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Questa sezione ospita soltanto notizie d'avvenimenti e produzioni che piacciono a me.
Troppo lunga, impegnativa, certamente lacunosa e discutibile sarebbe la dichiarazione dei principii che presiedono alle scelte redazionali, sono uno scansafatiche e vi rinuncio.
Di sicuro non troveranno posto qui i poeti lineari, i pittori figurativi, il teatro di parola. Preferisco, però, che siano le notizie e le riflessioni pubblicate a disegnare da sole il profilo di quanto si propone questo spazio. Che soprattutto tiene a dire: anche gli alieni prendono il taxi.

Sottotiro (1)


Con la nota che segue Cosmotaxi si congeda dai lettori e va in vacanza.
Le pubblicazioni riprenderanno dopo l’estate

Ci crediate o non, nel 2011, ho fatto un viaggio spaziale con Enzo Golino
Firma illustre del giornalismo, illuminanti i suoi articoli su L'Espresso, il Corriere della Sera, la Repubblica (della quale è uno dei fondatori), il Venerdì (sul quale tiene la rubrica sulla poesia).
Fra le pubblicazioni più vicine: Parola di Duce; Madame Storia & Lady Scrittura (saggio premiato con il "De Sanctis" 2011 per la critica militante); Dentro la letteratura.

Ora è nelle librerie Sottotiro 48 stroncature edito da Bompiani.
Si tratta di acuminate recensioni scritte per “Millelibri”, mensile edito da Giorgio Mondadori.
La storia del volume è così spiegata dall’autore in prefazione: Una delle rubriche avrebbe dovuto guardare con intransigente severità alla narrativa italiana. Il direttore Renato Olivieri mi affidò uno spazio di due pagine – a partire dal numero 9, agosto 1988 – per il quale concordammo il titolo ‘Sottotiro’, confezionato su misura per un ruolo pregiudiziale – è stato detto – di “cecchino”, di “franco tiratore”. Alle prese con autori di provata esperienza, doti riconosciute, notorietà variabile ma visibile. Sono andato avanti per quattro anni, fino al numero 56, settembre 1992. Un mese prima avevo chiesto di essere sollevato dall’incarico: le rubriche invecchiano, rischiano la saturazione, soprattutto quelle a tema fisso […] Alla metà degli anni Novanta chiesi a Cesare De Michelis se gli interessava pubblicare i 48 testi di “Sottotiro”, corredati però dalla replica degli scrittori recensiti. L’idea gli piacque, ma pochissimi degli autori interpellati dalla sua casa editrice risposero. L’iniziativa stentava a realizzarsi e di comune accordo rinunciammo.
A distanza di circa un decennio dall’ultimo articolo, ho ripreso l’idea con l’editore Piero Manni, e quasi tutti gli autori hanno risposto. Le repliche appartengono dunque a tre periodi distinti, come risulta dalle date: quelle non sollecitate, pervenutemi appena dopo la pubblicazione dell’articolo su “Millelibri”; quelle sollecitate dalla Marsilio, e di cui gli autori hanno permesso l’inserimento nell’edizione Manni; quelle sollecitate per quest’occasione. Mancano all’appello Bufalino, Manganelli, Giorgio Saviane, Spinella, Tomizza, purtroppo scomparsi; altri hanno rifiutato di replicare; altri ancora sono logisticamente e/o mentalmente troppo lontani da questo genere di iniziative. Fruttero&Lucentini manifestarono la loro opinione nell’inchiesta di Marco Neirotti sulla stroncatura (“La Stampa”, 15 febbraio 1995), qui inclusa nell’Appendice insieme a una lettera in difesa di Pontiggia che il carissimo Domenico Porzio, non più tra noi, scrisse a “Millelibri”
.

Hanno replicato alle stroncature: Nanni Balestrini, Alberto Bevilacqua, Isabella Bossi Fedrigotti, Luca Canali, Guido Ceronetti, Franco Cordelli, Andrea De Carlo, Livio Garzanti, Gina Lagorio, Marco Lodoli, Rosetta Loy, Claudio Magris, Luigi Malerba, Michele Mari, Giuseppe Pontiggia, Michele Serra, Domenico Starnone, Sebastiano Vassalli, e altri coinvolti nella vicenda “ciascuno al modo che più li distingue” – com’è detto in quarta di copertina – “pungente, spiritoso, a volte feroce o perfino amichevole”.

Su questo libro mi va di dire alcune cose.
La prima: Golino è uno dei pochi che recensisce leggendo per davvero i libri dei quali si occupa. Molti non addetti ai lavori penseranno che la faccenda sia normale. No, non è così. Tante sono le (numerose) benedizioni e le (oggi pochissime) stroncature fatte zompando atleticamente tantissime pagine. Non fa così Golino. Perché va a leggere, quando non le conosce, anche le opere che precedono quella da recensire. La cosa non è di tutti i giorni.
La seconda: trovo ammirevole lo stile di scrittura: rapido, chiaro, tecnicamente sapiente, spesso divertito.
Concordo con lui sui giudizi che dà, dissento solo da quelli su Malerba (“Le pietre volanti”) e Manganelli (“Improvvisi per macchina da scrivere”).
La terza: leggendo il volume mi pare che ci sia un solo Recensore (e questo è ovvio) che recensisce un solo Scrittore (e questo, forse, è meno ovvio). Si dirà, infatti, ma se sono 48? Rispondo: solo in apparenza. Perché Golino nello stroncare ora l’uno e ora l’altro degli autori, di fatto compila un catalogo dei difetti della Scrittura (certamente italiana e, probabilmente, non solo italiana). V’invito a leggere “Sottotiro” anche con quest’ottica che mi permetto di suggerire. Allora vedrete che i difetti hanno un numero superiore a 48 perché c’è anche qualche scrittore che generosamente esagera e di difetti ne fa registrare parecchi, più di uno soltanto.
Insomma, uno sguardo stereoscopico sulle false ricchezze e le plurali miserie di tanti che affogano nel loro stesso calamaio, in quel nero liquido incautamente ritenuto amico.

Segue ora un incontro con Enzo Golino.


Sottotiro (2)

A Enzo Golino (in foto) ho posto alcune domande.

Come sceglievi i libri da recensire?

Osservavo prima di tutto, e attentamente, le pubblicazioni editoriali più vicine al periodo in cui usciva la rivista. Sceglievo autore e titolo da recensire senza alcun pregiudizio dettato dalla natura della mia rubrica, SOTTOTIRO, programmaticamente dedicata ai peggiori difetti del libro di cui mi occupavo e accompagnata - spero visibilmente - da una sorta di intenzione ludica per non appesantire il discorso critico. Se erano autori che non conoscevo, o conoscevo poco, leggevo o consultavo i loro libri precedenti per farmene una idea più precisa Altre motivazioni eventuali lettori - se interessati - potranno trovarle nelle quattro pagine introduttive della raccolta di questi articoli, pubblicata da Manni Editori (Lecce) nel 2002 ed ora da Bompiani. In entrambe le edizioni ci sono le repliche di quasi tutti gli scrittori stroncati, un modello credo insolito nella editoria italiana.

Alcuni (pochi) scrittori a distanza di anni riconoscono la giustezza delle tue critiche. Ti è capitato dieci anni dopo d’esserti ricreduto su una delle tue recensioni di allora?

Non credo di comportarmi con presunzione, e in dieci anni si può cambiare idea in modo giustificato mille e mille volte. Ma sono convinto di quel che ho scritto allora e che allo stesso modo riscriverei anche oggi. Mi piacerebbe invece analizzare opere successive degli scrittori stroncati e giudicarle con l'atteggiamento critico che meritano. Nel bene e nel male.

Le stroncature sono pressoché scomparse sulla stampa quotidiana e periodica (per non dire delle rubriche radiotelevisive) perché?

Una risposta seria esige la conoscenza di tutta (o gran parte) dell'attività recensoria ospitata da quotidiani e periodici, e da rubriche radiotelevisive. Impresa titanica per tutti, incluso chi - come me - legge solo quattro quotidiani (la domenica cinque), tre settimanali, un mensile, non guarda molta televisione (tre telegiornali la sera, e durante il giorno quando accadono eventi piuttosto gravi) e ascolta la radio saltuariamente (fra le10 e le 12, e la notte (per mezz'ora) intorno alle 4.
A questo proposito ricordo con nostalgia il periodo trascorso alla Rai-Tv (assunto per concorso) dal 1962 al 1975 dove - persino al tempo del canale televisivo unico, ricordo da spettatore - si trasmettevano rispettabilissime rubriche di segnalazioni librarie. E tra i massimi dirigenti dell'azienda c'erano valenti letterati come Leone Piccioni e Angelo Romanò che certamente contribuivano a creare un clima adatto al ruolo culturale da svolgere.
Ma il tema Stroncature meriterebbe ampie inchieste e - soprattutto - tesi di laurea in discipline letterarie. Spero che questo sia già avvenuto o stia avvenendo in qualche facoltà universitaria e che non si ricorra soltanto alla consueta citazione delle stroncature di Giovanni Papini - di sicuro un modello - o di folcloristici emuli di giorni più vicini nascosti da pseudonimi
.

Perché sul web, invece, è possibile leggere stroncature?

Seguo pochissimo il web, ma da quel che vedo e a quanto mi dicono, serve in grande misura soprattutto ai non professionisti per tentare di costruirsi una immagine personale e al tempo stesso pubblica da narciso in rete. Del resto, il web è uno strumento di facile accesso, aperto a tutti. Scrivere sui giornali, soprattutto su testate importanti, è piuttosto difficile per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo elencare in questa occasione. Il web inoltre dilata certamente la diffusione delle scritture: sarebbe utile una indagine approfondita per sapere quel che resta agli utenti. Libri che - secondo scelte guidate da molteplici punti di vista - raccolgano questi materiali mi sembrano appropriati a una collaborazione auspicabile per radicare più a fondo gli approcci delle nuove tecnologie.

Enzo Golino
Sottotiro
Pagine 345, Euro 12.00
Bompiani


Pot-pourri


“Un pot-pourri” – secondo dizionari cartacei e anche web – “è un’espressione francese che indica una composizione realizzata con petali di fiori secchi ed oli essenziali, normalmente utilizzata per profumare o abbellire gli ambienti. Di solito viene collocata in ciotole di legno, o in sacchetti di stoffa”.
E’ anche dizione, oggi meno usata, applicata a “una selezione antologica di motivi tratti da opere e operette uniti fra loro da passaggi modulanti; fu assai in voga nell’800 (anche sotto il nome, peraltro improprio, di ‘fantasia’) soprattutto nell’àmbito della musica pianistica”.
Del termine pot-pourri, infine, ne esiste anche una versione gastronomica per indicare “un gustosissimo stufato di carne con legumi e verdure”.
Ed è proprio nelle sue forme odorose, musicali e saporose di pot-pourri rientrano le notizie che seguono.
Ognuna meriterebbe una più ampia trattazione, ma Cosmotaxi fra pochi giorni va in vacanza; preferisco, quindi, sintetiche presentazioni per non trascurare quanti (autori, gallerie, case editrici, musei, webmagazines, gruppi rock, produzioni teatrali e cinematografiche) mi hanno inviato segnalazioni dei propri lavori.

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• Scorsese in mostra: il cinema e la luce

Dopo Berlino, approda a Torino la retrospettiva dedicata al regista americano. Non una mostra cronologica ma un’esposizione biografica. Allestita nella cornice della Mole Antonelliana, on show lettere, documenti, costumi e oggetti personali che raccontano la lunga attività e le relazioni del regista. A metà tra archeologia feticista e sperimentazione luminosa, Martin Scorsese diventa il testimone dei conflitti politici e sociali. Prima della terza tappa a Ghent, in Belgio, una fetta di New York nella capitale sabauda. Fino al 15 settembre.
La mostra, coprodotta dalla Deutsche Kinemathek e dal Museo Nazionale del Cinema, è a cura di Kristina Jaspers e Nils Warnecke.
Scrive Claudio Cravero: “L’ampio spettro delle opere del regista, ravvisabile nella varietà di temi e soggetti (sia nei più recenti L’età dell’innocenza, 1993, Gangs of New York, 2002, sia nei primi Mean Streets, 1973 e Taxi driver, 1976), riflette in ogni caso sempre la ricerca e la sperimentazione del mezzo cinematografico, dei suoi strumenti e delle sue potenzialità. L’attenzione alla luce costituisce in un certo senso una delle ossessioni del regista e rappresenta a pieno titolo il valore aggiunto delle sue pellicole. La sofisticata strumentazione impiegata, che nell’esposizione è fornita dall’azienda tedesca Osram per quanto riguarda gli apparati testuali e luminosi di accompagnamento alle singole sezioni, è però utilizzata dal regista come matrice fortemente creativa e non solo strumentale per la realizzazione dei suoi film. Quando, cioè, la luce si colloca all’inizio del processo creativo.
A metà fra storia e visionarietà, la mostra non è solo il mondo di Scorsese, ma l’universo più ampio e magico della settima arte.

Ufficio Stampa: Veronica Geraci: geraci@museocinema.it;Tel. 011 8138 509 -10

Martin Scorsese
a cura di Kristina Jaspers e Nils Warnecke
Info: 011 8138509
Museo Nazionale del Cinema
Torino, Via Montebello 20
Fino al 15 settembre

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• Zanichelli

Tempo fa presentai in questo sito una collana della Zanichelli chiamata Scritture creative.
Fra quei libri ce n’è uno intitolato “Scrivere una canzone”; eccellente guida per aspiranti parolieri scritta da due importanti autori del panorama della musica italiana: Alfredo Rapetti Mogol (Cheope) e Giuseppe Anastasi.
Da quelle pagine è nato un concorso per aspiranti parolieri.
Su questo sito i due hanno messo a disposizione un brano musicale inedito. Tra i tanti testi inviati, Cheope&Anastasi hanno scelto le parole di “Stringiti a me” di Arianna Silveri.
Ventitre anni, vive a Civita Castellana in provincia di Viterbo, lavora come animatrice.
Il testo integrale si può leggere QUI.
Del resto, da tempo Laura Lisci – guida l’Ufficio Stampa Zanichelli – ha creato un’interattività fra l’Editrice e il pubblico. Si pensi al Premio di Scrittura Zanichelli, nato nel 2004, che ogni anno ha proposto agli studenti italiani e stranieri concorsi a premi, ben lontani dai deprecabili inviti a scrivere racconti e poesie, ma veri test d’educazione alla scrittura come, ad esempio comporre un microsaggio utilizzando obbligatoriamente alcune parole, oppure scrivere un testo scegliendo fra 50 locuzioni popolari, e così via in un esercizio che sarebbe piaciuto a quelli dell’Oulipo.
Quest’anno, in armonia con le pubblicazioni musicali Zanichelli, il concorso dava spazio a ragazze e ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado ai quali era richiesto di misurarsi quali parolieri su di un brano musicale di Cheope&Anastasi.
I vincitori: tre classi di Bazzano (Bologna), Milazzo (Messina) e Napoli.

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• Fabrizio Plessi a Mantova

Il Palazzo Te di Mantova è teatro di un insolito confronto tra Giulio Romano (Roma, 1499 – Mantova, 1546) e Fabrizio Plessi (Reggio Emilia 1940).
Per l’occasione della mostra in corso, il videoartista – in questo stesso sito un'intervista con lui – ha pensato un’installazione site specific che dialogherà con le pareti affrescate della Sala dei Giganti della residenza ducale mantovana.
Quello di Plessi è il primo intervento del ciclo “Le case degli dèi” che vedrà, successivamente, alternarsi artisti quali Bill Viola, Candida Höfer, Giuseppe Penone, Ai Wei Wei, che occuperanno con i loro lavori varie sale e spazi di Palazzo Te.
Il senso complessivo dell'installazione di Plessi – afferma Marco Tonelli, Assessore Politiche Culturali e Promozione Turistica del Comune di Mantova – è collegabile alla condizione di crisi globale (culturale, economica, sociale, politica) che la società occidentale sta attraversando da diversi anni ormai, senza che si intraveda una luce, una soluzione, una uscita a breve distanza. Del resto, il periodo stesso del Manierismo, di cui l'opera di Giulio Romano è emblema, dalla storiografia ufficiale è sempre stato definito un periodo di crisi religiosa e spirituale, estetica e sociale, un passaggio critico tra le certezze classiche del Rinascimento e i fasti celebrativi del Barocco

Ufficio stampa: CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, anna.defrancesco@clponline.it - tel. 02 36 755 700

Fabrizio Plessi
Mantova - Palazzo Te
Info: 0376 - 32 32 66
Fino al 15 settembre 2013

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• L’inizio e la fine

Una delle capacità di Antonio Castronuovo è quello di far emergere piccoli gioielli letterari ingiustamente trascurati. Presentò, nel 2008 Notte in treno di Irène Némirovsky e ora propone della stessa autrice L’inizio e la fine.
Quella dei racconti - scrive Castronuovo - è un eccellente porzione della creazione letteraria della Nèmirovsky, certamente legata all’attrazione che Irène nutriva, in quanto lettrice, per Čhecov e Katherine Mansfield, ma che ella utilizzava anche come un laboratorio per i propri romanzi, tanto che spesso i temi s’intrecciano e si rincorrono da un romanzo a un racconto, e viceversa. Accade anche col racconto qui presentato e inedito in Italia. “Le commencement et la fin”, uscito il 20 dicembre 1935 sul periodico ‘Gringoire’ (dal quale lo abbiamo ora direttamente tradotto), proprio quando Irène aveva terminato di pubblicare a puntate su una rivista il romanzo “Jezabel”, poi uscito in forma di libro l’anno seguente. Il romanzo e il racconto s’intersecano dunque cronologicamente e, guarda caso, anche in relazione al tema che entrambi li attraversa.

Irène Némirovsky
L’inizio e la fine
a cura di Antonio Castronuovo
Pagine 36, Euro 4.00
Editrice Via del Vento
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• Nel Paese delle Streghe

Nato in letteratura, il filone gotico ebbe il suo iniziatore in Horace Walpole con il tenebroso romanzo “Il castello di Otranto” (1764).
Anche la nascita del cinema fu marcata da quel genere, basti pensare a Georges Méliès con il suo “Le manoir du diable” (1896) che probabilmente è il primo film horror della storia. Non soltanto, però, la letteratura e il cinema si sono esercitati sul tema dell’Oscuro, nella seconda metà del secolo scorso, il gotico conobbe versioni espresse su altri media dal fumetto al rock, ai videogiochi.

Miti pagani, stregoneria, storie di mostri e di fantasmi attendono i partecipanti della seconda edizione - in corso di svolgimento - del gotico “Autunnonero Ghost Tour Triora”, direzione artistica di Andrea Scibilia, il tour dei misteri e delle leggende a Triora, famoso Paese delle Streghe, in provincia di Imperia organizzato dall’Associazione Culturale Autunnonero.
Il tour condurrà i visitatori attraverso i vicoli stretti e oscuri del centro storico di Triora, un affascinante borgo montano medievale dell’estremo Ponente Ligure la cui bellezza suggestiva nasconde però un passato tenebroso: nel 1587 fu infatti teatro del più famoso processo alle streghe della storia italiana, svoltosi ben un secolo prima di quello a Salem.
Il Ghost Tour di Autunnonero si muoverà alla scoperta di storie di antichi miti pagani, di peste e di morte, di credenze in lupi mannari e altre creature, di erbe e unguenti d'ammaliamento, raccontati dalle guide narranti del Ghost Tour, gli Storyteller, custodi di racconti mai frutto della loro invenzione.

Ufficio stampa: Natascia Maesi, Giornalismo & Comunicazione.
mail: natascia.maesi@gmail.com - 338 3423462

CLIC per il calendario degli stregoneschi appuntamenti


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• Battisti ne avrebbe 70

Lucio Battisti, infatti, nacque a Poggio Bustone (provincia di Rieti) il 5 marzo 1943.
Morirà a Milano il 9 settembre 1998
“Non è ancora stato detto, ma Lucio Battisti fece una vera e propria ‘rivoluzione’. Non si ispirò, come qualcuno pensa, alla musica americana e inglese di quei tempi, ma cambiò il modo di scrivere le canzoni, rivoluzionando anche diversi giri armonici tra quelli da sempre ‘laureati’, inventando altre combinazioni sonore e un altro modo di incasellare il tutto insieme a Mogol. Allievi e seguaci furono in primis i Dik Dik e altri gruppi del periodo. E tutti noi abbiamo goduto di quella splendida generazione frettolosamente chiamata ‘Beat’”. Così dice Renzo Arbore.
Proprio la chitarra leader dei Dik Dik, Pietruccio Montalbetti, è autore di un libro pubblicato da Salani intitolato Io e Lucio Battisti.
Scrive l’autore: In queste pagine sono raccolti i frammenti di vita che abbiamo vissuto insieme: un’amicizia lunga, intensa, che mi ha permesso di conoscere l’uomo prima del mito. In questo modo ho voluto offrire il mio tributo all’artista e rendere giustizia all’uomo, spesso incompreso.

Per una scheda sul libro: CLIC!

Pietruccio Montalbetti
Io e Lucio Battisti
Pagine 253, Euro 13.90
Salani

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• Ateo è bello!

Micromega in edicola presenta un prezioso volume sull'ateismo. Contiene un inedito del filosofo statunitense Daniel Dennett, fra i più autorevoli esponenti del new atheism, sul tema “Ateismo ed evoluzione (perché non abbiamo più bisogno di Dio)”.
Il numero, che si apre con il contributo di Paolo Flores d'Arcais intitolato “Le ragioni dell'ateismo e l'ateismo della ragione”, ospita anche una corposa sezione (“Il mio ateismo”) in cui diverse personalità del mondo della cultura, della musica e dello spettacolo spiegano ai lettori di MicroMega come e perché sono arrivati a definirsi atei. Hanno inviato un contributo sul proprio percorso di non credenti: Simona Argentieri, Carlo Bernardini, Edoardo Boncinelli, Ascanio Celestini, Ivano Fossati, Giulio Giorello, Valerio Magrelli, Laura Morante, Piergiorgio Odifreddi, Gloria Origgi, Moni Ovadia, Boris Pahor, Valeria Parrella, Pierfranco Pellizzetti, Nicola Piovani.
Una sezione è dedicata al mondo dell'attivismo ateo. In tutto il mondo, le associazioni e le pubblicazioni degli atei e razionalisti sono in effetti in forte crescita numerica, e Lucio Bondì si occupa di passarle meticolosamente in rassegna, continente per continente, paese per paese.
La realtà italiana viene più specificamente illustrata da Raffaele Carcano Segretario Nazionale dell’Uaar, e da Adele Orioli, mentre completano il volume il saggio di Giorgio Vallortigara e Vittorio Girotto sul tema “Perché crediamo? Le basi biologiche del sovrannaturale”, la sezione filosofica sul pensiero ateo comprendente gli interventi di Carlo Augusto Viano, Edoardo Lombardi Vallauri, Olga Lizzini e Samuela Pagani (quest'ultime con un interessante saggio sull'ateismo nel pensiero islamico), lo “scherzo” di Alessandro Robecchi e la testimonianza “Il conforto dell'ateismo”, uno scritto che Paolo Di Modica stava preparando per questo stesso numero, poi rimasto interrotto a causa della scomparsa dell'autore.

Altre segnalazioni sullo stesso tema.
La rivista “L’Ateo” – diretta da Maria Turchetto – nei suoi più recenti numeri ha dedicato i consueti special al Piacere e all’Ateofobia.
Per richiederli, rispettivamente n. 2/2013 e n. 3/2013.
La rivista (4.00 Euro ben spesi) è in vendita in queste librerie.

Troviamo ancora la Turchetto curatrice del volume Filogenesi e Ontogenesi del grande biologo statunitense Stephen J. Gould. Editrice Mimesis.


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• Milano Green Point


Nasce Milano Green Point un luogo di formazione, confronto, approfondimento, crescita e discussione, che raccoglie l’esperienza trentennale del landscape architect Patrizia Pozzi.
150 mq situati nel cuore della vecchia Milano (Porta Venezia), al numero 3 di via Frisi, lungo le cinque vetrine che scorrono sul marciapiede dove alti e sottili steli d’erba inquadrano un breve tratto di strada. Al loro interno un luogo speciale di produzione e progettazione del paesaggio, affacciato su un tipico cortile lombardo. Un’officina aperta, un laboratorio effervescente di idee, con uno spazio anche per la ristorazione e una libreria internazionale con testi di agronomia, botanica e landscape contemporaneo.
Milano green Point propone corsi, tavole rotonde, incontri, workshop dedicati al rapporto tra natura, architettura, arte, paesaggio, territorio.
Un luogo visibile da più punti di vista. Fruibile a diverse velocità. Vivibile come zona sedentaria o di passaggio.

Comunicazione e Ufficio Stampa: Alessandra Pozzi
pozzicomunicazione@gmail.com; Tel 338 – 59 65 789
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• Festival al Museo Cervi

“Il 25 novembre 1943, tutta la “banda Cervi” viene sorpresa nella loro cascina ai Campi Rossi. I militi fascisti, dopo uno scontro a fuoco, appiccano un incendio al fienile e alla stalla. A questo punto la famiglia si arrende e i Cervi vengono trascinati via dai fascisti, lasciando nella casa che ancora brucia solo donne e bambini. I drammatici momenti di quella notte sono riportati con fredda precisione dal rapporto delle autorità locali.
I sette fratelli Cervi rimangono in carcere a Reggio sino al 28 dicembre, quando i fascisti decidono la loro fucilazione come rappresaglia ad un attentato dei partigiani. Nei ricordi di Papà Cervi, anch’egli imprigionato e ignaro della sorte dei figli, vi sono le ultime commoventi frasi di commiato di Gelindo e di Ettore, il più giovane dei sette.
L’estremo sacrificio dei sette fratelli Cervi e del loro compagno Quarto Camurri, consumato all’alba del 28 dicembre 1943 al poligono di Reggio Emilia, rappresenta uno spartiacque per la Resistenza reggiana: dapprima scompaginato dalla cattura e dalla barbara uccisione di quella che era di fatto la sua punta avanzata, il movimento partigiano si riorganizza, facendo di quel martirio un simbolo per gli altri resistenti”
(Testo tratto dal sito del Museo Cervi).

Presso quel Museo è in corso la XII edizione del Festival di Resistenza.
Per il Programma: CLIC!

Ufficio Stampa: leStaffette, promozione, comunicazione
Raffaella Ilari, mob. +39.333.4301603 raffaella.ilari@gmail.com
Marialuisa Giordano, mob. +39.338.3500177, retropalco@alice.it
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• Il viaggio

L’Associazione Exit, guidata da Emilio Coveri, sostiene presso l’Editore Genesi Il viaggio di Marco Longhi.
Si tratta di un caso a conoscenza dell’autore: il viaggio di un ammalato di Sla verso il suicidio assistito.
QUI una scheda sul libro che ha il costo di 12.00 euro in libreria e di 10 euro acquistandolo presso l’Associazione. In questo caso intestare a Exit, Corso Monte Cucco 144, 10141 Torino, c/c numero 391 67 101, causale: libro.

Per cenni storici sull’eutanasia: CLIC.
Ricordo che è in atto una raccolta firme (promossa da Exit, Unione Atei e Agnostici Razionalisti, Associazione Luca Coscioni per una una petizione al Parlamento italiano ai fini d’effettuare un'indagine conoscitiva sull'eutanasia clandestina e gli altri aspetti della morte “all'italiana”, e affinché siano discusse proposte di legge per la legalizzazione o depenalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito.
Si può firmare (esibendo un documento d’identità) in tutti i comuni indicati in verde nel link che segue dove troverete anche le località ov'è possibile recarsi ai tavoli di raccolta indicati sulla mappa con il colore blu; il link è questo.
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• Oriente Occidente

Mi è pervenuto questo comunicato che volentieri rilancio.

“Il Festival Oriente Occidente - direzione artistica: Lanfranco Cis e Paolo Manfrini - è nato nel 1981 in Trentino a Rovereto, città da sempre aperta al gusto del nuovo, del moderno, della ricerca culturale e delle sue tendenze. E appunto di ricerca e di tendenza ama definirsi questo Festival, ove Oriente e Occidente sono intesi come poli di un percorso ideale di scambi e incroci non solo tra culture, ma anche tra generi e linguaggi della scena contemporanea.
E' uno dei più importanti Festival europei di danza contemporanea e di teatrodanza e si svolge nella prima metà di settembre a Rovereto e Trento. Negli anni ha ospitato quasi sempre attraverso apposite produzioni o prime europee o nazionali, compagnie e artisti tra i più importanti e significativi della scena della danza internazionale.
Lo spirito del Festival nei suoi trentadue anni di attività è stato quello di mettere in scena le reciproche influenze esercitate nel Novecento dalla tradizione artistica orientale sulla sperimentazione occidentale e viceversa.
Oriente Occidente diventa così un viaggio circolare tra teatro e danza, ricerca e tradizione, identità e innovazione”.

Per conoscere il programma: CLIC!

Ufficio Stampa
Maria Teresa Ferrari:info@mariateresaferrari.it; 045 8347891 - 335 5650818
Mariangela Rovaldi: icrangela@tin.it; 02 58319497 – 340 2346818

Le date: a Rovereto e Trento dal 29 agosto al 13 settembre.

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• Fuocofuochino


Afro Somenzari, è un artista patafisico che vanta un cospicuo numero d’imprese, e nel suo patamedagliere conta anche elogi ricevuti dal grande pittore nonché Trascendente Satrapo ed Imperatore Analogico della Patafisica Milanese, Enrico Baj.
Un giorno (forse dopo una seduta medianica con Jarry… a proposito ricordo qui la recente, ricchissima, biografia, proprio di Jarry, uscita di recente da Jhoan&Levi …) ha deciso di fondare una piccola, anzi piccolissima casa editrice: Fuocofuochino della quale segnalo le tre nuove uscite delle sue mini pubblicazioni:

Adamo Calabrese, “Le maree al tempo di Carlo Magno”
Prefazione di Amedeo Anelli

Sergio Sozi, “Italia – Slovacchia 2 a 0”
Prefazione di Massimo Maugeri

Mirko Califondi, “Ho un senso”
Prefazione di Gianfranco Mammi

Afro Somenzari ha lanciato di recente anche un Manifesto “Per un anno sabbatico dell’Arte” nel quale s’invita a sospendere creazioni almeno per un anno.
Spero che il Manifesto sia presto pubblicato sul sito di Fuocofuochino.


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• Don Pasta

Per meglio comprendere chi è Don Pasta, guardate questo breve video.


Ecco, l’eclettico ed elettrico, Don Pasta (per niente ascetico o dietetico, e neppure anacoretico) – come avete avuto modo di capire dal video che ho consigliato in apertura – è un gastrofilosofo militante.
Il suo primo progetto, “Food sound system” è divenuto un libro, edito da Kowalski, e uno spettacolo multimediale, in tournée tra Italia, Francia e Spagna, protagonista di importanti eventi per l’Auditorium Parco della Musica di Roma, Slow Food on film, Taormina Arte, Time in Jazz, Città del Gusto, Taste, Mescolanze Food Festival.
A questo ha fatto seguito nel 2009 “Wine Sound System” sempre edito da Kowalski, tradotto anche in francese nel marzo 2011.
Nel febbraio 2013 è stato pubblicato il suo terzo libro: La Parmigiana e la Rivoluzione.

Dopo alcune tappe già attraversate con successo ecco le prossime del tour gastromusicalideologico di Don Pasta.

19 Luglio. San Donato. Arci Sabba. Food Sound System
20/21 luglio. Paris. La Villette.
24 luglio. Festival delle Colline. Prato. Food Sound System
31 luglio. San Donaci. Arci Labba

2 agosto. Festival di Radicondoli. Food Sound System
29 agosto. Toulouse. Le Bikini.Cookin'djSet
31agosto. Gorizia. Festival Vegetariano. Food Sound System senza carne e pesce!!

5 Octobre. Metz. UNITED FOOD OF METZ
7 ottobre. New York. Puglia Promozione


Carol Rama


E' in corso al Museo Comunale di Ascona la mostra di Carol Rama, artista da me amatissima, intitolata Oltre l’opera grafica.
La rassegna è curata da Mara Folini, direttrice del Museo di Ascona, e Alexandra Wetzel le quali firmano anche il catalogo.
Rama, nata a Torino nel 1918, il grande riconoscimento pubblico le arriva soltanto nel 2003, quando le viene conferito il Leone d'oro alla carriera in occasione della 50 Biennale di Venezia.
La rassegna di Ascona presenterà 100 lavori, alcuni mai esposti prima, che appartengono alla sua produzione grafica più recente, provenienti dalla Collezione torinese Masoero che per lei è stata atelier, luogo di creazione, di scambio e d’incontri.
L’iniziativa offrirà un panorama delle ossessioni dalle quali l’artista è stata inseguita per tutta la vita, un’occasione per osservare il suo modo di vivere l’arte, di prendersi gioco dei propri tormenti; immergersi nel mondo fantastico di allusioni mitiche e leggendarie, di questa quasi centenaria guerriera dell’arte.

In foto: Carol Rama, Feticci (Scarpa), 2003, Bronzo, 11x24x6.5 cm.

Nella mostra anche incisioni. Il rapporto tra Carol Rama e l’incisione è abbastanza recente. L’artista ha approfondito questa tecnica dal 1993, dopo un primo contatto avvenuto cinquant’anni prima.
In pochi anni, fino al 2005, ne ha realizzato più di 150, ricreando il suo personale universo affollato di figure e di oggetti.
Carol Rama ha esplorato fin nei suoi minimi aspetti il mezzo espressivo, sia si trattasse di acquaforte, acquatinta, vernice molle e qualche rarissimo intervento a puntasecca, accompagnata dall’amico Franco Masoero, stampatore e pure complice delle sue sperimentazioni che trasgrediscono i confini della calcografia ortodossa. Infatti, una volta stampata, l’opera poteva diventare oggetto d’interventi successivi eseguiti a mano. Spesso queste ingerenze finali – soprattutto ad acquerello e smalto da unghie – sono diventate parte integrante della tiratura; in altri casi sono rimaste “prove d’artista”, arricchite o addirittura rivoluzionate da successive elaborazioni.

Ha scritto di lei Barbara Martusciello: Nei suoi oli, nelle tempere, nelle incisioni, Carol Rama sperimenta linguaggi artistici e vi porta aspetti traumatici della vita, focalizzando la sua attenzione sui rapporti tra corpo, sessualità e identità femminile. In quegli anni Trenta e Quaranta, certi approfondimenti sono malvisti perché ritenuti assolutamente tabù, anche se sono trattati con toni grotteschi e con una naturalezza rara; la sua ricerca incappa quindi nelle maglie di una censura ottusa e coercitiva: nel 1945 le istituzioni fanno chiudere la sua prima personale e sequestrare le sue opere rendendola, agli occhi della collettività torinese, un personaggio scomodo. Questo non scoraggia Carolina. Dopo una parentesi astratta nel Movimento Arte Concreta torinese, riafferma un proprio linguaggio visivo basato sulle immagini: corpi femminili smembrati, mani, piedi, scarpe, letti, protesi, dentiere, volti inquieti, sedie a rotelle, animali e soprattutto organi sessuali prendono vita senza falsi pudori rincorrendosi e ripetendosi negli anni in un turbinio perturbante, sempre in bilico tra angoscia e ironia, cruda realtà, per quanto stravolta, e fiaba.

Ufficio stampa: CLP Relazioni Pubbliche
Anna Defrancesco, press1@clponline.it; tel. 02.36 755 700,

Per la Svizzera: Augusto Orsi, orsi@ticino.edu; tel. 0041.(0)91.7515045;

Carol Rama
“Oltre l’opera grafica”
Museo Comunale d’Arte Moderna
Ascona, Via Borgo 34
Fino al 15 settembre 2013


L'arte di uccidere i draghi

Tempo fa in queste pagine web scrissi di un libro dovuto all’ingegno straordinario di Carlo Toffalori: L'aritmetica di Cupido uno studio sui rapporti fra matematica e letteratura; sul quel link troverete anche la biografia dell’autore che ora si ripresenta sullo scenario librario con due volumi.
Il primo è una raccolta di racconti pubblicati da Mimesis: Numeri in giallo che oltre l’aspetto letterario, come afferma Toffalori, ha anche "… qualche proposito didattico, introdurre con qualche semplice intreccio concetti più o meno profondi di matematica e informatica teorica".

L’altro titolo, scritto con Stefano Leonesi, è L’arte di uccidere i draghi Le vie matematiche della morale.
Su questo libro – edito da Bocconi – ho rivolto alcune domande a Carlo Toffalori.
In “L’arte di uccidere i draghi” si opera un distinguo fra etica e morale.
Puoi illustrare in sintesi la differenza fra i due termini?

Se ho inteso bene, l'etica sarebbe da intendersi come la parte della filosofia che studia la morale. Etimologicamente parlando, credo poi che quest'ultima si interessi ai nostri comportamenti. Confesso però già nel libro che né io né il mio coautore Stefano Leonesi siamo purtroppo esperti di queste distinzioni filosofiche. A noi piaceva soprattutto approfondire il contributo matematico alla morale o etica che dir si voglia.

Perché – com’è detto nell’Introduzione – la morale scarseggia in questi nostri anni?

In effetti scriviamo che oggi giorno "di morale non si parla mai abbastanza". Beh, a ripensarci l'affermazione è parzialmente fuorviante: a proposito di morale, il problema non è parlarne e dissertarne, ma realizzarla e recuperare certi valori e comportamenti che forse ci erano propri, almeno in passato, e ora sembrano smarriti.

Quale apporto la matematica può fornire all’etica?

Qualcuno potrebbe rispondere: nullo se non negativo. Voglio dire che la matematica sembra assomigliare alla morale più bigotta e bacchettona, astratta e pignola, fatta solo di regole, divieti e precetti incomprensibili. Ma la storia ci comunica tutt'altra verità. In una morale illuminista, la matematica può aiutarci a calcolare come distribuire equamente le ricchezze e rendere così massima la felicità comune, individuale e sociale. E non è solo questo. In altre epoche il nitore della geometria euclidea suscitava l'ammirazione dei filosofi morali come Spinoza e Locke. Adesso i tempi sono cambiati: in geometria, per esempi, sono nati i modelli non euclidei e tutto è diventato relativo; in matematica, poi, si è capito che spesso i problemi, non dico quelli delicati della morale, ma quelli apparentemente aridi della matematica stessa, non trovano soluzione. Resta tuttavia valida l'osservazione che Platone faceva nella Repubblica: che la matematica educa a cogliere l'essenziale, il nocciolo della questione, il suo punto chiave e dunque ad avviarne la soluzione, quando la soluzione esiste. C'è di più: diceva Georg Cantor, il padre della teoria degli insiemi e della scienza dell'infinito, che l'essenza della matematica è nella libertà. Non nelle costrizioni e nelle pignolerie, ma nella libertà. Ecco: nel nostro libro, oltre che a disquisire della storia dei rapporti tra matematica e filosofia, in Platone, Spinoza e Locke e tanti altri, vorremmo appunto trattare di questo e dimostrare che la vera matematica è proprio libertà: rigore formale, sì, ma anche e soprattutto, nella sostanza, creatività e levità.


Pignotti e il Futurismo

Fiorentino di nascita, a Roma dal 1968, Lamberto Pignotti è stato multimediale prima che questa parola fosse coniata. Nei primi anni Sessanta, infatti, concepisce e teorizza le prime forme di “poesia tecnologica” e “poesia visiva”, di cui cura la prima antologia nel 1965.
Tra i fondatori nel 1963 del Gruppo 70, partecipa pochi mesi dopo alla formazione del Gruppo 63.
Dal 1971 ha portato avanti come docente, prima alla Facoltà d'Architettura dell’Università di Firenze e poi al Dams di Bologna, corsi sui vari rapporti fra avanguardie, mass-media e new-media.
Ha ricevuto il consenso critico di tanti nomi, da Gillo Dorfles a Umberto Eco, da Giulio Argan ad Achille Bonito Oliva, da Umberto Quintavalle a Renato Barilli e tanti altri ancora da rendere dissuasivo qui scriverne l’elenco.
Così come dissuasivo è citare l’elenco delle sue mostre, dirò soltanto che oltre alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, ha esposto in numerosissime città italiane e all’estero in Polonia, Inghilterra, Giappone, Canada, Norvegia, Cina, Spagna, Australia, Stati Uniti.

Ora va in libreria: Ricostruzione dell’universo futurista edito da Vallecchi una delle più gloriose sigle dell’editoria italiana.
Il volume, a cura di Sebastiana Gangemi, nasce da un’idea di Fernando e Sandro Corona, con la realizzazione di Guido Persichino. Libro splendido sia per i suoi contenuti e sia per la cura editoriale con immagini perfettamente riprodotte.

Scrive Claudio Cerritelli nel saggio introduttivo al volume: L’interesse di Lamberto Pignotti per il Futurismo ha radici lontane, appartiene ai tempi precoci della curiosità giovanile, a quell’ansia di cercare il proprio destino tra libri e riviste abbordate – alla metà degli anni Quaranta – nelle biblioteche di Firenze […] l’approccio al Futurismo è sempre stato per il nostro autore un modo libero da condizionamenti filologici, un’esperienza dinamica e creativa che l’ha accompagnato sulla soglia della parola e dell’immagine senza forzature storiografiche. Pignotti si muove con disincanto e autoironia nel trattare i materiali visivi e verbali, lo fa con rigorosa disinvoltura, restituendo a ogni citazione quell’energia mentale che caratterizza il rapporto tra procedure sintattiche e allusioni semantiche. Al Futurismo, dunque, egli ha guardato come a un grande laboratorio di linguaggi in divenire, privilegiando soprattutto gli aspetti che rimandano alle intraprendenze di Marinetti e alle invenzioni di Palazzeschi, personaggi a suo parere sottovalutati, non solo in campo letterario ma anche rispetto alle più fortunate mitologie della produzione futurista di tipo plastico-pittorico.
A tal proposito, Pignotti avverte che nelle riletture odierne del Futurismo prevale spesso la chiave dominante della pittura e della scultura, a svantaggio delle altre forme espressive, di tutti quegli aspetti formidabili che spingono le arti a incrociarsi sul piano delle corrispondenze e delle interconnessioni, con meccanismi capaci di tralasciare – finalmente – distinzioni e limiti tra un linguaggio e l’altro
.

Lamberto Pignotti
Ricostruzione dell’universo futurista
Prefazione di Claudio Cerritelli
Pagine 72 illustrate a colori
Euro 18.00
Vallecchi


Doppio Canto

Nell’antica Grecia la poesia era strettamente legata alla musica, veniva cantata dai poeti. Un illuminante incontro sul tema poesia, musica e pubblico lo ebbi con il grecista, Accademico dei Lincei, Bruno Gentili; per leggere CLIC!
Anche in epoche successive poesia e musica furono frutto di una composizione unica, si pensi ai canti goliardici o ai poemi cavallereschi cantati da aedi che passavano di corte in corte.
Poi note e versi si sono separati, ma in epoca recente c’è stato un importante fenomeno: la messa in musica di poesie di ieri e di oggi.
Su questo tema devo a Sergio Zuccaro la segnalazione di un libro pubblicato dalle Edizioni Metauro: Doppio Canto La poesia cantata della letteratura italiana 1900-2012, ne è autore Riccardo Redivo.
Triestino, laureato in Lettere e Filosofia presso l’Università della sua città, ha scritto vari saggi e il volume Alda Merini. Dall'orfismo alla canzone.
Collabora con il mensile ambientalista Konrad .

Il suo studio si riferisce alla poesia cosiddetta lineare, cioè non a quella sonora che dalle avanguardie storiche giunge fino ai giorni nostri. Giusta scelta perché la poesia sonora contiene già nel suo proporsi acustico volute sonorità imparentate spesso con il canto se non addirittura accompagnata talvolta da strumenti musicali eterodossi. Né il libro di Redivo, ancora una volta giustamente, si occupa della rock poetry perché lì si ha la nascita di versi e musica già nell’ideazione del brano, si pensi, ad esempio, alla mia adorata Patti Smith.
Dal quarto di copertina: La chiameremo "Musicazione" quel fenomeno che vuole, soprattutto a partire dal '900, che la musica si nutra sempre più spesso e in diversi ambiti di poesia. La "poesia cantata" così la definisce, con convincimento l'autore, è un fenomeno che va allargandosi sempre di più sia per ciò che riguarda la musica classica che quella popolare eppure, sostiene, "è un ambito che non è mai stato approfondito con dovizia di particolari". Queste pagine vogliono, dunque, colmare una lacuna storiografica che può essere ricondotta e alla letteratura e alla musica partendo dalla considerazione che "non esiste nella nostra lingua un termine preciso per designare la messa in musica della poesia, di un testo cioè nato per la per la letteratura", ma che ad un certo momento è stato arricchito del valore aggiunto musicale. Perché, come tiene a precisare Riccardo Redivo, "era necessario, in un percorso come questo, approfondire anche le metamorfosi testuali, le trasformazioni cioè che la poesia subisce nell'incontro con la musica. Intonare una poesia è a tutti gli effetti, un atto critico, il suggerimento, più o meno spontaneo di un nuovo approccio al testo". La poesia, con la propria messa in musica per opera di artisti che abbracciano un ampio spettro di generi (per citare soltanto i più conosciuti: Berio, Britten, Nono, Bollani, Branduardi, De Andrè, Jovanotti e Morricone), sta ritrovando ed ampliando il suo antico ruolo, può potenzialmente circolare ed arrivare a tutti gli ascoltatori molto più di quanto non facesse nell'antichità. Ecco perché, per l’autore, "rintracciare la poesia pura nelle canzoni significa ritrovarla, quasi come ritrovare un reperto archeologico-spirituale, come il ritirarsi del mare dopo una lunga alta marea".

“Doppio Canto” si avvale d'apparati di grande funzionalità. Abbiamo, infatti, tavole alfabetiche corredate dal nome del poeta messo in musica, titolo della poesia, nome del musicista, l'anno di composizione, quello di prima esecuzione, lingua usata. E ancora: tabelle con i poeti più musicati (prima in elenco risulta la Merini con 47 composizioni dedicatele). Tutto questo seguito da un’ampia bibliografia e da una consistente sitografia citata in volume.
Libro ghiotto per gli studiosi del rapporto letteratura-musica e lo segnalo anche a chi lavora nelle redazioni radiotelevisive perché strumento adatto ad arricchire tante trasmissioni.

Riccardo Redivo
Doppio Canto
Pagine 312, Euro 20.00
Edizioni Metauro


New Art from Ireland

Quando si parla di arti visive irlandesi, ovviamente, il pensiero corre sùbito a Francis Bacon, ma nuove figure si affacciano alla ribalta com’è possibile osservare al Padiglione d'Irlanda alla Biennale veneziana di quest'anno.
Non è, però, la sola occasione perché è in corso alla Palazzina dei Giardini della Galleria civica di Modena la mostra “Island. New Art from Ireland” curata dalla direttrice della Glucksman Gallery University College di Cork Fiona Kearney e finanziata con un contributo di Culture Ireland.
La collettiva – secondo appuntamento di una collaborazione internazionale che ha portato in Irlanda 80 fotografie selezionate dalla Raccolta di Fotografia della Galleria civica di Modena ("The Artist's Eye" esposta fino al 7 luglio alla Glucksman) – presenta, il lavoro di 5 artisti contemporanei residenti in Irlanda, una ventina di opere fra fotografie, dipinti, disegni, sculture, film, video e installazioni, realizzate a partire dal 2000, in un periodo cruciale per l'irlanda e per l'Europa nel corso del quale l'esuberanza e l'ottimismo per il nuovo millennio sono collassati nella crisi economica globale.

Nella foto: Dorothy Cross Udder Chair 2005 antica sedia tradizionale, pelle di mucca / Courtesy Kerlin Gallery, Dublin

I selezionati – Dorothy Cross, Damien Flood, Mark Garry, Martin Healy, Niamh O’Malley –, sono stati chiamati ad indagare il tema dell’isola con particolare riferimento all’Irlanda, alla quale hanno guardato cogliendo aspetti diversi della cultura isolana, interrogandosi su come possa tornare a crescere e a fiorire in futuro.
La mostra, aperta dal giovedì alla domenica dalle 19.00 alle 23.00, chiusa il lunedì, martedì e mercoledì, resterà aperta al pubblico fino al 15 settembre 2013 ultimo giorno del Festival Filosofia 2013.

La mostra si apre con "Drift" (2013), film di Mark Garry presentato in anteprima mondiale; l'artista presenta inoltre due sculture "Where oil meets water" e "To say a psalm for now".

Niamh O’Malley è presente con due disegni, il video dal titolo "Island" (2010), e una scultura appositamente realizzata per la mostra.

Martin Healy presenta scatti di archeologia industriale trattata dall'artista come se l'obiettivo fosse puntato su Dolmen e Menhir, "Fata Morgana" (2010), un'opera al neon che cita le coordinate di un'isola che non c'è, a richiamare l'idea del miraggio e "The Last Man", un film del 2011.

Dorothy Cross espone sculture e fotografie, "Udder Chair" una sedia che richiama i valori tradizionali della cultura isolana e "Poll na bPeist (Wormhole)" (2008), l’immagine di una vasca scavata vicino alla costa che si riempie come una piscina naturale con la marea.

Damien Flood indaga il tema dell'isola attraverso "Smoke Ring" (2012), "Dig" (2012) "Glass Mountain" (2013), "Sunflower" (2012), "Bench" (2010) "Cyclical Mountains" (2011), "Dome" (2009).

Queste opere si confrontano in un ideale dialogo con un dipinto di Paul Henry (1876 - 1958) che ritrae una rappresentazione dell'immaginario popolare del paesaggio irlandese e, al contempo, un ritratto della vita quotidiana delle comunità rurali povere.
“L'Irlanda” - secondo la curatrice – “cattura l'immaginazione dell'artista con i suoi lussureggianti prati verdi, i cieli mutevoli e la bellezza costiera. Ma questa immagine, sullo sfondo, è ricca di sfumature lugubri, di ombre oscure gettate dalle diverse ondate di invasori e dalle epopee di intere generazioni di emigranti. Per molti artisti irlandesi in questi paesaggi vi è un ricco filone di ispirazione che viene affrontato non senza una certa tensione. È attraverso di essa che non è difficile approdare al racconto di una vera e propria cultura dell'isola”.

Segnalo, inoltre, che venerdì 13 settembre inaugura “All you need is Love”.
La mostra intende render conto – per la prima volta in Italia – degli esiti del multiforme talento di John Lennon, solo di riflesso considerato in quest’occasione nella celeberrima veste di musicista, e indagato invece come artista visivo e attore.
Naturalmente portato per il disegno, Lennon studiò (con risultati alterni) al prestigioso Liverpool College of Art e non abbandonò mai l’abitudine di fermare con rapidi schizzi idee, pensieri, fantasie. Di una vera e propria attività artistica, però, si può parlare soltanto a partire dall’incontro con Yoko Ono, con la quale realizzerà tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta alcuni video – "Smile", "Rape", "Fly", "Up Your Legs" – tutti quanti presenti nella mostra modenese che sarà aperta fino al 20 ottobre.

Ufficio Stampa Galleria Civica di Modena: Cristiana Minelli
tel. +39 059 – 20 32 883, galcivmo@comune.modena.it

New Art from Ireland
Galleria civica di Modena
Palazzina dei Giardini, corso Canalgrande
Info: tel. +39 059 2032911/2032940 - fax +39 059 2032932
Fino al 15 settembre 2013
Ingresso gratuito


InDVDbile


È uscito un cofanetto dal titolo "InDVDbile", contenente 4 DVD con esibizioni "extra-rai" di Mina dagli anni Sessanta ai giorni nostri.
Due dei DVD, sono stati curati da Emmanuel Grossi storico della pubblicità televisiva e cinematografica italiana dagli Anni Trenta ad oggi.
Scrive di lui Art Tribune: “Inizia ad occuparsi di pubblicità audiovisiva nel 2005 ed in sette anni opera un mastodontico lavoro di recupero e analisi dei materiali originali sparsi per la penisola (pellicole, nastri, documenti cartacei), dando così vita al più grande archivio pubblicitario multimediale d’Italia che già consta di oltre 90.000 filmati, progressivamente digitalizzati e catalogati, corredati da oltre 800 ore di testimonianze inedite ed esclusive audioregistrate, rilasciate da circa 400 artisti e professionisti del settore”.

Il Dvd contiene quasi tutti i caroselli girati da Mina per Barilla tra il 1965 e il 1970 e una selezione dei caroselli e dei film colore cinema girati tra il 1973 e il 1977 per Tassoni.

In foto: Mina in un momento della campagna pubblicitaria Tassoni.

Nel primo caso si tratta di una versione ampliata, arricchita e ottimizzata di quanto già pubblicato una decina di anni fa, nel secondo di una "prima assoluta", con i filmati storici appositamente digitalizzati e restaurati.
Ecco un passaggio della presentazione di Grossi: … la presenza (e poi il ricordo) di Mina segnerà in maniera indelebile la comunicazione istituzionale Tassoni, che da decenni investiva ciclicamente nella pubblicità cinematografica e da un paio d’anni era timidamente approdata anche a Carosello, grazie all’apporto creativo di una piccola ma prolifica agenzia milanese, la Lambert.
Sarà proprio quel team (guidato dal giornalista Rino Felappi, nel duplice ruolo di sceneggiatore e capo ufficio cinema) a creare un appuntamento fisso con i telespettatori che renderà Mina madrina ufficiale di ogni nuova estate.
Tutto inizia nel maggio 1973 […] Caroselli diversi, identica firma: Sergio Tombolini, regista romano trapiantato a Milano, già autore (e produttore, con la sua Vision Film) di decine di serie di successo, fra cui le ultime annate del “mitico” Ispettore Rock – Cesare Polacco per la brillantina Linetti e altre, girate ai Caraibi, per il liquore Kambusa l’Amaricante. A consentire il salto qualitativo è il notevole apporto di un virtuoso delle luci, preso in prestito dal grande cinema: Ennio Guarnieri, già “complice” di Mina nei suoi primi caroselli Barilla del lontano 1965
.


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