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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Jonas Mekas (1)

Non ricordo con precisione l’anno in cui conobbi Jonas Mekas (in foto)… 1967 ?... 1968 ?, ma ricordo che fu Amerigo Sbardella a farmelo conoscere, allora con Annabella Miscuglio aveva aperto da poco il Filmstudio che diverrà poi famoso e non solo in Italia.

Di Mekas mi colpì la conoscenza e l’amore manifestato per i vini italiani di cui parlò a lungo.
Il secondo (e, purtroppo, ultimo) incontro avvenne a Lucca dove mi recai per dedicare uno special (organizzato da Elena Fiori) di questo sito in occasione della sua mostra alla Fondazione Ragghianti.
Mi sorprese che ricordava il nostro incontro di anni prima, parlò della perfezione dell’haiku e soprattutto, per tutto il tempo trascorso in un’enoteca, si dimostrò, ancora una volta, sapiente bevitore di vini italiani; quando espressi il mio moderato amore per il Chianti preferendogli (lo è ancora oggi), il Bolgheri Sassicaia, dissentì vivacemente e ne nacque una lunga disputa.

Di lui è in corso a Roma una bellissima mostra curata dall’eccellente duo Francesco Urbano Ragazzi intitolata Images are Real; Qui del duo una recente intervista rilasciata a Marina Silvello.


Jonas Mekas (2)


Considerato un esponente di spicco del rinnovamento del linguaggio Jonas Mekas, film-maker e critico statunitense di origine lituana, ha dedicato tutta la sua vita (1922 – 2018) e la sua opera all’affermazione del cinema indipendente come forma d’arte. Regista, critico, editor, distributore, archivista e poeta, ha contribuito significativamente alla nascita dei movimenti cinematografici d’avanguardia.
Dall’Enciclopedia Treccani: “Nel 1944, con suo fratello Adolfas, Jonas viene rinchiuso nei campi nazisti e costretto ai lavori forzati. Nel 1949, dopo aver vissuto per quattro anni in un campo profughi, i fratelli Mekas arrivano in America e si stabiliscono a Brooklyn, New York. Due settimane dopo il suo arrivo, Jonas chiede in prestito del denaro per comprare la sua prima Bolex 16mm e comincia a registrare i momenti della sua vita.
“Avevo poco tempo a disposizione, che mi permetteva di girare solo pochi frammenti di ripresa. Mi sono detto: Bene, molto bene – se non ho sei o sette mesi da dedicare alla realizzazione di un film, me ne farò una ragione; filmerò brevi frammenti, giorno per giorno, ogni giorno... se potrò filmare solo un minuto – filmerò solo un minuto”.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, oltre ad organizzare numerose proiezioni di cinema sperimentale, Mekas fondò il magazine “Film Culture” e cominciò a scrivere la sua colonna ‘Movie Journal’ sul New Yorks Village Voice. Partecipò anche alla fondazione della “Film- Makers' Cooperative”, della “Filmmakers' Cinematheque” e degli “Anthology Film Archives”. Ancora oggi, gli Anthology Film Archives sono ritenuti uno dei centri più importanti del mondo per la conservazione, l’esposizione e lo studio del cinema indipendente e d’avanguardia.
È stato fonte di ispirazione per generazioni di registi, tra cui Martin Scorsese, Andy Warhol e Jim Jarmusch.
La produzione di Mekas come regista spazia dai film narrativi (“Guns of the Trees”, 1961 e “The Brig”, 1963) a i "diary films" come “Walden” (1969); “Lost, Lost, Lost” (1975); “Reminiscences of a Voyage to Lithuania”, (1972); “Zefiro torna”, (1992); “Birth of a Nation” (1997); e “As I was Moving Ahead, Occasionally I saw Brief Glimpses of Beauty” (2001). Le sue opere sono state ampiamente proiettate in festival e musei di tutto il mondo, tra cui la Biennale di Venezia, il Tate Modern di Londra ed il Museo di Arte Moderna di New York.

Nel 2006 l’Associazione dei registi cinematografici americani ha premiato gli Anthology Film Archives e Mekas con il DGA Honours award, riconoscendo l’impegno di Mekas nei confronti dell’arte cinematografica. Nello stesso anno, Mekas è stato premiato durante la cerimonia della Los Angeles Film Critics Association per il suo importante contributo alla cultura cinematografica americana. Nella sua selezione annuale di 25 film, “Reminiscences of a Journey to Lithuania” di Mekas è stato indicato dalla United States National Film Preservation Board per essere conservato nei registri della Library of Congress' National Film Registry.
Nel 2007, Mekas ha lanciato la vertiginosa serie 365 che include la creazione di 365 video e cortometraggi pubblicati una volta al giorno per un anno sul suo sito web.


Jonas Mekas (3)

Hanno detto di lui.

Vittorio Fagone.
“L’influenza di Jonas Mekas sul cinema sperimentale praticato oltre che negli Stati Uniti in diversi paesi europei dall’Italia alla Francia, dalla Germania all’Inghilterra e alla Spagna, è stata notevole e risulta ancora attiva sulle ultime generazioni di videoartisti affermatisi nella svolta del ventunesimo secolo.
Per quanti interessati in Italia negli anni Sessanta alle espressioni innovative del linguaggio cinematografico in relazione con le arti visuali c’è una data e un luogo che vanno considerati memorabili. Nel maggio 1968 la Galleria d’Arte Moderna di Torino organizzava una presentazione del New American Cinema che dava risalto come indiscutibile protagonista del nuovo fronte sperimentale di ricerca al ricco repertorio di film realizzati da Jonas Mekas (…) Mekas realizza un “cinema differente” che non si cura delle regole e delle funzioni dominanti della comunicazione, che si rapporta principalmente, nella sua concezione, nella sua realizzazione e nella sua diffusione, all’arte e all’artigianato (non al commercio e all’industria)”.

Alfredo Leonardi.
“Jonas Mekas resta il motore primo di un movimento i cui rami prolificano in estensione ma che è difficile cogliere in tutta la sua evidenza in un luogo sia pur calamitante e centrale come New York (…) purissima gemma dell’arte sotterranea, nonostante l’apparentemente perfetta acclimatazione a New York, rimane un europeo e precisamente un lituano (…) È nei “Diaries” che l’occhio e ancor più l’anima di Mekas spaziano liberi e puri e raccolgono pagliuzze d’immagini per farne una costruzione semplice, accurata, accogliente, profondamente umana sia pur nella dimensione invalicabilmente individualistica rivelando l’autentica religiosità di Jonas, il suo francescanesimo e il suo buddismo, il suo approccio umanistico rigorosamente premarxista, la sua bontà incapace di fare o percepire un discorso di classe, ma non per questo individualmente meno sincera”.

Sandra Lischi.
“E’ significativo che oggi Mekas, di fronte agli sviluppi tecnologici, al digitale, alla rete, abbia coniato il termine di “eye-pod poems” (gioco di parole con I-Pod) immaginando una fruizione quotidiana e frammentata, estremamente ubiqua e personale, dei suoi poemetti visivi (…)
Mekas è un pioniere e un protagonista straordinario, ormai leggendario, di questo cinema in prima persona, autobiografico e diaristico. Registra da decenni la vita (la propria, quella della comunità lituana a New York e degli amici, i viaggi, gli incontri, la natura, la città) e, scrive Adriano Aprà, uno dei maggiori studiosi italiani del New American Cinema, lo fa ‘con la purezza antica dell’immigrato (Walden, nostalgia di una natura incontaminata) e insieme con la modernità elettrica dell’action camera. I suoi colpi d’occhio incorporano l’io soggettivo perché sono la traccia registrata del corpo di Jonas Mekas (il suo occhio, la sua mano, il suo passo), e il tempo viene reinventato da una gestualità improvvisata e quindi in parte inconscia”.

Francesco Urbano Ragazzi.
“Attraverso la Film-Makers' Cooperative (1962) e l'Anthology Fim Archives (1970) Jonas Mekas ha contribuito alla reinvenzione della distribuzione cinematografica, riunendo registi come Jack Smith, Stan Vanderbeek, Stan Brakhage, Barbara Rubin e John Cassavetes sotto il nome del Nuovo Cinema Americano. Nello statuto del gruppo, redatto dallo stesso Mekas, scrive: «preferiamo i film grezzi, rozzi, ma vivi; non vogliamo film rosei» (…) In un viaggio nel tempo ai confini tra cinema e arte, è un eterno sperimentatore. Ed è proprio qui, tra quotidianità ed eternità, che il suo lavoro trova la sua giusta dimensione. Tra il flusso della vita e il suo montaggio, timeline e vita.
L'approccio a Internet è stato quindi un passo naturale e dal 2006 il suo sito web è come un grande diario multimediale dove la vita reale diventa immagini. Con metodo stoico, Mekas esprime la propria felicità esplorando nuove dimensioni temporali dove cinema, Internet, performance e vita reale si intersecano”.

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Jonas Mekas
Images are Real
A cura di Francesco Urbano Ragazzi
Mattatoio, Piazza Orazio Giustiniani, 4, Roma
Dal martedì alla domenica 11.00 – 20.00
Fino al 26 febbraio 2023


Avviso di calendario


Nybramedia fin dal 2000, suo anno di nascita, si concede vacanze invernali.

Le pubblicazioni riprenderanno lunedì 2 gennaio 2023 con "Gaddabolario" a cura di Paola Italia, Edizioni Carocci.

Buon anno a tutte le nostre visitatrici e a tutti i nostri visitatori.


Milan Machinima Festival

Spesso in Cosmotaxi mi sono occupato di videogames, sarà perché m’intriga quel loro modo ludico di proporre un intercodice tecnologico fra musica, immagine, letteratura, cinema, sia quando sono umoristici sia quando sono distopici; sarà che preferisco Lara Croft, la creatura di Toby Gard, con i suoi pixel che lèvati, all’altra Lara, quell’Antipov di Boris Pasternak, funesta crocerossina full time dello sfortunato Dottor Zivago
Oggi, però, segnalo un diverso modo di fruire/usare il videogame.
Conclusa a marzo scorso la quinta edizione del Festival Milan Machinima, ne è fin da ora annunciata la sesta.
Direttore di quel Festival è Matteo Bittanti.
Curatori: Gemma Fantacci – Luca Miranda – Riccardo Retez.
Chiarimenti e oscuramenti QUI

Conosco da tempo Matteo Bittanti e, lo crediate o no, facemmo insieme nell’aprile 2005 un viaggio nello Spazio.
Per coloro che non conoscessero il termine “Machinima” eccone ancora un'illustrazione.
Di grande interesse, per esempio, è: “Chain-Link”.
Scrive Matteo Lupetti su Artribune: “Chain-Link” di Steven Cottingham è un film cyberpunk di 90 minuti. In un prossimo futuro di sorveglianza totale, due detenuti cercano di evadere da un carcere gestito da un’intelligenza artificiale. Non ha attori in carne e ossa, ma non è neanche un tradizionale film d’animazione o in stop-motion, perché è girato all’interno del videogioco Grand Theft Auto 5 di Rockstar Games.
“Chain-Link” è un machinima, un film realizzato usando videogiochi o strumenti di sviluppo pensati per videogiochi. Quella dei machinima è una scena estremamente eterogenea: queste opere possono essere reinterpretazioni delle narrative e delle dinamiche presenti nel videogioco originale, video art da galleria, video-saggi, opere che usano il videogioco come punto di partenza per costruire una loro narrazione… E appunto a quest’ultima categoria appartiene Chain-Link.
Grand Theft Auto 5 è invece un videogioco incentrato sulla libera esplorazione ed è uno dei più utilizzati per realizzare machinima grazie alla sua flessibilità e alla possibilità di essere modificato con estensioni realizzate dalla sua comunità. È anche uno dei videogiochi di maggior successo, con 170 milioni di copie vendute”.

Trailer QUI.

A conclusione di queste righe, ricordo anche un libro di Matteo Bittanti: Fenomenologia di Grand Theft Auto
pubblicato da Mimesis nel 2019.


Flatform


A Cosmotaxi piace attraversare territori di tale consistente materia da essere immateriali, dove si fanno incontri anfibi tra l’incontrollabile e l’incontrollato.
Viaggiando viaggiando oggi ha incontrato Flatform… chi è?... che cosa fa?... che cosa disfa?... per saperlo CLIC!

Fra le sue affabulazioni mi sono particolarmente piaciute due narrazioni aliene e v’invito a goderne con me.

La prima è intitolata Quantum e qui la sua manifestazione.
La seconda: 57.600 secondi di notte e luce invisibili.
Spero che piacciano anche a voi.


Le Patamacchine


Il Museo Tattile Statale Omero ospita la mostra Le Patamacchine un salvavita indispensabile alla sopravvivenza dell'immaginario.
Si tratta di un allestimento interattivo, ideato e realizzato dall'Associazione La Luna al guinzaglio di Potenza, con la collaborazione del Salone dei Rifiutati.
La collezione di opere è ispirata alle macchine inutili dello scultore svizzero Jean Tinguely e ai principi della Patafisica di Alfred Jarry: "Scienza delle soluzioni immaginarie".
Se ne volete sapere di più su quel geniale discolo che fu Jarry: CLIC!

Dal comunicato stampa del museo Omero.

«Le Patamacchine, come "Il catalogatore di sogni", "Il pacificaphone", "Il potenziatore di autostima", sono oggetti meccanici interamente costruiti con materiale di scarto o usato, in particolare con i Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche).
Sono macchine alimentate dall'immaginario, sospese tra realtà e non sense, assurde, ironiche, in grado di divertire, incuriosire e creare spiazzamenti percettivi. Macchine con cui interagire, attraverso un apposito libretto di istruzioni. Ogni oggetto contiene potenzialità creative meritevoli di essere accolte e sviluppate, perché ogni cosa può essere riscoperta nelle sue mille possibilità.
La mostra intende far riflettere il visitatore sull'importanza delle relazioni umane e del rispetto ambientale, opponendosi alla logica dell'usa e getta con la creatività e la fantasia. Il futuro del nostro ambiente dipende dal modo in cui lo viviamo e dalla dimensione ecologica che riusciremo ad esprimere».

Lo staff del Museo Omero guiderà i visitatori in un giro attraverso la mostra per mettere alla prova la loro immaginazione.

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Le Patamacchine
Ancona, Museo Tattile Statale Omero.
Dal 7 dicembre 2022 al 12 marzo 2023
Chiuso: lunedì
e il 24, 25 e 31 Dicembre.
Prenotazione obbligatoria:
Mail: prenotazioni@museoomero.it
Telefono e Whatsapp 335 56 96 985
Età consigliata: 0-99 anni.
Al Costo di 5 euro è possibile usufruire della visita guidata interattiva alla mostra e dell'ingresso alla collezione Design.
Ingresso gratuito: 0-4 anni, persone con disabilità e chi li accompagna.


Fantasme

Fantasmi… fantasmi… ma esistono davvero? Il grande Eduardo ha un suo punto di vista e l’illustra in questo prologo della commedia “Questi fantasmi”.
Ma torniamo agli spettri di cui si diceva. Li troviamo protagonisti nelle arti visive, nei romanzi, nella scena lirica, in serie tv, nei fumetti, in tanti film, oggi anche nei videogames, ma se non sbaglio (ho una memoria che somiglia ogni giorno di più a un Emmental), la prima apparizione di un fantasma l’abbiamo, in occidente, nella letteratura teatrale con la “Mostellaria” di Plauto inserita nel cosiddetto Ciclo della Beffa.
Esistono anche borghi abbandonati dai viventi, ritenuti luoghi intensamente abitati da entità ultraterrene quasi sempre non troppo amichevoli. C’è perfino, stavolta in senso lato, una città fantasma fatta di archeologia industriale, tenebrosa testimone di un fallito e bizzarro progetto architettonico: Consonno dove, smentendo il nome, pare sia difficile prendere sonno

La casa editrice Fefè ha pubblicato un libro dedicato a donne fantasma e perciò intitolato Fantasme da Messalina a Giorgiana Masi, dove e come incontrarle.
Autori: Claudio Marrucci - Carmela Parissi.
Il primo: scrittore, traduttore, poeta. Ha firmato il romanzo “Ammettiamo che l’albero parli” (Fahrenheit 451), la silloge poetica “Miles / poesia in presa diretta” (Fusibilialibri), il libro di critica letteraria “Antonio Veneziani” (Coniglio Editore). Ha realizzato la drammaturgia per teatro-danza ‘Bout Time’. Ha partecipato a numerose antologie e iniziative culturali (tra le quali Caro poeta caro amico a Pierpaolo Pasolini, Roman Poetry Festival, “Sorridi siamo a Roma”). Ha curato una raccolta di scritti politici dell’anarchico Pietro Gori “Il vostro ordine, il nostro disordine”. In italiano ha tradotto vari autori dallo spagnolo e dall’inglese (tra i quali Reinaldo Arenas, María Teresa León, Brigitte Vassallo, Wallada bint al-Mustafki, Radclyffe Hall, Louis Stevenson, D.H. Lawrence, Washington Irving).
Ha ideato e co-diretto la rivista di arte e letteratura “Ciclostile” collaborando con molti esponenti della cultura internazionale tra i quali: Elie Wiesel, Toni Morrison, Pedro Almodóvar, Gore Vidal.

Parissi: grafica e illustratrice, ha studiato Lettere e comunicazione al DAMS di Roma e Animazione 3d alla Scuola internazionale di Comics di Roma. Ha seguito corsi di serigrafia artistica con Piero Dorazio e di incisione con Jean Pierre Velly. Come graphic designer-illustrator, ha lavorato nel campo dell’advertising e della progettazione creativa di loghi, marchi, brochure aziendali, packaging commerciale. Come illustratrice scientifica e naturalistica, ha collaborato con: Museo Civico di Zoologia di Roma, Università della Tuscia, Comitato Scientifico della Fauna d’Italia, seconda Università degli Studi di Napoli, Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano. Da disegnatrice di reperti archeologici, ha eseguito rilievi sul campo per la documentazione della Sovrintendenza ai Beni Culturali.
Sue le 25 immagini a tutta pagina contenute in “Fantasme”.

Tra le recensioni ricevute da questo libro ne cito una di Barbara Martusciello (da molti anni amica di questo sito) che oltre a un’efficace esposizione della struttura di “Fantasme” agisce anche un’intervista a Claudio Marrucci: CLIC.

Dalla presentazione editoriale
I fantasmi sono anime inquiete che tornano o restano nei luoghi terreni del loro supplizio. Spesso per una vendetta impossibile o per una paura che continua o per un amore mai terminato nonostante tutto. Vittime che restano vittime oltre la loro vita terrena, vittime che nella gran parte dei casi erano e sono donne. Ci è sembrato giusto, innanzi tutto, creare per loro il nome che neppure avevano: FANTASME. E poi indagarle.
Carmela Parissi ha scoperto che solo in Italia sono più di un migliaio. Con Claudio Marrucci ne hanno selezionate 80 tra le più conosciute, tutte riportate nelle pagine finali di questo libro. Le 25 più rappresentative – per le pene loro inflitte senza fine – sono raccontate e interpretate da Marrucci, che ci rivela anche dove e come incontrarle. E l’illustratrice Parissi ci rende, di ciascuna, l’immagine sublime su carta, quasi viva, forse viva…».

Serve aiuto per acchiappare qualche fantasma di questo libro?
Siamo qui per servirvi.
Ed ecco la musica più adatta per muovervi.

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Claudio Marrucci * Carmela Parissi
Fantasme
Pagine 260, Euro 16.00
Fefè Editore


Humanist International


Pubblicato da Humanist International il Rapporto 2022 sulla libertà di pensiero nel mondo.

In foto il logo dell’Associazione


Se ne deduce che sono a rischio la laicità e le persone non credenti perché evidenzia sistematiche discriminazioni nei confronti degli atei.
Per il 70% della popolazione mondiale è impossibile realizzare pienamente il proprio diritto alla libertà di religione e dalla religione
Soltanto il 4 per cento della popolazione globale vive in società davvero laiche.
Per contro il 70% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui manifestare il proprio pensiero ateo o agnostico comporta vari livelli di repressione e dove la piena realizzazione del proprio diritto alla libertà di religione e dalla religione è letteralmente impossibile.
L'edizione 2022 del Freedom of hought report (Fotr) Key Countries Edition analizza un campione di dieci Stati in relazione alla difesa dei diritti dei non credenti: Barbados, Francia, Filippine, India, Nepal, Pakistan, Senegal, Sri Lanka, Turchia, Ungheria. È stato infatti osservato come la laicità dello Stato possa influenzare il rispetto del diritto alla libertà di religione, ma soprattutto il diritto a essere atei o agnostici. Quattro le categorie scelte: Costituzione e governo, Educazione e diritti dell'infanzia, Società e comunità, Libertà di espressione e valori umanisti. Sono sei invece i livelli di violazione rappresentati in una cartina tornasole con colori dal rosso scuro al verde chiaro: gravi violazioni, severe discriminazioni, discriminazioni sistemiche, principalmente soddisfacente, liberi e uguali e nessuna valutazione (per mancanza di informazioni). Quest'anno l'edizione "Paesi chiave" del rapporto dimostra la progressiva erosione del principio di laicità nel mondo, e con essa un calo della tutela dei diritti umani. Tra i Paesi più repressivi Pakistan, Arabia Saudita, Afganistan che reagiscono simbolicamente all'analisi, generando un colore rosso scuro su tutte e quattro le categorie, per le leggi sulla blasfemia crudeli (è prevista la pena di morte). Anche la Repubblica islamica dell'Iran (pochi giorni fa la prima impiccagione di un manifestante) è sotto osservazione: severamente limitati il diritto alla libertà di religione e le libertà di espressione, associazione e riunione. La legge iraniana vieta qualsiasi critica all'Islam o deviazione dagli standard islamici vigenti. Gravi le conseguenze delle proteste scoppiate a settembre in risposta all'omicidio di Mahsa Amini, curdo-iraniana di 22 anni, arrestata, detenuta e torturata dalla "polizia morale" iraniana per aver indossato il suo hijab in modo improprio.
Il Fotr cita poi un rapporto del 2012 secondo cui l'ateismo e la popolazione non religiosa stanno crescendo rapidamente. La religione è diminuita del 9% e l'ateismo è aumentato del 3% tra il 2005 e il 2012. In sostanza la religione diminuisce in proporzione all'aumento dell'istruzione e del reddito personale, tendenza che pare destinata a crescere.
Nonostante quest'orientamento, in alcuni Paesi è illegale essere o identificarsi come atei. Oltre alle leggi per punire la blasfemia esistono quelle contro l'apostasia che prevedono ancora oggi la pena di morte in Afghanistan, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Yemen.

A questo link è disponibile il Rapporto paese per paese.


10 dicembre 1936


La morte di Luigi Pirandello avvenne il 10 dicembre 1936.
Era di giovedì. Lo scrittore aveva 69 anni.
Anticipo ad oggi, venerdì 9 questa nota perché, come sanno i generosi lettori di queste mie pagine web, il sabato e la domenica Cosmotaxi non va on line.

Da Wikipedia: “Per Pirandello il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento scritto nel 1911: «Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui».
Era nato il 28 giugno 1867, figlio di Stefano Pirandello e Caterina Ricci Gramitto, in contrada Càvusu a Girgenti, nome di origine araba con cui era nota, fino al 1927, la città siciliana di Agrigento.
Era di venerdì, quel 28 giugno. Segno zodiacale Cancro, per chi ci crede, io no.
«Son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos"».
Il drammaturgo raccontò in versi la sua nascita, avvenuta mentre imperversava un’epidemia di colera.
È questa stessa poesia che per sua volontà è incisa sulla lapide della tomba.

Una notte di giugno caddi come una lucciola / Sotto un gran pino solitario / In una campagna d’olivi saraceni /Affacciata agli orli d’un altipiano / A dirupo sul mare africano / Si sa le lucciole come sono / Il suo nero la notte / Pare lo faccia per esse / Che volano non si sa dove / Ora qua ora la / Aprono un momento / Languidi sprazzi verdi / Le lucciole qualcuna ogni tanto cade / E si vede si e no quel verde sospiro / Di luce in terra che pare / Perdutamente lontano / Dunque io caddi / Quella notte di giugno / Che tante altre lucciole gialle / Baluginavano su un colle / Dov’era una città / Che in quell’anno patia / Una grande moria / Un’ epidemia di colera / Per lo spavento che s’era preso / Mia madre mi metteva al mondo / Prima del tempo / In quella solitaria campagna / Chiamata caos / Io dunque sono figlio del caos / Da madre sono nato in questi luoghi / Che da secoli chiamano in dialetto / Caos! Caos! Caos!”.

L’8 novembre 1934 aveva vinto il Premio Nobel per l’opera “Il fu Mattia Pascal”.
In quell’occasione non pronunciò il tradizionale discorso di ringraziamento.
Secondo molti fu per evitare l’imbarazzo della sua iscrizione al Partito Nazionale Fascista, perché non citando a Stoccolma quell’adesione avrebbe irritato il governo di Roma.
E allora? Soluzione: evitare il discorso.
Il 17 settembre 1924 Pirandello aveva chiesto, infatti, l'iscrizione al PNF inviando un telegramma a Mussolini in cui scrisse: “Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera. Luigi Pirandello”.
Il telegramma arrivava in un momento di grande difficoltà per Mussolini e il suo governo perché era stato ritrovato il 16 agosto il corpo di Giacomo Matteotti assassinato da sicari fascisti agli ordini del Duce.
La sua iscrizione al PNF (della quale mai è stata rinvenuta una ricusazione) servì molto al Regime donandogli immeritata lucentezza e perfino un’ancora più immeritata autorità culturale.
Lo scrittore Corrado Alvaro da allora scriverà il nome del drammaturgo: Pi.Randello.

Lo scrittore Pirandello fu grandissimo, l'uomo Pirandello parecchio meno.


Pigmalione


La casa editrice Bur-Rizzoli presenta – in collaborazione con l’Associazione Italiana di Anglistica – una nuova edizione di Pigmalione del famoso drammaturgo George Bernard Shaw (Dublino, 26 luglio 1856 – Ayot St Lawrence, 2 novembre 1950).
Nella mitologia greca, Pigmalione era il leggendario re di Cipro e scultore che si innamora della sua scultura raffigurante la dea Afrodite

La nuova traduzione è curata da Alberto Rossatti, conosciuto anche come attore (credo sia quello che abbia recitato in Italia il maggior numero di audiolibri) e voce storica di Radiorai.
La traduzione sul piano del ritmo risente beneficamente dell’esperienza scenica di Rossatti; saporosa l’idea di tradurre il cockney del testo originale in parlata romanesca.

George Bernard Shaw: tra i suoi molti estimatori troviamo Albert Einstein: “Ora sto leggendo con grande attenzione e piacere un libro sul socialismo di Bernard Shaw, veramente un tipo da togliersi il cappello, dotato d'uno sguardo molto acuto sull'agire umano”.
Mentre Silvio D’Amico scrisse: “Se è vero che il teatro è fatto di fervore e di passione, niente è dunque meno teatro che quello di Shaw”.
Il volume si avvale della prefazione e note di Saverio Tomaiuolo docente di Lingua inglese presso l’Università degli Studi di Cassino. In un denso saggio introduttivo così scrive: “Pigmalione può essere visto come un ‘romanzo di formazione’ drammatico, come un apologo protofemminista (con il personaggio Higgins quale esponente del patriarcato), come una critica alla nobiltà di facciata e come un’invettiva contro le disparità economico-sociali che costringono il ruolo di Eliza a elemosinare qualche scellino (e il padre a venderla a Higgins quasi come se fosse un oggetto), con il professore di fonetica che trascorre il proprio tempo coltivando i suoi hobbies (…) Il linguaggio è un indice di appartenenza sociale e culturale, e al contempo uno strumento essenziale, e come dimostra Shaw dinamico, di autoaffermazione identitaria, di costruzione di sé, in sostanza di self-fashioning (…) Nel caso di questa edizione, Alberto Rossatti ha scelto di rendere il ‘cockney’ di Eliza mediante un romanesco popolare che appare convincente e funzionale”.

Dalla presentazione editoriale.

«La pièce più paradossale di Shaw, che ha deliziato e scandalizzato il pubblico fin dalla prima rappresentazione nel 1914, rilegge in chiave sarcastica e quanto mai attuale il mito di Pigmalione, l’artista invaghito della sua statua al punto da volerla trasformare in fanciulla per poterla sposare. In pieno periodo vittoriano, attraverso la sua opera Shaw mette in discussione in maniera tutt’altro che velata il sistema di classi britannico e prende nettamente posizione in merito alla questione femminile. La scommessa del ricco professore di fonetica Henry Higgins, moderno Pigmalione, di riuscire a trasformare la popolana Eliza Doolittle, fioraia ambulante dal terribile accento cockney, in una duchessa della buona società londinese insegnandole la dizione corretta e le buone maniere fa infatti da volano all’affermazione di un’identità femminile forte e assertiva. Ed è proprio in questo scardinamento dei ruoli che Shaw sfodera la propria visione polemica, quando la “creaura” plasmata ribalta il mito di riferimento per emanciparsi dal proprio “creatore”. Mostrando di possedere una volontà tutta sua, Eliza continua ancora oggi ad abitare il nostro immaginario con la sua irresistibile ironia».


George Bernard Shaw
Pigmalione
Traduzione con testo a fronte di
Alberto Rossatti
Introduzione e note di
Saverio Tomaiuolo
Pagine 320, Euro 12.00
Edizioni Bur


Storia sentimentale del telefono

La casa editrice il Saggiatore ha pubblicato un libro che fa la storia e riflette sui risvolti sociologici di uno strumento tecnologico che ha cambiato le relazioni fra noi umani: il telefono.
Titolo: Storia sentimentale del telefono Uno straordinario viaggio da Meucci all’Homo smartphonicus.
L’autore è Bruno Mastroianni
Filosofo, giornalista e scrittore, autore di “Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello” (Longanesi, 2018). Consulente per i social media per alcune trasmissioni Rai, è anche esperto in relazioni con i media, in comunicazione di crisi e in media training. È docente presso Uninettuno e collaboratore del dipartimento di Filosofia dell'Università di Perugia.
Tra i suoi altri titoli: “Parlare di fede in tv. Breve corso di media training per farsi capire sul piccolo schermo” (Edusc, 2015, con Raffaele Buscemi) e “La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico” (Cesati, 2017).

Scrive Mastroianni: “Quella tra uomo e apparecchio telefonico è una relazione complicata, di odio e amore: come quelle coppie che si lasciano e tornano insieme a più riprese, si tradiscono, ma poi si perdonano, si fanno male, eppure si ritrovano sempre. Ognuno di noi conosce almeno una coppia così, ma solo i protagonisti custodiscono il segreto dell’essere fatti l’uno per l’altro. Lo stesso accade per l’essere umano e il telefono: un secolo e mezzo di relazione travolgente e caotica, distruttiva e luminosa, attrattiva e respingente, che non vede tramonto”.

Il telefono assume un ruolo tecnologico diventando addirittura radio prima della radio, si pensi a L'Araldo telefonico servizio di telefonia circolare inaugurato a Roma nel 1910 nato sull’esempio del Telefon Hirmondo avviato a Budapest nel 1893.
Il telefono nel tempo ha cambiato vistosamente forma tanto che sono convinto che se mostrassimo a Meucci uno dei nostri smartphone a chiocciola o in edizioni pieghevoli ci chiederebbe: “E che è mai quel coso lì?”.
E seppure attraverso gli anni ha sempre avuto sostenitori (fino ai fanatici che cambiano telefonino a ogni piè sospinto), ha conosciuto anche detrattori che si rammaricano della mancanza di presenza fisica nella comunicazione (come accade per Internet che riceve le stesse critiche). È il destino di ogni novità tecnologica che attira talvolta perfino l’ira dei parrucconi; fra questi non c’è il musicista americano Jhon Cage (1912 – 1992) che ha affermato “Molti hanno paura del nuovo. A me spaventa il vecchio”.
“È l’effetto del potenziamento tecnologico: più comunichiamo, più possiamo vederci per ciò che siamo” – scrive Mastroianni – “Anche quando lo facciamo male, il fatto di esternare, di dire e scrivere costantemente, può avere un effetto di aumento dell’autoconsapevolezza; può essere materiale che emerge dall’inconscio al conscio, come in una gigantesca e costante seduta di analisi a cui tutti stiamo partecipando. Il punto è voler guardare in faccia questa realtà. Sarebbe un peccato, infatti, sprecarla con atti di vittimismo, dando tutta la colpa ai social e alla tecnologia, dimenticando che l’umano è al centro di essi, come responsabile e protagonista. È, come descrive bene Maurizio Ferraris, un atteggiamento quasi superstizioso che sfocia nel negazionismo, cercando di attribuire a forze occulte e incontrollabili – il digitale, la rete, gli smartphone, gli hashtag – ciò che in realtà dipende da noi e noi soltanto”.

Storia sentimentale del telefono è un libro che si legge scorrevolmente anche grazie a una scrittura rapida senza essere mai superficiale, ben documentata in fatto di storia e storie, ma priva di sussiegosità accademica

Dalla presentazione editoriale.

«Storia sentimentale del telefono è il racconto lungo 150 anni del nostro romantico e turbolento rapporto con questa invenzione rivoluzionaria. Un album di ricordi composto dalle telefonate che ci siamo scambiati da ogni parte del mondo.
Tutto è iniziato quasi per caso. Da una donna malata e un marito che non voleva lasciarla sola mentre lavorava in un’altra stanza. L’esigenza che aveva spinto l’emigrato italiano Antonio Meucci a progettare il “telettrofono” è rimasta la stessa attraverso tutta l’evoluzione di questo prodigioso oggetto: comunicare, annullare le distanze.
Ma come siamo cambiati noi, mentre cambiava il modo di farlo? Che esseri umani erano quelli che entravano nelle cabine telefoniche armati di un sacchetto di monetine? E quanto siamo diversi da chi allungava il filo a spirale della cornetta da una stanza all’altra in cerca di un po’ di privacy? Ci hanno fatto perdere di più la pazienza la linea che cade o le insistenti chiamate dei call center?
Bruno Mastroianni ci guida in un viaggio che da Meucci e Bell conduce sino al dispositivo fisso con la rotella e ai primi cellulari, per approdare infine all’era degli smartphone, in cui telefonare è diventata l’ultima necessità per cui utilizziamo il telefono: una narrazione che si snoda tra storia e costume, musica e pubblicità, per raccontare come, in uno strumento così semplice e geniale, abbiamo trovato il mezzo per esprimere la nostra anima.
Dal telettrofono di Meucci ai fissi con la rotella, dai Nokia 3310 alla rivoluzione degli smartphone: la storia di come il telefono è cambiato e ci ha cambiati.

……………………......…………..

Bruno Mastroianni
Storia sentimentale del telefono
Pagine 166, Euro 22.00
Il Saggiatore


Ricordo di Ennio Flaiano

Cinquant’anni fa moriva d’infarto a 62 anni il grande Ennio Flaiano (Pescara, 5 marzo 1910 – Roma, 20 novembre 1972)
Cosmotaxi lo ricorda con alcuni dei suoi folgoranti aforismi e un’illuminante definizione del fascismo.

- Oggi il cretino è pieno di idee.

- I filosofi marxisti: il Platone d'esecuzione.

- Se i popoli si conoscessero meglio, si odierebbero di più.

- La castità è il miraggio degli osceni.

- La pornografia è noiosa perché fa del pettegolezzo su di un mistero.

- Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta.

- L'arte è un investimento di capitali, la cultura un alibi.

- Oggi anche il cretino è specializzato.

- Una volta il rimorso veniva dopo, adesso mi precede.

- L'italiano è una lingua parlata dai doppiatori.

- Noi viviamo – grazie a Dio – in un'epoca senza fede.

- Non sono comunista. Non posso permettermelo.

- L'uxoricida è quasi sempre un matricida ritardatario.

- A causa del cattivo tempo, la Rivoluzione è stata rinviata a data da destinarsi

- Gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura.

- I fascisti sono una trascurabile maggioranza.

- Ha una tale sfiducia nel futuro che fa i suoi progetti per il passato.

- Bergman: tanto silenzio per nulla.

- Antonioni: tempesta in un bicchier d'acqua minerale

- Citto Maselli: il patito comunista italiano

- Lo sceneggiatore è un tale che attacca il padrone dove vuole l'asino.

- La psicanalisi è una pseudo-scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come i cattolici.

- Se lei si spiega con un esempio non capisco più niente.

- Moravia ha raggiunto il perfetto equilibrio: sua moglie scrive meglio di lui e la sua amante peggio.

- Il traffico ha reso impossibile l'adulterio nelle ore di punta.

- L'Inferno di Dante è pieno di italiani che rompono i coglioni agli altri.

- Coraggio ragazzi il meglio è passato

- Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di cultura, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli “altri” le cause della sua impotenza o sconfitta. Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi: ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui. Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l’ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre. Le madri sono generalmente fasciste.


Brandalism

Ho appreso, stimolando il mio orgoglio patriottico, che la stella Michelin agli ecologisti imbrattatori di famose opere (senza mai danneggiarle perché scelte fra quelle protette da vetri) è andata a "Ultima Generazione" (filiale italiana di “Last Generation”) per la loro zuppa di piselli lanciata contro 'Il seminatore' di Van Gogh esposto a Roma a Palazzo Bonaparte.
Stella conquistata battendo la pur apprezzabile purea di patate che altri ecologisti hanno gettato a Postdam contro “Il pagliaio” di Monet.

Gennaro Sangiuliano neo ministro meloniano alla cultura ha condannato con parole roventi quel tipo di protesta. Preziosa occasione per ribadire la necessità – com’è sua intenzione fin dal momento della nomina a ministro – di aumentare il prezzo d’ingresso ai musei, aumento utile, a suo dire, per schermare con vetri le opere.
I soliti maligni hanno detto che con quella dichiarazione ha imbrattato i monitor dei Tg e le pagine dei quotidiani che l’hanno riportata. Le malelingue, si sa, non mancano mai.

Altro discorso: gli attivisti del Brandalism.
È un movimento fra arte e politica
Per meglio sapere chi sono e che cosa vogliono: CLIC!
QUI una serie di esempi visivi


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