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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

A Demetrio Stratos


Ai visitatori.
Cosmotaxi domani va in vacanza. Le pubblicazioni riprenderanno l’1 settembre
.

Per recarsi a Siena, i motivi non mancano, tante sono le attrattive naturali e culturali di quella città; basta scansare soltanto i giorni del Palio.
Tra le cose interessanti che lì accadono in quest’estate ne segnalo due.
Siena Jazz che vedrà fino al 7 agosto la città animata da grandi nomi del jazz; nei calendari “Enoteca Jazz Club” e le ormai storiche “Jam Session in Contrada”. Serate dove spicca l'improvvisazione e la magica coesione fra i maestri e le giovani promesse del jazz europeo.
Occasioni per non perdersi grandi protagonisti della scena internazionale.

E per agosto si annuncia il prezioso Festival La città aromatica – diretto da Mauro Pagani – Festival che quest’anno mi è particolarmente caro perché dedicato a Demetrio Stratos (1945 – 1979) di cui sono stato ammiratore e amico. Ricordo che fu Gianni Sassi a farci incontrare alla fine degli anni ‘70, a quel primo incontro seguirono altri e l’invitai a progettare per Radiorai una performance che, purtroppo, mai vide la luce a causa della scomparsa di Demetrio. In uno di quegli incontri, fu deciso che la sigla di Fonosfera, programma che nacque alla fine del ’78 diretto da Pinotto Fava e da me, dov’era previsto quel suo intervento, fosse fatta, come avvenne, con la sua voce.
Ora, grazie a Mauro Pagani, nasce il progetto “Per Demetrio Stratos” con on line il sito www.stratossfera che contiene anche il testo del manifesto per la musica futura a cui è possibile aderire.
"La musica è la seconda lingua che ogni civiltà usa per raccontare e raccontarsi” - recita l’incipit del manifesto - Questa iniziativa guarda alla musica coraggiosa, sperimentale, che fa ricerca, che non si offre solo come merce, ma ancora e soprattutto come avventura culturale, esperienza intima, per raccontare il mondo e se stessi, così ha spiegato Pagani.

Il Festival - sostenuto dalla Banca Monte Paschi di Siena, suo main sponsor sin dalla prima edizione - in ricordo di Stratos, sarà quindi all’insegna della voce e della sperimentazione mantenendo così intatta la sua originaria vocazione che vuole fare della contaminazione di espressioni artistiche, stili e generi diversi, la sua peculiarità.
“La città aromatica”, si svolgerà dal 24 al 28 agosto, ospitando i tre Area Fariselli, Tofani e Tavolazzi, la voce di John De Leo, i gruppi senesi Cube e Profusion, le compagnie di danza Francesca Selva e Motus, la Cambridge University Musical Society Chorus and Orchestra e, nel gran finale in Piazza del Campo, il cantautore Pino Daniele.

Per più diffuse informazioni e il programma, cliccare QUI
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Ufficio Stampa Festival
Agenzia Freelance: Sonia Corsi 335 - 1979765; Natascia Maesi 335 - 1979414


L'alcova elettrica


Torno ad occuparmi di Sebastiano Vassalli – su questo link la sua storia letteraria – perché, come altre volte ho scritto in queste pagine web, lo giudico uno dei nostri maggiori scrittori. Per sua meritata fortuna, non sono solo, tanti sono i critici che lo hanno già detto prima, e meglio, di me e tanti i lettori che ben lo apprezzano.
Leggo da molti anni sempre con felicità le sue opere perché ha tracciato un’archeologia del presente (citazione di un suo titolo Einaudi) su plurali occasioni storiche del nostro paese facendone un itinerario che, pur riflettendo sulle peculiarità italiane, si legge come un universale, amaro ritratto dell’esistenza umana.
Lontano dalle mode, fuori d’ogni schema conciliante, con uno stile che nulla concede alla cosmesi della pagina, è al tempo stesso, all’interno della stessa opera, capace d’essere narratore e saggista.
Tra i suoi libri recenti, cito, ad esempio, L'Italiano storia di un’Italia stracciona e dei cinici suoi abitanti.
Italiano che qualunque mestiere faccia ha la caratteristica di “animale socievole e non sociale” quell’essere “infantile, opportunista, simpatico, adattabile, ingegnoso, vigliacco, furbo, egoista, generoso, narcisista”.
Né Vassalli risparmia intellettuali e artisti come fa in questo delizioso L’alcova elettrica 1913: il Futurismo processato per oltraggio al pudore, pubblicato e rapidamente esaurito anni fa da Einaudi, ora ristampato dalle Edizioni Calypso guidate da Andrea Antonini.

Nell’Alcova elettrica siamo nella Firenze tra il 1913 e il 1914. Città dove agiscono personaggi che diventeranno protagonisti del nostro scenario culturale: Papini, Soffici, Prezzolini, Campana, Vallecchi, Tozzi, Boccioni, Carrà. Il libro svolge una ricostruzione del processo per oltraggio al pudore, riportandone i documenti giudiziari, ai danni di tal Italo Tavolato, semisconosciuto intellettuale, reo di aver pubblicato sulle pagine della neonata rivista Lacerba (accoglierà il contributo dei futuristi che presto n’occuperanno larghi spazi) un “Elogio della prostituzione”.
Per Vassalli, è una ghiotta occasione per ripercorrere anche la nascita del movimento marinettiano e con toni sarcastici – illustrando episodi di comicità involontaria – raffigura un’élite culturale che aldilà di proclami, polemiche, invettive, provocazioni, dimostra la propria mediocrità. Tuttavia l’autore mostrandoci la meschinità di personaggi che sulla carta stampata se la prendono con il clero e la borghesia – salvo poi, sotto processo, intimoriti, entrare a capo chino in vescovato a baciare la mano del prelato – rivela anche il clima culturale che prepara l’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale e poco più tardi nella dittatura fascista. E spunta pure il Mussolini socialista, giovane direttore dell’“Avanti!”, antifuturista, disattento e polemico recensore.
Sullo sfondo, appare anche la figura, tenera e rissosa, di Dino Campana (su quel poeta, Vassalli ha scritto un libro imperdibile: La notte della cometa) alla disperata ricerca della copia unica manoscritta dei suoi “Canti Orfici”, smarrita tra le mani di Prezzolini e Soffici che, pur colpevoli, lo trattano come un gran seccatore.

Questo libro ha anche il merito di fotografare, attraverso i protagonisti, aspetti del Futurismo che sono stati da tutti trascurati quest’anno che in occasione del centenario siamo stati afflitti da un’orgia di spettacoli, convegni, pubblicazioni, e nessuna, proprio nessuna, di queste occasioni ha illustrato (accanto ad alcuni innegabili meriti) anche lo scarso spessore di tanti protagonisti di quel movimento.
Vassalli, in una breve nota conclusiva del volume, una ri-lettura dell’Alcova elettrica 23 anni dopo la sua prima uscita, informa e commenta su come finirono i falsi ribelli di quell’avventura giudiziaria. Le righe finali sono da brivido: L’Italia di questo processo, e di queste carte, dopo la bufera della guerra approderà al fascismo. Il principale imputato, Italo Tavolato, diventerà un agente della polizia segreta fascista (l’Ovra), con il nome in codice “Tiberio”. Papini, Soffici, Marinetti e… Mussolini faranno ognuno carriera a modo proprio, e seguiranno i loro destini. Ma tutto era già pronto nel 1913.
Le riflessioni in parallelo con l’Italia di oggi, le lascio al lettore
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Per una scheda sul libro: QUI.

Sebastiano Vassalli
L’alcova elettrica
Pagine 218, Euro 21:00
Edizioni Calypso


La vedova allegra


In Francia, la ghigliottina la chiamarono la veuve; la storia di questa macchina è oggi raccontata, attraverso un attento studio delle fonti, in un volume pubblicato da Stampa Alternativa intitolato La vedova allegra Storia della ghigliottina.
N’è autore Antonio Castronuovo, scrittore che ha il gusto per la ricerca erudita e birichina ad un tempo, come testimonia larga parte della sua bibliografia che lo vede indagare sulle Macchine fantastiche o sui Suicidi d'autore. Oppure sollevare la tenda dell’oblio su letterati ingiustamente dimenticati come Joe Bousquet o scarsamente ricordati come Irène Némirovsky.

In questo recente lavoro, Castronuovo si produce in un saggio che pur illuminando passo passo la storia della machine à décoller (proposta dal medico Joseph-Ignace Guillotin all'Assemblea Nazionale il 9 ottobre 1789), si fa saggio storico sulla Rivoluzione Francese e, inoltre, riflessione filosofico-scientifica sul dibattito che la ghigliottina suscitò circa l’ipotesi di sopravvivenza per un certo tempo della coscienza nel condannato dopo il taglio della testa. E, inoltre ancora, sul significato simbolico politico del mozzare il capo, cosa che l’autore illustra, con rapidi passaggi, partendo dal Leviatano di Hobbes. Da quest’acrobatico esercizio su quattro trapezi, Castronuovo esce da grande ginnasta della penna perché tiene fra questi voli un perfetto equilibrio ch’è sostenuto anche da un’imponente massa d’aneddoti, cosa questa che rende la lettura quanto mai scorrevole.
Potrà ai nostri giorni sembrare strano, ma la ghigliottina fu proposta per ragioni… umanitarie, proprio così, tendenti a due obiettivi: rendere più umana la pena (prima affidata a spadoni e mannaie non sempre manovrate con perizia dal boia con infinite sofferenze del suppliziato) e, poi, rendere la pena capitale uguale per tutti, ricchi e plebei, poiché a questi ultimi era un tempo riservata l’impiccagione che, sicuramente, rendeva più lento e atroce il trapasso. Anche ai più illuminati del tempo mai passò per la testa… ops!... diciamo più accortamente, nessuno di loro pensò ad abolire la pena di morte, ma solo a renderla meno dolorosa.
La ghigliottina, sarà usata anche dopo la Rivoluzione, ad esempio dal Vaticano… ve ne meravigliate?... io no… e, successivamente dai nazisti.
Il 10 settembre 1977 alle 4:40 del mattino Hamida Djandoubi, un immigrato tunisino residente a Marsiglia, fu decapitato. Non sapeva (né forse troppo gli interessava) che sarebbe stato l’ultimo condannato all’esecuzione capitale in Francia. Il celebre boia Charles-Henri Sanson era stato il primo ad usare la sanguinosa macchina, quest’ultimo si chiamava Marcel Charles Chevalier.

Per una scheda sul libro: QUI, anzi ZAC!

Antonio Castronuovo
“La vedova allegra”
Pagine 248, Euro 14:00
Stampa Alternativa


Un nome celeste


Ad uno che si chiama Angelo Madonna, perfino ad un ateo come me è lecito richiedere miracoli. E lui li fa.
Ah… dimenticavo di dire che Angelo è uno chef e i suoi miracoli avvengono in cucina.
Scoprii l’arte sua anni fa in un ristorante di Firenze, ne ho seguito le evoluzioni e adesso miracoleggia a Il convito di Prato.
La sua formazione, come racconta in un’intervista a “Piùcucina”: Scuola alberghiera di 5 anni a Teano (Caserta), prime esperienze in zona, e a 20 anni il mio amico Cosimo Papagna mi ha fatto conoscere lo chef Bruno Barbieri. Ho iniziato con lui uno stage e, infine, mi hanno assunto nel ristorante Locanda Solarola, nel 1999. Questa esperienza è stata la più importante ed ho appreso da Barbieri le tecniche, la serietà e l’umiltà, cioè tutte le arti della cucina, senza gelosie, ma anzi spronandomi e incoraggiandomi.
Quando Bruno Barbieri si è trasferito a Villa del Quar io mi sono spostato in Puglia con Vito Netti, secondo di Barbieri, e con lui ho perfezionato la ricerca delle materie prime e la loro elaborazione
.
Aggiungo io che nel febbraio 2006 la prestigiosa rivista “Monsier” lo inserì tra i migliori 10 chef italiani sotto i 30 anni.

Ad Angelo Madonna (in foto) ho chiesto di parlarmi di quest’esperienza che ora conduce al Il Convito.
Così mi ha risposto.

Nel cuore di Prato, affacciato su una chiesa cinquecentesca progettata da Sangallo in un locale interessante moderno e colorato Enoteca ristorante “Il convito” proseguo il mio progetto; il mio stile, come sai, è basato sulla essenzialità degli ingredienti che compongono il piatto, che non vanno mai oltre quattro elementi.
Il ristorante è stato aperto Gennaio 2006, il proprietario si chiama Filippo Fornello, il sommelier Maurizio Coppi, ci sono tra 60 e 70 etichette nella lista dei vini.
Io ho iniziato a lavorare lì il primo luglio 2009. A pranzo il menu punta su piatti più leggeri, veloci ma lontani dal fast food, con la bella stagione si cena nei tavolini sulla piazza, al fresco
.

I tuoi piatti più richiesti?

Il salmone marinato all’arancio con misticanza di rucola, mele e balsamico; come primo: calamarata con ragout di pesce spada, pomodorini e melanzane alla menta, e un altro primo molto richiesto è la mia carbonara; come secondo: parmigiana d’orata, il dessert più venduto è il cono di pistacchio con spuma di ricotta e lime.

Al momento in cui scrivo sono incerto sul giorno di chiusura, conviene telefonare, anche perché è più prudente prenotare.
Prezzo senza etichette lussuose: 50 euro.

Ristorante “Il Convito”
Piazza S. M. delle Carceri 1, Prato
tel: 0574 – 48 31 36


Klang!


L'associazione editrice della rivista-multiplo Bau, presente nelle collezioni di tanti musei e tante biblioteche internazionali, prosegue con Klang! suoni contemporanei il dialogo intorno all’arte contemporanea con la città di Viareggio, avviato negli anni scorsi con una serie d’incontri, eventi e mostre.
Ricordo: “Contemporaneo Versiliese” (Villa Paolina, 2007) e “Luoghi dell’Utopia” (Villa Borbone, 2008).
Curata da Vittore Baroni, col patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Viareggio, Klang! è una rassegna multimedia che rivolge la sua attenzione all’area delle ricerche visivo-sonore attraverso una molteplicità di stili.
Nei giorni della manifestazione, verranno presentate proiezioni, fono-azioni e performances d’autori attivi nell’ambito della sound art, della sperimentazione vocale e della ricerca elettronica.
Audio-sculture e installazioni sonore di una ventina di artisti nazionali e internazionali saranno collocate negli spazi della storica Villa Paolina, indagando le interferenze tra suono e immagine nel solco di una tradizione che risale agli esperimenti del Futurismo e delle avanguardie storiche oggi rivisitate alla luce non solo delle nuove tecnologie ma soprattutto alla luce di una nuova concettualità.

Per più diffuse informazioni e il programma CLIC!

Klang!
Villa Paolina
Via Machiavelli 2, Viareggio
Da venerdì 7 a domenica 9 agosto ‘09


La Macchina dei Sogni (1)


Come avviene ogni anno, si svolge a Polizzi Generosa La Macchina dei sogni festival dell’Opera dei pupi e del Teatro di Figura che s’avvale della direzione artistica di Mimmo Cuticchio.
E’ un genere di teatro che meriterebbe un’adeguata attenzione che, invece, manca da parte degli enti governativi e dei media. Ad esempio la Tv pubblica e privata (ammesso che oggi sia possibile un distinguo fra le due antenne, e ne dubito) non dedica spazi a quella scena che, forse, come notava Maurizio Grande, avrebbe in quel tipo di schermo un’interessante dislocazione in grado d’assecondarne il linguaggio.

Ma quando nasce quel teatro? Quali le sue origini?
Lo studioso Ettore Li Gotti scrive: E’ difficile sapere con esattezza quando nacquero i pupi, e come e dove; perché il processo della ‘nascita’ durò secoli prima di giungere alla maturazione recente […] la storia del pupo alcuni la fanno risalire a quella della marionetta, e questa a quella del giocattolo, e così si giunge sino alle più remote indicazioni della civiltà orientale. Questa è l’interpretazione dei primi storici, eruditi del ‘700. Nel ‘700 però il ‘pupo’ non era nato, cioè non era ancora affiorato alla ribalta del mondo della cultura e sia pure della cultura borghese e non aulica: la materia cavalleresca delle epopee medievali era passata ai romanzi cavallereschi francesi del ‘200 e di qui in Italia attraverso i repertori giullareschi giù giù fino alle rappresentazioni comiche popolareggianti settecentesche dei cosiddetti ‘pupi a filo’ che, in Sicilia, andavano insieme alle vastasate […] infine è dimostrabile che la storia dei pupi siciliani è quella stessa dei cantàri italiani; che il teatro delle marionette non è solo caratteristico nel Mezzogiorno d’Italia, che non è possibile parlare di teatro dei pupi in Italia prima dello sviluppo del teatro del XVI secolo; e che infine l’opra, così come la conosciamo noi, nasce a metà ‘800.

Grande teatro di tradizione agito in Sicilia ancora oggi da molti maestri, ma chi fra questi ha fatto conoscere ai nostri giorni in molte parti d’Italia e all’estero il Teatro dei Pupi e il cunto è Mimmo Cuticchio puparo, cuntista e anche… cosmonauta; se con ci credete, cliccate QUI e saprete quanto dice su se stesso, mentre vola nello Spazio.
Su di lui molto è stato scritto, ricordo qui, ad esempio, un libro molto ben articolato di Valentina Venturini.

Avviciniamoci adesso alla Macchina dei sogni per saperne di più.


La Macchina dei Sogni (2)


Nel Parco delle Madonie, sorge Polizzi Generosa dove si svolge la XXVI edizione del Festival La Macchina dei Sogni Dalla musica antica, alle marionette e dai cunti alla messa in scena sonora diretto da Mimmo Cuticchio (in foto).

Polizzi diviene così “città d’arte e degli artisti” mescolando agli spettacoli altre iniziative - laboratori, seminari, mostre, incontri, proiezioni - per far rivivere antiche tradizioni e testimoniare, attraverso le nuove tendenze, della vitalità del teatro dei pupi, di figura e di strada.
Il cartellone è molto ricco, con più spettacoli al giorno, e viene proposto in luoghi pieni di fascino – chiese, cortili, piazze – che vi aggiungono il respiro di un’antica civiltà.
Il tema sul quale le compagnie sono invitate a lavorare è In viaggio con l’Opera dei Pupi; s’inizia il 1° agosto con la nuova produzione della Compagnia Figli d’Arte Cuticchio, “Tancredi e Clorinda”, diretta da Mimmo Cuticchio.
I pupi, il canto e la musica di Monteverdi interagiscono in una rappresentazione in cui gli opranti - pupari e pupi - condividono fisicamente la scena. La manovra è a vista, i segreti del mestiere vengono svelati e messi a nudo, il piccolo boccascena non ha più i confini ristretti del tradizionale teatro dell’opra. Lo spettacolo è strutturato in due parti: nella prima agiscono i pupi che raccontano l’antefatto del canto XII della Gerusalemme Liberata ovvero: Dal consiglio di Goffredo di Buglione alle battaglie sotto le mura di Gerusalemme. Nella seconda, durante il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, l’azione scenica renderà visibili, attraverso i pupi, i versi del Tasso.
L’esecuzione musicale è affidata all’Associazione per la Musica Antica Antonio il Verso, diretta dal Maestro Ignazio Schifani. Il ruolo del narratore è affidato a Luca Dordolo, mentre Ugo Gagliardo sarà Tancredi e Picci Ferranti impersonerà Clorinda.

Il Festival vedrà presenti diciotto compagnie ospiti provenienti per lo più dall’Italia, con alcune significative presenze straniere; ad esempio dalla Svizzera i trampolieri del Trickster Teatro danno al loro racconto la magia del mito e della fiaba, mentre dalla Turchia, Cengiz Özek porta la suggestione del teatro delle ombre.
“Carlo Magno reale e immaginario, musiche per una leggenda”, dell’Ensemble di musica medioevale laReverdie ci conduce invece ad un altro aspetto della Macchina dei sogni, più squisitamente musicale, dove incontriamo anche la “messa in scena sonora” da La Gerusalemme Liberata del Laboratorio Nuova Consonanza.
E la musica torna con un ruolo importante nel lavoro del giovane Giacomo Cuticchio, oprante/pianista, figlio di Mimmo. “Quattro episodi della vita di Orlando: dalla nascita alla morte”, propone la vita del paladino Orlando puntando sugli eventi salienti della sua vita, dall’infanzia alle avventure giovanili, a quelle della maturità, fino alla morte. I quattro episodi sono emblematici in quanto individuano alcuni elementi caratteristici della struttura narrativa del teatro dei pupi: l’iniziazione, l’amore, la pazzia, la morte.

Il laboratorio “L’epica cavalleresca tra racconto e opra”, condotto da Mimmo Cuticchio, vede la partecipazione di giovani provenienti da tutt’Italia e si chiude l’8 agosto in Piazza Castello con ‘La notte dei racconti’, serata in cui si confrontano dinanzi al pubblico le diverse tecniche di narrazione, mentre all’Auditorium San Francesco, sarà allestita la mostra “Le pitture raccontano” che raccoglie scene, cartelli, cartelloni, sipari, striscioni, creati per l’Opera dei Pupi, quasi un’antologia dei più importanti pittori di area palermitana.

Per conoscere tutto il programma: CLIC!

L’Ufficio Stampa è guidato da Simona Carlucci: 0765 - 42 33 64 e 335 - 59 52 789
Mail, carlucci.si@tiscali.it

“La Macchina dei Sogni”
Polizzi Generosa
29 luglio – 9 agosto 2009


Un festival particolare


L’Abruzzo, dapprima colpito dal terremoto poi beffato dalla politica governativa che ha usato macerie e dolori per spot propagandistici, ha visto perfino il sindaco dell’Aquila manifestare l’intenzione – avvenimento che, se non ricordo male, sarebbe unico nella storia italiana – di restituire la fascia tricolore al Presidente della Repubblica.
Anche per tutte queste amarezze, assume particolare valore la testimonianza di forza civile che offre il Festival Internazionale di Mezza Estate ora in svolgimento (e lo sarà fino al 22 agosto) in terra abruzzese, giungendo, nonostante tante avversità, quest’anno alla XXV edizione.
Realizzato dal Comune di Tagliacozzo con la collaborazione dell’Associazione Amici del Festival, e con il Patrocinio dell’Agenzia Generale Italiana dello Spettacolo è guidato, per il secondo anno consecutivo, dalla direttrice artistica Lucia Bonifaci con la consulenza artistica di Giuseppe Berardini.
Dice la Bonifaci: Una particolare attenzione ai valori etici è stata posta quest’anno nella scelta dei singoli eventi. Oltre alla qualità ed al divertimento, gli spettacoli ospitati nella XXV edizione affronteranno contenuti e problematiche sociali legate a temi quali l’immigrazione, le ingiustizie, le sofferenze nelle dittature.
Dopo gli avvenimenti che hanno colpito il nostro territorio, ci sentiamo fortunati nell’avere ugualmente l’occasione di portare avanti il Festival e non abbiamo potuto esimerci dal renderlo un momento di riflessione e sensibilizzazione attraverso l’arte su temi di importanza sociale

Fra i più vicini appuntamenti, giovedì 30 luglio, il cartellone presenta il debutto di “Uscita di Sicurezza”, la prima produzione, dopo il sisma, del Teatro Stabile d’Abruzzo diretto da Alessandro Gassman
Si tratta di un progetto teatrale di Fabio Bussotti. Sinfonia in quattro movimenti per parola, musica e immagine, tratta dall’omonima opera d’Ignazio Silone. Vuole far vivere l’anima di una terra, la terra d’Abruzzo, ferita profondamente dalle sofferenze derivate dal terremoto, nel 1915 ed ancora oggi.
Tanti gli avvenimenti e gli spettacoli (in foto Rossella Brescia in un momento del balletto “Carmen” di cui è protagonista); mi piace qui ricordare, ad esempio, il Teatro per ragazzi con la Compagnia Teatro Verde che porterà in scena “I vestiti nuovi dell’imperatore” in un’edizione a cura di Andrea Calabretta e Veronica Olmi. Ricordate la famosa favola di Andersen? Quella in cui ricorre la famosa frase “Il re è nudo!”; chi ha orecchie per intendere, intenda.
Tra concerti, spettacoli e danza in programma figurano, inoltre, gli “Incontri con L’Autore” guidati da Angelo G. Sabatini, che ospiteranno nomi importanti del panorama culturale italiano, da Giancarlo Caselli a Maria Fida Moro da Luca Telese a Ferdinando Imposimato ad ArrigoLevi.

Per il programma, cliccate QUI.

Ufficio Stampa: Marzia Spanu, +39 335 694 70 68; e-mail: spanumar@alice.it


South Park e la filosofia


C’è qualcuno tra voi che mai ha visto South Park? Oppure che ne ha un ricordo vago? D'accordo, difficile averlo nebuloso quel ricordo se s'è visto sia pure una sola puntata, ma può succedere. Ebbene, prima di proseguire questa lettura, consiglio di cliccare QUI.
Bene avrebbe fatto anche l’ottimo Robert Arp a far precedere da una nota illustrativa le pagine in cui raccoglie saggi filosofici assai frizzanti su quella famosa serie televisiva. Poco male, ci hanno pensato le ISBN Edizioni che hanno pubblicato South Park e la filosofia a mettere su un articolato sito che dice tutto, proprio tutto quello che è necessario sapere per meglio gustare quel delizioso libro.
Ad esempio, potete vedere ben dieci puntate con quei bambinacci a farla da protagonisti. Inoltre, hanno pescato il primo corto d’animazione della coppia d’autori Trey Parker e Matt Stone (“The Spirit of Christmas: Jesus vs. Frosty”) vale a dire il primo abbozzo di quello che diventerà South Park: ecco questa chicca. C’è anche dell’altro, ve lo segnalerò in chiusura.

Ai piccoli sboccatissimi demonietti, nulla sta bene della società opulenta e se la prendono, in modo politicamente scorretto, con tutti, tanto da beccarsi un mare di censure e indignazioni, ma è proprio da questo che ha preso le mosse Robert Arp per creare un rigoroso quanto scoppiettante convegno filosofico, richiedendo a penne di sua fiducia plurali riflessioni
Scrive, infatti, nella prefazione: Essere un filosofo significa, in parte, non considerare alcuna credenza talmente sacra da non metterla mai in dubbio – o da non riderci sopra. In altre parole, ci vuole una sana dose di scetticismo riguardo a tutte le credenze, e questa è una delle più importanti lezioni che “South Park”, insieme alla filosofia, c’insegna.
Circa la lingua, anzi la linguaccia, usata da quei ragazzacci (spesso francamente odiosi, ma quanti filosofi sono odiosi eppure dobbiamo loro tante illuminazioni!), va detto che l’ariana e tartufesca cittadina del Colorado cui è rivolta, tutta se la merita. Peggio direbbero se la serie fosse ambientata ai nostri giorni in Italia fra escort governative, ladronerie depenalizzate, violenze legalizzate, e altre torbide gherminelle.
Non sorprenda, quindi, se proprio il primo saggio – dovuto a William Young – si apre con un parallelo, più coraggioso che spericolato, con la lezione di Socrate.
O se – Kevin J. Murtagh – tira in ballo Stuart Mill a proposito dell’umorismo blasfemo. Del resto, si potrebbero dire le stesse cose pure a proposito dei Monty Python ai quali gli autori di SP dicono d’essersi ispirati in più occasioni.

Le ISBN Edizioni hanno la lodevole abitudine d’ospitare, nell’ultima pagina dei loro libri stranieri, chi ha tradotto il testo con proprie dichiarazioni. Qui è il turno dell’ottima Elisabetta Nifosi che così tra l’altro dice: … si può affermare che mentre la serie South Park utilizza bassa commedia per parlare di alta filosofia, il volume “South Park e la filosofia” impiega alta filosofia per analizzare espressioni di bassa commedia.
Insomma, un grande esercizio di cultura pop, profondo e divertente, che vi consiglio.

Per una scheda sul libro, leggere un capitolo, vedere le censure in tv di Italia Uno: CLIC!

A cura di Robert Arp
“South Park e la filosofia”
Traduzione di Elisabetta Nifosi
Pagine 320, Euro 19:00
ISBN Edizioni


2 Pignotti 2


Non molti sanno che Lamberto Pignotti – uno dei protagonisti della poesia verbovisiva europea, tra i partecipanti al Gruppo ’63 e tra i fondatori del Gruppo ’70 – è figlio d’arte. Il padre, Ugo Pignotti (1899 – 1958), era, infatti, un pittore che lavorava in un filone che aveva fondamento nel gusto dei macchiaioli e si alimentava delle suggestioni moderne di Soffici e Rosai, dei riferimenti letterari agli scritti di Papini.
Ora, una mostra – a cura di Attilio Tori – riunisce in una doppia personale padre e figlio nella Casa Museo Siviero.
Rodolfo Siviero è stato definito lo 007 dell’arte per la sua vita emozionante tra belle donne e servizi segreti; per la sua avventurosa biografia, cliccate QUI.


Dal catalogo: Tra gli arredi di Casa Siviero, sono esposti 16 paesaggi dipinti da Ugo Pignotti insieme a 13 collage e interventi su fotografia del figlio, il poeta visivo Lamberto Pignotti.
Rodolfo Siviero fu molto amico del pittore paesaggista Ugo Pignotti. Da lui acquistò 11 opere, 7 delle quali sono ancora conservate nella casa-museo che Rodolfo Siviero ha lasciato alla Regione Toscana.
Ugo Pignotti fu uno degli artisti che animavano, negli anni Trenta del Novecento, il circolo culturale del Caffè Giubbe Rosse a Firenze. Qui nacque l’amicizia con Siviero e la loro consuetudine con personaggi del rilievo di Papini, Palazzeschi, Moravia, Montale, Rosai, Soffici.
Il fatto che Ugo sia il padre del poeta visivo Lamberto Pignotti ha dato l’occasione alla casa-museo di aprirsi agli eventi contemporanei
.

Il catalogo, con testi di Angela Sanna e un’intervista di Attilio Tori a Lamberto Pignotti, si può ritirare in mostra.
Come tutte le attività di Casa Siviero l’esposizione è organizzata in collaborazione tra la Regione Toscana, proprietaria del Museo, e l’Associazione Amici dei Musei Fiorentini che presta la sua attività di volontariato.

Ugo e Lamberto Pignotti
Museo Casa Siviero
Lungarno Serristori, 1-3, Firenze
Info: 055 –2345219; casasiviero@regionetoscana.it
Ingresso gratuito
Fino al 6 settembre ‘09


100 Animali


Sono molti gli errori che l’animale uomo commette verso gli altri animali. Il primo è quello d’immaginare una propria superiorità naturale. Ed ecco perché la Chiesa detesta tanto Darwin che – come sostiene Daniel Kevles – ha osato ficcare il naso nella narrazione giudaico-cristiana dell'origine della vita detronizzando l'uomo dalla sua speciale posizione in cima alla scala biologica, sottraendolo all'autorità morale della religione.
Altro errore è quello di non conoscerli asserendo il contrario. Perfino di animali che spesso abbiamo in casa ne sappiamo poco. Basti pensare quanto goffamente in tanti pretendono – anche in buona fede, anche affettuosamente – d’ottenere da cani o gatti comportamenti vicino ai nostri. Cosa ch’è assolutamente impossibile.
Ecco perché può aiutarci a saperne di più e limitare i nostri sbagli un bel libro pubblicato da Einaudi: Il libro dell’ignoranza sugli animali.
Ne sono autori John Mitchinson e John Lloyd, entrambi conducono un programma alla Bbc intitolato QI. Il libro dell'ignoranza diventato, con lo stesso titolo, un volume Einaudi nel 2007; per mesi nella classifica dei best-seller inglesi, è stato un successo anche in Italia. Il libro di cui mi sto occupando, uscito in Gran Bretagna due anni fa, è stato inserito dalla prestigiosa Exclusive Books List tra i migliori libri dell'anno.

Abbiamo molto da imparare, dagli animali - scrive Stephen Fry nella prefazione – Molto da imparare su di loro, ma molto, molto di più da imparare su di noi […] Gli animali tutti hanno questo in comune: a differenza dell’uomo, paiono impiegare ogni minuto di ogni ora di ogni giorno della propria vita a essere se stessi. Noi uomini siamo, bè… sempre insoddisfatti, raramente bravi a essere ciò che la natura ci chiede di essere: Homo sapiens.

Il libro presenta 100 brevi capitoli su altrettanti animali – tutti i più noti (uomo compreso), più altri poco noti – presentandone le caratteristiche fisiche, le abitudini sociali, le pratiche di sopravvivenza.
Insomma, come recita il sottotitolo: Tutto quello che avreste voluto sempre sapere, assurdità comprese, sul mondo animale
Sottotitolo che volutamente ricorda l’intitolazione del film di Woody Allen tratto dall'omonimo testo divulgativo del sessuologo David Reuben. E di cose bizzarre in fatto di sesso nel libro se n’appendono tante. Una per tutte: l’accoppiamento fra le pulci può durare tre ore, in pratica sei settimane in tempi umani.
Ma non solo di curiosità sessuali veniamo a conoscenza, anche di altro.
Le sanguisughe hanno trentaquattro cervelli; gli occhi del piccione sono bifocali: la metà superiore vede alle grandi distanze, quell’inferiore vede i dettagli in primo piano; la lingua di una giraffa è tanto prensile da avere l’agilità di tre dita umane...
E’ stato giustamente detto che leggere Il libro dell’ignoranza sugli animali è fare in poltrona un safari guidato
Eppure tanta diversità da noi, tante bizzarrìe, se da noi conosciute ce li rendono più vicini che non lontani.
Giunti all’ultima pagina di questo libro delizioso non possiamo che concordare con Molière quando nell’Anfitrione dice: “Le bestie non sono così bestie come si pensa”.

Per una scheda sul libro: QUI.

John Mitchinson & John Lloyd
“Il libro dell’ignoranza sugli animali”
Traduzione di Alessandra Montrucchio
Disegni e illustrazioni di Ted Dewan
Pagine 304, Euro 16:00
Einaudi – Stile libero


L'uomo che contava le stelle


Il 31 ottobre 1992, dopo 360 anni, Galileo fu riabilitato dalla Chiesa cattolica, con la cancellazione definitiva della condanna inflittagli nel 1633 dal Sant’Uffizio. Ciò avvenne in seguito alla determinazione cui giunse una commissione pontificia, istituita per lo studio della controversia tolemaico-copernicana, che ammise la non colpevolezza di Galileo.
In altre parole, al Vaticano sono serviti oltre tre secoli e mezzo per accorgersi che lo scienziato pisano non aveva tutti i torti a sostenere ch’era la Terra a girare intorno al Sole.
Da qui s’evince che chiunque fino al 30 ottobre 1992 avesse affermato la stessa idea di Galilei, fosse da giudicarsi eretico rispetto alla religione cattolica.
Questo capolavoro d’irresistibile comicità involontaria deve far concludere che qualunque affermazione in campo scientifico provenga d’oltre Tevere è, come minimo, da guardare con legittima diffidenza, specie poi se, come avviene in Italia, quelle affermazioni intendono perfino dettare leggi dello Stato.
Qualcuno potrà pensare: meglio tardi che mai, dopo 360 anni finalmente… no, le cose non stanno esattamente così.
Assolto Galileo (sia pure con un po’ di ritardo), Wojtyła affermò che, scontata la buona fede dei giudici d’allora, l’unico torto del Pisano fu quello di non avere presentato “come un’ipotesi il sistema copernicano”… un’ipotesi?!
Inoltre, un cardinale, nel 1990, sbeffeggiò in un suo discorso Galilei per ribadire che "il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Si dirà: vabbè, un matto c’è sempre. Già, ma quel cardinale si chiamava, e si chiama, Ratzinger e, mi pare, che oggi abbia qualche incarico di rilievo in Vaticano.

Nel 2009, ricorre il quarto centenario delle prime osservazioni astronomiche del grande scienziato e Meridiano Zero ha mandato in libreria un volume di Oddone Longo intitolato Galileo Galilei L’uomo che contava le stelle.
L’autore, nato a Venezia nel 1930, è professore emerito dell’Università di Padova dove è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 2003 è Presidente dell’Accademia Galileiana di Padova.
Suoi precedenti libri nei cataloghi di Marsilio e Bompiani.
Ecco l’incipit del volume: Alla base della storia di Galileo si pongono lo scontro fra i due modelli cosmologici a cui egli intitolò nel 1632 il suo capolavoro “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano”, e il favore a lui accordato al sistema copernicano. “Sistema tolemaico” era quello consegnato all’“Almagesto” da Claudio Tolomeo Alessandrino (ca. 100-175 d.c.): l’estrema e più esauriente elaborazione del modello escogitato da Aristotele (384-322 a. C.) per descrivere il sistema planetario. Al centro dell’universo una Terra immobile intorno a cui ruotavano, oltre alla Luna, i cinque pianeti allora conosciuti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno), oltre al Sole.
Da qui prende il via una veloce e puntualissima storia dello scienziato seguendo su cursori paralleli la vita di Galilei, le sue tappe scientifiche, i rapporti con gli scienziati del tempo, fino al processo cui fu sottoposto. Il tutto raccontato con uno stile lontano da ogni accademismo, vicino ad un alto giornalismo che rende ancora più avvincente l’intera storia.
Ho letto alquanto su Galilei perché è una figura che da molti anni m’interessa (mi costò pure una censura alla Rai nei primi anni ’70), ma finora mai avevo trovato un testo divulgativo così chiaro, capace di comunicare in modo comprensibile a tutti l’avventura scientifica del Pisano.
Libro prezioso, da leggere e far leggere.

Oddone Longo
“Galileo Galilei”
Pagine 160; Euro 12:00
Meridiano Zero


Il museo come avanguardia


Alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna è in corso una mostra dedicata a Palma Bucarelli che ne fu direttrice dal 1942 al 1975.
Nata a Roma nel 1910, allieva di Adolfo Venturi, rivoluzionò in Italia il concetto museale dell’arte moderna visto fino al suo arrivo alla direzione della Gnam secondo antiquate modalità espositive. La Bucarelli (in foto) si rese protagonista del salvataggio di molte opere d’arte durante il periodo bellico, ma i suoi meriti non finiscono, ma solo cominciano da qui perché dal 45’ in poi, accelerando il ritmo di nuove iniziative e sempre più ispessendole qualitativamente rese la Galleria Nazionale un centro aperto alle nuove tendenze, prese a fare mostre temporanee, decise acquisti d’opere in Italia e all’estero, inaugurò una stagione di collaborazione con grandi musei stranieri, stabilì – attraverso conferenze, presentazioni di libri, proiezioni documentaristiche – un nuovo rapporto col pubblico, dedicò energie alla didattica coinvolgendo le scuole e non soltanto quelle d’indirizzo artistico.
Un rinnovamento tanto forte, accanto a vigorosi elogi suscitò inevitabilmente anche molte critiche (ad esempio quelle che le rivolse De Chirico, ma non fu il solo), suscitò un’infinità di polemiche alle quali partecipò con piglio battagliero uscendone vincitrice sia sul piano espressivo e sia su quello riguardante i nuovi criteri museografici da lei inaugurati e ancora oggi d’attualità e praticati.
“Quando andò in pensione a metà del 1975” – scrive Mariastella Margozzi ordinatrice della mostra in corso dal titolo Il museo come avanguardia – “Palma Bucarelli lasciò un’eredità considerevole alla Galleria nazionale, fatta non solo di incremento di opere d’arte, soprattutto contemporanee, ma anche di un allestimento che mostrava con estrema chiarezza le tappe fondamentali della storia dell’arte italiana con puntuali riferimenti a quella straniera (per quanto molto di più Palma avrebbe voluto fare in tal senso), di una ormai solida organizzazione dei servizi interni, il tutto accompagnato da una ottima fama internazionale quale autorevole istituzione italiana per l’arte contemporanea”.
Morì a Roma nel 1998, all'età d’ottantotto anni.

In Galleria sono esposte in questi giorni circa centocinquanta opere tra dipinti, sculture, grafica, e altrettante fotografie d’epoca, che documentano l’attività di Palma Bucarelli indirizzata all’incremento delle collezioni del museo, alla conoscenza di personalità del mondo artistico sia italiane sia internazionali, alla promozione dell’arte italiana all’estero.

Il catalogo è edito da Electa.

Per i redattori della carta stampata, radio-tv, web, l’Ufficio Stampa è guidato da Carla Michelli con la quale collaborano: Francesca Brizzi, Maria Cristina Galizia e Maria Silvia Rosa; tel. 06 – 322 98 328

Palma Bucarelli
“Il museo come avanguardia”
Gall.Naz. d’Arte Moderna
Viale delle Belle Arti 131, Roma
Fino all’1 novembre ‘09


La cattiva scienza


Esistono libri necessari?
Se sì, la casa Bruno Mondadori ne ha pubblicato uno di particolare rilievo perché riguarda la salute di tutti noi.
E’ intitolato La cattiva scienza e n’è autore Ben Goldacre che dopo la laurea in medicina ad Oxford e una breve carriera accademica, si dedica a tempo pieno al giornalismo scientifico; tiene da anni una seguitissima rubrica sul “Guardian”.

L’autore, usando una scrittura a tutti comprensibile, dimostrando così le sue eccellenti doti di divulgatore, esamina la forza di persuasione di alcune delle principali fandonie pseudoscientifiche diffuse a danno del nostro fisico.
Il libro può dispiacere a qualcuno che in quelle pseudo verità crede o le pratica (dalla Brain Gym all’omeopatia e ad altre terapie alternative), ma il percorso seguito da Goldacre è implacabile perché in apertura del saggio illustra che cos’è un esperimento scientifico, quali sono i criteri da tutti accettati per ritenerlo valido, sicché le critiche che rivolge a questo e a quello dipendono proprio dal fatto che molti rimedi non hanno superato alcuna prova realmente scientifica, nessuno dei termini previsti per essere ritenuti validi.
Dicevo in apertura che La cattiva scienza è un libro utile. Perché mai come adesso la divulgazione scientifica, in particolare quella medica, ha avuto tanta fortuna. Quotidiani e periodici, radio e tv, hanno rubriche o supplementi con servizi dedicati ai malanni che ci affliggono, senza trascurare tanti siti web e tante collane editoriali che alla salute dedicano cospicuo spazio.
Da tutto questo discende che molti lettori e ascoltatori, consumatori e vittime di una superficiale informazione, si sentano autorizzati a discettare su argomenti di medicina, si diffondano spesso false o distorte affermazioni, e la prima, negativa, conseguenza è che aumenta vertiginosamente il consumo di medicinali.
Circa alcune “cure” reclamizzate come “miracolose”, della cosa hanno colpa pure i tanti laboratori compiacenti che si prestano a compilare improbabili statistiche. Con un umorismo che attraversa molte pagine, l’autore scrive: S’immagini che mi metta una benda sugli occhi e prenda a sparare con una mitragliatrice sul muro di un fienile. Quindi mollo l’arma e prendo con attenzione ad esaminare il muro da cima a fondo. Troverò un punto in cui ci sono tre fori di pallottole vicini, vi disegno intorno un bersaglio e annuncio con orgoglio d’essere un ottimo tiratore.
Goldacre ne ha per tutti: nutrizionisti, sciamani, terapeuti new age, ma quelli che escono a pezzi dalle pagine sono le case farmaceutiche, i produttori di cosmetici, e i media. Anzi, i media peggio ancora. Perché hanno la grave responsabilità d’influenzare chi li segue con terribili risultati sia quando accendono speranze improbabili sia quando lanciano allarmi ingiustificati.
Questo avviene perché le notizie sono date da chi – non tutti sia chiaro, le eccezioni valorose ci sono – privilegia quelle più clamorose che talvolta nascondono bufale, la scrittura dei testi è colpevolmente frettolosa, la ricerca delle fonti è scarsa o sciatta. Un divertente paragrafo al proposito si sofferma sulla dizione “Le ricerche dimostrano…”
Ben Goldacre non si limita a svelare menzogne e verità manipolate, ma racconta come sia facile cadere preda di questi inganni e, soprattutto, come sia possibile evitarlo.

Per una scheda sul libro: QUI.

Ben Goldacre
“La cattiva scienza”
Traduzione di Roberta Zuppet
Pagine 297, Euro 22:00
Bruno Mondadori


Polli contro balene


Come a tanti, anche a me è capitato di rispondere ad un periodico che proponeva una delle rituali domande estive: “Esistono libri da leggere sotto l’ombrellone?”. Alla cortese redattrice ho risposto che non credo ci siano volumi adatti ad un particolare periodo dell’anno. Né bisogna lasciarsi suggestionare dai titoli: “Se una notte d’inverno un viaggiatore” – nonostante la stagione ricordata da Calvino nell’intitolazione – si può leggere anche a ferragosto, e “Feria d’agosto” di Pavese pure a gennaio. Scherzi a parte, ci sono piuttosto libri da non leggere in nessun periodo dell’anno, per restare in Italia: le poesie del Ministro Bondi, Moccia, Tamaro, Faletti… l’elenco è troppo lungo e dissuade dal trascriverlo. So di più d’uno che avendo intrapreso quelle letture è tornato dalle vacanze in lacrime ammettendo d’essersele rovinate. Via, un po’ se l’è meritato quell’incauto lettore.
E’ pur vero, però, che, come dimostrano le statistiche di vendita, due sono i periodi in cui si vende di più in libreria: per le feste natalizie e alla partenza per le vacanze; nel primo caso, i libri prevalentemente li si regala; nel secondo, l’acquirente compra per se stesso, per leggerli in estate. Fra questi ultimi prevalgono i libri dai contenuti più leggeri … ho detto leggeri, non idioti.
Ora, immaginereste un libro di economia dai contenuti leggeri e persino divertenti? Ebbene sì, esiste. L’ho appena letto e lo consiglio (anche per i mesi invernali, s’intende) è Polli contro balene edito da Longanesi.

N’è autore Robert H. Franck, titolare della cattedra Henrietta Louis Johnson di Management e di quella d’economia alla Johnson Graduate School of Management della Cornell University. Oltre a diverse opere specialistiche edite in Italia dalla McGraw-Hill, ha pubblicato con successo vari saggi, tra cui The Winner-Take-All Society (con Philip Cook, 1996) e Luxury Fever (1999). Dal 2005 firma una rubrica sulle pagine economiche del New York Times.
Nella premessa scritta da Franck, è illustrato il cursore sul quale scorre il libro che propone domande bizzarre le cui risposte dimostrano come una gran quantità di comportamenti a prima vista incomprensibili abbiano precise motivazioni economiche.
Dice, ad esempio, l’autore: Perché negli Stati Uniti le tastiere degli sportelli bancari per il prelievo automatico situati a fronte strada, che permettono ai clienti di compiere operazioni stando seduti nella propria automobile, hanno sui tasti configurazioni di punti Braille che simboleggiano numeri e lettere? Si tratta di guidatori, nessuno di loro può, quindi, essere cieco (Franck, è evidentemente all’oscuro della situazione italiana; da noi, infatti, sono stati sorpresi alla guida persone che percepivano pensioni dovute ad invalidità ottica) Perché i fabbricanti di quei distributori devono produrre comunque tasti con scrittura Braille per le loro macchine installate sulle strade per i pedoni e, quindi, è per loro più economico produrre allo stesso modo i tasti per tutte queste macchine automatiche. L’alternativa sarebbe quella di tenere in magazzino due tipi di macchine distinte e accertarsi che ognuno andasse alla giusta destinazione. La spesa maggiore di due tipi distinti di tastiera sarebbe giustificata se i punti Braille producessero disturbo ai soggetti vedenti, ma così non è.

Il libro è pieno di curiose domande ed esaurienti risposte: “Perché gli indumenti delle donne hanno i bottoni sempre a sinistra, mentre quelli degli uomini li hanno sempre a destra?”; “Perché molti bar fanno pagare ai clienti l’acqua minerale, ma offrono loro piattini con noccioline, biscotti dolci, salatini, sottaceti, gratis?”; “Perché gli attivisti dei diritti degli animali attaccano le donne che indossano pellicce, mentre non hanno da ridire sui giubbotti di pelle dei motociclisti?” E perché i polli e le balene hanno destini tanto diversi rispetto alla loro sopravvivenza?
Le risposte non le do qui, altrimenti alla Longanesi, giustamente, s’incazzano, ma v’assicuro che molte risposte sono assolutamente sorprendenti.

Robert H. Franck
“Polli contro balene”
Traduzione di Libero Sosio
Pagine 286, Euro 17:60
Longanesi


50 + 50


In un colpo solo 100 autori, 1 libro e 3 mostre in 3 diverse località toscane.
Non hanno risparmiato sui numeri e sulle dislocazioni Alessandra Borsetti Venier e Sandra Landi nell’ideare e realizzare “Luna e l’Altro” manifestazione di segni e di parole dedicata alla ricorrenza dei quarant´anni del primo allunaggio avvenuto il 20 luglio 1969.
2 sezioni: 50 autori sono stati invitati a scrivere e 50 artisti a realizzare un´opera ispirata al tema lunare.
Gli artisti, provenienti dall’Italia e dall’estero, presentano una gamma d’opere realizzate con tecniche multimediali.
Troppi i nomi per trascriverli qui. Diciamo che nella sezione arti visive vanno dalla A di Maria Andreozzi alla Z di Sergio Zuccaro e in quella della scrittura… acc! manca la A… diciamo qui allora dalla B di Gladys Basagoitia alla Z di Andrea Zanzotto.

Dal 20 luglio al 30 agosto. Basta un clic! per più diffuse notizie.


Melting spot


Oggi, come già in precedenti occasioni m’è accaduto, è probabile che riceva dissensi sulla nota che sto scrivendo. Sto, infatti, per elogiare la comunicazione pubblicitaria, cosa questa che fa storcere il muso a quei molti che dedicano voce e scritti contro la pubblicità.
Rispetto, ovviamente, quelle opinioni, ma ne sono lontano.
“L’Arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria”. Così scriveva Fortunato Depero nel manifesto ‘Il Futurismo e l’Arte pubblicitaria’ pubblicato nel 1931, gli farà eco anni più tardi Marshall McLuhan affermando “La pubblicità è la più grande forma d’arte del ventesimo secolo”.
Ai nostri giorni, infatti – ancora più di ieri quando già agirono in quel campo dallo stesso Depero a D’Annunzio a Dalì –, molte illustri firme delle arti visive, della letteratura, del cinema, della musica, hanno lavorato proficuamente in pubblicità che non a caso nei suoi prodotti su vari supporti si giova dell’intersezione di plurali codici espressivi.
L’occasione dalla quale nasce questa riflessione m’è data da un libro Meltemi a cura di Riccardo Finocchi con una serie di saggi che studiano da più prospettive lo spot pubblicitario.
Titolo: Melting spot Strumenti di analisi dell’audiovisivo pubblicitario.
Il curatore ha ideato una struttura espositiva alla quale tutti gli scritti rispondono e in tal modo si ha una compattezza descrittiva della materia e anche una scorrevolezza di lettura da interessare anche chi, senza volere diventare regista o produttore di spot, intende studiare uno dei fenomeni più rilevanti dell’universo mediatico che ci circonda.
In pratica, sono analizzati molti noti spot (da Martini rosso a Lancia Delta, da Sony a Nike, ad altri ancora tutti accompagnati da una scheda tecnica con anno di produzione, durata, agenzia, regista, direttore della fotografia, ecc.) profilandone gli strumenti comunicativi (trama, colore, suono) e il loro concorso nelle valenze espressive raggiunte.
I saggisti: Paola Chiaccheretta, Paola Lopez, Fiammetta Magliano, Maria Luigia Olivito, Eliana Pace, Vincenzo Solano, Marco Zanetti.
Al curatore Riccardo Finocchi ho rivolto alcune domande.
Quale la principale motivazione che ti ha spinto a condurre questo lavoro?

Questo libro nasce da un progetto di ricerca dell'OsPeC (OSservatorio Pubblicità e Comunicazione). L'ipotesi di ricerca (motivazione a condurre questo lavoro) è che la pubblicità non sia semplicemente espressione dell'intento commerciale di un marca ma che coinvolga aspetti della vita sociale e simbolica delle persone. La lettura semiotica ed estetica del messaggio pubblicitario, degli spot come nel caso di questo libro, consente di mettere in evidenza dinamiche della vita quotidiana altrimenti non esplicitabili. Questo lavoro, allora, si configura come una analisi del sistema simbolico e della dimensione estetica della società attuale. Sostanzialmente, con questo lavoro, si ricerca la dimensione immateriale della vita delle persone (aspetti simbolici, estetici e relazionali) che ha un peso enorme nella vita materiale.

Kevin Roberts, amministratore delegato della Saatchi & Saatchi, a Cambridge dove insegna sostiene che i marchi sono in crisi, il brand muore, quello che conta sono gli stili di vita. Il brand era costruito sul concetto di superiorità: macchina più veloce, telefonino più leggero, lana più morbida, eccetera. Ora è il momento del “lovemark” fatto di tre componenti: mistero, sensualità, intimità.
Fin qui Roberts. Su questo tema vorrei conoscere il tuo pensiero…

Questo punto deve essere dato oramai per acquisito. Già negli anni '70 Bourdieu aveva dimostrato che i gusti delle persone dipendono dagli stili di vita e non dalla classe sociale di appartenenza (concetto ormai inutilizzabile). La teoria del lovemark funziona bene per il marketing che ha bisogno di estreme semplificazioni, ma non per l'analisi di tipo socio-semio-estetica. Per l'OSPeC c'è un punto di partenza preciso: oggi si consumano sempre meno prodotti e sempre più simboli e valori estetici. Questo vuol dire che il prodotto in quanto tale è piuttosto indifferente poiché il consumatore non deve essere convinto a consumare ma a scegliere un prodotto invece di un altro. E questa scelta sarà dettata da componenti irrazionali che dipendono dal patos più che dal logos. Aspetti patemici (del patos appunto) che possono essere indotti da comunicazioni simboliche ed estetiche. Per questi motivi riteniamo le analisi sociosemiotiche ed estetiche le più adatte ad evidenziare le dinamiche comunicative dei messaggi pubblicitari. Le riteniamo anche le più adatte a valutare l'efficacia di un messaggio pubblicitario in fase di progettazione della strategia di comunicazione.

Una pubblicità in Internet che funzioni veramente non è ancora stata inventata. Così dicono alcuni pubblicitari. E’ proprio così? E, se sì, perché?

Diciamo che è così. Aggiungiamo però che anche internet non è ancora stata inventata. Spiego meglio: internet è in una fase di mutamento rapidissimo, ci troviamo davanti ad un fenomeno in costante divenire, basti pensare che la diffusione di internet (in Italia) non conta ancora dieci anni.
Detto questo, però, bisogna aggiungere che la rete ha tante forme di pubblicità che si configurano in modo anche molto diverso tra loro. I siti aziendali sono già forme di pubblicità, anche molto perentorie (oggi non c'è campagna stampa o audiovisiva che non si concluda con un rimando al sito). Ma la pubblicità sulla rete si muove in molti altri modi, ad esempio in modo virale: qualcuno utilizza tutti gli spazi liberi per lasciare il proprio messaggio (blog, forum... o anche spamming). Un'altra forma pubblicitaria è l'indicizzazione nei motori di ricerca che nell'era del web semantico potrà diventare altamente mirata: si indicizzeranno le etichette semantiche (i tag). Quest'ultima sarà forse la vera frontiera della pubblicità sulla rete, perché lavora sugli aspetti semantici (simbolici ed estetici) e sulla individuazione delle esigenze personali del consumatore. L'OSPeC sta già pensando a questi aspetti con un nuovo progetto di ricerca
.

Mi piacerebbe che questo libro figurasse nei corsi di scrittura creativa e di sceneggiatura, nella biblioteca della Scuola Nazionale di Cinema e in tutte quelle organizzazioni didattiche che s’occupano di spettacolo. Perché? Per spiegarmi in modo rapido, m’avvalgo di una dichiarazione del regista Ridley Scott: “E’ opinione diffusa che il film stia su un piano più alto rispetto alla pubblicità. Io non l’ho mai pensato. La pubblicità mi ha portato dove sono, è stata la vera scuola per la tecnica filmica”.

Per una scheda sul libro e la biografia del curatore: CLIC!

A cura di Riccardo Finocchi
“Melting Spot”
Pagine 175, Euro 15:00
Meltemi Editore


Seven side


"7 side" è un percorso mostra che coinvolge 7 locali del centro storico di Brescia ognuno dei quali ospiterà un artista che presenta 7 opere per ogni località, se ben ricordo le tabelline, il numero complessivo è di 49 lavori.

I locali sono: Spazio Arnaldo - Vecchio Botticino - La bodeguita del terzo – Handrios - Art caffee – Arteinte - La fabbrica del cacao

Ed ecco i nomi degli artisti :
Marco Arsotti - Fabio Bix - Mara Brioni - Mauro Dalla Bernardina - Emanuele Garletti - Dario Lanzetta - Gigi Simeoni.

Fra questi invitati, noto il nome di Dario Lanzetta che è da tempo ospite con suoi lavori in questo sito.

La mostra è aperta fino al 21 agosto ‘09


Morendo s'impara


Montaigne (1533 – 1592) scrisse nel suo saggio dal titolo ciceroniano “Filosofare è imparare a morire”: Se fossi un facitore di libri, farei un registro commentato delle morti. Chi insegnasse agli uomini a morire, insegnerebbe loro a vivere.

E’ stato questo lo spunto dal quale è partito Simon Critchley nello scrivere Il libro dei filosofi morti, volume straordinario che va ad infoltire il già valoroso catalogo della Garzanti.
Simon Critchley insegna filosofia alla New School for Social Research di New York. È autore di molti libri, tra cui i più recenti sono “Humor, Things Merely Are”; Responsabilità illimitata: etica dell’impegno, politica della resistenza (2008); cura per la rivista Granta la collana How to Read.
Suoi articoli sono apparsi sulla London Review of Books e sull’Independent.
Il libro, strutturato per epoche, ricorda, con schede ricche d’aneddoti, circa duecento grandi pensatori con particolare riferimento al modo in cui morirono e alle loro ultime parole.
Libro d’argomento mesto? Per niente.
Critchley è dotato di un saettante umorismo che sfreccia nei tanti episodi che racconta rilevando in modo sapido, e continuo, paradossi, stranezze, bizzarrie, stravaganze, e inquietanti normalità che segnarono vita e ultima ora di tanti filosofi.
I suoi meriti non finiscono qui. Perché – ed è questo un dato che va rimarcato – nel profilare, sempre sul breve, questa o quella figura, in effetti, scrive una storia della filosofia dall’antica Grecia ai maestri Zen, dai mistici ai razionalisti, fino ad arrivare ai giorni nostri con i nomi dei Derrida, Baudrillard, Debord. Di ogni filosofo, inoltre, è presentato in modo essenziale l’importanza che ha nella storia del pensiero. Ecco perché è un libro che divertendo istruisce e oltre ai lettori dal palato fine, mi sento di consigliarlo a coloro che vorranno fare un regalo all’inizio del prossimo anno scolastico ai ragazzi che hanno la sfortuna di frequentare le superiori nella disastrata scuola gelminiana.
E’ pure un libro di rapida consultazione che torna di grand’utilità – anche nei tempi d’internet – nelle redazioni dei quotidiani, delle radiotv, del web perché mai prende a romanzare, ma rigorosamente s’attiene ad una vastissima documentazione come s’evince dalla sterminata bibliografia.
Dicevo prima che Il libro dei filosofi morti si conclude con pensatori dei nostri giorni, l’ultimo nome in elenco è proprio quello del filosofico autore che non vuole mancare all’appello delle pagine anche se in assenza di due importanti notizie: la data della propria morte e da che cosa fu causata.
Se la cava con lo spirito che pervade tutto il volume:

Simon Critchley (1960 - ?)
Exit, inseguito da un orso.

Per una scheda sul libro: QUI.

Simon Critchley
“Il libro dei filosofi morti”
Traduzione di Fiorenza Conte
Pagine 320, Euro 20:00
Garzanti


Nazzari in Black & White


E’ in corso alla Kyo Art Gallery di Viterbo la personale del fotografo Matteo Nazzari intitolata Black & White.

Lo presenta Antonella Pisilli che così scrive: “Le fotografie scelte non hanno unità tematica, solo il colore o meglio l’assenza di questo le accomuna, ma è proprio nella eterogeneità dei soggetti, nella messa in scena dell’inquadratura a volte casuale a volte impostata che il lavoro di Matteo Nazzari si muove, la ricerca di un’atmosfera che diventa parte narrante di una storia, un frame estrapolato da un film, un frammento di realtà che attraverso la nostra immaginazione realizza una nuova esistenza, una nuova storia frammentaria, disarticolata, incompleta, ma evocativa. La fotografia diventa anch'essa storia e come tale impressionabile, suscettibile di trasmutarsi e corrompersi […] Fotografo freelance ama lavorare sia per temi leggeri (ha terminato da un paio si mesi il progetto dal titolo “H rooms” scatti fatti all'interno di stanze di più di 70 Hotel in Europa) che per tematiche sociali forti, attualmente sta lavorando insieme al fotografo Federico Ciamei per un progetto dove i protagonisti sono persone affette da disturbi psichici, riprese nella loro quotidianità”.

Sito web di Nazzari: QUI.

Ufficio Stampa: Massimiliano del Ninno; Tel/Fax: 0761 340378; ufficiostampakyo@tele2.it

Matteo Nazzari
“Black & White”
Kyo Art
Via San Pellegrino 55, Viterbo
Fino al 30 Luglio 2009


Vivere senza Dio


“Vivere senza Dio non significa semplicemente rifiutare Dio, ma porsi domande fondamentali sull’esistenza e trovare loro risposta […] Da dove viene la tendenza all’autodistruzione? Qual è il significato e la direzione dell’esistenza umana, senza Dio e dopo il Progresso? Come si può agire moralmente? Come possiamo accettare lo spettro della morte?”
Sono queste soltanto alcune delle domande che si pone Ronald Aronson in un recente volume pubblicato da Newton Compton intitolato Vivere senza Dio Domande e risposte per una società laica e multiculturale.
Ronald Aronson è autore e curatore di numerose pubblicazioni di filosofia e religione; ha lavorato per molte università, attualmente insegna presso la Wayne State University.
Vivere senza Dio è un importante saggio che indaga sui meccanismi psicosociali che in ogni epoca e in ogni luogo di questo pianeta hanno indotto la maggioranza degli uomini a trovare un conforto alla paura della morte, sicché vivere senza Dio è anche porsi la condizione di morire senza una divinità qualsiasi cui delegare speranza di un’esistenza ultraterrena.
Aronson, nel volume – esplorando questioni filosofiche piccole e grandi – dimostra come l’ateismo sia molto di più che una semplice negazione della fede, ma una filosofia e persino una strategia di vita positiva ed efficace.

Qual è il senso morale di una vita senza Dio? E’ questa una domanda che ho posto più volte a tanti studiosi da me intervistati su questo sito. Ricordo qui un paio di risposte che mi sembrano fra le più efficaci.
Lo storico della filosofia Augusto Viano: “Un’etica senza dio deve dare il gusto della liberazione da credenze e superstizioni, la fierezza del rifiuto di autorità assolute, l’orgoglio di provare strade nuove, la capacità di fare a meno di consolazioni fittizie. Ma un’etica senza dio è anche il riconoscimento che non c’è un corpo uniforme di norme, facili da interpretare e applicare. Le persone sono diverse e hanno vincoli etici differenti: si tratta di capirli, più che di imporre comportamenti uniformi”.

Il sociologo Carlo Modesti Pauer: “L’etica senza dio prevede la totale assunzione di responsabilità personale e la convivenza pacifica con l’angoscia di morte. In questo quadro la conoscenza condurrebbe l’umanità verso lo svelamento definitivo cioè la consapevolezza piena e serena dell’illusorietà della vita, assieme alla desiderabile necessità di viverla”.

Quanto ad Aronson, così conclude: Vivere senza Dio e in connessione con il resto dell’umanità e con il meglio della sua storia può aprirci a una delle dimensioni più ricche dell’esistenza. I momenti di speranza collettiva non sono meno profondi, non meno degni di rispetto, di ciò che quanti credono in Dio chiamano “sacro”. Che cos’è il sentimento e lo stato d’animo della solidarietà? Il senso della comunità? Che significa agire in nome della libertà e dell’uguaglianza? Nel condividere tali momenti, noi sperimentiamo il meglio di noi stessi e degli altri, ci uniamo alla parte migliore del retaggio umano….

Per una scheda sul libro: QUI.

Ronald Aronson
“Vivere senza Dio”
Traduzione di Milvia Faccia
Pagine 288, Euro 12:90
Newton Compton Editori


Itali@rte '09


Nel titolo di questa nota è citata una tra le più consolidate realtà italiane tra i festival della danza, giunge, infatti, quest’anno alla XXIII edizione consecutiva.
Itali@rte è ideata e realizzata dall’Ente di promozione dello spettacolo dal vivo Mediascena diretta da Danilo Esposito.

La rassegna presenta nove spettacoli che spaziano attraverso temi scenici e stili che, pur diversi fra loro, sono apparentati dalla nuova ricerca dei rapporti del corpo con lo spazio, la luce, la musica.
E’ anche un’occasione per riflettere sulle più recenti tendenze in un momento in cui la danza moderna ha perduto nei giorni scorsi Pina Bausch una delle più grandi coreografe al mondo.
Tutte interessanti le proposte alla ribalta, scelgo tirannicamente di segnalarne una in particolare perché più vicina all’espressività che questo sito predilige.
Si tratta di “Tango amore e rock’n’roll” (in scena martedì 7 luglio) di Vittorio Biagi che nel presentare questa nuova produzione di DanzaProspettiva, così dice: Il mio spettacolo si apre con un omaggio al tango, ma con un tango moderno, attuale, completamente reinventato e non tradizionale, che evoca le magiche serate argentine di Buenos Aires, che ho avuto la fortuna di trascorrere insieme ad Astor Piazzola.
Nella seconda parte vorrei celebrare l’arrivo del rock’n’roll, l’evento musicale più importante del XX secolo: io c’ero! E spero di riuscire a trasmetterne l’emozione
.

Per consultare il cartellone: QUI.

Itali@rte ‘09
Istituto Nazionale di Studi Romani
Piazza Cavalieri di Malta 2, Roma
Info: info@mediascena.it; Telefono 06 – 84 13 192
Inizio spettacoli ore 21:15
Dal 3 al 12 luglio ‘09


Baby R-1


Il Gruppo Sinestetico – nel 2009 festeggia 10 anni di valorosa attività – mi ha informato di una rassegna, “Baby R-1”, cui è stato invitato e volentieri oggi ne parlo perché mi dà anche l’occasione per qualche riflessione sui nuovi indirizzi artistici che mi sono più cari.
Non solo performers quali Orlan, Stelarc, Stelios Arcadiou, Yann Marussich, usano il proprio corpo come esplorazione antropologica della fisicità. Si pensi, ad esempio, a quanto accade alla Genetic Savings and Clone che ha ispirato la nascita della BioArts Gallery alla quale si riferiscono gli artisti biopunk – come Dale Hoyt che n’è capofila - che considerano le biotecnologie una nuova forma estrema di Body Art. Oppure al Collettivo OpenFrameworks che realizza installazioni attraverso le quali un corpo può interagire nello spazio con forme di vita digitali. Senza dimenticare le teorie di Roger Malina, una delle più brillanti menti che operano nel dibattito tra arte e scienza. Dal suo osservatorio privilegiato della rivista del MIT Leonardo segue il fenomeno della fusione delle 'due culture', quella umanistica e quella scientifica, lanciando uno sguardo oltre i sensi e i tecnosensi.
C’è, insomma, un grande interesse per una sorta di “neocorpo”.
Superata la scissione idealistica fra Arti e Scienze – ampiamente, e proficuamente, un tempo praticata, come nel ‘500 –, l’intersezione fra la ricerca estetica e quella scientifica sta dando risultati eccellenti grazie anche ai nuovi impulsi derivati dalle conquiste delle Scienze (con grande dispiacere di cardinali, mullah e rabbini) che propongono nuove prospettive sull’umano e s’affacciano sul post-umano. Cospicuo esempio è dato dalla recente notizia riguardante due colossi della tecnologia (la Nasa e Google) che, nonostante la crisi in corso, hanno deciso di finanziare con alcuni miliardi di dollari l’apertura di una nuova università: la Singularity Unversity . Finalità dell’Istituto è di creare una generazione di scienziati in grado di gestire il passaggio dall’umano al post-umano; in grado, cioè, di affrontare il momento in cui i sistemi dei computer avranno la capacità di programmarsi da soli, dall’intelligenza artificiale saranno raggiunte accelerazioni che supereranno le facoltà e le capacità dell’uomo. In altre parole, s’assisterà alla nascita di una nuova civiltà technotransumana determinata principalmente dallo sviluppo della genetica, della robotica cognitiva, delle nanotecnologie con inevitabili, e benvenute, ricadute sulle pratiche artistiche.

Da lodare, per la tempestività d’intervento in questo scenario, la mostra ideata e realizzata dall’Associazione Askosarte. Direzione artistica e testi in catalogo di Ivo Serafino Fenu.

Titolo della mostra-rassegna: Baby R-1. Il nome è quello di un androide inventato dai ricercatori del dipartimento di robotica dell’Università d’Osaka. La creatura ha le sembianze di una bambina giapponese di cinque anni con pelle flessibile al silicone che permette più espressioni e che si predispone ad essere un’assistente domestica.
Partecipano: Lidia Bachis; Giusy Calia; Franco Casu; Chiara Demelio; Elisabetta Falqui; Gavino Ganau; Gruppo Sinestesico; Nilla Idili; Jara Marzulli; Tonino Mattu; Michele Mereu; Marco Pili; Progetto Askos (Chiara Schirru e Michele Mereu); Francesca Randi; Pietro Sedda; Gianfranco Setzu.
L’avvenimento è realizzato col sostegno dell’Assessorato alla cultura del Comune di Nurachi, in provincia d’Oristano; si svolge al Museo Peppetto Pau.

“Baby R-1”
Nurachi
Museo ”Peppetto Pau”
Fino al 12 luglio 2009
Info: askosarte@yahoo.it; tel: 347 – 66 54 722
Ingresso libero


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