla morte….
Io mi considero un’artigiana che prosegue un’attività di famiglia, come si usava un tempo tra i pittori.
Alla tua domanda sul senso, sul filo rosso di quello che ho detto finora, rispondo con un verso del poeta Edmond Jabès, “lo straniero ti fa essere te stesso facendo di te uno straniero”. Altrimenti detto, cercare lo straordinario nell’ ordinario e l’ordinario nello straordinario, rendere comprensibili, e dunque confrontabili, persone e popoli, identità individuali e identità collettive.
Che cos’è secondo te che distingue – o dovrebbe distinguere –  la letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
La povertà dei mezzi prima di tutto, per scrivere, anche oggi basta un computer, non hai bisogno di nessun altro e questo forse è una maggiore garanzia di libertà. Poi il fatto che nella civiltà dell’immagine, o dei suoni, ipersensoriale, la letteratura si rivolge alla mente, arriva meno, e si ripiega sui generi. Ci si potrebbe chiedere: in che modo l'immagine comunica allo spirito? In modo riduttivo o uguale alla parola?
L'argomento classico (heidegeriano) che distingue e pone la poesia al di sopra  delle altre arti dice: l'essere è linguaggio, la poesia è il linguaggio dell'essere, ma lo è ancora?
E’ nella letteratura oppure in altre aree (arti visive, musica, teatro, fumetti, video, net art, ecc.) che credi ci siano i lavori più interessanti nella ricerca di nuove modalità espressive?
Io so riconoscere le novità solo nelle parole, ma credo che la novità oggi non dipenda tanto dal mezzo espressivo, ma dai luoghi, dalle culture da cui proviene, ci sono paesi più vitali e pieni di energie e altri molto meno, temo che l’Italia sia tra questi ultimi.
Hai visto trasporre sullo schermo il tuo libro “Quando sei nato non puoi più nasconderti”.
Preciso ai miei avventori che non eri tra gli sceneggiatori.
E’ stata per te un’esperienza positiva? Hai riconosciuto nel film la poetica del tuo lavoro?
Un film ha molti più vincoli di un libro, e Marco Tullio Giordana a sua volta era “vincolato” dal grande successo de “La meglio gioventù”, doveva fare un film “frontale”, con un grosso budget a disposizione e questo contrasta con un punto di vista sghembo, obliquo, come era il mio nel libro.
Il mio libro è un reportage, sia pure narrativo, mentre il film aveva bisogno di una storia romanzesca che “Quando sei nato“ non conteneva. Più che “tratto” il film è stato “ispirato” dal mio libro. Leggendolo, Giordana ha immaginato di calare una sua vecchia idea di un remake di “Capitani coraggiosi”, nel mondo dell’immigrazione, con i clandestini sul barcone al posto dei pescatori. Il film va per una sua strada narrativa molto diversa da quella del libro, ma conserva la traccia di alcuni personaggi e idee di fondo, la dimensione epica dell’immigrazione, il labile confine tra bene e male, l’impossibilità per chi è dall’altra parte di capire chi vive alla giornata….
Al San Raffaele di Milano, recentemente, una Èquipe guidata dal neurologo Stefano Cappa e dal linguista Andrea Moro ha dimostrato che il bernoccolo della lingua risiederebbe nella cosiddetta "area di Broca", questa parte - lo dico a beneficio dei miei avventori - s'occuperebbe solo della sintassi lasciando ad altre zone il controllo della fonetica e della semantica. Si prospetterebbe insomma una verifica scientifica del pensiero del linguista Noam Chomsky sostenitore dell'esistenza di un'impronta comune in tutte le lingue del mondo.
E allora che fine fanno le teorie etniche, quelle sul soggettivismo psichico espresso in virt_ della propria lingua da scrittori e poeti? Dobbiamo abbandonarle?
Tu chiedi troppo! Non sono una linguista e tanto meno una neuro o una psicolinguista…
E’ colpa tua… m’ispiri…
Da ricordi di studi lontani di antropologia, mi verrebbe da pensare che la conferma scientifica all’innatismo di Chomsky non tolga nulla al “tirannico influsso che la forma linguistica ha sul nostro orientamento nel mondo” come diceva B. Lee Whorf, geniale linguista americano. E in ogni caso l’ipotesi che la grammatica di ciascuna lingua non sia soltanto uno strumento di riproduzione per esprimere idee, ma dia essa stessa forma alle idee, per cui osservatori diversi tra loro non traggono dagli stessi fatti fisici la stessa immagine dell’universo, resta fertile e interessante. Whorf scopriva meraviglie di analisi e di sintesi  in lingue di popolazioni di cacciatori e pescatori illetterate.
Qual è la cosa di cui più senti la mancanza nello scenario letterario italiano dei nostri giorni?
Sembra impossibile che possa mancare qualcosa nel mare  dei libri che escono. Forse mancano scrittori come quelli anglosassoni, capaci di solidità e invenzione, di uno stile (parola desueta) inconfondibile, come Philip Roth o Saul Bellow. A volte i romanzi italiani, sembrano tradotti.
Ci avviamo alla conclusione di quest’incontro.
Tempo fa, nel corso di un’intervista, ti chiedevi: “Perché in un paese dove si legge poco ogni anno si pubblica sempre di più?”. Hai trovato risposta a quella domanda?
Pare sia lo stesso meccanismo produttivo-distributivo a costringere gli editori alla quantità, ma continua a sgomentarmi l’idea che ci sia un pianeta sommerso di libri che finiscono al macero.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
La mia esperienza di Star Trek è singolare. L’anno scorso, a Udine, mi è capitato di vedere l’episodio La navicella invisibile della serie classica, doppiato in dialetto.  Gli ufficiali della Federazione Unita dei Pianeti (i buoni), parlavano in friulano, e i nemici, ovvero i Romulani, erano doppiati in triestino, una trasposizione nel futuro dell’eterna lotta fra Udine e Trieste.
Era molto divertente.
Siamo quasi arrivati a Ottyery, pianeta di cellulosa e celluloide abitato da alieni coscienti del fatto che nella vita fin dalla nascita non possono nascondersi… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché Ë finita la bottiglia di ‘La Regola’consigliata da Enrico Buselli e Federico Frosali patrons del Web & Wine di Volterra … Però torna a trovarmi, io qua sto… intesi eh?
Ora che mi hai iniziato ai viaggi spaziali, come potrò più farne a meno? Mi è piaciuto anche il vino dal sapore “monastico” che mi hai offerto.
Vabbè, ti saluto com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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commenti presenti

M'interessa molto il libro di cui qui si parla e di cui nonsapevo. Vado a comprarlo. Mi sto per laureare in economia. Complimenti per questa conversazione. Carla Martinelli

inviato da Carla Martinelli
 

Haperfettamente ragione la Ottieri quando dice che da noi mancano scrittori dotati di "stile" e fa l'esempiodiRoth e Bellow. L'ultimo italiano dotato di "stile" è Svevo? Mi piacerebbe, se possibile, avere una risposta dalla Ottieri. augusto benedetti

inviato da augusto benedetti
 

Non conosco questo nuovo libro ma mi è piaciuto moltissimo Quando sei nato non puoi più nasconderti. Il film invece non mi è piaciuto per niente, nonostante Giordana sia un ottimo regista. Nel film mancava tutto del libro. Troppo buona la Ottieri a giustificarlo. Fossi stata io l'autrice mi sarei incazzata nera a vedere quel mio lavoro al cinema. Cari saluti. maria franceschi.

inviato da maria franceschi
 

Chiedo alla Ottieri come com'è rintracciabile lo Star Trek in friulano? A chi rivolgersi? Grazie. Luigi Farina

inviato da Luigi Farina
 

Voglio leggere questo "Ricchi tra i poveri. Deve essere interessante. Peccato che l'autrice non ne abboa realizzato un documentario tv. Belfagor

inviato da Belfagor
 

Tutta la mia invidia per la Ottieri per aver fatto un viaggio tanto interessante. Sarà stato faticoso ma... Marina

inviato da Marina
 

Conosco "Quando sei nato non puoi piu nasconderti" e mi è piaciuto. Il film, no. Ottima intervista. Ne viene fuori il ritratto di una scrittrice e del suo pensiero non solo sui libri che scrive Cari saluti rosaria c.

inviato da rosaria c.
 

Ottima conversazione. Complimenti! sara de bellis

inviato da sara de bellis
 

 

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