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Segnalato su Webtrekitalia - Portale di cultura Trek

L'ospite accanto a me è Mario Lunetta. Narratore, poeta, autore teatrale.
Penna fertilissima, la sua produzione è sterminata tanto da renderne dissuasiva l'elencazione delle opere. Lo leggo da anni con interesse e piacere, fra i titoli che conosco mi limiterò a segnalare solo alcuni, quelli che più mi piacciono. Per la poesia, "Cadavre Exquis" del 1985, e "Autoritratto con acrostici" dell'87. Per la narrativa: "I ratti d'Europa", finalista al Premio Strega '77, "Mano di fragola" del '79 entrambi per gli Editori Riuniti, "Ritratto di cavaliere", Editoriale Sette di Firenze, 1985 (una raccolta di splendidi racconti che Piero Sanavio accosta a Poe), i recenti "Guerriero Cheyenne" e "Montefolle" editi da Manni nell'87 e nel 2000.
Intensa la sua scrittura saggistica in volumi e pubblicazioni giornalistiche per testate da "L'Unità" al "Corriere della Sera" al "Messaggero".
Mi piace molto un suo testo teatrale: "Coca-Cola di Rienzo Story", pubblicato dalla Book editrice nel 1991. Copione di pirotecnia verbale, che fra lazzi e indignazioni impasta cronaca e mito, sanguine di ieri e sangue d'oggi. Mi sarebbe piaciuto metterlo in scena, per fortuna di Lunetta la cosa non è avvenuta; ha avuto molto successo di recente a Roma dove è stato rappresentato a lungo.
Di Mario hanno scritto in tanti, vi leggo un flash di Francesco Muzzioli: "Lunetta pratica la strada difficile ma produttiva della gestualità verbale sporca e incomposta, incontenibile, e della mimica ghignante". Il testo va avanti e dice altre cose acute, ma mi fermo qui sennò facciamo notte.
Sul web vari suoi indirizzi, ne scelgo uno audiovisivo: www.raisatzoom.it

 

Benvenuto a bordo, Mario…
Ti ringrazio molto, caro Armando. La tua ospitalità si riconferma leggendaria. E debbo riconoscere che sei più celeste in terra che terrestre in cielo: mi pare magnifico.
Voglio farti assaggiare questo Morellino di Moris, Vendemmia 2000 …qua il bicchiere…ecco fatto! Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero "è un bel manico", però noi nello spazio stiamo, schizziamo "a manetta", prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra il tuo ritratto…
Splendido vino, te lo dice un nipote di vinattiere che teneva bottega a Montepulciano, patria nobilissima del Vino Nobile. E ora, poche e superflue notizie sulla mia povera persona. Romano, sposato, un figlio. Laurea in lettere, servizio militare. Fino a nove mesi fa ho portato barba e occhiali: questi ultimi li ho eliminati grazie a un doppio intervento oculistico per cataratte, per cui ho guadagnato una vista "galattica", perfettamente in linea con l'Enterprise, mi pare. Calcisticamente, sono romanista fin dal primo vagito.
Ho pubblicato 52 libri (poesia, narrativa, saggistica).
Nel tuo lavoro letterario, nello scrivere in versi oppure in prosa, cambiano solo le tecniche, oppure, con esse, o prima di esse, anche le finalità della scrittura?
Cambiano, si contaminano, si mescolano. Si ipertecnicizzano e si detecnicizzano senza tregua. Le finalità restano sostanzialmente le stesse, questione di DNA intellettuale oltre che di "fissazione": e si concentrano nel tentativo di provarsi a sabotare la langue blobizzata dominante, i suoi rituali passivizzanti, il suo sostanziale portato di menzogna.
Che cos'è che secondo te dovrebbe distinguere il traguardo espressivo della letteratura dalle altre forme di comunicazione artistica, oggi?
La letteratura dispone forse di una maggior quantità di filtri, che tuttavia oggi arrivano al fruitore con maggiore difficoltà di altri media. La carta stampata, da noi in specie, è debole. La letteratura è in debito di ossigeno, nessuno la aiuta. Ma il suo compito, credo, e il suo senso residuo, è quello di creare contraddizioni all'interno del senso comune egemone, di produrre enzimi fantastici indigeribili, di creare sconcerto nei confronti dell'universale obbedienza. Uno scrittore che non sia scomodo e non procuri fastidi alla digestione del dominio delle menti, non è uno scrittore, è un addetto al servizio delle pulizie.
E' nella letteratura oppure in altre aree che credi ci siano i lavori più interessanti nella ricerca di nuove modalità espressive?
La letteratura ha perso status, ha perso statuto: appunto va progressivamente fuori mercato. In altre aree la mercificazione è più immediata e fisiologica, e questo fa sì che si trovino esposte più che la letteratura alle cosiddette esigenze del pubblico. Credo in tutti i casi che le uniche forme e le uniche proposte interessanti siano quelle meno funzionali alla società dello spettacolo e all'industria culturale. Quelle che producano disturbo e obblighino a prendere atto dell'immensa impostura di questa fase storica, in cui il mondo sembra avvitarsi su se stesso, senza vie di uscita che non siano la ripetizione dei vecchi errori, degli eterni orrori.
So dei tuoi interessi per le avanguardie storiche…vedi un rapporto, e, se sì, quale, fra quei movimenti e le nuove ricerche espressive dei nostri giorni ?
Le cosiddette avanguardie storiche lavoravano in una sostanziale unità di estetica e ideologia. Volevano un mondo altro, avanzavano l'utopia, perciò si ingegnavano a ostacolare il funzionamento degli ingranaggi dei Valori Costituiti (politici, economici, sociali, intellettuali, religiosi). Oggi, vedo un sostanziale conformismo "d'avanguardia", senza rischio né azzardo. Non è più una sfida di pionieri, è un gusto internazionale consolidato, col suo bravo cartellino del prezzo. E' assente la contraddizione: e nessuna risorsa tecnologica risolve questo manque. L'arte è sempre tendenziosa, il resto è buono per il passatempo o l'investimento economico. La borsa s'è impadronita anche dell'arte, e le "nuove tecnologie" non possono far finta di essere neutrali.
Dopo vent'anni di lavoro, Hans Magnus Enzensberger ha presentato "Poesie-Automat", un computer programmato per scrivere versi; si moltiplicano pure in Italia le rassegne di poesia elettronica; anche da noi parecchi poeti usano la videoart. Come giudichi queste esperienze?
Bene, se vanno nella direzione sopra indicata. Inutili, o negative, se lavorano in senso contrario: all'addormentamento delle coscienze tecnologizzate.
L'accusa - so che ne hai più di una, ma qui lo spazio è quello che è, ti chiedo di scegliere la più grave - che rivolgi all'editoria italiana? E che cosa hai da dire ai distributori e ai librai?
Di preoccuparsi assai più del prodotto che del testo, al punto che anche le case editrici che in passato hanno dato lustro alla cultura italiana, oggi sembrano ostili alla letteratura fondata su codici complessi. I modelli adottati sono quelli del linguaggio televisivo, massima semplificazione, massima ovvietà. Il lettore è stupido, quello troppo attrezzato non fa fatturato. L'appiattimento sembra la parola d'ordine dominante.
La proprietà intellettuale al tempo di Internet ha posto nuovi problemi. Non mi riferisco a plagi o cose simili, ma a fenomeni che teorizzano il sabotaggio del diritto d'autore.
Tu che ne pensi dei vari Luther Blisset, Linux, Wu-Ming, eccetera? Anche "Le Monde" ha scritto di superamento del diritto d'autore. Io campo pure di SIAE, dottor Lunetta, sono preparato a tutto: la prego…la verità!
Il diritto d'autore si trova oggi dentro una selva piuttosto oscura, ma io credo vada difeso come, appunto, un diritto di democrazia. La sua sparizione andrebbe tutta in vantaggio dei padroni della produzione, e mi piace ricordare che negli anni Trenta del secolo scorso Walter Benjamin attribuiva la qualifica di produttore all'autore. E' ovvio che "Le Monde", come gli americani, tendano ferventemente alla sua abolizione. Da noi il dibattito è intenso, e il Sindacato Nazionale Scrittori, la SIAE e gli autori italiani che non vogliono rinunciare a se stessi, sono per la difesa del diritto d'autore, con gli adeguamenti di corretta equità imposti dai tempi mutati. Luther Blisset non significa la cancellazione del diritto d'autore, ma la sua moltiplicazione per quattro.
Corsi per sceneggiatori e scuole di scrittura creativa sorgono come funghi. Molte sigle sono improvvisate o peggio, ma pensiamo a quelle vere: un nome fra tutte: la Holden di Torino.
Ciò detto, aldilà del valore di alcuni docenti, tu credi in quei metodi? Si può insegnare la creatività?
La creatività è come il coraggio di cui parlava don Abbondio, se uno non ce l'ha non se la può dare. Anch'io ho tenuto con qualche perplessità alcuni corsi di scrittura creativa, nella convinzione che avrei al massimo potuto fornire qualche strumento in più per diventare lettori più attenti e critici. Sono soddisfatto comunque di certe (rare) conferme: alcuni allievi già in partenza dotati ne sono usciti con qualche scaltrezza in più, con qualche migliore assetto di mestiere. Forse, in certi casi, sono stato il pungolo che ha aizzato, eccitato, aiutato a meglio definirsi ciò che già si dava in partenza in modi più timidi e incerti.
Stiamo parlando di espressività a bordo di un'astronave che solca lo Spazio. L'ambiente mi suggerisce una domanda: arte e scienza sembrano sempre più unite nel procedere. E ancora di più arte e tecnologia. Un tuo vaticinio: come si evolverà quel rapporto?
Mi auguro, in termini di non neutralità. Tutte le tecniche sono buone, ma ciò che conta è alla fine il senso che servono a determinare. La soluzione non è in un teorema astratto: il problema è di cosa riempiamo le enormi possibilità che ci offre oggi l'immensa consolle in cui sono disposte le arti, le scienze e le tecniche. Attivizziamone i misteri, trascuriamone l'ovvietà.
Proprio perché navighiamo nello spazio, cerco di fare anche domande che rimandino alla Terra, ma non proprio terra terra. Pareri, suggerimenti, o anche insulti, che dall'Enterprise sono trasmessi alle Istituzioni coinvolte nelle conversazioni…Non so dove trovi il tempo per farlo, ma sei anche Presidente del Sindacato Scrittori. Immagino siano parecchi i problemi che affrontate, qui ti chiedo quello che ritieni il primo fra tutti, la richiesta che vorreste fosse accolta dai vostri interlocutori istituzionali…
Una buona legge sul Libro, promessa da tempo e non ancora realizzata. E insieme, una seria legislazione su tutto il comparto Cultura, e una considerazione da parte delle istituzioni preposte, nei confronti della Letteratura nazionale e degli scrittori, sia come identità di un popolo e di una civiltà che come lavoro modernamente difeso. In Europa gli esempi non mancano: la Francia, la Germania, i paesi scandinavi, l'Olanda, etc. Ci si orienti sulle loro legislazioni in materia, e si smetta una volta per sempre di essere il fanalino di coda del Continente nell'organizzazione della cultura e della letteratura. Non voglio coltivare sogni, ma che un primo segno di risveglio non sia stata la creazione a Roma di una Casa delle Letterature finalmente funzionante?
A tutti gli ospiti di questa taverna spaziale, prima di lasciarci, chiedo una riflessione su Star Trek…che cosa rappresenta quel videomito nel nostro immaginario?
Essendo un Lunetta, quindi un selenita per antonomasia, Star Trek non può che andarmi a fagiolo. Mi auguro solo che queste possibili migrazioni stellari facciano rinvenire sugli astri un qualche granello di intelligenza che ormai sulla Terra sembra davvero in via di estinzione. Il magnifico Piccolo Fratello Roddenberry e quello splendido ubriacone del capitano Jean-Luc Picard stanno già sorridendo all'idea. Thimothy Leary, anche lui a bordo di una estrema navicella come sai, per il momento sonnecchia.
Siamo quasi arrivati a Lunettya, pianeta distante dalla Luna 384.400 km, abitato da alieni che sono cloni di guerrieri Cheyenne…se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l'intervista, anche perché è finita la bottiglia di Morellino di Moris Vendemmia 2000…Però torna a trovarmi, io qua sto…intesi eh?
Certo che torno a trovarti, amico mio. Ti considero, come sai, il più celeste dei terrestri e il più terrestre degli startrèkkici, forse rimasto ormai l'unico gruppo umano degno di frequentazione. Ti chiedo solo di farmi trovare una bella boccia stagionata a dovere del tuo vino, con la quale ci daremo buon tempo, alla tua e alla mia salute! A presto!
Promesso. Ti saluto com'è d'obbligo sull'Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

È possibile l'utilizzazione di queste conversazioni citando il sito dal quale sono tratte e menzionando il nome dell'intervenuto.

Vi preghiamo di non richiedere alla redazione recapiti telefonici, mail o postali dei nostri ospiti che non dispongano di un sito web; non possiamo trasmetterli in ottemperanza alla vigente legge sulla privacy.

 

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commenti presenti

Caro Lunetta, ho letto alcune tue poesie, sono bellissime.

inviato da Luigi Di Ruscio
 

Salve, quale appassionato di viaggi stellari e non, quale figlio d'arte e d'arte appassionato, essendo cresciuto tra i marciapiedi del babuino, essendo cresciuto tra i testi di mario lunetta, ugo moretti, luigi tallarico, avendo vissuto tra le sale della galleria "il babuino" oramai scomparsa insieme al suo "pasquino" aldo.... beh, ne avevo bisogno. Ciao

inviato da ivano incitti
 

Francamente non mi risulta che quelli delle avanguardie storiche trascurassero il mercato. Porto l'esempio di una delle più famose opere di quel tempo il Nu descendant un escalier di Duchamp che il pittore vendete per 324 dollari (vedi Calvin Tomkins "Duchamp. A Biography", 1996, pag. 168) e si era nel 1915!! Inoltre, sempre Duchamp per 4 quadri percepì da Frederick Torrey ben 972 dollari nel 1919. Man Ray nel 1916 vendette alla Galerie Marcel Dupré una collezione di 18 foto per 220 franchi, ripeto: nel 1916. E Dalì? Fin dal principio cavò oro dalle sue opere. Per favore...! salvatore montano

inviato da salvatore montano
 

Conosco alquante poesie di Lunetta e le trovo eccellenti. Trovo, però, che come già gli è stato fatto notare ha idee piuttosto confuse cica il rapporto Arte e Mercato. Prima accusa gli artisti "col cartellino del prezzo" e poi difende il diritto dautore che ha tariffe precise per le opere depositate. Si decidesse! Saluti a tutti gli amici dello Spazio. Maria De Silvestri

inviato da Maria De Silvestri
 

 

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