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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Bookever (1)


La nota di oggi si articola in due parti: la prima destinata alla presentazione di Bookever una nuova collana editoriale, degli Editori Riuniti, la seconda ad un approfondimento dei contenuti della stessa in un’intervista flash con Paolo Valentini che la dirige.
Gli Editori Riuniti nascono nel 1953 dalla fusione di due case editrici vicine al Pci: le Edizioni Rinascita, animate da Valentino Gerratana, e le Edizioni di Cultura Sociale, dirette da Roberto Bonchio. Il primo successo di vendite fu: "I miei sette figli", di Alcide Cervi.

Se da una parte molto si deve ai volumi degli Editori Riuniti pubblicati in quegli anni italiani oscurati dalla Dc, dall’altro la linea editoriale soffrì la contiguità politica al Partito con perniciose chiusure verso molti aspetti del nuovo.
Fu negli anni ’80 che s’ebbe una prima, benvenuta, svolta allorché l’Editrice ospitò autori quali Jurij Trifonov, Jorge Luis Borges, Kazimierz Brandys, Manuel Vazquez Montalban, Philip Roth.
C’è stato, però, un campo letterario in cui a partire dagli anni ’60 Editori Riuniti fu tra le prime case editrici in Italia a interessarsene: gli autori latinoamericani; ed ecco: García Márquez, Vargas Llosa, Amado, Carpentier, Asturias, Sábato.
Oggi, con Bookever (che s’avvale anche di un proprio blog), ripropone valorosamente la narrativa latinoamericana e ispanica, scoprendone i nuovi temi e i nuovi autori, con l’uscita di due romanzi: L’ora azzurra di Alonso Cueto e Andamios, il romanzo del ritorno di Mario Benedetti.
Su "L’ora azzurra" ha scritto Vargas Llosa: Un romanzo straordinario che descrive con lucidità e fantasia le conseguenze di dieci anni di guerra civile e terrorismo.
Alonso Cueto è nato a Lima nel 1954. Vincitore di alcuni premi importanti in Perù, del Premio Herralde in Spagna, è stato definito come uno dei nuovi e più importanti autori di lingua ispanica degli ultimi anni. L’ora azzurra è il suo primo romanzo pubblicato in Italia e s’avvale di una lucente traduzione di Fiammetta Biancatelli.

Mario Benedetti è nato nel 1920 in Uruguay. Poeta, romanziere e commediografo, è autore di oltre 50 volumi tradotti in 23 lingue. Dopo anni d’esilio, vive tra Montevideo e Madrid. Ha ricevuto, oltre ad altri premi, il Premio Reina Sofia per la poesia nel 1999 e il Premio Iberoamericano José Martì nel 2000. Questo suo romanzo proposto da Bookever è tradotto ottimamente da Maria Nicola.
Ha scritto Mario Paoletti: Benedetti, come Cortázar, è uno scrittore che non solo si ammira, ma al quale si vuole bene

Alonso Cueto
“L’ora azzurra”
Pagine 289; Euro 14:00

Mario Benedetti
“Andamios, il romanzo del ritorno”
Pagine 288; Euro 14:00

Editori Riuniti


Bookever (2)


Paolo Valentini è l’ editor di Bookever-Editori Riuniti.
Laureato con una tesi sui Paesi Baschi, ha vissuto parte della sua vita in Spagna.
Si dichiara un lettore compulsivo. Vale a dire, aggiungo io, tra i migliori.
A lui ho chiesto: qual è il profilo di questa nuova collana? Quali traguardi espressivi e di mercato si propone?

Bookever- Editori Riuniti, come hai già detto, apre uno spazio dedicato alla letteratura latino-americana e ispanica.
Uno spazio che ospiterà le nuove tendenze di questa letteratura.
Gli autori dei due romanzi , in libreria in questi giorni, Alonso Cueto con L’ora azzurra e Mario Benedetti con Andamios, ci raccontano, seppur con stili e punti di vista diversi, le storie di un continente lacerato, in cerca di riconciliazione, ma anche vitale e creativo. La proposta è indirizzata a
coloro che pensano che oltre a Garcìa Marquez e Vargas Llosa ci siano autori che sappiano rinnovare e riprendere il cammino segnato dai grandi maestri
.

Qual è a tuo avviso il principale merito che ha oggi la letteratura latino-americana nello scenario internazionale?

Il continente centro e sud americano ha avviato in questi ultimi anni un processo di trasformazione politica, sociale e culturale estremamente interessante. I nuovi fermenti, le vecchie ferite non ancora rimarginate, gli atavici residui coloniali e i nuovi profeti della rivoluzione si fondono in un grande scenario nel quale la letteratura immagina, inventa e racconta le sue storie. La letteratura dovrebbe seguire l’ardore e le trasformazioni di questi tempi contrapponendosi così all’orizzonte letterario salottiero dell’Europa. Concludo con una frase di Giuliano Soria, direttore del premio Grinzane Cavour, che secondo me, riassume perfettamente il senso di questa scelta: “lo spagnolo apre il coperchio di quel serbatoio di meraviglie ancora in gran parte da scoprire che è l’America Latina”.


Morandini Day


Prima o poi, vedrete, i cinefili istituiranno questa festa.
Forse l’anno prossimo in occasione del decennale della pubblicazione.
Sarà data flessibile, ma sempre autunnale perché la faranno coincidere col giorno d’uscita in libreria decisa dalla Zanichelli per il famoso dizionario cinematografico.
Il Morandini 2007 anche quest’anno si presenta con un imponente corredo di documentazione dai Lumière ai giorni nostri, confermandosi indispensabile strumento per tutti quelli che lavorano nel cinema o del cinema sono appassionati spettatori.
La nuova edizione, aumentata di 100 pagine e 500 film rispetto alla precedente, conta oltre 22mila schede, monografie, giudizi (solo nel Morandini troviamo l’indicazione del successo di pubblico), fino ai film in concorso alla Mostra di Venezia 2006, ai più recenti Premi Oscar.
Inoltre, un indice di 700 film adatti ai ragazzi, e altri indici ancora: 1600 autori di opere letterarie e teatrali da cui sono stati tratti film; tutti i premi Oscar dal 1928 ad oggi; centinaia di schede di attori e registi con dati anagrafici e filmografia.
Nel Cd-Rom 6500 immagini di scena e locandine di film, siti Internet specializzati e “i migliori” anno per anno.
Quello che particolarmente colpisce in questa meritatamente fortunata pubblicazione – uscì per la prima volta nel 1999 – è come in pochissime righe, accanto ai dati filmografici (titolo originale, nazionalità, anno di uscita, regista, principali interpreti, durata, sintesi della trama), sia tracciato un coinciso, ma non per questo meno articolato, giudizio critico di sapiente spessore.
E, inoltre, si trovi spazio anche per riferire di interessanti, e talvolta divertenti, lampi aneddotici.
Tutto questo è frutto di un paziente lavoro, culturalmente ben attrezzato, come si può notare in questa conversazione con Morando Morandini che ebbi tempo fa a bordo dell’astronave Enterprise.
La copertina del Dizionario è dedicata, come tutti gli anni, a un film di un regista italiano che stavolta è Marco Bellocchio, con “Il regista di matrimoni”.

il Morandini 2007 Dizionario dei film
di Laura, Luisa e Morando Morandini
edizione con Cd-Rom, 33:50 euro; solo volume 26:50 euro; solo cd-rom 14:80
1984 pagine, formato 150x210
Zanichelli editore, 2006


Una voce poco fa


Da oggi fino al 4 novembre, a Bologna, c’è Gender Bender – ideato e diretto da Daniele Del Pozzo – che si propone la rappresentazione delle identità sessuali attraverso arti visive, cinema, musica,
performance (nella foto il logo del Festival).
Nel programma, fra molte cose interessanti, spicca una delle opere più suggestive, ma meno note, dell'artista visiva inglese Sam Taylor-Wood: Misfit. Il cortometraggio è la trasposizione in video della voce di Alessandro Moreschi, l'unico castrato di cui sia mai stata realizzata una registrazione. Avvenne nel 1904.
Al brano, “Incipit Lamentatio”, cantato in latino, la strafichissima popstar australiana Kylie Minogue presta il corpo e le labbra che si muovono in lip sync, dando vita a questo singolare videoclip in cui maschile e femminile si fondono in un'unica identità.

Proiezioni: 30 ottobre e 2 novembre, ore 21, Cinema Lumière, Bologna


L'età dei sogni


Se si collezionassero le opere ispirate al sogno, dalle arti visive alla narrativa, dal teatro al cinema, dalla poesia alla musica, non ci sarebbe spazio che basti per ospitarle tutte.
Tema, quindi, usato fino all’abuso. Verrebbe voglia di dire: per un secolo non si produca, in campo artistico (ma in campo scientifico sì), robe ispirate ai sogni.
Opera di Adriano AltamiraIn attesa di un decreto legge che realizzi questo mio desiderio, va detto che esistono pure produzioni d’arte che, naturalmente, meritano ancora oggi sguardi e ascolti.
A una ventina d’anni dalla pubblicazione del loro libro Sogni Traume Reves Dreams (Nuovi Strumenti, Brescia 1985), Adriano Altamira (nella foto un suo lavoro) e Franco Vaccari si riuniscono nuovamente in una mostra intitolata L’Età dei sogni; mostra sostenuta dall’Archivio Cavellini e dal Progetto Utopia; entrambe preziose creature di Piero Cavellini.
Come per gli aborigeni australiani c’è un tempo dei sogni che affianca e completa il ciclo dell’esistenza da svegli, così anche per i nostri due il sogno rappresenta un tipo di evento che svela, spiega e integra aspetti della vita diurna.
Benché la coincidenza tematica abbia aperto un dialogo fra i due su questo tema, va detto che i rispettivi lavori sul sogno hanno seguito due strade espressive fra loro differenti.
Mentre per Franco Vaccari il lavoro sui sogni è nato come un’estensione delle sue Esposizioni in Tempo Reale, per Adriano Altamira il lavoro sui suoi sogni, realizza alcune di quelle visioni, ricostruendo materialmente oggetti o situazioni oniriche.
Calderon, che di sogni se n’intendeva, scrisse: la vita è sogno e i sogni sogni sono.

Adriano Altamira – Franco Vaccari
“L’età dei sogni”
Piazza Tebaldo Brusato 2, Brescia
Tel e fax 030 – 37 57 401; cavellini@alice.it
Fino al 22 novembre’06


Quinte armate


Uno dei gruppi che hanno fatto la storia della nuova scena in Italia era formato da Marco Solari e Alessandra Vanzi; tempo fa, poiché il pericolo è il mio mestiere, decisi di fare un viaggio spaziale con loro.

Oggi lavorano insieme raramente, producendosi in spettacoli che aggiornando la loro cifra stilistica sono sempre avvenimenti teatrali di lusso.
E’ il caso di Quinte armate, un testo di Marco, da lui solo interpretato, che è andato in scena in prima nazionale giorni fa al Teatro Vascello di Roma.
Musica di Piergiorgio Faraglia, scena di Carolina Foti, light designer Luca Storari.
Ho chiesto a Marco: ci parli di queste minacciose quinte?
Così ha risposto.

“Quinte armate” è una deriva sonora che utilizza modalità musicali diverse, rock/rap/mantra/blues, trattate con ironia ma anche come saldi punti di riferimento generazionali ed emotivi, sulla base di frasi che giocano sulla stratificazione dei sensi, nel tentativo di trovare nel teatro dei dispositivi di scardinamento della logica sequenziale e discorsiva, nel cercare di rendere una schizofrenia vocalica, una frenesia dell’instabilità, sbattendo e rimbalzando tra memoria e rimozione, fisicità e astrazione, realismo e sospensione, quadri denudati, rigirati, parabole satellitari o forse, più semplicemente poesie in musica, per il teatro.

Quinte armate
di Marco Solari
Produzione: Associazione Temperamenti
In tournée


Con gli occhi del linguaggio


Nanni Balestrini, nato a Milano nel 1935, lo sapete già, è uno dei maggiori autori italiani contemporanei. Tradotto in molte lingue, amato dai lettori, specie i più giovani (di ieri e di oggi), celebratissimo in Francia, esponente della neoavanguardia, fu tra i fondatori del Gruppo ‘63.
Per una dettagliata biografia, la bibliografia, esempi di testi, foto di mostre, vi consiglio di cliccare sul suo sito web, ma una pubblicazione mi va di ricordarla anche qui perché l’ho assai cara sui miei scaffali, un poema che va arricchendosi negli anni e di cui orgogliosamente posseggo la prima raccolta edita nel ’77 dalla Cooperativa Scrittori: “Le ballate della signorina Richmond”. Ne esiste anche un’edizione del ’99 stampata da Testo&Immagine; per leggere, cliccate QUI.
Opera di BalestriniQualcuno s’è chiesto se la figura di Balestrini appartenga più alla letteratura oppure alle arti visive, la faccenda non si pone poiché lavora da sempre sull’intercodice, sull’intersezione dei linguaggi, componendo e scomponendo realtà letterarie e grafiche anche con l’uso di nuove tecnologie, basti pensare a “Tape Mark Uno” del ’61 (allora il computer era assai diverso da oggi, lo si usava con schede perforate) che precede di oltre un trentennio “Poesie Automat” di Erzensberger.
A Roma, è in corso una sua mostra Con gli occhi del linguaggio:1961 – 2006, antologica dedicatogli dalla Galleria Mascherino in sintonìa con le mostre realizzate negli ultimi tempi, dedicate a protagonisti della sperimentazione artistica degli anni sessanta come Mario Schifano (2001-2002), Renato Mambor (2002-2004-2005), Nato Frascà/Gruppo 1 (2005).
I lavori esposti in quest’occasione sono pubblicati nel volume che ha lo stesso titolo della mostra ed è edito dalla Fondazione Mudima e distribuito dalla casa editrice DeriveApprodi che sta procedendo all’edizione completa della produzione letteraria di Balestrini (sono stati già stampati “La violenza illustrata seguita da Blackout”, “Parma 1922”, “I furiosi”, “Gli invisibili”, “Vogliamo tutto”, “L’editore”).
Il libro e la mostra documentano l'insieme dell'opera visiva di Nanni: un lungo percorso che partendo dall'aspetto fisico della parola e utilizzando i più diversi procedimenti e materiali (carta stampata, timbri, plastica, lastre tipografiche, carte geografiche, nuove tecnologie) ha creato un universo di immagini verbali del nostro tempo, un grande racconto visivo dove la cronaca si mescola alla riflessione estetica e sociale.

Nanni Balestrini
“Con gli occhi del linguaggio (1961-2006)”
Galleria Mascherino
Via del Mascherino 24, Roma
Orario: dalle 16.30 alle 19.30 (esclusi lunedì e festivi).
Fino al 25 novembre 2006



Diventa Nessuno


Questo lo slogan lanciato tempo fa da Nessuno Tv – diretta da Bruno Pellegrini – che tra le originalità del suo palinsesto (Sky 890) proponeva, e propone, la messa in onda di video girati dai telespettatori.
Sul nuovissimo sito in Rete si possono trovare la webtv e tutti i programmi in corso ai quali è possibile partecipare.
Per un assaggio di quei video, propongo “Abbracci”, si tratta di gente che regala abbracci, ma non tutti sono disposti ad abbracciare o farsi abbracciare, c’è chi accetta, chi rifiuta e chi fugge.
Eppure, diceva il poeta tedesco Hebbel (1813 – 1863): Solo attraverso un abbraccio l’uomo può essere liberato da se stesso.
Per vedere chi abbraccia e chi no:
QUI


In vino veritas


Segnalo con gioia l’apertura di una nuova enoteca a Roma, In vino veritas, che non si limita alla vendita di bottiglie – mestiere che se ben condotto è tra i più elogiabili al mondo – ma ha in corso una serie di manifestazioni che vanno dalle degustazioni fino a corsi e serate dedicate alla cultura enologica e ai suoi rimandi alle arti visive, alla musica, alla letteratura.
A dirigerla è Cristiano Rizzuto, un musicista che, provvisoriamente, ha lasciato l’attività professionistica di oboista per dedicarsi a quest’impresa.
Uomo riservato e cordiale al tempo stesso, dal pensiero colto e attento al nuovo, piacevolissimo da ascoltare nelle sue digressioni, sempre brevi ed eleganti nell’esposizione, che, per esempio, in campo musicale trascorrono dal jazz alla sinfonica alla canzone popolare, a proposito della sua Enoteca, dice: Vorrei che questo spazio divenisse luogo accogliente d’incontro per persone curiose, amanti del vino e della cultura. A tal fine ho progettato serate dedicate alla riscoperta dell’umana sensorialità attraverso il contatto con l’enogastromia, dando voce ai vini, ai distillati, al cibo e alle loro storie. In queste occasioni mai mancherà la musica, quell’ascolto musicale che fin dai tempi antichi scandiva il rituale del convivio.
Da parte mia aggiungo: se siete di Roma, o a Roma vi trovate per affari, sesso, turismo o sport, vi consiglio di fare una capatina in quest’Enoteca dove scoprirete delizie e, assai spesso, dai deliziosi prezzi.
Con fedeltà ai programmi annunciati, sere fa, si è svolta nella sala dell’Enoteca In vino veritas una degustazione di eccellenti vini friulani allietata da una colonna musicale e da fantasie visive di Giorgio Giannotti ispirate a brani musicali.
I produttori invitati: Dario e Luciano Ermacora ermacora.com; Lino Casella dell’Azienda Agricola Rieppi aziendarieppi.com;Azienda Agricola Specogna specogna.it; Francesco e Federico Stanig stanig.it.
Visitate i loro siti e, soprattutto, le loro bottiglie, lo meritano ampiamente.
La competenza dei produttori ai tavoli che spiegavano tecniche di lavorazione e progetti di lavoro, è stata assistita dal patron Cristiano Rizzuto che ha messo noi tutti a nostro agio.
Mentre gustavo… ebbene sì, talvolta rigustavo pure… pensando a certuni, mi veniva alla mente Thomas De Quincey, uno che di sconvoltezza se n’intendeva, il quale diceva: E’ assurdo il detto popolare che vuole un uomo trasformato dall’ebbrezza; al contrario, i più sono trasformati dalla sobrietà .

In vino veritas
Via Teresa Gnoli 58 (zona Monte Mario)
Tel – Fax: 06 – 338 38 95
Roma


Vie: Scena Contemporanea Festival


Cosmotaxi Special

Foto di Valentina Cinelli


VIE: Scena Contemporanea Festival


Modena – Carpi – Vignola, 20 – 28 ottobre 2006


Vie: il Festival


Dopo il successo registrato lo scorso anno, Vie: Scena Contemporanea Festival torna alla ribalta con la seconda edizione.
Il pensiero teatrale che muove questo secondo cartellone, pur muovendosi nel solco delle linee tracciate l’anno scorso con ottima accoglienza di pubblico e critica, ne crea anche di nuove amplificando il discorso sulla scena di ricerca specie per quanto riguarda il rapporto di sperimentazione tra la fusione dei linguaggi: cinema – danza – installazioni – teatro.
Vie realizza un ponte (a differenza di quello sullo Stretto che mai unirà Scilla e Cariddi) fra stili di ricerca assai noti, ad esempio un nuovo lavoro di Nekrosius qui in prima mondiale, senza privarsi d’esplorare formule d’intelligente azzardo praticate da gruppi versati sulla nuova performance, come quelle proposte da Ekate e La Voce delle cose.
Insomma, mi piace questo accettare nuove sfide, non ripetere il già fatto per andare sul sicuro, e, ultima scelta ma non per importanza, dare spazio alle realtà emergenti dal territorio.
Sicché il cartellone, pur nella sua varietà d’accenti espressivi, si presenta assai compatto se visto, com’è quasi obbligatorio vederlo, come una proiezione di energia teatrale che indaga sulla frammentata società attuale sfidandone dubbi, conflitti ed emozioni, facendone punto di partenza per tornare a condurre un’indagine sulla scena contemporanea.
In questo Special, nelle note che seguiranno, mi tratterrò su alcune occasioni che tirannicamente ho scelto, ma si dispone anche di altro come si può osservare leggendo il programma sul sito del Festival.


Per i redattori della carta stampata, delle radio-tv, del web, l’Ufficio Stampa è guidato da Simona Carlucci:
tel. 0765 – 42 33 64 e 335 – 59 52 789; mail: carlucci.si@tiscali.it

Per altre informazioni, chiamare lo 059 – 30 57 38


Vie: I sette a Tebe


La tragedia di Eschilo (Eleusi, 525/4 – Gela, 456/55 a.C.) qui è riletta e rivissuta su di un palco vuoto, diviso in sette aree di azione; in queste sette porzioni di spazio, sette interpreti del Balletto Civile materializzeranno una danza dando vita a una macchina da guerra ritmica e adrenalinica, secondo l’ideazione del lavoro che è di Michela Lucenti.
A lei, che guida la Compagnia Balletto Civile, ho chiesto: nel tuo lavoro, da tempo c'è un'attenzione al mondo classico e alle sue rispondenze nel mondo contemporaneo.
In che cosa ravvisi principalmente i legami tra le tensioni di ieri e quelle di oggi?

Le tensioni di ieri ci arrivano attraverso dei testi mitici e poetici, noi
non ne possiamo conoscere la vera natura, forse possiamo coglierne le
suggestioni.
So che le tensioni di oggi rinnovano, in una coazione a ripetere, atti
violenti per una antichissima terribile paura dell'uomo che attacca prima di essere attaccato. Questa tensione animale è quella che nei nostri spettacoli ci interessa scandagliare ed è quella che ritroviamo contenuta tra le righe dei testi antichi
.


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Vie: Viaggio in Armenia

Torna in scena Silvio Castiglioni dopo aver diretto per anni il Festival Santarcangelo dei Teatri (e s’è visto quest’anno il baratro in cui è caduta quella gloriosa manifestazione da quando non c'è più lui), interpretando un adattamento scenico del romanzo Viaggio in Armenia (1933) di Osip Mandel’štam (Varsavia, 1891 – Vladivostock, 1938).
Castiglioni, solo in scena, è cicerone e custode di un museo armeno, ne attraversa le stanze e i misteri.
Da me avvicinato, così mi ha detto Silvio Castiglioni.

Ho avuto sempre un’infinita passione per Osip Mandel’štam, tanto da trascorrere tre anni circa applicandomi a intense letture di suoi testi, saggi su di lui, ricerche sui casi, spesso drammatici, della sua vita. In quel tempo avevo accumulato una notevole quantità di materiale, però la cosa non mi soddisfaceva perché notavo che mi portava verso una riflessione biografica su quell’autore. Alla fine, Andrea Nanni – che ha curato la drammaturgia di questo spettacolo nato da un lavoro di gruppo – ha fermato la mia attenzione su “Viaggio in Armenia” che si presenta come un libro di viaggio, ma libro di viaggio non è. Che cos’è allora? E come mai sprigiona tanta forza?
La risposta è scenica, difficile da raccontare anche perché s’avvale di un forte impatto visivo e punta a scoprire il macro attraverso il micro, perché come dice Mandel’štam: “E’ nei margini che si trovano i poemi
.


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Vie: Tris


Non è il nome di uno spettacolo, ma il numero dei lavori presentati con la sigla della Compagnia di Virgilio Sieni, una delle presenze più forti della scena europea di danza.
Accanto alla videoinstallazione Adagi partigiani, due spettacoli.
A Virgilio Sieni ho chiesto: A Modena presenti due spettacoli di contenuti diversi fra loro, qual è il filo stilistico che li unisce?

”Solo Goldberg Improvisation” è un lavoro fondato sulla visione di un corpo che si rinnova continuamente, mettendosi alla prova, confrontandosi con la presenza della musica di Bach e con l’attraversamento dell’energia nel corpo e nello spazio. La rigorosa struttura musicale delle “Variazioni Goldberg” offre lo spazio e la forma di una ritualità dove costruzione e improvvisazione coincidono nell’immanenza e nella trasfigurazione.
In “Osso” la partitura scenica e coreografica incontra la dimensione sottile del rapporto padre figlio, come similarità e trasmissione di gesti, eredità. Tra una naturalità gestuale e l’apparizione di figure trasfigurate e intessute di risonanze lontane si sviluppa un dialogo silenzioso che lascia emergere il senso enigmatico della vicinanza, dell’incontro, della trasmissione di insegnamenti, ritmi, posture. Anche qui è un senso preciso della ritualità, nascosto sotto la naturalità di gesti sedimentati, a porre i corpi in bilico tra l’appartenenza allo spazio concreto e a una dimensione di energie immateriali
.


Osso
e
Solo Goldberg Improvisation


Vie: Nel nome di chi

Qui entriamo nel mondo di un teatro che molto amo, quello che abbandona palco e quinte e si fa blitz in luoghi pubblici. Una modalità che la Compagnia Ekate pratica da tempo.
A guidare Ekate troviamo Magda Siti e Stefano Vercelli.
Ekate?... che vorrà mai dire questa parola?.... e agisce nel nome di chi?
L’ho chiesto a Magda Siti e a Stefano Vercelli. Ora li udrete rispondere con una voce sola. Prodigi della tecnologia di bordo di Cosmotaxi.

Ekate, dea triforme, nume tutelare dei crocevia, ossia dei punti di incrocio di tre strade dirette in opposti versi.
Ekate si associa al ciclo dell’evoluzione, passato presente futuro.
E’ protettrice delle aree liminali, porte e crocicchi.
Allora... incrocio di direzioni, di pensieri, di sguardi.
L’attore deve saper stare anche su una soglia, un confine, cogliere l’esterno, incrociare narrazione, azione e testo scritto.
Tante volte le nostre incursioni performative, laboratoriali o spettacolari, sono andate nella città: “Teatro di fuori” fuori dal teatro.
“Nel nome di chi” vuole mettere “in piazza” il cammino e l’attesa di tre solitudini
Nel nome di chi far uscire i nostri pensieri
Nel nome di chi cambiare,
Non riusciamo più a vederci
Abbiamo sempre e solo bisogno di un gesto che attiri l’attenzione?
Forse un sacrificio
Dobbiamo farlo
Abbiamo solo domande
.

E’ un ottimo modo per trovare risposte, aggiungo io.


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Vie: La busta


C’è il suono di una eco kafkiana in questo lavoro di Spiro Scimone - già in prima nazionale ad Asti l’estate scorsa – che n’è interprete con Francesco Sframeli, regista dello spettacolo. Molti ricorderanno il bellissimo film Due amici (sarà riproposto nel corso del Festival), ma intensa è l’attività teatrale svolta con la loro Compagnia.
A Spiro e Francesco ho chiesto: in che cosa è rintracciabile un'unità stilistica fra il vostro cinema e il vostro teatro?

I nostri spettacoli teatrali e il nostro film sono sempre nati dal bisogno di voler comunicare attraverso l’essenzialità.
La ricerca dell’essenza nella parola, nell’immagine, nell’interpretazione sta alla base del nostro lavoro artistico.
Per raggiungere tale essenza e poter comunicare bisogna che, nel teatro e nel cinema, gli autori, gli attori, siano sempre in relazione tra di loro.
Per poter comunicare è necessario saper ascoltare.
Ascoltare le parole, il silenzio, il corpo, lo spazio.
L’ascolto è indispensabile nel nostro modo di fare teatro e cinema
.


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Vie: Faust


"Quel Nekrosius deve essere un genio", dichiarò nel 1986 Arthur Miller dopo aver visto a Vilnius alcuni spettacoli del regista lituano
A dimostrazione della stima raccolta da questo pur giovane festival, ecco che quell’Eimuntas Nekrošius ha deciso d’affidare la prima mondiale del suo Faust proprio qui, a Modena da dove poi partirà la tournée della sua Compagnia.
Grazie ai suoi lavori Nekrosius è diventato un regista di culto della scena mondiale, considerato come uno straordinario poeta visionario,
Vedremo il suo Faust, una versione che s’annuncia in una nuova e potente struttura drammaturgica, che riscrive, partendo da alcuni elementi chiave, secondo la caratteristica ispirazione del regista, il tessuto originale e i temi universali dell'opera goethiana.


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Macchina per il teatro incosciente


La Compagnia La voce delle cose - guidata da Paola Serafini e Luì Angelini - produce un teatro che si muove tra l’arte povera fino a quella multimediale proponendo giochi, ad esempio, su fiabe e burattini che si muovono on line secondo le ferree leggi di Propp.
A questo Festival presentano uno spettacolo, della durata di 3’00”, di cui ogni replica è per uno spettatore solo alla volta: Macchina per il teatro incosciente.
Che sia un modo per acquisire una nuova coscienza del teatro?

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Vie: Scena Contemporanea Festival


CosmotaxiSpecial

per

VIE: Scena Contemporanea Festival

Modena – Carpi – Vignola, 20 – 28 ottobre 2006

FINE


Disegni cambia home


Stefano Disegni, uno dei nostri migliori autori satirici, e fra i pochissimi autenticamente multimediali (non solo disegnatore, ma musicista rock, scrittore, autore tv), cambia casa web.
E’ ora, infatti, conduttore di un nuovo sito in Rete, o meglio, n'è il tenutario,
Stefano, uomo allegro nella pagina e nella vita ma non per questo meno severo nel castigare vizi, tic e lapsus della nostra società, ha messo on line un ambaradam frizzante e spericolato come lo è lui a cavallo della sua amata motocicletta.
Il sito si giova di una divertente segnaletica per entrare nelle varie sezioni, che sono poi le stanze della sua casa, dove si può frugare con lo sguardo ovunque: tra i suoi libri, i dischi, gli armadietti, il frigorifero (non aprite quella porta!), la pattumiera (dove ho trovato le stesse cose che ci stanno nella mia), e così entrare nella sua vita libera che, invece, secondo alquanti, i domiciliari li meriterebbe.
La sua bio, per filo e per segno, e anche per fola e per sogno, è raccontata dalla madre, bravissima persona che ha una sola colpa, lascio alla vostra fantasia immaginare quale.
E’ possibile anche inviare immagini e brevi (please!) testi e lui, a suo tirannico giudizio deciderà se esporli sulle mura webdomestiche, perché, come ha già fatto, gli piacciono i pusher d’immaginari.
Visitatelo quel sito, vi divertirete e conoscerete meglio un artista che pur avendo realizzato un mucchio di cose importanti è lontanissimo da ogni sussiego, pronto a cimentarsi in nuove sfide, a giocare anche con i giocattoli degli altri, un uomo con tante macchie (tifa Lazio, ad esempio) e nessuna paura.
Riuscire a vivere con leggerezza ma senza superficialità è difficile, Stefano ce l’ha fatta.


Ipse Digit

Il Tam Tam Digifestival invita a partecipare al concorso Ipse Digit, rivolto esclusivamente alle produzioni realizzate in digitale.
Durata minima: 1 minuto. Durata massima: 1 ora.
Il concorso si conclude il 31 dicembre di quest’anno. Si premieranno i migliori cinque lavori per ogni sezione ( Digi Music - Scenario Fahrenheit - Narrazioni Mobili - Cinema Via Internet) che saranno proiettati nell’ambito della seconda fase del Tam Tam Digi Fest, prevista per il 21 - 25 febbraio 2007.
A Giulio Gargia, Direttore artistico del Festival (alla Direzione organizzativa c’è Pietro Pizzimento), ho chiesto:Quali sono i traguardi espressivi di questo Festival e in che cosa 'Ipse Digit' si differenzia dagli altri concorsi cinematografici italiani?
La prima domanda che c’è da farsi di fronte all’idea di far nascere un nuovo Festival di cinema è: ma che bisogno c’è ?
La seconda è: a che serve un’altra rassegna che corre il rischio di ripetere in altre salse quello che già avviene nella nostra Regione ?
Diciamo che ci siamo risposti ideando un Festival che mancava.
Per seguire il percorso che - tramite le nuove tecnologie digitali – porterà “Il cinema fuori dai cinema”, con forme che cambieranno profondamente modi di produzione e modi di percezione della narrazione per immagini.
Allo stesso tempo, oggi c’è un gigantesco dubbio che attraversa tutto il corpo sociale: ma la società dell’informazione fa informazione ?
Si esercita ancora il Quarto Potere o sta svanendo ? E se funziona, lo fa in maniera corretta verso i nostri diritti di cittadini o invece tende a omettere, manipolare, censurare secondo le convenienze del momento ?
Con questi nuovi mezzi digitali, economici e “democratici”, molti hanno potuto girare lavori di grande interesse, che altrimenti mai avrebbero visto la luce, data la vigente “censura del mercato”.
Per questo, farli vedere, e dedicare un Festival a questo tema ci sembra - oggi, nella situazione in cui siamo - una necessità
.

Per più diffuse informazioni: Tam Tam Digi Fest


L'errore del maestro


Esistono libri (un po’ rari, in verità) che investigando su personaggi, avvenimenti, pensieri, non si contentano di seguire le linee di precedenti tracciati per approfondirne il solco o per scoprirne nuove risorse, ma interpretano quegli eventi – sia pure con attenzione scientifica, senza fare fiction insomma – con un'esplorazione radicalmente diversa.
E’ un po’ come se il partecipante ad un viaggio organizzato di studi presso famosi scavi archelogici, evadesse dal gruppo e decidesse d’andarsene per proprio conto e, dispettosamente, zappettasse dov’è proibito dai cartelli rinvenendo pietre illuminanti.
E’ quanto ha fatto Brunella Antomarini, autrice de L'errore del maestro: Per una lettura laica dei vangeli pubblicato da DeriveApprodi, libro che non renderà più liete le giornate di molti in Vaticano.
Gesù, predicatore ebreo, aveva annunciato l’imminenza del regno di Dio, in molti – primi fra tutti i discepoli – gli avevano creduto. Il regno non s’avverò. Neppure dopo la crocifissione (e neppure 2000 anni dopo, possiamo aggiungere noi con competenza essendo viventi oggi). I discepoli tornano a casa delusi e disperati. Ma non possono accettare la sconfitta, si forma in loro un progetto, stavolta autosalvifico, che è necessario per proteggersi da quella toppata gigantesca.
Scrive Brunella Antomarini: …dopo la morte del maestro i discepoli ne narravano le vicende ricordandole a memoria, la trasmissione che avveniva in forma orale produceva necessariamente varianti e aggiunte interpretati, che non venivano controllate o corrette. I documenti rimasti, poi selezionati e canonizzati, dovevano inevitabilmente portare formule comuni e interpolazioni, retrodatazioni e aggiunte […] Gli evangelisti sono redattori collettivi, che fanno capo ai primi testimoni di cui mantengono la “firma”.
Oggi diremmo un ‘multiname’, alla maniera di Luther Blisset.
Alda Merini (citata nel libro): In ognuno c’è, capovolta, un’epoca.
Così, lavorando sul simbolismo del profondo, attraverso una rigorosa analisi linguistica dei testi, l’autrice illustra come un errore, quello del Maestro Gesù, diventò la religione che conosciamo.
Per una scheda sul libro: QUI
Brunella Antomarini insegna estetica e filosofia contemporanea alla John Cabot University, Roma. È autrice di numerosi articoli e curatrice di libri collettanei. Ha diretto la collana di libri di filosofia ‘Montag’, per la manifestolibri. È curatrice del festival annuale di poetry reading ‘InVerse’ (John Cabot University). È membro della Società Italiana di Estetica. Ha tenuto conferenze ad Avignone, Berkeley, Lisbona, Marsiglia, Milano, Napoli, Roma, Toronto.
A lei ho chiesto: che cosa principalmente ti ha spinto a scrivere questo libro?
Così mi ha risposto.
Il fatto che un testo così bello e misterioso dovesse essere lasciato a interpretazioni dogmatiche, istituzionali, che cioè non ne facessero più un lavoro di ricerca. La letteratura sterminata sull’argomento non si è mai veramente emancipata dalla teologia. Io l’ho usata come fonte di ricerca, ma a partire da questi strumenti, ho cercato poi di dare un senso (con tutta la problematicità di ‘dare un senso’) a quello che potrebbe essere successo – storicamente e culturalmente – visto che la predicazione e la crocifissione sono con molta probabilità accaduti veramente. Ma che cosa è successo? Questa è stata la domanda. E la risposta è ipotetica, ma spiega molte cose: Gesù predicava l’avvento imminente del Regno dei cieli. Viene crocifisso. C’è dunque una doppia storia da raccontare, che è la storia di una contraddizione e di un fallimento, che si intravvede nei testi dei Vangeli: è dall’intreccio di queste due storie (la predicazione del maestro, di tipo ebraico e la sua biografia) risulta un nuovo valore: quello della resa, della rinuncia e dell’accettazione dell’abbandono. Da secoli ci incarichiamo di capire e di difendere un comportamento elevato e spirituale che è nato per caso e per errore.

Brunella Antomarini
“L’errore del maestro”
Pagine 96, Euro 13:00
Derive Approdi


Una legge mordacchia


Dallo scorso 3 ottobre, in internet non si può più riportare il testo di un qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur citando la fonte. Lo dice l'art. 32 del decreto legge n. 262.
Per poterlo fare occorre pagare un compenso all'editore. E se non lo si fa le sanzioni sono salate.
Fino al giorno prima del decreto il copyleft era ammesso sul web con la sola restrizione di citare rigorosamente la fonte editoriale e l'autore del pezzo.
In altre parole: un comitato di quartiere che vuole documentare uno scempio ambientale archiviando articoli della stampa locale. Un'associazione di persone colpite da una malattia rara che vuole mettere a disposizione di tutti una rassegna stampa sui progressi scientifici del settore. Un'associazione pacifista che vuole denunciare, con prove giornalistiche, crimini di guerra e violazioni dei diritti umani.
Bene - o meglio: male -, tutti questi soggetti sono costretti a pagare una tassa alle associazioni degli editori per continuare a svolgere le loro attività.
Non e' facile trovare la disposizione che introduce questo balzello: per scovarla non basta leggere l'intero testo della finanziaria, ma va esaminato l'articolo 32 del capo IX del decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato già in vigore il 3 ottobre scorso. Chi riesce ad arrivare alla fine di questo labirinto giuridico scopre che il decreto modifica la legge sul diritto d'autore all'articolo 65, stabilendo che

i soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche.

In sintesi: se vuoi fare una rassegna stampa online o cartacea, devi pagare. Anche se la tua attivita' e' senza fini di lucro, umanitaria o caratterizzata da una valenza culturale o sociale, devi versare comunque dei soldi. Soldi che per giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai giornalisti che hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la cessione dei loro diritti d'autore alle testate per cui lavorano.
Per capire questo giro di vite in tutta la sua portata basta leggere la precedente formulazione dell'articolo 65, che condizionava le rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato".
Ma i tre colossi editoriali italiani che applaudono alla nuova legge (Rcs, Mondadori/Fininvest e il gruppo Caracciolo/L'Espresso) ignorano che la citazione di un articolo su un blog o un sito web e' in realtà una pubblicità gratuita per chi lo ha stampato? E che i cittadini sostengono già di tasca propria le imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge sull'editoria che premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a improbabili partiti e movimenti creati ad arte per scucire quattrini, come ha documentato un'ottima inchiesta di "Report" .
Per questa ragione un gruppo di volontari dell'associazione PeaceLink ha realizzato un appello (pubblicato a questo indirizzo) per dare la possibilità di conoscere quanto sta accadendo e prendere posizione in merito decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.
In quell’appello si chiede al governo di fare un passo indietro rispetto a questo decreto legge.
Cosmotaxi lo ha firmato e invita a farlo.



C'è animazione a Potenza


Il cinema d’animazione era, fino a pochi anni fa, figlio di un dio minore dell’universo cinematografico, un prodotto sul quale lavoravano in pochi e in pochi, fra i critici, se ne occupavano.
La maggioranza del pubblico, lo riteneva un cinema adatto ai ragazzi e vi portava i figli.
Con l’avvento del digitale, tutto è cambiato. E questa svolta è servita anche a farci incuriosire sulla storia di questa tecnica, a riscoprirne capolavori realizzati in anni lontani.
Conseguenza di quest’interesse, il nascere, anche in Italia, di tanti Festival dedicati al cinema d’animazione.
Ad esempio, in seguito ad un’intesa siglata tra l’Associazione Cortitalia e la Provincia di Potenza, è nato il Piaff: Potenza International Animation Film Festival
Il festival, mette in contatto realtà cinematografiche di diversi Paesi e, allo stesso tempo, offre l’occasione ai ragazzi di seguire i seminari gratuiti tenuti dalla Società Proxima, di pomeriggio al cinema Due Torri.
I film in concorso, provengono da 14 paesi: Australia, Brasile, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Italia, UK, Ungheria, Portogallo, Russia, Singapore, Spagna, Usa.
La madrina del Festival è Barbara d’Urso.
In programma anche una proiezione speciale dei migliori videoclip musicali realizzati da Direct2Brain, una delle più rappresentative aziende italiane di post-produzione che ha realizzato, ad esempio, video di Jovanotti, Tiromancino, 99Posse, Ligabue, Planet Funk, Subsonica.
Direttore artistico del Festival è Alessandro D’Urso, fotografo e regista, ha realizzato circa 50 copertine di cd e diretto diversi videoclip musicali.
Oltre al già citato Piaff, è direttore artistico del festival Cortoons.
A lui ho chiesto: quali i traguardi di questo Festival? E, soprattutto, che cosa espressivamente lo differenzia dagli altri festival consimili presenti nello scenario italiano?

Il Piaff, Potenza International Animation film festival, ha come obbiettivo quello di portare al sud Italia una panoramica più ampia possibile del “fenomeno” animazione. Vogliamo promuovere i prodotti audiovisivi Italiani creando un punto d’incontro e di scambio di esperienze fra i professionisti del settore, portando a conoscenza del pubblico le diverse culture dei Paesi da cui provengono le opere che concorrono al Festival.
Il Piaff 2006 avra’ un carattere principalmente didattico. Oltre ai seminari sugli effetti speciali, proietteremo diversi backstage che daranno modo di capire quale lavoro c’e’ dietro un cortometraggio di 3 minuti.
Il distinguo con gli altri festival sta proprio nel cercare di dare agli spettatori gli elementi di base per appassionarsi all’animazione
.

Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, l’ Ufficio Stampa è curato da Francesca Bellino: 338 - 279 12 96, fbellino@aliceposta.it

Piaff
Festival di Cinema di Animazione di Potenza
25-28 ottobre 2006
Cinema Due Torri – Potenza
e a Lavello, Venosa, MarsicoNuovo, Maratea


Bottom-up


E’ in corso a Milano una mostra di grande rilievo specie per chi ama le arti elettroniche.
Si tratta di Bottom-up: circostanze dell’immagine mediale ed è ospitata da
StudioSei Arte Contemporanea diretta da Sebastiano Dell’Arte.
A idearla: Gabriele Perretta, storico, saggista, studioso di estetica e media; docente a Parigi di Storia e teoria della critica e, a Milano–Brera, di teoresi dell’estetica tecnologica, ha tenuto seminari e corsi a Barcellona, Lovanio, Francoforte.
Matarazzo:
Gli artisti presenti nella mostra: Karin Andersen - Alessandra Ariatti - Valentina Bardazzi - Fabrice De Nola - Nan Golden - Lello Lopez - Giorgio Lupattelli - Antonello Matarazzo (nella foto una sua produzione) – Andrea Neri - Wolfgang Tillmans.
Nella nanotecnologia, mentre il procedimento chiamato “top-down” (dall'alto in basso, o dal grande al piccolo) provvede alla miniaturizzazione di dispositivi già esistenti, quello del “bottom-up” pensa alla costruzione atomo per atomo, ovvero intervenendo direttamente sulla struttura della materia.
Scrive Perretta: Con i più attuali sviluppi del “bottom-up”, anche l’arte può evolvere verso una parcellizzazione infinitesimale dell’immagine e soprattutto perdersi tra la fitta rete di dati generali e particolari, tra condizioni massimali di realtà e condizioni minimali di produzione, raggiungendo una condizione di “subrealismo mediale”. Se le nanotecnologie tendono alla miniaturizzazione, in arte però l’effetto bottom-up non ci deve riportare all’iperrealismo, ma ad un’immagine nanometrica, che inevitabilmente perfeziona i dettagli di tutte le figure, le copie, le sembianze. Riportandoci ad una progressione tecnica, qui il grande e il piccolo si confondono in uno spazio dell’immagine che è oltre l’alta definizione. Uno spazio che si alimenta grazie al gioco concettuale del figurato, ovvero non una semplice riproduzione figurativa della realtà con il mezzo tecnico, ma un luogo dell’immaginario che comprende i segni del quotidiano e i mondi più invisibili della materia.
bottom-up… è, dunque, un’esposizione che prende un libero spunto dal fenomeno delle nuove tecnologie in rapporto all’immagine. Naturalmente, il confronto si avvale di un termine di paragone metaforico e prova ad interrogarsi: “come sarà l’immagine domani?”. La risposta è data da una soluzione molto semplice: l’immagine si propone sempre di più come “cosa fra le cose”, più sapientemente tecnica di qualsiasi altro tradizionale artigianato, più realistica di qualsiasi altro realismo, ma anche più astratta di qualsiasi altra astrazione e più concettuale di qualsiasi altra concettualità
.

“Bottom-up: circostanze dell’immagine mediale”
StudioSei Arte Contemporanea
Viale Regina Giovanna 6, Milano
Tel.02 – 890 58 427, info@studioseiarte.com
Fino al 14 novembre



Noi la farem vendetta


Che gran bel libro ha scritto Paolo Nori!
Pagine che raccolgono e tengono insieme, cronaca, memoria, riflessione, in una perfetta coincidenza fra tempi storici e tensione esistenziale, documento e fantasia. Il tutto sul filo di una scrittura dallo stile parlato in cui l’io narrante spicca come in certi film una figura a colori nei fotogrammi in bianco e nero.
Il libro ruota intorno a quanto avvenne il 7 luglio 1960 a Reggio Emilia. Vennero uccisi dalla polizia cinque manifestanti che, nella Piazza Cavour (oggi Martiri del 7 luglio), partecipavano a una dimostrazione contro il governo Tambroni, sostenuto dai neofascisti dell'Msi.
Altre manifestazioni si svolsero in quei giorni in numerose città italiane, ma il più crudele tributo di sangue si ebbe a Reggio Emilia.
Là morirono: Afro Tondelli travolto da una jeep, e Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Lauro Farioli, Marino Serri sotto colpi d'arma da fuoco.
Titolo del volume, edito da Feltrinelli: Noi la farem vendetta.
Qui non c’è cipria del tempo, né cosmesi politica, ma un racconto dove dietro ogni tratto c’è il colore del sangue e il calore della passione, roba che ti tiene sempre in allarme, senti che aldilà del cruento episodio rievocato gravano altre minacce, altri pericoli, ci sono Parche che ti guardano dalle pagine, e non necessariamente vestite in grigioverde.
Con Paolo Nori, tempo fa, ho fatto quattro chiacchiere nella mia taverna spaziale a bordo dell’Enterprise ed ora, in una pausa di volo, gli ho chiesto: secondo te, Il 7 luglio 1960 a Reggio Emilia, quale Italia finisce? O quale Italia comincia? Oppure, quale Italia continua da sempre?
Così mi ha risposto.
Vedi, l'Italia a me sembra un concetto così strano. E' un po' come la lingua italiana, che è talmente varia, nelle sue espressioni, che i linguisti dicono che un italiano parlato non esiste, e a pensarci è difficile dargli torto. E se per me è complicato fare un discorso su una cosa che è vaga, ma anche così concreta come la lingua, diventa impossibile fare un discorso sulla politica, italiana, o sulla società, italiana, alle quali credo tu alluda nella domanda. Per quello che riguarda uno degli oggetti del libro, cioè la violenza dello stato, tra le tre alternative che mi proponi, quello che mi sembra salti un po' fuori, dal libro, è che le cose, sul piano del tempo della storia, continuano così com'erano. Poi il libro alla fine è ottimista, perché sul piano del tempo individuale, delle volte, succedon delle cose che ti viene da dire che al mondo c’è un po’ di giustizia.

Sul sito dell’Editrice c’è un ricco special sul libro, special che contiene anche alcune pagine del volume lette dall'autore.

Paolo Nori
“Noi la farem vendetta”
Pagine 194, 15:00 Euro
Feltrinelli


La trota ai tempi di Zorro


Michele MarzianiOggi mi occupo di un tema che meriterebbe da parte di tutti i media maggiore attenzione: la lettura per i ciechi.
Me ne fornisce lo spunto un libro, pubblicato anche in Braille, di cui dirò fra breve.
Desidero, però, prima segnalare un paio di siti web che si occupano del problema e che possono essere interessanti per chi non fosse al corrente delle più recenti ricerche informatiche in materia.
Perché, tra i tanti meriti del web, c’è anche quello di avere, sia pure in parte, risolto difficoltà che fino a ieri rendevano ancora più difficili le condizioni di chi soffre del grave handicap della cecità.
Buone occasioni per informarsi, le trovate su Wikipedia e anche QUI e QUI.
Protagonista di un’iniziativa editoriale che, si spera, possa trovare seguiti anche presso altre editrici è la Derive Approdi che, infatti, ha reso disponibile anche in Braille il romanzo La trota ai tempi di Zorro di Michele Marziani (a destra nella foto).
Il libro è stato trascritto ed inserito nel catalogo della Stamperia Braille
di Firenze, l'unica di proprietà pubblica esistente in Italia, appartiene, infatti, alla Regione Toscana.
Dice Cecilia Trinci: Speriamo che altri autori ed editori rendano disponibili le loro opere per arricchire il catalogo della nostra stamperia che è regionale, ma le opere presenti nel catalogo sono a disposizione di tutti i non vedenti.
E aggiunge l’autore Michele Marziani: Credo che l'accesso alla lettura per chi non vede sia, nonostante i grandi passi avanti, ancora un problema. Direi un problema di attenzione. Io l'ho sperimentato direttamente avendo una figlia non vedente, grande lettrice, sempre in cerca di buoni libri. Per questo mi è sembrato ovvio cercare di fare stampare il mio romanzo anche in braille. In questo ho trovato appoggio nella sensibilità dell'editore DeriveApprodi e nella disponibilità della Stamperia Braille della Regione Toscana. Un piccolo segno per ribadire il diritto di tutti alla lettura.
Aldilà dei meriti civili dell’edizione, il libro, romanzo di formazione, ha valori letterari che non sono sfuggiti ai critici; tra le recensioni ottenute, ne propongo qui una estratta da Tuttolibri.

Michele Marziani
“La trota ai tempi di Zorro”
Pagine 96, Euro 11:00
Derive Approdi


59 e tutti li dimostra


Lamberto PignottiNon so a quale significato corrisponda nella divinazione attraverso le cifre (chiamata Aritmomanzìa), il numero 59.
So, però, che nella spiegazione dei sogni - non quella di Freud ma della Smorfia per giocare al bancolotto - quel numero è consigliato a chi ha avuto visione di un abbellimento di casa o persona, ed è detto: “se più bella hai visto che s’è fatta, gioca il 59 e il tuo nemico per l’invidia schiatta”.
Al numero 59, inteso come 59 secondi, è dedicato il lavoro che da anni va svolgendo Irina Danilova (dal 2003 in collaborazione con Hiram Levy), dove quella cifra è usata come ispirazione per condurre creazioni di video arte.
Il tutto è stato organizzato in 59 Secondi Video Festival, un video-pensiero che spazia da microdocumentari alla satira politica, dalla tragedia alla commedia, dalla narrativa alla ricerca sperimentale.
Dietro questa giocosità, è facile scorgere anche una riflessione sul nostro tempo e la sua vertigine, la brevità che è cosa diversa dalla fretta, la vitesse su cui ha speso non poco inchiostro Paul Virilio, e altre connessioni nascoste e meno nascoste.
Mi è cara la misura di un minuto, e, infatti, da anni quando, nella sezione Nadir, ospito su questo sito videoclip, richiedo agli autori proprio quella difficile misura.
Ora, il Festival di cui dicevo approda in Italia sia pure un po’ fugacemente.
Sarà ospitato, infatti, presente Irina Danilova, domani 12 ottobre (ore 20.00), in uno spazio romano che va proponendosi fra i più interessanti della Capitale nell’area dei nuovi media: Stu dio Ra.
Successivamente, sabato 14 ottobre, sarà Potenza all'Amnesiac Home Gallery e, domenica 15 ottobre, allo Spazio Utopia Contemporary Art, Campagna (SA).


Terre esplorate


Maria Cristina Carlini“Nobile impasto di fango e ferro è questo mondo”, così cantava nel ‘500 il portoghese Camões e sembra che l’eco di questo verso riecheggi nelle opere di Maria Cristina Carlini che è a Roma con la mostra Terre: sculture-installazioni realizzate con commistione di vari materiali; memorie di paesaggi come metafore di genesi del mondo, per esempio in “Africa”: manufatti d’argilla con rotture telluriche rammendate con filo di ferro.
Quest’artista, nata a Varese, si è formata negli Stati Uniti dove, a Palo Alto, ha studiato a lungo le culture primitive californiane.
A proposito di questa mostra romana in corso, dice lo storico dell’arte Carlo Franza nel presentare i lavori: “Terre” scandisce ancor meglio delle altre volte il modo di operare di Cristina Carlini, il suo fare che si alimenta in una disseminazione di elementi, così come i veggenti del mondo germanico disseminavano i rami di faggio, dando luogo ad un evento magico, a una nuova grammatica in cui invece di raccogliere e decifrare, si potesse conservare il gesto del pensiero e della disseminazione […] le ricerche della Carlini assolvono non solo il principio costruttivo, quanto il senso analogico della percezione esistenziale che qui si traduce, per fattualità e manualità, in un intervento “impressionistico”, ovvero in quella scoperta di una delicata intimità che l’artista vi conduce, leggendone l’immagine.
Per saperne di più, trovate il suo sito web cliccando QUI.

L’allestimento della mostra è dell’architetto Massimo Domenicucci.
Ufficio stampa: Rita Cavalli +39 335 320147; mail: rita.cavalli@rc-media.it

Maria Cristina Carlini
“Terre”
Archivio Centrale dello Stato
Roma, Piazza degli Archivi 27
Fino al 2 – 11


Caroselli geniali


Pino Pascali“Compirebbe a giorni 71 anni, se fosse ancora in vita, questo genio, forse non universalmente riconosciuto, fino a quando, tre anni fa, all’asta londinese di Christie’s il suo “Cannone Bella Ciao” venne aggiudicato alla cifra record di 2.247.000 euro. La notizia si diffuse, e servì a far conoscere anche ai non addetti ai lavori chi è Pino Pascali”.
Così scrive Daniele Colossi nel presentare la mostra che ha dedicato a Pino Pascali nella sua Galleria di Chiari.
Nato a Bari il 19 ottobre del 1935, morì a 33 anni l’11 settembre 1968 in un incidente stradale, mentre viaggiava sulla sua moto. Per conoscerne estesamente biografia e percorso artistico, cliccate QUI.
Versatile e modernissimo nell’attraversamento di campi differenti (scenografia, grafica, scultura, pittura, pubblicità, tv), per l’importanza e l’attualità del suo segno, Pascali si presenta in un modo assolutamente originale rispetto alla stessa Arte Povera, corrente della quale è considerato esponente di spicco.
E’ tra i pochi italiani cui è dedicata una sala in permanenza alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, ed è presente in importanti musei e collezioni italiane e internazionali: il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna, l’Osaka City Museum of Modern Art, la Gam di Torino, il Macro di Roma.
Quando vedo qualcuno storcere il muso dinanzi a chi lavora su commissione (come se tanta, splendida, arte non fosse stata fatta su commissione anche nei secoli scorsi: architettura, pittura, letteratura, musica), uno dei primi nomi italiani che mi vengono in mente è quello di Pino Pascali; lavorare su commissione è soltanto più difficile.
Tante, ad esempio, le opere pubblicitarie realizzate da Pascali alla Lodolofilm dal 1958 al 1968. Dimostrano non solo la sua fantasia attenta e mai scontata, ma svelano altresì quel filo diretto che unisce e stringe fra loro i suoi ‘Caroselli’ e le sue sculture, sigle tv e performances, scenografie e installazioni.
La mostra, gioiosamente, illumina quel percorso
Un Dvd, contenente un’inedita intervista rivolta a Sandro Lodolo, nonché la riproduzione di alcuni fra i più noti ‘Caroselli’ realizzati da Pino Pascali, completa il catalogo a cura di Ilaria Bignotti che in una delle pagine così scrive: Gli piaceva rischiare. Correva in motocicletta e correva nell’arte, tesa allora in quella battaglia frontale che vedeva schierati da un lato il vasto, e non poco confuso, universo dell’Informale europeo con i suoi ripiegamenti ed i suoi doloranti rifiuti esistenziali, dall’altra il mondo della Pop Art americana e inglese, con le sue entusiaste aperture alla società dei consumi e la sua ottimistica carica provocatoria. Critici e artisti: allora ciascuno doveva scegliere. O apocalittici o integrati […] Pino rifiutò sempre di schierarsi da questa parte o dall’altra. Né apocalittico, né integrato. Infiltrato?

Pino Pascali
Galleria Colossi Arte Contemporanea
Info: info@colossiarte.it; 030 – 700 2000
Chiari (Brescia)
Fino al 15 novembre ‘06


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