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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Comicon


“Cartoni animati con un topo?... Che idea orribile. Terrorizzerebbe tutte le donne incinte!”.
Così disse Louis Meyer, capo della MGM, nel rifiutare il personaggio di Topolino nel 1927.
Aveva torto e perse un buon affare.
Chi può, però, non si perda – dal 3 al 5 marzo, a Napoli – l’ottava edizione di Comicon: Salone del Fumetto e dell’Animazione, diretto da Claudio Curcio e Luca Boschi, e farà un buon affare.
Quest’anno l’attenzione è particolarmente rivolta alle produzioni inglesi e tedesche.
Il tutto si svolge in uno dei grandi castelli cinquecenteschi d’Italia: Castel S. Elmo; da lì si gode una grande vista su Napoli ed è possibile valutare dall’alto (anche in senso morale) gli sfregi urbanistici che sono stati fatti laggiù dalle amministrazioni monarchiche del dopoguerra (ricordate “Mani sulla città” di Rosi?) fino alle più recenti disgrazie camorristiche.
Quest'edizione di "Comicon" è, prevalentemente puntata sulle produzioni cartacee e cinematografiche inglesi e tedesche.
Molte le iniziative che compongono il cartellone del Festival, tra queste segnalo la mostra Nella mente dello scrittore che analizzerà il percorso creativo di uno scrittore di fumetti, dall’idea allo storyboard, dall’ispirazione alla stesura del testo, attraverso i nomi che hanno reso grande la Graphic Novel.
Tanti altri avvenimenti si svolgeranno al Castello: incontri e dibattiti, eventi multimediali, la gara di cosplay; fra le novità di quest'anno anche uno stage sull'animazione in Flash ed un seminario per le scuole sulla sceneggiatura.
Per il programma, cliccate QUI
Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, l’addetto stampa è:
Antonio Iannotta, antonio@comicon.it


Azimut


L’Azimut, dicono le enciclopedie, è la distanza di un oggetto celeste dal Nord dell'orizzonte dell'osservatore. Mutuando il termine astronomico, l’Azimut - diciamo noi - è la distanza di un sogno dal nostro orizzonte.
Mi piace questa presentazione che fa di sé una nuova casa editrice: Azimut.
Trattandosi di un nome astronomico e delle sue metafore, Cosmotaxi dedica con piacere una sua corsa a questa nuova sigla diretta da Guido Farneti.
Per sapere su come l'editore la pensa, cliccate QUI e, in un post intitolato “Scendo in campo”, troverete sue brevi dichiarazioni sull’arte, la politica e il rapporto arte-politica.
Ma non è soltanto il nome astronomico e l'amore per il vino professato da Farneti che mi fa vicino stellare di questa Casa, ma soprattutto il suo giovane catalogo che annovera autori a me cari.
Come, ad esempio, il brasiliano Machado de Assis (1839 – 1908).
Di lui conservo “Memorie di Biagio Cubas”, "Quincas Borba" (entrambi Rizzoli) e “L’Alienista”, uno strepitoso racconto che fu pubblicato nel 1977 nella Biblioteca Blu diretta da Giovanni Mariotti per Franco Maria Ricci.
Azimut ripropone adesso proprio “Memorie di Biagio Cubas” (testo noto anche come “Memorie dall'aldilà") in una nuova traduzione – a cura di Silvia Marianecci – con un titolo che francamente mi lascia un po’ perplesso: Marcela mi amò per quindici mesi e undicimila scudi, niente meno. Per completezza d'informazione, va detto che quel nome ora dato all'opera, è l'incipit del XVII capitolo del libro, ma imposto adesso al libro tutto ha un vago sapore bukowskiano.
Un altro autore raffinatissimo, il francese Marcel Schwob (1867 - 1905) – da molti ritenuto il maestro cui s’ispirò Borges – è presente in Azimut con il suo capolavoro: Vite immaginarie per la traduzione di Cristiana Lardo.
E, ancora, splendono di D. H. Lawrence (1885 - 1930) quattro racconti, raccolti sotto il titolo Non è che ne sappia più di allora, dell’amore, tradotti da Laura Angeloni; si tratta di alcune delle prime opere dell’autore de “L’amante di Lady Chatterly”.
In quel catalogo – accanto ad altri titoli – figura anche una curiosità: Le domeniche con Pasolini della psicoterapeuta Mariella Vivaldi, nata a Gorizia, morta a Roma nel 2003.
Ha scritto Enzo Siciliano in un suo libro a proposito di Mariella Vivaldi: “Le loro giornate sono le domeniche. Tra loro grande libertà, grande confidenza intessuta da un soffio d’eros, una sorta di illusione amorosa”.

Casa Editrice Azimut
Sito web: www.azimutlibri.com


10 infami e altri 300


Il centrodestra, nell’affannoso tentativo di mostrare liste attendibili ai suoi elettori più moderati, ha tirato fuori da un truffaldino cilindro la storiella degli “impresentabili” escludendo due nomi dalle liste della CdL compromessi col neofascismo.
Ridicola cosa, perché in quelle liste di nomi “impresentabili”, oltre al plurinquisito leader, ce ne sono a pacchi e anche proprio dell’area del neofascismo ideologicamente inteso e mai rinnegato, si pensi, ad esempio, al repubblichino Mirko Tremaglia che è Ministro per gli italiani nel modo.
E che dire della dichiarazione – appena l’altro ieri – di Luca Romagnoli, segretario della Fiamma Tricolore (alleata della CdL) che ha messo in dubbio le camere a gas?
Vecchia storia italiana quella di una mancata epurazione dei fascisti, storia sulla quale ci fa riflettere un recente libro di Franco Cuomo intitolato I dieci: chi erano gli scienziati italiani che firmarono il Manifesto della Razza.
Quel Manifesto, pubblicato il 14 luglio 1938, fu la premessa alle leggi razziali promulgate il 6 ottobre dello stesso anno che comporteranno la perdita dei diritti civili per 58mila italiani, parte dei quali poi deportati in Germania e 8mila di loro morti nei lager.
Quei famigerati Dieci non solo mai furono processati, ma a loro, sono state intitolate strade, borse di studio, aule universitarie.
I nomi: Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Dosaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco, Edoardo Zavattari.
A questi vanno aggiunti altri 329 nomi che sottoscrissero il Manifesto, tra i quali, troviamo Giorgio Almirante e Julius Evola (Storace, da governatore del Lazio finanziò nel 2005 un convegno su di lui organizzato dall’estrema destra), ma anche Gaetano Azzariti, eletto nel ’57 Presidente della Corte Costituzionale; Ernesto Eula, primo presidente della corte di Cassazione (le “toghe rosse sono da sempre intorno a noi”, ha detto qualcuno quest’anno); Amintore Fanfani, Luigi Chiarini, direttore della Mostra cinematografica di Venezia negli anni ’60; padre Agostino Gemelli; Luigi Gedda – ai più giovani ricordo che fu il fondatore dei Comitati Civici e Presidente dell’Azione Cattolica negli anni ’50; Romolo Murri, il primo sacerdote a battersi per l’ingresso dei cattolici in politica… i nomi sono tanti, ma il libro li riporta tutti scolpendoli in una storia universale dell’infamia, documentando come molti di loro incontrarono a Berlino Himmler, Hess e altri carnefici del Reich.
Mi piace qui ricordare, a proposito di decine, un piccolissimo gruppo che ha, invece, grandi meriti: 12 professori universitari (su 1200 in cattedra a quel tempo) che nel 1931 rifiutarono il giuramento al fascismo e furono cacciati dall’insegnamento. Per chi volesse documentarsi, ci sono due libri su quel valoroso episodio: Helmut Goetz “Il giuramento rifiutato”, La Nuova Italia, 2000, e “Preferirei di no” di Giorgio Boatti, Einaudi, 2001.
Tornando a quei nomi di vergognosa memoria, Franco Cuomo così scrive: “Volevano dimostrare che esistono esseri inferiori. E ci riuscirono, in prima persona. Perché lo furono”.

Franco Cuomo
“I dieci”
Pagine 273, € 14,50
Ed. Baldini Castoldi Dalai


Il nostro caro Angelo


“Il nostro caro angelo / si ciba di radici…”, così cantava Lucio Battisti nel 1973.
Ma l’Angelo di cui scrivo oggi si nutre in modo più sofisticato e, soprattutto, cucina in modo ricercato per i suoi avventori, infatti, è uno chef.
Il suo nome: Angelo Madonna.
Ed ecco che a me, ateo, tocca parlare bene di un nome tanto celeste. Ma il motivo è dato dal fatto che il Nostro è di terrestre valore e, quindi, scriverne non è dovuto a conversioni.
Conobbi la sua cucina nel maggio 2005 in un locale di Firenze dove allora stava ai fornelli ed ebbi sùbito l’impressione che lì c’era un giovane talento.
Avevo ragione, difatti, la prestigiosa rivista “Monsier” lo ha inserito questo mese tra i migliori 10 chef italiani sotto i 30 anni.
Ora guida la cucina del Ristorante Casa La Querce a Montemurlo, vicino Prato.
Angelo ha lavorato nei suoi primi anni d’attività accanto a Bruno Barbieri, uno chef che meriterebbe più attenzione di quanto i media gli riservano.
Ad Angelo Madonna, ho chiesto: in sintesi parlami del tuo stile. Così ha risposto.
Caro Armando, come hai già detto, sono vicino alla scuola di Barbieri, del quale sono stato allievo presso la "Locanda Solarola". Tendo dunque al primo stile di Barbieri, quello basato sulla essenzialità degli ingredienti che compongono il piatto, che non vanno mai oltre quattro elementi. I piatti che propongo sono perciò immediatamente intelligibili, comprensibili dal cliente, che deve avere piena cognizione di quel che sta assaporando. Questa franca comunicazione con chi assaggia è quello che ricerco, ma, ne sono convinto, quello che anch'egli ricerca ed apprezza. Sfuggo quindi la cucina molecolare, l'utilizzo del sifone, gli abbinamenti caldo e freddo, eccetera.
Questa è la sostanza del rapporto che intendo instaurare con il cliente. Ovviamente vi è un altro aspetto che curo con attenzione. Parlo della guarnizione del piatto, che compensa la semplicità anzidetta, alla ricerca di una offerta completa che soddisfi occhi e palato
.

Il sito web - consiglio agli amici delle Guide e ai ghiottoni di trascriverlo nei propri appunti è: www.casalaquerce.it
Ristorante Casa Le Querce
Montemurlo (Prato)
Via Le Querce 47, tel. 0574 – 68 40 70
Chiuso il lunedì.


Una Lega nel vicino Ticino


Un film accolto con successo in Svizzera, esce in questi giorni nel circuito homevideo. Lo so, fin qui nulla d’emozionante. Ma il fatto è che quel film proprio in Svizzera ha suscitato un putiferio ricevendo attacchi soprattutto da parte della Lega dei Ticinesi. Il caso è finito anche in Parlamento.
Poco da sorprendersi, ne sappiamo qualcosa anche in Italia dove se non ci liberiamo il 9 aprile di certi signori e loro compari finiremo in una pattumiera della Storia.
Il film fu realizzato allorché le cronache riportavano due clamorosi episodi: la strage in un municipio della Svizzera centrale, a Zug, di 15 persone da parte di un folle, e il famoso caso dell'aereo da turismo svizzero fatto schiantare dal pilota sul Pirellone.
Titolo: Il giuoco dei sensi, regista: Enrico Bernard, autore dell’omonimo lavoro teatrale da cui è tratto il film.
Una curiosità: è il primo interpretato da Eva Henger, qui impegnata in un ruolo drammatico, dopo le sue esperienze cinematografiche di pornostar.
Detesto narrare trame e anche stavolta non mi smentirò.
Preferisco dirvi di Enrico Bernard.
E' nato a Roma nel 1955, dal 1990 vive in Svizzera.
Molti suoi testi sono stati rappresentati e tradotti: "Un mostro di nome Lila", "4everblues", "La
voragine", "Cenerentola assassina".
Per conoscere alcuni tratti del suo pensiero su cinema e teatro, cliccate QUI.
E’ anche editore con la formula print on demand della casa BE&A.
Enrico, quanto di Svizzera, quanto d'Italia e quanto di mondo in questo tuo film?
Uno dei motivi di risentimento da parte di alcuni politici locali (come il Consigliere Norman Gobbi) è che ho parafrasato il nome della località dove il film è stato girato, Malvaglia, in un più italiano e provocatorio "Malterra". Un nome dal sapore verghiano, una riminiscenza non solo però scolastica, ma anche una indicazione geopolitica precisa. Il Canton Ticino è infatti di lingua italiana e dall'Italia, nel bene e nel male, è economicamente e finanziariamente dipendente. Pertanto quando si parla del "marcio" e della "corruzione" italiana, non si può non aver presente che ciò comporta che una parte della cancrena - per metastasi - si propaghi nella regione vicina del Ticino per quei meccanismi della finanza internazionale a tutti noti. I Ticinesi sono onesti lavoratori, buona e brava gente che sempre più marginalmente - e comunque pagando un crescente pegno come identità e cultura popolare - gode ormai dei "benefit" di un sistema economico fondato sulla speculazione e sull'inganno: ecco il vero sottotesto del film che coinvolge l'Italia coi suoi mali, e la Svizzera con le sue contraddizioni.

“Il giuoco dei sensi”
Regìa di Enrico Bernard
Uscita in homevideo: 1 – 2 – ‘06
Durata: 80’00”
Distribuzione Millenium Storm


Storia di Nahir


Credo che ci siano al mondo solo due organizzazioni autenticamente rivoluzionarie: Amnesty International e Medici Senza Frontiere.
Due organizzazioni che, fra infinite difficoltà, portano soccorso vero alle conseguenze sanguinarie della ferinità degli uomini.
A proposito, ho un appello da rivolgere ai valorosi medici senza frontiere. Se fra voi ci sono degli psichiatri, inviateli subito nella capitale di un paese chiamato Italia, in una località nota come Palazzo Chigi. Lì ci sono alcuni che si credono Napoleone, altri che delirano riempiendo ampolle con l’acqua del Po, altri ancora che indossano magliette con vignette strane, per non dire di qualcuno che vuole vestirsi con indumenti inneggianti alla cristianità, e di un signore il quale crede che l’acqua di Fiuggi non sia diuretica ma serva come lavacro per sciacquare via ogni infamia.
Uno strazio... correte!... quelli sono estremamente bisognosi del vostro aiuto!!
Assolto questo còmpito umanitario, passo a dire di un video prodotto da MSF che è stato realizzato da Gordo.
Gordo è il nome della prima scimmia lanciata nello spazio.
Il gruppo che s’ispira a quella pelosa creatura organizza eventi e realizza produzioni.
Dopo aver ospitato decine di flash cartoon e averne recensiti altrettanti per Tiscali Arte, Gordo esordì con l’opera animata "Il Branco". I protagonisti: scimmie.
Dicono che quella fu una storia autobiografica.
I fondatori, parenti stretti di King Kong, sono: Simone Buonamico, Stefano Buonamico, Claudio Morici.
Per vedere la storia della piccola Nahir, cliccate QUI.


Suono il clacson scendi giù


Credo che Italo Svevo fu forse il primo italiano a morire per colpa di un’automobile, ma, se non detiene quel poco invidiabile record, fu certamente tra i primi. Morì, infatti, il 13 settembre 1928 a Motta di Livenza, per un incidente automobilistico accaduto due giorni prima.
Da allora ad oggi… una strage!
Circa 8mila morti (quasi uno ogni ora, 6 volte più dei caduti sul lavoro, 3 volte le vittime delle "torri gemelle"), 20.000 disabili gravi (invalidi dal 33 al 100%) e 300mila feriti che la strada “produce” ogni anno (stime ospedaliere Istituto superiore di Sanità), il costo economico è calcolato oltre i 30 milioni di euro all’anno (stima Cnel).
Questi dati li ricavo dal sito dei familiari delle vittime della strada, un’Associazione che svolge una preziosa e civilissima attività con interventi anche in campo legislativo.
Ma oltre ad essere uno strumento micidiale, che cosa significa l’automobile oggi?
Domanda alla quale rispondono alcuni incontri, coordinati da Marco Senaldi, che si svolgono alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna accompagnando la mostra Drive.
Gli incontri indagano sugli aspetti sociali, psicologici e culturali dell'automobile.
Sono già intervenuti o interverranno nei prossimi appuntamenti: Alessandro Bergonozoni, Fulvio Carmagnola, Antonio Baronia, Vanni Codeluppi, Elio delle Storie Tese, Umberto Galimberti, Tiziano Scarpa, Daniele Vicari, Antonio Rezza e Flavia Mastrella.
Il tutto avviene in un apposito spazio della Gam allestito scenograficamente da Officina Indigena a mo’ di studio televisivo, dove vengono presentati rari materiali audiovideo tra cui una scelta di spot pubblicitari, dagli anni '50 ad oggi e alcuni video clip curati per l'occasione da Maurizio Finotto (autore e regista) sul tema dell'auto e dei paradossi automobilistici con cui quotidianamente conviviamo.
Gli arredi di modernariato sono messi a disposizione da Freak Andò.
Il curatore Marco Senaldi si occupa d’arte contemporanea e insegna Cinema e Arti Visive all’Università di Milano Bicocca. Ha curato mostre, ad esempio: Cover Theory - L’arte contemporanea come reinterpretazione, catalogo Scheiwiller, 2003; recentemente ha pubblicato Enjoy! Il godimento estetico, 2003, e l'anno dopo Van Gogh a Hollywood. La leggenda cinematografica dell’artista, Meltemi.
Collabora con Flash Art, il manifesto, Exibart Onpaper, Aroundphotography.
Il titolo della serie di riflessioni da lui guidate è: Autoreverse: paradossi dell'automobile.
A Marco Senaldi ho chiesto: qual è il paradosso dell’auto oggi?
L'automobile oggi è divenuta un paradosso vivente - direi quasi l'emblema della condizione paradossale della nostra contemporaneità: è il mezzo di trasporto più diffuso e irrinunciabile, a cui dobbiamo rinunciare non perché non funziona, si guasta, va perfezionato, eccetera, ma proprio perché funziona troppo, è troppo diffuso, ha avuto troppo successo. Un'automobile di oggi, si sa, inquina come dieci 127 di trent'anni fa - il problema è naturalmente che adesso ci sono dieci volte automobili in più. E allora non si tratta solo di inquinamento, ma di vero e proprio intasamento; il paventato "blocco totale" della circolazione automobilistica che numerose amministrazioni comunali impongono ai cittadini diventa così una necessità quasi fisiologica per le nostre metropoli. Del resto qualche dato (di quelli su cui si parla sempre troppo poco) ci fa subito capire di cosa stiamo parlando: nel 2003 la densità automobilistica ha raggiunto in Italia un rapporto di 1,69 abitanti per autovettura, il valore più elevato in Europa. In sostanza, a una popolazione di circa 56 milioni di abitanti, corrisponde una massa di circa 36 milioni di autoveicoli. Si tratta di una vera e propria "seconda popolazione" che, pur essendo perennemente sotto gli occhi di tutti, fingiamo di non vedere. Vien quasi da rimpiangere la fantascienza classica con i suoi eserciti di alieni! - oggi gli alieni sono arrivati, sono qui, sono parcheggiati sotto casa. Occorre perciò cominciare a ragionare su questo mezzo (che ormai ha più di un secolo) non solo in termini sociologici o statistici, ma in chiave storico-culturale: l'automobile ha cambiato le nostre vite e le nostre relazioni, ma ha soprattutto cambiato il nostro immaginario, la letteratura, la poesia, il cinema, l'arte... Occorre riflettervi sopra per non permettere che ciò accada a nostra insaputa - questo è il fine degli incontri di ‘Autoreverse’.


Move On 1x100


Tempi grami per il finanziamento della cultura in Italia, paese che ha per Ministro ai Beni Culturali il pio Rocco Buttiglione, che di scuola e università si occupa una certa sciura Moratti e che ha un governo che falcia i fondi destinati alla cultura considerandola erbaccia.
Ben venga, quindi, un’iniziativa promossa da un movimento di operatori culturali: Move on 1x100. Chissà perché si sono dati un nome in inglese pur puntando a riformare cose italiane. Credo nel meticciato linguistico, ma, come altre volte ho già scritto, quando dà forza a una lingua in occasioni che non ne ha. Ma qui? Vabbè, così hanno voluto e sia così.
A Roma mercoledì 22 febbraio, ore 19.00, allo Spazio Etoile, Piazza S. Lorenzo in Lucina 41 questo gruppo presenterà una propria proposta.
Volentieri copio e incollo parte del loro comunicato. Eccolo qui di seguito.
Il Move on 1x100 è un’iniziativa nazionale di artisti e cittadini preoccupati dai tagli ai fondi destinati alle attività culturali che si ripetono in ogni legge finanziaria.
Vogliamo garantire nuove risorse per trasformare la cultura da settore in perdita a voce attiva dell’economia italiana.
In molti paesi gli investimenti nella cultura hanno raggiunto importanti risultati economici grazie ai contributi dei privati e al sostegno delle istituzioni.
Invece in un paese come l’Italia, che detiene oltre il 40% del patrimonio storico e artistico del pianeta e che ha condizionato con il proprio modello creativo, interi settori dell’industria mondiale, le aziende e i privati cittadini non percepiscono alcun vantaggio nell’investire in cultura sia sotto il profilo economico, sia in termini di crescita civile e sociale. Se in Italia la cultura ha poche risorse, l’industria culturale rappresentata dai media gode di ottima salute perché alimentata dal gigantesco motore del mercato pubblicitario, con un giro di affari di 9 miliardi di euro solo nel 2005.
Da qui la nostra proposta.
1. Impiegare una quota dei proventi fiscali derivanti dagli investimenti pubblicitari per un fondo speciale, non modificabile da manovre di bilancio, da destinare alla cultura.
L’operazione non incide sul carico fiscale delle aziende e non sottrae introiti allo Stato.
2. Defiscalizzare le sponsorizzazioni di aziende e privati in favore di iniziative culturali per
incentivare gli investimenti nel settore.
3. Costituire un comitato nazionale che sovrintenda all’applicazione della legge e al monitoraggio della spesa del fondo istituito.
MOVE ON 1x100 si rivolge alle istituzioni e alle imprese, coinvolge associazioni, operatori culturali e cittadini, promuove iniziative di sensibilizzazione allo scopo di formulare una proposta di legge che sancisca i principi enunciati
.
Non mi resta d’aggiungere che per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, l’Ufficio stampa è di Germana D’Orazio: 347-0343518; germana.dorazio@1x100.net


Civilissimi Dvd per un teatro In/Civile


Le tv Raiset, si sa, sono troppo occupate a fare curiali porta a porta, a proporre programmi quizzaroli inzanicchiati e trascurano il teatro, quanto a produrne, poi, neanche a pensarci.
E’, quindi, d’accogliere gioiosamente un’iniziativa editoriale – sei Dvd – promossa dal quotidiano l’Unità, che propone spettacoli della nuova scena italiana, titolo: Teatro In/Civile.
Ideazione e cura della serie: Rossella Battisti e Mario Perrotta che si sono avvalsi della collaborazione di Angela Felice e Stefano Salerno.
Di Rossella Battisti dirò fra poco, di Mario Perrotta ecco qualche sintetica nota. Originario di Lecce, regista, attore, curatore di festival. Nasce da esperienze maturate accanto a Glauco Mauri ed Elio De Capitani, da tempo collauda una forma di teatro collettivo, solidale, assieme ai compagni con i quali ha fondato a Bologna la Compagnia del Teatro dell'Argine.
In questi Dvd, sei spettacoli scelti per un inedito ritratto d’Italia, attraversando realtà, paesaggi e tensioni nascosti o rimossi tra passato e presente.
Dagli operai “mitologici” di Ascanio Celestini (“Fabbrica”) a Mario Perrotta postino-testimone delle vicende dei minatori italiani in Belgio (Italiani, cìncali!”), dal profondo sud visionario di Emma Dante (“mPalermu”) a quello della memoria raccontato da Davide Enia (“Maggio ’43), alle atmosfere nebbiose dell’est dove si muovono le levatrici di un tempo evocate da Giuliana Musso (“Nati in casa”) fino agli strepitosi detenuti-attori della Compagnia della Fortezza – da vent’anni diretta da Armando Punzo – in uno sfrenato Kabarett, scelto come documento-jolly e segnale di speranza da dare alle generazioni future: “I Pescecani, ovvero quel che resta di Bertolt Brecht”.
Sei dvd, realizzati per la regia di Marco Rossitti, con extra e interviste agli autori.
Le sei copertine sono tratte da ritratti ad olio di Mariagrazia Solano.
“Teatro InCivile” nasce in collaborazione con l’Unità, Assoprosa Pordenone, Università di Udine, Teatro Club Udine.
Ho avvicinato Rossella Battisti per saperne di più su questa lodevole iniziativa.
Ora 2 parole 2 su di lei. In realtà le parole dovrebbe essere suppergiù 22.222 tanto è imponente il suo cursus honoris. Lo riassumo sennò facciamo notte. Si è laureata in Lingua e Letteratura Tedesca, ed è una tipa che, correlatore Paolo Chiarini, becca un 110 e lode.
Giornalista professionista, dal 1986 collabora con il quotidiano L'Unità in qualità di critico di danza e di teatro. La Melandri la volle al Ministero membro del Comitato per la Danza, e lo è ancora oggi.
Tra le sue tante pubblicazioni, è stata editor del libro di John Martin "La Modern Dance", tradotto da Nicoletta Giavotto, e con la stessa tradurrà poi "L'arte della coreografia" di Doris Humphrey.
Ha scritto articoli e saggi per Rinascita, SuonoSud, voci di danza per l'Enciclopedia dello Spettacolo edita da Baldini e Castoldi; programmi di sala per l'Opera di Roma, per il Comunale di Ferrara, per RomaEuropa Festival, per il teatro Pergolesi di Jesi.
Insomma una etoile degli studi sulla materia.
Numerosi i suoi incarichi didattici di ieri e di oggi all’Università e li salto atleticamente.
Per oggi può bastare? Ditemi di sì.
A Rossella Battisti ho posto due domande in una, lo ammetto: sono vorace.
Quali le motivazioni che vi hanno spinto a quest’impresa? E perché quel titolo?
Il teatro è bello a teatro. Ma ci sono spettacoli che vale la pena di rendere più visibili, tirarli fuori dalle ex cantine o dagli off, dove spesso debuttano piccoli gioielli e giovani talenti. E’ stata questa l’idea di fondo che ha portato ai dvd di “Teatro In/Civile”: cinque più uno gli artisti scelti per formare una collana di spettacoli da (ri)vedere a casa, come si fa per i film che ci sono piaciuti oppure i concerti che vogliamo riascoltare. Nomi in crescita veloce come Ascanio Celestini, Mario Perrotta (co-autore del progetto), Emma Dante, Davide Enia, Giuliana Musso, mentre i detenuti-attori di Punzo con i “Pescecani” rappresentano un momento alto di un’esperienza ventennale.
E tutto questo perché sono convinta che sia il tempo giusto per tornare a riflettere. E sul serio.
Mi hai chiesto il perché della scelta del titolo. Teatro In/Civile – dizione voluta dagli artisti – è una definizione provocatoria per una collana di teatro s/comodo, che non si adatta alle convenzioni, che non vuole essere rassicurante, ma graffia la faccia oscura dell’Italia, un teatro di scene giovani e ribelli che parlano di un’Italia colpevolmente dimenticata.
Sei spettacoli e sei autori dalla grafia forte e coraggiosa che portiamo in edicola proprio per dare la possibilità, come ti dicevo prima, anche a chi non va a teatro di conoscerli o, per chi già li ha amati in scena, di rivederli. Un doppio lavoro sulla memoria, quella che gli artisti ricostruiscono dal nostro passato riproponendocelo, e la documentazione di un nuovo teatro, fortunatamente in ascesa, che non sa fare a meno dell’ impegno civile
.
I titoli della collana sono in vendita con “l’Unità” (il primo è andato in edicola l’1 febbraio) e costano ciascuno 8:90 euro più il costo del giornale.
La scadenza prevista inizialmente come quindicinale, per motivi editoriali, ha subito qualche slittamento – una vera fortuna per acchiappare in tempo il secondo e gli altri! – e, comunque, per informazioni, acquisti on line (arretrati compresi), cliccate sul sito de l'Unità dove troverete un box dedicato a Teatro In/Civile con tutte le informazioni adatte per arricchire la propria videoteca con questa preziosa produzione.


Tavole italiane: Taverna 58


In un mio recente viaggio di lavoro sono capitato a Pescara dove mancavo da anni.
Lo so, fin qui nulla d’emozionante per voi.
Forse, però, può interessarvi che lì c’è la Taverna 58, un locale con i fiocchi che quest’anno festeggia il suo 25° compleanno e nell’occasione ha pubblicato un coloratissimo e ben fatto librino che della Taverna narra origini e percorsi.
Il ristorante si trova in Corso Manthonè, la stessa strada dove c’è la casa-museo di D’Annunzio e apre i battenti proprio di fronte a quella che fu la casa di Ennio Flaiano che, purtroppo, museo non è.
In cucina lo chef di sicura mano Giovanni Marro; in sala, Gino Jannone, eccellente intenditore dei vini come ho capito dalle poche battute che ci siamo scambiate; mi sarebbe piaciuto intrattenermi a parlare delle bottiglie della lista (a proposito, ricarichi accettabilissimi), ma, indaffarato, si è colpevolmente sottratto preferendo altri tavoli.
Non così ha fatto il patron e fondatore del locale Giovanni Marrone (indimenticabile lo zabaione che prepara ai tavoli in un contenitore di rame sulla fiamma) che si è simpaticamente intrattenuto con me e del quale ho apprezzato sia la competenza enogastronomica sia quella di cultura d’impresa del settore.
Piatti rigorosamente di territorio e ben condotti, ricordo una Chitarrina con funghi e tartufo
dell’aquilano ed un’eccellente pecora al tegame. Ci sono parecchie altre delizie da gustare: dall’insalata tiepida al pecorino Marcetto di Campo Imperatore alla frittatina con foglie e fiori della Majella e croccantini di prosciutto, dal cinghiale alla bracconiere al baccalà in cartoccio con marmellata di cipolle, per non dire dei molteplici piatti di dessert sui quali, però, trionfa lo zabaione di cui vi dicevo prima.
Ma… sì, un ma c’è. Ed è il solo rimprovero che muovo a questo delizioso angolo per gourmets, i piatti sono tanto abbondanti che impediscono una degustazione molteplice, sicché mi sono arreso dopo la chitarrina e la pecora al tegame senza riuscire a finire entrambe le portate. Peccato, mi sarebbe piaciuto curiosare di più. Forse, un pensierino va fatto dal patron su quelle porzioni, in un ristorante come il suo, noi ghiottoni andiamo per molti assaggi, mica siamo affamati reduci da una carestia!
Dai 40 ai 50 euro compresa una buona bottiglia, prezzo meritato.
Il sito web – al momento che scrivo non vuole saperne d’aprirsi – è www.taverna58.it.
“Il tratto più breve fra due punti è il Labirinto”, diceva Flaiano, e se in un gustoso Labirinto volete entrare, consiglio la Taverna 58 che fra i locali da me visitati, segnalati dalle Guide a Pescara, mi è sembrato fra i più convincenti.

Taverna 58
Corso Manthonè 46
Tel: 085 – 69 07 24


Celebrazione del Nolano


Questo mese ricorrono due date che riguardano due pilastri del pensiero laico: Darwin (il 12 febbraio è stato l’anniversario della sua nascita) e Giordano Bruno (il 17, anniversario della sua morte).
Ai più distratti ricordo che Bruno mentre si trovava nel 1591 a Venezia, lì invitato dal nobile (si fa per dire) Giovanni Mocenigo, fu denunciato dal Mocenigo stesso (…accidenti che ospitalità! direbbe Buster Keaton) all’Inquisizione. Processato a Venezia prima e a Roma poi, non avendo ritrattato le sue idee, fu condannato al rogo dagli uomini pii della Chiesa cattolica.
A Roma, venerdì 17 (la data quest’anno la dice lunga sulla disgrazia patita quattro secoli fa), a partire dalle 16:30 si celebrerà il grande filosofo martire della libertà di coscienza.
Chi a Roma abita, o vi si trovasse di passaggio, può portare, com’è consuetudine ogni anno, un tributo di gratitudine al Nolano, unendosi alla manifestazione, e deponendo ai piedi della statua a Campo de’ Fiori, dove il rogo arse, un fiore, un proprio scritto, un pensiero, che ricordi Bruno ed il suo sacrificio.
Il programma prevede l’intervento del Sindaco di Roma Valter Veltroni, di Felice Napolitano sindaco del Comune di Nola, di Bruno Segre, Maria Mantello e Federico Coen dell’Associazione Nazionale Giordano Bruno che è organizzatrice della celebrazione.


Gazze e Avvoltoi


Come stanno le cose del collezionismo in Italia?
Così mi sono interrogato in una notte illune.
Per saperne, a chi rivolgersi se non ad una grande studiosa di antropologia che abbiamo in Italia, vale a dire Paola De Sanctis Ricciardone?
Anche perché, proprio di recente è uscito presso la prestigiosa rivista quadrimestrale Lares - diretta da Pietro Clemente - un suo splendido saggio dal titolo “Gazze ladre per antenati” che proprio sul collezionismo riflette.
Perché quel titolo? Perché il noto studioso Julius von Schlosser nel 1908 affermò (e qui dal saggio copio, sport da me portato a livelli olimpici) che: “…nel tracciare una storia del collezionismo, non è ‘da disdegnare’ partire dalla gazza ladra, il cui comportamento si pone come un paradigma dell’’impulso alla collezione nel mondo animale”.
Non mi resta, quindi, che passare la mia ansiosa domanda del primo rigo a Paola De Sanctis Ricciardone. La Divina così mi ha risposto.
E’ un mondo intero che mi chiedi, sempre legato all’attualità, perché le mostre si debbono mostrare, in continuazione, sennò divengono mostruosità, come le stanze lombrosiane dei musei criminologici, che per bon ton e politically correctness, vengono interdette, si larvano al pubblico e danno di sé cieche immagini inquietanti, morbose. Poi invece la TV ci mostra altre larve, mostri, che non hanno paura della luce, fieri della loro sostanza criminale e di cui nessuna mano pietosa riesce a risparmiarci lo scandalo della vista. La TV è il nuovo collezionista, il nuovo falco-avvoltoio di carogne semoventi, senza la pietas umanistica delle gazze dei secoli scorsi.
Non mancano in Italia interessanti Musei di collezionismo.
Splendido è il mitico Museo Guatelli, anch’esso nato dal furore d’aver cose di una gazza ladra nostrana (morta pochi anni fa, credo nel 2000) particolarissima. Il museo riaprirà il 1° marzo. Ettore Guatelli è l’Hans Sloane del mondo contadino. Un raccoglitore di detriti di mondi marginali soggetti ad oblio e sottratti alle discariche della società affluente. La poetica sublime dei suoi allestimenti, ha fatto paragonare le sue stanze (stalle, magazzini agricoli) alla Cappella Sistina dei poveri.
Poi ad esempio c’è la collezione di Vittorio Tessera, monomaniaco degli scooter, la cui nuova sede è stata inaugurata il 22 gennaio scorso
Ti segnalo anche l’inaugurazione del Museo del Giocattolo a Zagarolo (Marzo 2005), sempre sulla base di collezioni di privati, “gazze” monotematiche che collezionano la loro infanzia, incantati sull’oggetto (metonimia del sé mitico, infantile) perduto.
C’è pure uno che va in giro per l’Italia con le sue collezioni di macchine da caffè che espone a destra e a manca in continuazione.
E poi c’è la deliziosa e stuporosa collezionista di lanterne magiche che ha il museo suo da anni ma che va sempre in giro per il mondo a mostrarle e a proiettare le sue magnifiche slides (alcune anche in movimento, antenate del cinema) vestita in costume fine ottocento: Laura Minici-Zotti.
E' possibile di nuovo visitare il settecentesco Museo Bandini di Fiesole che, infatti, ha appena riaperto giorni fa, dopo un lungo restauro, arricchito da nuove opere, mai finora viste, che raccoglie tesori d’arte sacra del canonico Angelo Maria Bandini.
Naturalmente c’è molto altro, ma tu tirannicamente mi hai dato lo spazio che mi hai dato e mi sono limitata a segnalare solo alcune occasioni o perché a me care o perché molto interessanti che hanno aperto (o riaperto) in epoca recente
.


Black Christmas


“Fin da quando comincio a vedere le vetrine allestite coi festoni, sento un impulso violento. Quello di fuggire.”
Ecco ciò che prova, all’avvicinarsi del Natale Antonio Barocci, scrittore di cui mi sono già occupato in Cosmotaxi tempo fa.
Solidarizzo con lui, perché anch’io temo e detesto le feste natalizie.
Ora Barocci manda in libreria, Editrice Zona, un’antologia di racconti di cui è curatore, ed autore di uno di essi, intitolata Black Christmas.
Racconti drammatici come quelli di Paola Urbinati – scrive in prefazione – desolanti, come quello di Franco Foschi, dolorosi, come quelli di Vittorio Bongiorno; oppure intrisi di ironia, per nascondere I vuoti, la solitudine e il dolore che i personaggi di Matteo Bortolotti celano nel
profondo
.
E bello come quello di Barocci, aggiungo io, perché lui elegantemente non si nomina in quella prefazione, che ci racconta di un Cavaliere Errante che è un mix tra Don Chisciotte, Pantagruele e il Barone di Münchhausen, un Cavaliere che pur fiabesco va incontro a icastiche avventure.
Della narrativa, amo più i racconti che i romanzi, non è un caso che, tra le letture fatte, una delle più straordinarie ritengo che sia quella di Melville in “Bartleby lo scrivano”.
Arte difficile quella del racconto, laddove la sintesi espressiva impone storie e ritmi di complessa fattura, non ammette compiacimenti, non perdona pause.
Black Christmas presenta un buon esercizio di quel genere letterario praticato su di un tema – il Natale – che sarà bianco finché si vuole, ma nasconde più di una nera epifania.

"Black Christmas"
a cura di Antonio Barocci
Pagine 142, euro 13:00
Editrice Zona


Un nuovo Pigmalione


Martedì 14 febbraio, debutta a Roma, al Teatro Quirino, una nuova edizione del Pigmalione, opera del 1914 di George Bernard Shaw (Dublino, 1856 – Ayot St. Larwrence, 1950).
Protagonista nel ruolo del famoso Dottor Higgins è Geppy Gleijeses, attore, regista, autore, nato a Napoli nel 1948.
Di solito volendo elogiare un attore lo si definisce “versatile” e poi si stoppa lì. Per Gleijeses, sono i cartelloni e i consensi di pubblico e critica a parlare. Difatti, tanto per andare sul veloce, ha interpretato con successo ruoli protagonisti da Aristofane a Camus, da Coward a Sartre, da Feydeau a Goldoni, da Gogol a Pirandello da Burgess a Woody Allen.
Come vedete stavolta l'espressione "versatile" non è il solito modo di dire.
Drammaturgo, scrive e dirige produzioni della Gitiesse di cui é il direttore; spettacoli come, ad esempio, “Triato d'avanguardia” e “Vorticose passioni”.
Impegnato anche nel cinema, lo ricordo in “Così parlò Bellavista” di De Crescenzo e “Il sole anche di notte”, tratto da un racconto di Tolstoj, diretto da Paolo e Vittorio Taviani.
Il lavoro che è di scena al Quirino è prodotto dal Teatro Stabile di Calabria guidato da Gleijeses.
A proposito di questo teatro, mi piace ricordare che nasce nel 1999 proprio dalla trasformazione della Cooperativa “Gitiesse Artisti Riuniti”. La Gitiesse, la più importante cooperativa teatrale del Mezzogiorno con oltre 220 elementi tra artisti, dipendenti fissi, tecnici, amministrativi. Tra i soci della cooperativa, figure di primo piano della nostra scena quali Mario Monicelli, Mario Missiroli e Roberto Guicciardini e, tra i collaboratori, Luigi Squarzina, Armando Pugliese, Gigi Proietti, Marina Malfatti, Arnoldo Foà, Laura Morante, Dominique Sanda, e mi scuso con gli altri non citati, ma sono tantissimi e se li nomino tutti facciamo notte.
Nello spettacolo in scena al Quirino, nel ruolo del Dottor Higgins, come dicevo righe fa, Geppy Gleijeses, reduce da successi wildiani con “L'importanza di chiamarsi Ernesto” e “Un marito ideale”, accanto a lui Valeria Fabrizi, madre di Higgins. Alfred Doolittle è interpretato da Marco Messeri, prezioso comico toscano, protagonista con Troisi, Moretti e Mazzacurati di tanti film del più recente cinema italiano. Eliza Doolittle, la fioraia/duchessa, è Marianella Bargilli, con alle spalle studi di recitazione all'Actor's Studio di New York con Marylin Fried e in Italia con Beatrice Bracco e Nikolaj Karpov.
La regia è di Roberto Guicciardini, le scene di Piero Guicciardini, i costumi di Lorenzo Ghiglia, le musiche di Matteo D’Amico.
Roberto Guicciardini così dice circa l’ironia provocatoria di Shaw che irride duramente alla fatuità della classe agiata e dei suoi valori.
I rapporti fra i personaggi sono in apparenza semplici e diretti. Ma nel non detto traspaiono una serie di segnali che svelano insicurezze, ambiguità, rivalse. La serra luminosa e colorata nella quale abbiamo scenicamente ambientato la commedia è chiusa al mondo esterno, tutti vi si aggirano con le proprie idiosincrasie, come in una sorta di voliera in cui i personaggi svolazzano irretiti. Solo l’intrusione di Liza e di suo padre Doolittle, con il loro linguaggio irriverente, conferisce ai personaggi un movimento irrequieto. Lo sgangherato eloquio di Liza sarà pazientemente ricondotto al decoro borghese con l’esercizio e la persuasione. Ma tale presunzione culturale verrà messa in trappola dalla spontaneità di una umana e legittima richiesta di affermazione attraverso un ruolo attivo nella vita sociale.

Per i redattori della carta stampata, delle radiotv, del web, l’Ufficio Stampa è curato da Simona Carlucci: 0765 - 423364 e 335 - 5952789; carlucci.si@tiscali.it

“Pigmalione”
di George Bernard Shaw
Roma, Teatro Quirino
Fino a domenica 26 febbraio
Per informazioni e prenotazioni 800 - 013616


Totò nudo e un cane vecchio


Come sanno gli amici che leggono queste mie cronache, giro parecchio attraverso l’Italia per festival, mostre, rassegne e rare volte, purtroppo, mi càpita d’emozionarmi di fronte a ciò che vedo. Nei tempi più recenti, m’è successo, ad esempio, a Milano alla mostra di Boltanski e in due occasioni in cui ho visto altrettanti lavori di Diego Perrone.
Uno straordinario videoartistia che quando saranno passate le modeste febbri delle mode attuali, dei refusi, del visto-e-rivisto, scommetto, e vincerò la scommessa, che sarà portato con altri pochi ad esempio di qualità dei nostri giorni.
Diego Perrone è nato ad Asti nel 1970. Città che mi ricorda l’amico Valerio Miroglio, scomparso nel ’91, un artista verso il quale alquanti sono in debito, soprattutto molti critici e galleristi. Ma Valerio con la sua elegante ritrosìa se l’è cercata proprio quell’avventura. Quante bevute con lui! Ora, talvolta, torno ad Asti per incontrarne la moglie Rosa e la figlia Giulietta che conservano un piccolo museo del lavoro di Valerio.
Tornando a Perrone, potete saperne di più sulla biografia, bibliografia, e vedere anche immagini, cliccando QUI.
Ma che cosa ha visto di tanto straordinario si stanno forse domandando coloro che non conoscono l’opera di quest’artista. Mi sono bastati due video strepitosamente belli.
"Totò nudo", un'animazione digitale della durata di 5' circa, in cui Totò, integralmente ricostruito in 3d, senza motivo, si spoglia rimanendo completamente nudo. Niente di comico, ma un’agghiacciata visione, Totò non è più un attore, ma un vecchio che si sveste restando inerme e solo, come tanti che rassegnati al termine della vita si spogliano in algidi ambulatori in attesa di un ultimo infausto responso.
"Vicino a Torino muore un cane vecchio", il video della fine crudelissima di un cane morente tra spasmi e movimenti agonici, simulata al computer e presentato alla Biennale di Venezia del 2003.
Due grandi opere tanto spietate quanto è dolente e disperata l’immaginazione che le ha create.
Attualmente espone a Villa Manin e a Napoli nelle sale di Castel S. Elmo
“Fondamentalmente orientato verso la fotografia e il video” – ha scritto Francesco Bonami – “il suo percorso è composto da prove di grande suggestione. Da ‘La periferia va in battaglia’ (un video del 1998 in cui una coppia di anziani è ripresa in inquadratura fissa mentre delle tartarughe passano con estenuante lentezza di fronte a loro) a ‘Come suggestionati da quello che dietro di loro rimane fermo’ (2000), un gruppo di fotografie in cui dei vecchi reggono tra le mani grandi corna e teschi di animali, fino a lavori più recenti come ‘I pensatori di buchi’ (2002), una serie fotografica in cui sono ripresi grandi fori sul terreno insieme a figure solitarie in meditazione”.
Ho chiesto a Diego Perrone: come definisci la tua presenza nello scenario multimediale di adesso? Così ha risposto: Caro Armando, direi che il mio lavoro non si confronta con uno scenario multimediale di oggi, anche se lo uso come tanti altri linguaggi legati alla contemporaneità.
Preferisco l’individuo, occuparmi della sua umanità, in modo da costituire un mio immaginario fatto di situazioni luoghi inventati. Per esempio, le foto esposte a Villa Manin nascono dall' idea di pensare un angolo come una forma autonoma inventata e sempre diversa che delimiti uno spazio che non esiste.
Una specie di perimetro rifugio immaginario, i cui angoli devo rappresentare in maniera fisica, come costruissi una mia casa o assumessi una posizione impossibile
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Un museo tattile


Esistono piccoli musei che meriterebbero più spazio sui media e maggiore frequentazione dei visitatori che passano nelle città che li ospitano.
Uno di questi è il Museo Omero di Ancona diretto da Roberto Farroni.
Museo assai particolare perché è stato pensato per i ciechi e gli ipovedenti e, quindi, nelle sale il percorso è realizzato in modo che la percezione artistica passi attraverso suggestioni plurisensoriali extra visive.
In altre parole, a differenza di quanto accade solitamente nei musei, lì non ci sono teche o barriere, le opere anzi vanno proprio toccate.
L’ho visitato giorni fa guidato da Tania Martini e Massimiliano Trubbiani che con competenza e cortesia mi hanno illustrato il progetto e le sue proiezioni informative e didattiche. Perché, infatti, il Museo svolge una serie di incontri, laboratori, e corsi di formazione e aggiornamento per i docenti di sostegno, operatori dei servizi sociali e del settore dell’handicap.
Istituito dal Comune di Ancona nel 1993, con la collaborazione dell’Unione Italiana Ciechi, è stato riconosciuto Museo Statale nel 1999.
Le opere esposte sono riproduzioni in scala di grandi monumenti del passato (la Venere di Milo, l’Auriga di Delfi, la Nike di Samotracia e tante altri ancora) nonché copie a grandezza originale della Pietà di Michelangelo e poi ancora sculture di Gianbologna, di Bernini, di Canova. La sezione Architettura ospita modelli di ammirevole fattura – visti anche in sezione – che vanno dal Partenone al Pantheon, dal Duomo di Firenze alla Mole Vanvitelliana.
Anche la scultura moderna è presente con molte opere da Francesco Messina a Pietro Annigoni a Umberto Mastroianni.
A proposito d’arte moderna, sarebbe forse interessante proporre anche altre occasioni come, ad esempio, una riproduzione dell’ "Intonarumori", apparecchio meccanico capace di sviluppare suoni disarmonici, del futurista Russolo o le macchine sonanti dello scultore svizzero Tinguely; esiste un Museo a Basilea che, chissà, potrebbe fare una donazione o prestiti per una mostra.
Insomma, se siete di passaggio per Ancona non perdete l’occasione di recarvi al Museo Omero, offre un percorso che apre anche al visitatore vedente una prospettiva nuova del sentire l’arte: il riconoscimento dei materiali, il modello tattile, gli effetti della sinestesia.
Lasciando quelle sale, mi sono ricordato di un aneddoto della vita di Borges. Ad un suo ammiratore che si doleva della cecità dello scrittore argentino, questi rispose: “Tu non sai cosa ti perdi!”.

Museo Omero
Via Tiziano 50
Tel: 071 – 28 11 935
info@museoomero.it


Bolla balla sulla Rete


Tempo fa, in una corsa di questo Cosmotaxi mi occupai d’un libro di Luisella Bolla edito da Vallecchi: Incantesimi, sottotitolo: Alice nel Paese della Fiction; per saperne di più cliccate QUI.
Libro prezioso che torno a segnalare principalmente per chi si occupa di tv.
Ma la Nostra ha al suo attivo non solo gli incantesimi di cui dicevo prima, ma anche altri sortilegi letterari e radiofonici che vanno dalla sociologia della comunicazione alla docufiction.
Ora Luisella Bolla ha messo sù una propria home in Rete e, senza rete, ci offre le sue eleganti acrobazie verbali per presentare sé stessa e il suo lavoro.
Sito che merita d’essere visitato perché è condotto in modo semplice e icastico a un tempo, con una scrittura che non è autoelogiativa né celebrativa (finalmente! in quanti e quante ci cascano!), ma in modo divertito narra le colte imprese della conduttrice che firma anche un frizzante diario.
Luisella appare pure in foto con una faccetta allegra e maliziosa, roba da scritturare per un ruolo a mezza strada fra De Sica e Buñuel.
Per bussare a quel citofono web: www.luisellabolla.it.
Solo altolocati, astenersi perditempo.


EGOmania


Nel 1832, all'avvicinarsi dei cinquant'anni, Stendhal scrisse “Ricordi di egotismo” non per autocelebrarsi o per confessarsi bensì per capire sé stesso, rendendo quella parola, egotismo, di celebre uso.
Da allora ad oggi molte sono state le opere (letterarie, cinematografiche, teatrali) in cui un autore ha rappresentato il proprio “io”, spesso esaltandolo, più spesso ancora compiacendosene oppure per lacerarlo in allucinazioni autodistruttive.
C’è pure chi proprio artista non è e che fa del suo ego un pernicioso esercizio, si pensi, ad esempio, al nostro Presidente del Consiglio dei Sinistri.
L’ego, si sa, è mappa e labirinto, e adesso assistiamo ad una sua profonda mutazione dovuta alla velocità delle comunicazioni, alla connettività globale, che fanno di noi una solitaria moltitudine.
Eccellente, quindi, l’impresa realizzata alla Galleria Civica di Modena dove è in corso la mostra EGOmania che coglie fin dal titolo e dalla grafica in cui è scritto un punto critico del nostro esistere oggi rilevandone trasformazioni e alterazioni attraverso opere a tema di una serie d’artisti.
Questa mostra, bellissima, muovendosi dalle arti visive, provoca domande e scomoda oracoli che hanno eco nella psicologia, nell’antropologia, nella sociologia.
E’ a cura di Milovan Farronato e Angela Vettese che propongono un divagante e vivacissimo percorso di ricordi, oscillanti tra humour e malinconia, nostalgia e ironia, distacco e adesione attraverso gli artisti invitati che sono: Roberto Cuoghi, Mike Kelley, Marc Quinn, Ugo Rondinone, Katharina Fritsch, Tim Hawkinson, Liliana Moro, Lee Dongwook e Naneun, Rory Macbeth,Anneé Olofsson, Bjørn Melhus, Markus Schinwald; un omaggio specifico è stato dedicato all’inglese Marc Camille Chaimowicz.
L’esposizione si avvale di prestiti prestigiosi da collezioni come la Deste Foundation di Atene e lo svizzero Migros Museum.
Il catalogo/oggetto che accompagna la mostra, edito da Silvana Editoriale, racchiude all’interno di un contenitore rigido fascicoli, dedicati a ciascun artista che, nella maggior parte dei casi, ha personalmente provveduto a progettare il proprio. Inoltre: un fascicolo contenente testi critici e un altro con citazioni filosofico-letterarie tratte da autori che a vario titolo si sono occupati del tema in oggetto.
La mostra sarà animata da una serie di incontri e dibattiti.
Per i redattori della carta stampata delle radiotv, del web, c’è l’Ufficio Stampa guidato ottimamente da Cristiana Minelli; tel. 059 - 203 2883, galcivmo@comune.modena.it
A una delle iniziative in programma è dedicata la nota che segue.

Modena
EGOmania
Palazzo Santa Margherita, Corso Canalgrande 103
Fino al 2 maggio 2006
Ingresso gratuito
Informazioni: 059 - 2032911/2032940 - fax 059 - 2032932


EGOmania (2)


Nell’àmbito della mostra ‘EGOmania’, da giovedì 9 febbraio e per i tre giovedì successivi, alle ore 18:00, presso la Sala Grande di Palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande a Modena, la Direttrice della Galleria Civica di Modena Angela Vettese terrà un ciclo di lezioni dedicato al tema dell’autoritratto, partendo da alcuni esempi di arte antica fino ad arrivare alle novità contemporanee.
Gli incontri hanno il titolo: L’artista e il suo volto: riflessioni sull’autoritratto dal Quattrocento al corpo Cyber.
Angela Vettese, donna di grande fascino intellettuale, e non solo intellettuale, dirige la Galleria dal luglio scorso e ha impresso alla stessa un nuovo avviamento espressivo e organizzativo che, dai programmi che conosco, la renderà uno dei poli espositivi italiani più interessanti, ci scommetto una bottiglia di Richeburg Romanée-Conti 1970… a proposito, Vettese, non deludermi, visti i costi di quella bottiglia mi manderesti in rovina!
Laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, ha un curriculum tanto imponente che lo riassumo sennò facciamo notte.
Dal 1986 è critico d’arte contemporanea per il supplemento domenicale de “Il Sole 24Ore”.
Dal 2000 collabora con una rubrica mensile a “Il Giornale dell’Arte”.
Ha firmato per riviste specializzate tra cui Abitare, Frieze, Domus, Flash Art.
Realizza programmi per la Rai… si sa, nessuno è perfetto.
Dirige il Corso di Laurea Specialistica in Arte Visiva presso lo Iuav di Venezia dove è docente a contratto di Storia dell’arte contemporanea e insegna Storia dell’arte presso il Corso di Laurea in Economia per le Arti e la Comunicazione dell’Università Bocconi di Milano. Tra i volumi pubblicati (finora dieci) segnalo: “Storia dell’Arte – il Novecento e oltre” (con Gillo Dorfles), Atlas, Bergamo 2005; “A cosa serve l’arte contemporanea”, Allemandi, Torino 2001; “Investire in arte: produzione, promozione e mercato dell’arte contemporanea”, Sole 24Ore Libri, 1991.
Ha curato voci d’enciclopedia per la Treccani e libri d’artista da Marina Abramovic a Mimmo Rotella, da Ioseph Kossuth a Alighiero Boetti.
Tante le mostre da lei allestite che rinuncio ad elencarle.
Può bastare? Per oggi, direi di sì.
Ad Angela Vettese, a proposito del ciclo di lezioni che terrà sull’autoritratto, ho chiesto: rispetto al passato è possibile rintracciare un principale elemento di linguaggio che connota l'autoritratto del XX secolo?
Così ha risposto.
L’autoritratto arriva nel Novecento come tutto il resto della pittura, ovvero sempre più predisposto a dare una versione frammentata della realtà o comunque fortemente intimistica.
La rappresentazione fedele perde importanza – basta vedere Munch giovanile che si isola dietro a una nuvola di fumo e i cui elementi riconoscibili, pure in una pittura realista, sono la mano e il viso - e acquista invece significato la resa di un sé soprattutto interiore, come già aveva insegnato Van Gogh che si era rappresentato persino con tratti somatici orientali.
Ciò che conta nel XX secolo, il secolo di Freud, Schnitzler, Musil e della grande introspezione, è il sé che ci si sente e non quello che si vede allo specchio. Di qui, seppure in varie declinazioni e tecniche, la vittoria del simbolismo psichico sull'apparenza fisica
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à la guerre comme à la guerre


Da qualche tempo circolano espressioni inventate da buontemponi quali “guerra umanitaria” oppure “missione di pace” per mascherare termini che guasterebbero i ritmi gastrotelevisivi agli spettatori dei tg.
Ma le guerre si fanno, dappertutto. E con gli infami esiti di sempre.
Perfino l’italietta berlusconiana partecipa a guerre… pardon!... missioni di pace, tagliando fondi alla sanità. alla scuola, all’università, alla cultura e allo spettacolo, ma trovando euro per finanziare quelle cose lì.
E’ la guerra inevitabile? Cioè ìnsita negli umani?
Le neuroscienze sia d’impostazione organicista e sia cognitivista, con diverse motivazioni e approdi, propendono tragicamente per il sì.
Ma proprio questo deve spingere quanti degli umani sono più evoluti (l’evoluzione darwiniana mica ha raggiunto tutti noi allo stesso modo, si veda il caso Previti ad esempio) a impegnarsi per analizzare cause e rimedi.
Al momento, condivido la speranza che esprime Svevo nell’ultima pagina de “La coscienza di Zeno”, se non ve la ricordate andate a leggerla e forse riesco a guastarvi la giornata.
Chissà, forse in un lontanissimo futuro (se ci sarà un lontanissimo futuro), grazie alle scienze, le cose cambieranno, ma al momento non se ne parla proprio.
Perciò sono da accogliere con interesse e gioia pubblicazioni come quella proposta dall’ottima casa editrice Elèuthera che manda in libreria in questi giorni Signori macellai: Breve storia della guerra e di chi la fa.
N’è autore Jean Bacon, un giornalista che è stato corrispondente francese della BBC. La puntuale traduzione è di Carlo Milani che ha ben conservato nella nostra lingua il brillante umorismo nero di Bacon. Lo scrittore constata come tutta una speciosa letteratura ci è stata somministrata per venti secoli allo scopo di nasconderci quello che ognuno di noi confusamente sa ma preferisce tacere. E cioè che il genere umano ama furiosamente la guerra. Che tutti – tutte le religioni, tutte le nazioni, tutti gli industriali (mercanti di cannoni, naturalmente, ma non solo) – non hanno alcuna intenzione di cancellare la guerra dalla storia. In tre millenni e mezzo ci sono stati circa 3.130 anni di guerra e 277 anni di pace, ovvero 13 anni di guerra per ogni anno di pace.
Alcuni giudizi sul libro:
“Un autore dotato dell'umorismo di Giovenale!”, Maximilien Rubel, Le Monde
“Un capolavoro”, Bernard Thomas, Le Canard Enchainé
“Un libro per non morire idioti”, Jean-François Mongibeaux, Le Quotidien de Paris

Jean Bacon
“Signori macellai”
Traduzione di Carlo Milani
240 pagine, 18:00 euro
Edizioni Elèuthera


Gypsylandia


Esiste un mistero conosciuto da tutti noi che lavoriamo nello spettacolo: la cosiddetta presenza scenica. E’ una cosa parecchio misteriosa, chi dice di conoscerne la natura finisce sempre col fare una figuraccia.
Presenza scenica: non dipende soltanto dal fisico, dalla voce, dal gesto, ma senza trascurare questi tre strumenti, li racchiude e va oltre. Roba che quella tipa (o anche quel tizio) sta in scena e intorno ci può essere quel che vuoi, ma finisci col guardare solo là dove c’è quella figura che sprigiona una singolare energia.
A questo pensavo settimane fa vedendo esibirsi Cristina Barzi in un suo recital, perché è una che di quel mistero fa parte.
La sua formazione di cantante ed attrice inizia a sedici anni presso la scuola di Teatro e Commedia dell’Arte di Venezia, diretta da Giovanni Poli, successivamente ha studiato con Ingemar Lindht ed Eugenio Barba e con eccellenti maestri di teatro: la tzigana Ida Kelarovà (non chiedetemi se nella Repubblica Ceca o in Slovacchia, in geografia politica sto messo male), Pina Magri (Italia), e Mary Setrakyan (USA).
Ha recitato in teatro per Gianfranco De Bosio, Giancarlo Sbragia, Fabio Segatori ed altri registi e la troviamo anche in recitals con l’organettista Ambrogio Sparagna.
Insegna “espressione corpo-voce” all’Accademia di recitazione e doppiaggio diretta da Pino e Claudio Insegno.
Ha avviato da poco un interessante progetto musicale chiamato Sonus Nomas “suono nomade”, in latino – come dite?... sì vabbè, me l’hanno suggerito, lo confesso, non lo sapevo… contenti ora? – che risuona in un album omonimo che è stato presentato con successo al MIDEM di Cannes dalla Twilight Music.
Sonus Nomas, è il suono degli animi nomadi del mondo, il canto dell’irrequietezza che dà vita alle emozioni del viaggio, dell’avventura, dell’incontro, dello scacco.
Da qui un disco nomade che viaggia attraverso la musica e molteplici stili, un pot-pourri etnico ispirato alla musica gypsy, balanica, ai canti tradizionali rom con birichine puntate attraverso la musica popolare italiana col supporto di suoni elettronici e break beats.
Per saperne di più su Cristina Barzi, la sua biografia, la sua musica, i suoi compagni di lavoro e, inoltre, per video, foto, assaggi sonori del disco, cliccate su: www.gypsyliana.com.



Carognate Cazzate e Consigli


Conoscere Maria Turchetto è una delle avventure emozionanti che può capitarvi nella vita, non ve la lasciate sfuggire. Io sono uno di quei fortunati cui è capitata quasi per caso in un giorno in cui non lessi l’oroscopo.
E poiché alle avventure emozionanti non resisto, decisi di fare con lei perfino un viaggio spaziale.
Insegna, all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Storia del pensiero economico ed Epistemologia delle scienze economiche e sociali, robe queste capaci di far rabbrividire di spavento più d’uno (quando l’appresi, la cosa ebbe su di me un effetto diuretico), ma Maria rassicura dicendo: “Il titolo fa impressione, ma l’insegnamento è alla portata di qualunque zuccone”. Non meravigli tale elettrica dichiarazione, MT è donna capace di trascorrere con dottissima leggerezza dal cinema alla musica, dalle arti visive alla critica letteraria concedendosi perfino il gusto di collaborare a “Il Vernacoliere” e di dirigere il bimestrale “L’Ateo”; talvolta si firma il Turco e così si chiama anche il suo felino sito web.
E’ da pochi giorni in libreria, edito dalle Edizioni Spartaco, un volume intitolato Carognate Cazzate e Consigli, un insieme di suoi scritti intercalati da illustrazioni e vignette da lei stessa firmate.
Dietro questo titolo birichino si celano pagine che affrontano argomenti serissimi in modo sempre divertente e, spesso, irresistibilmente esilaranti.
Pagine che contengono lo spessore del comte philosophique e le scudisciate del pamphlet trattando temi d’attualità e maltrattando personaggi quali Massimo Cacciari, Oriana Fallaci, Carlo Maria Martini, Gianni Vattimo, Susanna Tamaro, Karol Wojtyla, Toni Negri e altri.
Alcuni ghiotti titoli: “Il pensiero è debole, ma la faccia di bronzo”, “Ginnastica per anime flaccide”, “Santo subito: un gioco per l’estate”, “Vasco Rossi e la poetica della sfavatura” (preciso che Maria tiene per Vasco Rossi e per Gianna Nannini), “Come scopare un cyborg”.
Ho rimorchiato MT a bordo di questo Cosmotaxi e le ho chiesto due parole sul suo libro.
”La mia missione è fare cazzate. E ve la dico tutta: non sono io che l'ho scelto. Le cazzate mi hanno presa in ostaggio. Si intrufolano nella mia testa mentre penso alle cose serie, mi assillano, non mi danno tregua. Sono alle mie spalle, mi spintonano, mi spingono, urlano nelle mie orecchie i loro slogan cazzuti: ‘Che siamo noi? Niente! Cosa saremo? Tutto!’. E io, che volete, le faccio".
Questo è quello che l'editore ha tratto dalla mia introduzione e ha ficcato in quarta di copertina. Sono contenta, perché è tutto vero! Aggiungo che le cazzate questa volta mi hanno davvero preso la mano, pretendendo nientepopodimenoché un LIBRO. Hanno fatto male, hanno fatto una cosa azzardata: perché le cazzate sono effimere. Sono efficaci a caldo, a tambur battente, svaporano in cinque minuti - mentre le cose serie ci ammorbano per omnia secula seculorum. Ecco perciò il mio consiglio per gli acquisti: comprate questo libro SUBITO, subitissimo! Prima che quelli che vi stanno antipatici muoiano, prima che i loro cadaveri passino lungo il fiume, prima che Severino muoia, prima che Massimo Cacciari, Oriana Fallaci, Susanna Tamaro, Massimo D'Alema muoiano, prima che tutti noi finiamo nella PATTUMIERA DELLA STORIA. Amen
.

Che altro dire se non: le brave ragazze vanno in Paradiso, Maria Turchetto dappertutto.


Giravolte


E’ nata una nuova rivista on line che attraverso il cinema vuole indagare sul nuvoloso tempo presente, si chiama: Giravolte.
Titolo che appartiene già a un film, opera prima di Carola Spadoni, che ebbe ad interpreti Victor Cavallo, Drena De Niro e Raz Degan.
E proprio da un’idea di Carola Spadoni, Antonio Pezzuto e Mazzino Montinari piroetta sulla Rete e senza rete Giravolte, oggi in forma di blog, che presto diventerà un sito copy left.
La direzione è affidata a Roberto Silvestri.
Di quest’impresa, così dicono i promotori.
La realtà di oggi ci mette a dura prova e non crediamo che sia più possibile affrontare il discorso cinematografico solo attraverso l'espressione di un gusto personale.
Nella rivista saranno pubblicate anche le classiche recensioni, ma non occuperanno un posto centrale, non soddisferanno il bisogno narcisistico di un discorso fine a se stesso. Gli sguardi sui film avranno il compito di rilanciare la discussione verso qualcosa d'altro perché è il cinema stesso che spinge verso qualcosa d'altro. Una discussione alla quale di volta in volta saranno invitati critici, cineasti, artisti e coloro i quali credono che solo nella pluralità delle opinioni si dà un pensiero politico.
Seguiremo i festival senza la frenesia di coprire l'evento ma cercando di rintracciare gli incroci che vanno formandosi in modo imprevisto tra finzione e realtà, le estetiche sorprendenti che vengono escluse dalla visione quotidiana.
Seguiremo i percorsi cinematici dell'arte contemporanea e dei nuovi media.
Si parlerà di cinema italiano e con il cinema italiano, con la priorità di capire le radici di una profonda crisi non solo economica e politica ma anche di idee e di progetti. Un percorso impervio che vogliamo affrontare battendo nuovi sentieri.
Un archivio in progress del cinema radicale affiancherà le varie sezioni
.

Cin Cin!


Zazà con la pistola


Sergio Lambiase vive e lavora a Napoli, dove alterna l’impegno di scrittore a quello di giornalista e di sceneggiatore per la radio e la televisione.
Quando apprendo di una sua nuova pubblicazione ne sono felice perché so che mi aspetta una lettura di qualità.
E' accaduto anche in questi giorni per un suo nuovo volume di cui fra qualche rigo troverete notizia.
Precedenti titoli: «Napoli 1940-1945» (Longanesi, 1978, con G.B. Nazzaro), «Marinetti e i futuristi» (Garzanti, 1979, con G.B. Nazzaro); «Capri 1905-1940» (Feltrinelli, 1983 e 1993, con Lea Vergine ed E. Fermani); «Memorie di una guida turistica» (Edizioni e/o, 1992); «CGDCT (Come giustamente diceva il compagno Togliatti)» (Edizioni e/o, 1997); «Napoletani» (Sonda, 2001); «L’odore della guerra. Napoli 1940-45» (Avagliano, 2002, con G.B. Nazzaro); «Allegri suicidi» (Avagliano, 2003).
Sta curando la «Storia fotografica di Roma» in collaborazione con Luisella Bolla (Intramoenia, otto volumi 2003-2006).
Anni fa, per la precisione nel novembre 2000 Sergio ed io facemmo insieme un viaggio spaziale, ne trovate notizia cliccando QUI.
Uomo schivo, di raffinata cultura e di valorosa scrittura è uno dei napoletani che soffre la ‘napoletanità’ a differenza di La Capria che invece vi sguazza inzaccherandosene; anche questo, oltre alle pagine scritte, fa Lambiase migliore di La Capria.
Ora con la nuova sigla editoriale adottata dagli Avagliano, cioè Marlin, abbiamo in libreria Terroristi brava gente.
Ho chiesto a Sergio una breve dichiarazione su questo suo recente lavoro.
Così ha risposto.
Ambientato negli anni ’70, «Terroristi brava gente» narra le avventure e le disavventure - tragi-comiche! - di un gruppo di terroristi napoletani che inseguendo il mito della rivoluzione proletaria, inanellano una catena interminabile di fallite azioni eversive tra Napoli e Roma. Il protagonista è Febo, il campione indiscusso dei «dilettanti allo sbaraglio», continuamente oscillante tra la voglia di strafare (il dinamitardo, l’apprendista stregone, il rivoluzionario senza macchia né paura) e le tentazioni dell’amore (per Elena, per Evelina detta «Zazà») che lo distolgono ogni volta dagli obblighi della «vigilanza» rivoluzionaria, sia pure conservando la pistola sotto il cuscino. Tra divertimento e dramma questo mio libro vuole essere una riflessione disincantata sugli «anni di piombo.

Sergio Lambiase
«Terroristi brava gente»
Pagine 160, 12:00 euro
Marlin Editore


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